Cenni storici

Tomba di Nerone: il monumento funerario
a Publio Vibio Mariano

Una Riserva Naturale non è solo un luogo per tutelare e far conoscere la flora e la fauna di un luogo. Non esiste solo l’evoluzione geologica, morfologica e biologica, ma anche quella culturale. Una Riserva Naturale può preservare in toto il valore di un'area, comprese le sue memorie, la sua storia e la sua cultura.
L'Insugherata e le aree limitrofe conservano tracce e memorie delle vicende di vita comune e di vita pubblica, che hanno attraversato più di duemila anni. Le prime testimonianze sono del I secolo. Si attraversa la storia romana e la storia etrusca, la Roma dei Cesari e la Roma dei Papi, in una sequenza di eventi più o meno documentati che arrivano fino ai giorni nostri.

Mentre vi addentrate per i sentieri della Riserva, vi invitiamo a guardarvi intorno con occhio curioso, pronto a scoprire ogni indizio di vita - qualsiasi forma di vita - presente e passata. Lasciando anche spazio all'immaginazione per tornare indietro nel tempo. E vi diamo alcuni indizi, che servano solo come spunto.

Oggi la conosciamo come Insugherata. Nel passato fu Fundus surorum, Subereta, Suveretum, poi Inzuccherata o Inzuccarata; il riferimento ai boschi di Quercia da sughero è costante.

Titio Livio racconta che nel 211 a.C. Annibale si accampò presso il torrente Tutia, che secondo il Nibby sarebbe il Fosso dell'Acqua Traversa: quello che oggi segna l'asse principale della Riserva Naturale.
In epoca romana, in un bosco sacro all'altezza del quinto miglio della Via Clodia - corrispondente alla zona che oggi conosciamo come Tomba di Nerone - sorgeva un tempio dedicato alla dea Robigo, protettrice delle coltivazioni dalla Ruggine del grano. Ogni venticinque aprile si celebravano i Robigalia con un corteo di fedeli guidato dal Flamen quirinalis. Presso il tempio avveniva il sacrificio di una cagna fulva - color della ruggine - e di una pecora. La festa si trasmise ai cristiani diventando una solenne processione purificatrice.
Nella zona dell'Acqua Traversa, sorgeva la Villa di Lucio Vero, figlio adottivo dell'imperatore Antonino Pio, imperatore assieme a Marco Aurelio nella prima diarchia della storia di Roma (161-169 d.C.). Confermano la presenza degli Antonini, le ricerche archeologiche - condotte fin dall'inizio del ‘600, che hanno riportato alla luce numerosi busti, una statua di Venere, marmi, colonne, smalti. (Rossi G.A., 1996) Negli anni venti su questi ruderi l'architetto Brasini ha costruito per i Conti Manzoni la Villa Manzoni, visibile dalla Via Cassia in uno stato di completo abbandono.
Alcuni chilometri più a nord, sempre lungo la via Cassia, sorge il monumento funerario a Publio Vibio Mariano, curatore e preside della Sardegna e prefetto della III legione gallica. Un'erronea credenza popolare ha assegnato alla zona il toponimo di Tomba di Nerone.

L'acquedotto Traiano-Paolo, che ancora oggi porta l'Acqua Paola da Bracciano al Gianicolo, percorre il confine occidentale della Riserva in tracciato interrato.

E veniamo ai documenti ufficiali: il primo ce lo fornisce Anastasio bibliotecario nella Vita di Papa Silvestro I (314-337). In un tempo in cui le numerose basiliche costruite a Roma e nella campagna romana venivano dotate di terreni che permettessero di provvedere al loro mantenimento. Il Fundus surorum, lungo la via Clodia, figura tra i beni destinati alla Chiesa di Ostia, dedicata ai Santi Pietro, Paolo e Giovanni Battista.
Si trova una nuova citazione dell'area, come Casale Subereta, nell'anno 854, in una Bolla di papa Leone IV. Apparteneva allora al Monastero di San Lorenzo in Palatino annesso dalla Bolla alla Basilica Vaticana; in una Bolla di Leone IX del 1053 risulta ancora proprietà della Basilica di San Pietro.

Sotto Innocenzo III, (22 feb 1198-16 lug 1216), gran parte del territorio passa all'Ospedale di Santo Spirito in Sassia. Si intensificano le coltivazioni: vigne, oliveti, orti. Ci sono atti che registrano vendite di terreni, e documenti che attestano la presenza di numerosi casali. Alcune terre appartengono a Santa Maria in Trastevere, nel cui archivio si trovano documenti che attestano vendite di terreni in un luogo detto Sivreretum e Suveretum, altre a privati. Altri documenti portano le date 1290, 1373, 1429, e testimoniano sempre di terre coltivate e ricche di vigne.

Nel 1494 Carlo VIII si accampò nei pressi dell'Acqua Traversa, alla volta della conquista del Regno di Napoli.

Il primo settembre 1566 viene imposta una tassa a tutti i Casali che utilizzano la strada che passa per Santa Maria del riposo; tra questi sono interessate alcune tenute sulla via Trionfale. Il Casale dell'Inzuccherata paga una tassa per 130 rubbi di terra; All'inizio del 1600 la tenuta risulta di 165 rubbi dei quali è possibile metterne 14 a prato. Viene affittato per nove anni a tal Raffaele di Monte Lione per più di 500 scudi l'anno e questi nel primo anno ricava ben 100 scudi con il taglio della legna. Il bosco sta probabimente tornando ad ampliare i propri confini.

In epoca imprecisata un incendio dette il nome alla zona di Monte Arsiccio, già di proprietà dei Pallavicini, dei Rospigliosi e poi dei Colonna. A Monte Arsiccio aveva la sua vigna a metà del secolo XVII Fioravanti Martinelli, sacerdote romano e dotto scrittore della biblioteca vaticana. (Rossi G.A., 1996).

Nel 1877 la Ternuta dell'Insugherata passa al Comune di Roma per lo scioglimento dell'Istituto di Santo Spirito.