Interreg IICRestauro CAGLIARI

 “LA STORIA DI CAGLIARI”


Il Progetto di Cagliari


Storia

Introduzione

Le origini del nome della città

Le fortificazioni

Il periodo pisano

Piazza delle quattro  porte

Via Università

Castello: la fortezza


 

Bibliografia


Il Progetto Comunitario



RELAZIONE INTRODUTTIVA SULLA STORIA DI CAGLIARI DAL NEOLITICO AI PRIMI ANNI DELL'800




I reperti archeologici ritrovati, attestano che Cagliari fosse già abitata sin dal periodo Neolitico, però come vero aggregato umano incomincia il suo cammino nella “Storia”, più con i Cartaginesi che con i Fenici.

La Città si estese presto lungo tutta la costa, dal colle di Bonaria fino alla zona dello stagno di Santa Gilla, laddove “tocca” il quartiere di Sant’Avendrace.

Non è da escludere che la sede si estendesse anche verso la zona di Castello. La Città sembra sorgesse su una zona derivata dalla sovrapposizione di depositi, avvenuta in ambiente marino nel Miocene.

Durante le guerre Puniche, Cagliari passò sotto il dominio di Roma, e bene o male mantenne la sua caratteristica di centro commerciale che si era creata nei secoli addietro, mantenne il suo ruolo di centro di irradiazione nell’isola del dominio straniero, fu municipium per volere di Cesare che vi sostò nel 48 A.C. Ebbe, anzi, il titolo di municipium Julium.

Comunque ricordi punici rimasero radicati nel popolo sardo.Cagliari Romana e Punica

La cosa più importante è il rilevante peso che il porto ebbe per il traffico delle merci nel Mediterraneo.

Cagliari divenne così una Città ricca, con Ville, Teatro, Foro, Templi e Terme.

Urbs Urbim, cioè Città principe, la chiamò Floro nel secondo secolo dopo Cristo.

La flotta misenate poteva trovare riparo nel suo porto e nelle acque presso Campo Scipione potevano approdare navi che prendevano e portavano ricchezze.

Dopo la disastrosa occupazione vandalica, Cagliari passò ai bizantini e, con tutta l’isola fece parte di una delle sette province della prefettura d’Africa, amministrata da un preside che risiedeva a Cagliari come Governatore Civile, e da un Duca che, come comandante militare stava a Fordongianus. Fu questo un periodo di vessazioni e tributi per il popolo sardo. Difficile stabilire una data certa per il termine della dominazione bizantina, che si spense lentamente in Sardegna; mentre fra il IX e il X secolo nascevano i quattro Giudicati: quello Cagliaritano e quelli di Arborea, Torres e Gallura, dipendenti di nome ancora da Bisanzio, ma in realtà indipendenti con governi autonomi.

Il pericolo delle invasioni barbaresche portò i giudici sardi ad allacciare rapporti con l’Italia e soprattutto con Pisa e Genova, le due repubbliche marinare in grado di garantire una difesa contro le forze dei musulmani.

Il centro urbano si spostò verso Santa Gilla e la Città fu nuovamente potente e libera visto che i bizantini poco se ne occuparono.

La Città vecchia cadde in rovina e il giudicato cagliaritano, i cui giudici risiedettero a Pluminus (Flumini) e poi a Santa Gilla, allacciò rapporti anche con Marsiglia e soprattutto con diversi ordini religiosi, fra cui i Vittorini di Marsiglia ai quali i governanti cedettero chiese e campagne. Ma, per la Sardegna le cose non andavano poi così bene, infatti ad esempio il commercio del sale passato ai Vittorini fu motivo di lotta fra marsigliesi e pisani, ai quali vennero concesse donazioni dai giudici Turbino, Mariano e Costantino.

Anche Genova stringeva trattati con il giudice cagliaritano Pietro e fra le due potenze marinare ci fu guerra aperta.

Vinsero i pisani (fine XII secolo), che restarono da padroni nel giudicato cagliaritano, ottenendo dalla giudicessa Benedetta nel 1216 quel “Quendam Collem”, identificato dagli studiosi con il colle del Castello, che fu poi fortificato e divenne la nuova Cagliari.

Pisa abbandonò alla rovina la Città giudicale che sorgeva presso lo stagno -Santa Igia- e la vita sociale e politica si svolse tutta nel Castello.

Contemporaneamente ebbero vita feconda anche gli “AppendiziusStampace e Villanova ognuno dei quali aveva un proprio Sindaco; insieme cresceva San Bartolomeo, mentre a Santa Igia restarono quei sardi che poi diedero vita a tutto il quartiere di Sant’Avendrace detto anticamente Santa Tennera.

Anche la Marina divenne presto un attivo “Appendiziu” che prese il nome di La Pola.

Le strade nacquero seguendo la natura dei luoghi: in Castello strade lunghe e strette volte da nord a sud portavano alle tre porte principali del quartiere: Porta del Leone, da cui entrava il commercio via mare, Porta dell’Elefante e Porta di S. Pancrazio, da cui entravano le merci dell’entroterra.

Nella Marina le vie nacquero parallele alla costa, mentre Stampace e Villanova seguirono più o meno lo stesso andamento di Castello.

Ma sulla Sardegna e su Cagliari incombeva la donazione fatta a Giacomo II D’Aragona da Bonifacio VIII.

La lotta aperta ebbe inizio nel 1323 e nel 1324 l’infante Alfonso pose l’assedio a Cagliari attendando le sue truppe nella zona di Bonaria.

L’approdo era avvenuto precedentemente nel golfo di Palmas e inoltre le truppe avevano già assediato e preso Iglesias. Ma un grave pericolo incombeva sui nuovi arrivati: la malaria che colse ignari i catalani che morirono in gran numero. Nel colle di Bonaria le cose andarono meglio, infatti fu fortificato e vi si stabilirono più di 6000 catalani.

Nel 1324, sconfitti i pisani nella battaglia di Lucocisterne, nei pressi del Fangariu, gli aragonesi ebbero praticamente partita vinta, ma solo dopo diverse lotte, nel 1326 poterono entrare trionfanti nel Castello.

Lo stupore fu generale, per alcuni fu speranza per molti amara delusione, vedere su dalle montagne “fiammeggiare” lo stendardo catalano sulla Città ormai perduta per sempre dai pisani.

Fu dunque una nuova servitù come ai tempi di Pisa, inoltre di notte i sardi dovevano uscire dal Castello pena la vita, solo molto tempo dopo questa prepotenza ebbe fine.

Cagliari fu la sede dei viceré ed ebbe un governo simile a quello di Barcellona, tenuto ben stretto nelle mani dei catalani. La Sardegna lottò contro questi nuovi padroni, ma, dopo la battaglia di Macomer del 1478, perse la sua indipendenza, ma nonostante ciò raggiunse una certa tranquillità, funestata però dalle frequenti carestie, dalle pestilenze e dalle scorrerie dei barbareschi.

Nel 1355 Cagliari conobbe il suo primo parlamento al quale vi prendevano parte soltanto i feudatari, gli ecclesiastici dei gradi più alti e i sindaci delle Città e di certe ville più importanti: cioè il braccio militare, ecclesiastico e reale, che formavano il cosiddetto Stamento Sardo.

Verso la fine del 1500, Cagliari ebbe la sua prima tipografia grazie all’interessamento del canonico Nicolò Canelles, e qualche anno dopo ebbe la sua università, fondata da Filippo III nel 1606 ma aperta al pubblico solo nel 1636.

Giungeva intanto anche il declino della grandissima potenza della Spagna e qualche riflesso di questa decadenza si faceva sentire già in Sardegna.

Nel 1668 a Cagliari nella via Canelles fu assassinato il viceré, marchese di Camarassa per motivi non chiari.

Intanto la Spagna perse completamente il suo prestigio durante la prima guerra di Successione, mentre la Sardegna si divise in due parti decisamente ostili tra loro: una favorevole alla Spagna l’altra all’Austria.

Dopo il bombardamento del 1708, Cagliari fu ceduta all’Austria ed il trattato di Utrecht estendeva il possesso a tutta l’isola. Nel 1717 il cardinale Alberoni (a favore della Spagna) spedì una flotta nel golfo di Cagliari e fece bombardare la Città; ma il 2 agosto del 1718 nel trattato di Londra la Sardegna passò ai Savoia, che cedettero la Sicilia all’Austria.

La Spagna era ormai uscita di scena. L’8 agosto del 1720, l’Austria consegnò ufficialmente l’isola ai Savoia e Cagliari rimase sede dei vicerè sabaudi, il primo dei quali fu il barone don Filippo Guglielmo Pallavicino di S. Remy.

Durante la rivoluzione francese nel 1793 la flotta del contrammiraglio Truguet bombardò Cagliari, e in Città circolavano correnti giacobine che portarono nel 1794 alla cacciata dei funzionari piemontesi da parte del popolo sardo.

Seguirono lotte a carattere antifeudale di cui fu animatore anche G. M. Angioy.

I moti furono repressi, ma nel 1796 i sardi ottennero i primi privilegi. Nel 1799, Carlo Emanuele IV, esule dal Piemonte occupato dai francesi, si stabilì in Città per pochi mesi, infatti subito dopo lasciò Carlo Felice di Savoia duca del genovese, che fu poi sovrano.

Questo fu un periodo sereno per la Sardegna, infatti anche a Cagliari si compiva qualche passo avanti nel cammino verso la civiltà, sorsero strade fra cui la Feliciana, fu creata la Società Agraria, e si fece molto per il riscatto degli schiavi. Nel 1806 Vittorio Emanuele I venne esule a Cagliari e rimase fino alla rovina definitiva di Napoleone (1814).

Il rancore dei cagliaritani nei confronti dei piemontesi rimase nonostante le opere benefiche di Vittorio Emanuele prima e quelle di Carlo Alberto poi, il quale migliorò di molto le condizioni dell’isola e della Città e soprattutto portò all’abolizione dei feudi e ad un più organico assetto dell’amministrazione comunale.

Nel 1847 con un voto quasi unanime della popolazione, l’isola chiese la fusione completa con il Piemonte, rinunciando così alle proprie idee di indipendenza.



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