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Interreg IICRestauro CAGLIARI “LA STORIA DI CAGLIARI” |
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Le origini del nome della città Le fortificazioni
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lA CINTA FORTIFICATA, LE TORRI, LE PORTE E I BASTIONI
Come tante Città d’Italia dove la vita nel medioevo fu piuttosto dura per le lotte, rivalità e guerre, Cagliari ebbe una possente cinta di mura e molte torri. Furono i pisani a curare questa superba linea Maginot che chiudeva il Castello dentro una cintura che doveva renderlo imprendibile nei secoli. Catalani, spagnoli e sabaudi fecero poi il resto, modificando le difese a seconda delle diverse tecniche di offesa nemiche attraverso lo scorrere del tempo: a strapiombo in epoca pisana, con una breve parte diritta e il resto leggermente obliquo in epoca spagnola, con una bastionatura più complessa in epoca sabauda. Il grande Carlo V fece rafforzare le fortificazioni della Marina. Su alcuni tratti di queste mura verso il terrapieno le agavi costituivano un ulteriore baluardo, che ora non esiste più, come del resto molte mura, porte e torri. Le porte ad una ad una sono cadute quasi tutte, le mura hanno subito oltraggi non indifferenti, e le torri rimaste in piedi sono soltanto quattro, due delle quali però sono soffocate dagli edifici vicini. Porta Gesus, porta Villanova, porta Stampace, porta dei Cavoli, porta Cavana, porta di S. Agostino, sono oggi solo dei nomi passati alla storia, di esse esiste solo qualche rara immagine. Ma sotto la torre dell’Elefante un segno indelebile alimenta il ricordo dei tempi che furono, le pesanti saracinesche che chiudevano la porta sono intatte, a ricordo della prepotenza dello straniero di turno che al suono di una “trompeta” e al grido di “Fora los Sarts” al tramonto si chiudeva nel castello e puniva con la morte tutti i sardi che si attardavano all’interno, proprio coloro che vantavano i maggiori diritti sul Castello. Nella pianta di Cagliari che Sigismondo Arquer disegnò per la cosmografia del Munster che uscì a Basilea nel 1550, le torri sono veramente tante. La più antica fra le torri che sono rimaste è quella degli Alberti o dello Sperone che si leva sul portico che conduce alla chiesa di San Michele, è la più vecchia fra le torri cagliaritane ancora in piedi, fu eretta nel 1293. Poco rimane anche della torre prima del Leone, poi dell’Aquila, nonostante abbia resistito alle “offese” dell’ammiraglio Lake nel 1708, nel 1717 a quelle della flotta spagnola che distrusse la parte più alta, e a quelle del contrammiraglio Truguet che bombardò la Città nel 1793. Le torri di S. Pancrazio e dell’Elefante (quasi gemelle), costruite da Giovanni Capula risalgono l’una al 1305, l’altra al 1307, pur tuttavia in qualche punto delle parti più basse fanno intravedere vestigia di un periodo storico ben più antico. Queste due torri hanno struttura muraria senza intonaci a faccia vista, con conci disposti in maniera irregolare perfettamente squadrati; sono presenti ballatoi di servizio in legno che si ritiene dovessero sostenere un “piombatoio”, ballatoi sorretti da tre o cinque mensole. Con il 1861, Cagliari cessò di essere una piazzaforte e, nel 1881, la maggior parte delle mura fu ceduta al Comune, iniziando così in maniera sconsiderata la demolizione delle mura e delle porte per recuperare spazi nuovi, senza pensare all’importanza della storia della stessa Città. Per inciso c’è da precisare che già da diverso tempo si iniziarono a demolire tali strutture,e, addirittura si può risalire al 1500, quando Federico d’Avalos propose l’abbattimento delle parti alte delle torri di S. Pancrazio e dell’Elefante, in quanto non più adatte alla difesa della Città con l’introduzione delle armi da fuoco, per fortuna l’opposizione fu aspra e le torri ancora oggi svettano in tutta la loro bellezza. Dopo il 1881 tali opposizioni cessarono e della cinta di mura che dal Castello cingevano Stampace, Marina e Villanova, ben poco resta, e quel poco ha subito nel tempo delle svariate modifiche, stravolgendo la natura stessa di tali opere. Basti ricordare che i merli della torre dell’Elefante furono prima Ghibellini, poi Guelfi ed infine mura diritte e basta, e che le torri per un lungo periodo furono chiuse in tutti e quattro i lati e adibite a prigioni. Nel 1500, all’antico sistema difensivo formato da semplici cortine e da torri, si sostituirono le pareti a scarpa e le mura bastionate di forma pentagonale. Un bastione a tenaglia rafforzò il baluardo di S. Pancrazio e la cortina che si levava nei pressi del convento della Purissima fu modificata dal famoso Rocco Capellino, con una parete a scarpata. Lo stesso Capellino modificò anche il baluardo di S. Croce, che finiva poi nei pressi della torre dell’Elefante. Da qui partiva il baluardo di S. Antonio, opera anch’esso del Capellino,che risaliva verso l’attuale via Manno per riunirsi al barbacane del Balice nei pressi della biblioteca universitaria. Il baluardo della Leona, costruito nel 1533 dal Capellino, partendo dalla porta Castello o dei Leoni, si spingeva verso Marina e verso Villanova, per giungere poi con altre mura alle fortificazioni del palazzo regio, di Lelio Brancaccio, alla torre di S. Lucia di cui si vedono le rovine, e al baluardo di S. Pancrazio. Furono certamente i pisani i primi a preoccuparsi veramente della difesa della Città contro gli attacchi dei genovesi prima, dei sardi stessi poi, ed infine dei catalani. Poiché il centro del potere era il Castrum (il Castello) ad esso e al castello di S. Michele furono dedicati gli sforzi maggiori di Pisa. Per il Castello, Pisa sfoderò tutta la sua potenza per rinforzare la Porta rivolta verso Stampace, perché ad oriente l’enorme strapiombo, verso Villanova costituiva una formidabile difesa naturale. Le prime opere difensive si realizzarono tra la Torre dell’Elefante e la Torre dell’Aquila, pisane come ben sappiamo. Le mura si dirigevano poi verso i bastioni di S. Giovanni, costruiti nel 1568 con le varianti a “orecchione posteriori” eseguite da Giacomo Fratino, e si prolungavano fino alla Torre di S. Pancrazio, i cui baluardi furono sistemati nel 1503 dal vicerè Dusay e ampliato poi dal Fratino. È pisano il torrione rotondeggiante visibile lungo la via Fiume. Poco più in basso della Torre dell’Elefante, nella zona pianeggiante, sorgeva un’altra torre che fu distrutta durante un attacco degli aragonesi e dei catalani, sotto di essa sorgeva la Porta di Stampace. La porta Stampace, in piazza San Carlo, oggi piazza Jenne, vicino alla casa Siotto Pintor era originariamente detta dell’Angelo, e, il noto studioso A. Capra, afferma che questa dava in origine accesso al quartiere di Stampace. Il nome di porta Stampace non fu attribuito sempre allo stesso posto, lo stesso accadde anche per la porta Villanova. Le mura continuavano fino alla porta “que llaman de Escalas”, porta che esiste tuttora e che unisce la via Azuni alla via Porto Scalas, sotto la torre pisana di Grazia Alberti, capitano del comune e del Castellum Castri. Le mura risalivano per l’attuale via Ospedale, detta anticamente vico de la campana, fino allo spigolo chiamato in passato “el pertus”(la cavità), quindi da lì scendevano verso la porta di San Guglielmo, per risalire e unirsi ad un’altra grande torre che si trovava nelle vicinanze dell’Istituto d’Arte. Altre modificazioni pisane, trasformate poi da Catalani e Spagnoli si ebbero nel quartiere della Marina, chiamato anticamente La Pola e più anticamente Bagnaria. Queste mura scendevano dalla torre dell’Elefante fino alla torre che stava sopra la Porta Stampace, da li scendevano ancora fino ad un grande torrione, nel posto dove poi sorsero il baluardo e la Porta Gesus, cioè all’estremità dell’attuale via Cavour, porta abbattuta nel 1867; al centro di queste mura stava la Porta del Molo, Catalana, ora distrutta, dopodichè si entrava nel porto. Nella zona del porto, di fronte alla via Barcellona, fra il 1792 e il 1793 furono rafforzati i baluardi, dedicati a S. Efisio. Dal baluardo del Gesus, le mura salivano verso la Porta Villanova, abbattuta nel 1874, che si trovava vicino all’attuale piazza Martiri. Anche qui c’era una grande torre; quindi le mura risalivano, rinforzate nei secoli, fino alla Cittadella. Un’altra bastionatura si trovava nella zona dove sorse poi l’albergo “Scala di Ferro”, ed era detta del Monserrat. Pisani e Spagnoli fortificarono anche la zona di Villanova con una muraglia che dalla Torre di San Pancrazio, giungeva fino alla Porta Cabanas, distrutta molti secoli fa, ma che si può localizzare nei pressi della chiesa di San Cesello. Le mura continuavano fino al convento di San Domenico e alla porta Romero; da lì le mura salivano per toccare il baluardo della Zecca, là dove sorge il Bastione S. Remy. Dalla torre dell’Elefante, poi, le mura continuavano fino ad una delle porte del Castello, con altre quattro torri rotonde, completamente scomparse. Presso questa porta detta Porta de Caller (porta di Cagliari), i Pisani eressero quella torre che è unita strettamente con il palazzo Boyl, chiamata prima Torre del Leone, poi Torre dell’Aquila. Intorno si ergevano i bastioni della Leona che arrivavano fino ai bastioni dello Sperone, verso la terrazza di San Remy, mentre, verso l’alto, si volgevano alla porta dei Leoni. Altre torri svettavano nel palazzo del vicerè, nella zona dove poi sorse il monastero di Santa Lucia e nella piazza Indipendenza, dove ora sorge il Conservatorio delle Orfanelle. Con i Savoia si fanno delle ulteriori modifiche. L’architetto Felice de Vincenti modifica ancora l’aspetto delle mura della Città, con l’approvazione di Amedeo II di Savoia, il quale fece costruire anche una muraglia che, dal bastione della Zecca, giungeva fino al baluardo del Mulino a vento, verso il Belvedere del Buon Cammino. Al De Vincenti si possono attribuire i due bastioni di San Filippo e di Emanuele, sempre in Buon Cammino, che fiancheggiavano la Porta Reale è rafforzavano il baluardo di San Pancrazio. Sono suoi anche i bastioni del Palazzo, di San Carlo e del Beato Amedeo, con le relative cortine. È sotto i Savoia che la torre di San Pancrazio perdette ponte levatoio e fossato, mentre la salita dell’Avanzata o d’Asprèmont si “avvicinava” all’aspetto attuale. Un’Avanzada
c’era anche nell’attuale Cammino nuovo. Si arrivava quindi alle
porte della Zecca, di Maria Cristina, dell’Arsenale e di San
Pancrazio, la quale prendeva il nome di porta dell’Ospedale delle
carceri. |
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Interreg IIC Restauro - Cagliari 2000 |