Interreg IICRestauro CAGLIARI

 “LA STORIA DI CAGLIARI”


Il Progetto di Cagliari


Storia

Introduzione

Le origini del nome della città

Le fortificazioni

Il periodo pisano

Piazza delle quattro  porte

Via Università

Castello: la fortezza


 

Bibliografia


Il Progetto Comunitario



la via università




La via Università è oggi soltanto una delle tante vie del Castello, ricche di storia e di glorie passate. Eppure è ancora una nobile via: nobile per gli edifici che le facevano e le fanno da quinte, nobile per l’aria eletta di studio e di sapere che vi aleggiò per secoli e an­cora si risveglia, quando la sala settecentesca della vecchia Biblioteca Universitaria, si riapre per gli ospiti di eccezione o quando gli studenti si affollano verso gli uffici dell’attuale segreteria.

Analizziamo meglio questa vecchia strada che vide, fino al secolo XVIII, nella sua piazza, detta del Balice, incastrata fra le mura, il mercato delle carni e del pesce, documentato fin dal secolo XIV.

Del resto, anche la via De Candia, dedicata al fa­moso tenore, fino al ‘700 si chiamò via del Bali­ce, “arruga de su BaIixi”,  Balice non è certo topo­nimo di origine locale; non è chiaro che cosa possa significare, ma è probabile che faccia riferimento al mondo ispanico, anzi, più preci­samente catalano. Arrivandovi dalla via De Candia o dal bastione lungo e stretto che sovrasta questa via, l’an­tica salita del Balice, dal quale il golfo e la lagu­na di Santa Gilla si offrono in tutta la loro spettacolare bellezza, vediamo subito, in fon­do, la mole della torre dell’Elefante. Non si nota subito il superbo elefantino che a dispetto di noi e dei secoli resiste, ma nem­meno noi ci rendiamo ben conto della maestà della torre. Ci troviamo di fronte invece, le rovine del vecchio teatro civico, che fanno rimpiangere  l’elegante teatro tutto bianco e ori, al cui pro­getto lavorarono in un primo tempo Belgrano di Famolasco e, nell’Ottocento, il Comi­notti e il Cima. Ma, oggi, il Civico è purtroppo solo una squallida quinta abbandonata.

Più in là, sulla destra, si intravede il palazzo Boyl, Palazzo Boyl eretto nel 1841, con la sua meravigliosa balconata e le palle di cannone, incastrate nei suoi muri, a ricordo delle sgradite presenze nel golfo dell’ammiraglio Lake, del Truguet e della flotta dell’Alberoni.

Ma, poveri e sgualciti, ci appaiono anche gli avanzi della vec­chia torre dell’Aquila, dove fu prigioniero Vin­cenzo Sulis e Torre dell'Aquila dalla quale la campana di morte, sa campana maIa, risuonò lugubre per anni, finché, verso il 1840, non fu spostata nella torre di San Pancrazio.

Il colonnello Carlo Boyl fece le cose davvero in grande e il salone di musica del suo palazzo fu veramente principesco. Sugli avanzi della tor­re si chiuse una volta uno dei membri di quella nobile casata, che vi visse giornate tormentate e segnate da episodi di irragionevole violenza. Perciò, su ciò che resta di questa torre, regna la rovina e solo duendas e spiritus (fantasmi e spiriti) vi hanno, a notte, libera circolazione. Della parte originaria resta solo il portico, detto ora portico della Madonna delle Grazie, su porciu ‘e is grazias, in cui è visibile una lastra tombale romana che ricorda una cer­ta Clodia Beneria e suo figlio Valerio.

Ma torniamo alla via Università e ai suoi due pa­lazzi settecenteschi, costruiti fianco a fianco,: il pa­lazzo della vecchia Università, eretto verso il 1765, quando il ministro Bogino decise lo spo­stamento dell’istituto, inaugurato nel 1626 sotto Filippo IV, nella piazza Indipendenza e l’archi­tetto Belgrano di Famolasco cercò di dargli una propria connotazione e una propria personalità. L’atrio ha una sua dignitosa aria di nobiltà; ac­cresciuta dalla presenza della statua romana e dalle moderne statue che occupano le diverse nicchie. Gli studenti hanno ormai disertato il vecchio pa­lazzo e si sono sparsi nei vari istituti in diverse zone della città. E nemmeno la Biblioteca, aperta al pubblico nel 1792, ha più sede in questo edifi­cio. Si è spostata in quello vicino, costruito nel 1778 dal Perin, su disegno dello stesso Belgra­no, perché fosse sede del Seminario Tridentino, spostatosi anch’esso in questa via dalla vec­chia sede presso il Duomo, dal lato della via Fossario. Il Seminario oggi è ormai lontano, nel­la via Cadello, circondato da uno stupendo par­co che lo isola dal nuovo quartiere e la Bibliote­ca Universitaria scoppia dentro il vecchio edifi­cio della via Università. Di bello le restano solo due cose: la vec­chia sala settecentesca, e i libri. Dal 1792, anno in cui, come si è detto, fu aperta al pubblico con una dotazione di circa 8.000 vo­lumi, siamo ormai alle centinaia di migliaia. A fianco alle rovine del Civico, poco più in là, vecchia anche se ripulita, ci appare severa la lunga serie di muri che fecero parte del conven­to e delle scuole degli Scolopi e poi del Tribuna­le. Vi ebbe sede anche un ricco Gabinetto delle Stampe, intitolato ad Anna Marongiu Pernis, no­ta artista cagliaritana, perita tragicamente in un incidente aereo. Ma il Gabinetto delle Stampe non c’è più e non c’è più nemmeno la Biblioteca Popolare che, anch’essa, fece la sua breve ap­parizione sotto le belle volte del convento degli Scolopi e poi si trasferì nelle lontananze del quartiere de La Vega. Nel vecchio edificio, ristruttu­rato in parte e ripulito, ha ora sede il Liceo Arti­stico. Ma è da presumere che anche questa sarà una permanenza provvisoria. E, finalmente, ecco la torre: alta, imponente, lu­minosa. Giovanni Capula, dalla lapide con­sunta e appena leggibile ormai, ci avverte del suo destino di forza indistruttibile: nunquam operibus suis inventus sinixter e daI 1307 la torre veglia su Cagliari, superba opera architettonica e stupenda vi­sione di luce e di cielo.

L’elefantino può vegliare o anche dormire sonni tranquilli, veglia per lui Giovanni Capula, magi­ster insuperabile.



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