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La sala
d'armi
“Ora
(…) vi introduciamo
in una sala dove si praticano la canne, il bastone e lo chausson,
quella del M° Lecour che è il professore alla moda e che
conta tra i suoi allievi i leoni, i più capelloni e più
aristocratici frequentatori dell’Operà e del Boulevard di Gand.
La sala d’armi è al pianterreno; è una grande stanza tappezzata di
stoffa con un pavimento lucidato con arenaria e acqua bollente, affinché
il piede faccia presa e non scivoli. Tutto attorno sono disposte delle
panchine innalzate su un gradino che inquadra l’arena destinata ai
combattimenti. Lungo i muri sono appesi i guanti da pugilato degli
allievi e portano ognuno il loro numero. Questi guanti (…) sono di
pelle di bufalo imbottiti con crine. A lato dei guanti che fanno trofeo
con le maschere pendono le cannes e i bâtons. E’ la giornata dedicata
agli assalti.
Gli assistenti sono allineati contro il muro, al fine di non dar
fastidio ai combattenti e per non essere colpiti dalle “grande voleé”
delle cannes dei maestri che sostengono gli assalti. Ognuno tiene in
mano un bastone nella posa “d’arrêt”, questo da all’assemblea
l’aspetto canonico assiso su uno scanno con un cero in mano.
Il vestito del maestro è molto pittoresco: consiste di un pantalone di
lana rossa lungo fino ai piedi, stretto alla cintola e tenuto senza
bretelle; una camicia a righe viola e blu, una piccola calotta color
porpora e dei guanti da pugilato con delle manichette di vernice.
L’assalto comincia con la canne e il bastone. La canne si maneggia con
una mano, il bastone con due mani, come gli spadoni medievali.
Prima di incominciare i maestri si danno una stretta di mano, poi fanno
il saluto prescritto. I maestri eseguono, per questo saluto, con le loro
canne degli arabeschi più capricciosi di quelli descritti dal bastone
del fantastico caporale Tritram, nel romanzo umoristico “Tritram
Sandy”. Eseguono dei salti e dei passi di volteggio (il volteggio
si fa nella strada quando si è aggrediti da più persone). La “rose
couverte” che si fa per saluto è il più bel arabesco disegnato dal
bastone che si possa vedere. Le “voltés”, gli “éscarts” di
lato, le “coups de travers”, piovono fitti come grandine; questo
saluto è molto grazioso ed elegante.
Dopo questo i maestri si mettono in guardia, le canne volteggiano e si
urtano crepitando; quando un colpo colpisce l’avversario si urla:
“touché, bien touché!” (toccato, proprio toccato, nda) e si
riprende la guardia.
I combattenti, che non hanno ne maschere né piastroni, devono limitare
la potenza dei colpi; lo fanno quasi sempre all’inizio della lotta ma
qualche volta gli avversari si scaldano e l’assalto non si differenzia
molto da una vera battaglia.
Ad assalto concluso i combattenti si abbracciano per dimostrare che non
serbano rancore e non hanno odio nel cuore. Questa abitudine ha qualcosa
di leale, di toccante, e si evitano così le liti.
L’agiltà e la rapidità dei maestri bâtonistes nell’eseguire i
colpi è realmente spaventosa. Lecour esegue dei “carrés”
composti da venti colpi su ogni lato; ne ha eseguiti anche fino a
duecento al minuto. In questa prodigiosa esecuzione il bastone non si
vede ma lo si sente solo sibilare.
In seguito si procede con gli assalti di savate (…).”
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