Inti Wasi (Casa del Sole)

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Spunti di riflessione: terra
 
Partenogenesi: nato il primo mammifero senza papà
di Adriana Bazzi
(Corriere della Sera, 22 aprile 2004)
 
Topolina riprodotta grazie alla tecnica della partenogenesi: usate soltanto cellule femminili. L'esperimento condotto da scienziati giapponesi e sudcoreani. Il roditore chiamato Kaguya è fertile

Uomini in via di estinzione. Così si potrebbe immaginare il futuro del genere umano, se si vuole una visione un po' fantascientifica delle cose. Ma il punto di partenza dell'ipotesi è assolutamente seria ed è una ricerca pubblicata sull'ultimo numero di Nature. Un gruppo di scienziati giapponesi e sudcoreani hanno fatto nascere una topolina per partenogenesi, senza cioè l'intervento maschile dello spermatozoo. E' la prima nascita della storia di un mammifero sano e per di più fertile, grazie a questa via riproduttiva: la topolina si chiama Kaguya, come il personaggio di una popolare fiaba nipponica (fig.1 e 2).

Kaguya prende il nome dalla protagonista di una favola tradizionale giapponese

Figura 1: Kaguya prende il nome dalla protagonista di una favola tradizionale giapponese. Foto: © T. Kono

 

Kaguya gode di buona salute ed è in grado di riprodursi. Anche con l'aiuto di un maschio

Figura 2: Kaguya gode di buona salute ed è in grado di riprodursi. Anche con l'aiuto di un maschio. Foto: © T. Kono

Soltanto alcuni animali, come i pidocchi delle piante o le lucertole, si riproducono naturalmente senza sesso, per partenogenesi: una loro cellula uovo, con un patrimonio genetico completo, dà origine a un nuovo individuo, sempre di sesso femminile. La riproduzione sessuata dei mammiferi prevede, invece, la fecondazione di un ovulo (con metà dei cromosomi di una cellula adulta) da parte di uno spermatozoo (con l'altra metà di cromosomi). La partenogenesi, nell'uomo, è un avvenimento eccezionale, ma possibile: è successo a F.D., un bambino inglese, nato più di dieci anni fa. Per uno strano fenomeno, l'ovulo della madre si era attivato prima della fecondazione da parte dello spermatozoo del padre, con il risultato che alcune cellule del bambino, come quelle del sangue, contenevano soltanto il patrimonio genetico materno, mentre le cellule della pelle avevano il solito mix materno-paterno. Ora i ricercatori della Tokio University of Agricolture sono riusciti a ottenere la partenogenesi in laboratorio: «fondendo» due cellule riproduttive femminili hanno costruito 475 «superovuli» che hanno poi impiantato in utero; uno solo ha dato vita a una topolina. E' il primo successo, dopo anni di tentativi falliti: nel 1997 un altro gruppo di giapponesi, guidati da Tatsuyuki Suzuki, ci aveva provato con i vitelli, ma morivano tutti allo stadio di embrione. Questa volta i ricercatori hanno trovato il trucco per superare gli ostacoli, ricorrendo a una manipolazione genetica: hanno eliminato da una delle due cellule uovo, prima della fusione, un gene chiamato H19. Si tratta di una porzione di Dna che ha a che fare con l'imprinting genetico, un fenomeno per cui, nei mammiferi, alcuni geni funzionano soltanto se derivano dal padre e non dalla madre e sono quelli che assicurano uno sviluppo normale dell'embrione. Riducendo al silenzio questo gene, i giapponesi hanno fatto in modo che il patrimonio genetico di uno dei due ovuli si comportasse come se derivasse dal maschio. Ecco perché sono stati i primi a far nascere una topolina con due madri e nessun padre. Tomohiro Kono, capo del team di ricerca, commentando il suo esperimento, ha escluso, giudicandolo un «non senso», per ragioni tecniche ed etiche, l'impiego di questa metodica come sistema riproduttivo per l'uomo. Ne ha, invece, sottolineato l'importanza in campo zootecnico e scientifico. La nascita di Kaguya, infatti, contribuisce a chiarire i meccanismi attraverso i quali i topi, ma anche gli uomini, normalmente hanno bisogno del Dna paterno per riprodursi. E non solo. Questa ricerca potrebbe suggerire un nuovo modo per produrre cellule staminali. Il solito problema che sta attorno alla ricerca di cellule staminali riguarda la creazione di embrioni, che da molti non è ammessa per ragioni etiche. Ecco allora una soluzione che permetterebbe di costruire, a partire da ovuli non fertilizzati, i cosiddetti «partenoti» che darebbero poi origine a cellule staminali da utilizzare per la terapia cellulare: le cellule staminali servirebbero per riparare organi e tessuti danneggiati da malattie di vario tipo. Qualche esperimento in questa direzione è già stato condotto anche su ovuli umani.

Riassunto:

PRIMA VOLTA: Un gruppo di scienziati giapponesi e sudcoreani ha fatto nascere una topolina per partenogenesi, senza cioè l'intervento maschile dello spermatozoo. E' la prima nascita della storia di un mammifero sano e per di più fertile, grazie a questa via riproduttiva.

I TENTATIVI: In laboratorio I ricercatori della Tokio University of Agricolture hanno «fuso» due cellule riproduttive femminili costruendo 475 «superovuli», che hanno poi impiantato in utero. Uno solo ha dato vita a una topolina. E' il primo successo, dopo anni di tentativi falliti.

NELL'UOMO: Dieci anni fa La partenogenesi, nell'uomo, è un avvenimento eccezionale: successe a F.D., un bambino inglese nato più di dieci anni fa. L'ovulo della madre si era attivato prima della fecondazione da parte dello spermatozoo del padre, con il risultato che alcune cellule del bambino, come quelle del sangue, contenevano soltanto il patrimonio genetico materno.

 

Figura 1:

 
Il maschio? Non servirà più alla riproduzione
di Edoardo Boncinelli
(Corriere della Sera, 22 aprile 2004)
 
E' nata una topolina concepita con cellule solo femminili. Più vicina la partenogenesi umana

E' caduto un altro formidabile ostacolo sulla via della comprensione della biologia della riproduzione. Della nostra riproduzione. E' stato possibile produrre un numero notevole di topolini (rigorosamente di sesso femminile) partendo da un certo numero di cellule-uovo femminili, senza alcun contributo da parte di uno spermatozoo maschile. Si tratta quindi di partenogenesi, un fenomeno conosciuto in molte specie animali, ma che ha luogo solo molto molto di rado nei mammiferi e fino ad ora mai a comando. Si tratta sicuramente di una grande scoperta, che getta luce su un fenomeno biologico poco compreso, anche se tutti avevano l'impressione che si trattasse di una cosa di grande importanza. Sto parlando del cosiddetto imprinting genomico: nel nostro genoma esistono alcuni geni che «tengono a mente» se sono derivati da un maschio o da una femmina. Non si sa qual è il loro ruolo nella riproduzione ordinaria «normale», ma si sa che un embrione interamente ottenuto per via femminile non può svilupparsi oltre un certo stadio. Analogamente, un embrione interamente derivato da genomi maschili non può arrivare oltre un certo stadio. La ragione di questi due diversi blocchi biologici risiede nello stato di attività o di quiescenza di un certo numero di geni particolari. Uno di questi prende il nome di H19. L'esperimento di questi giorni è consistito nella produzione di topi nei quali questo gene è stato inattivato, o come si dice in gergo, è stato messo ko, cioè knock-out. Le cellule-uovo prelevate da topoline di questo tipo possono dar luogo, se opportunamente stimolate, ad un topo femmina adulto. Il blocco è stato rimosso. Un'altra tessera è stata aggiunta al mosaico della nostra conoscenza della biologia, della nostra biologia. Fin qui la scienza. E' ovvio a tutti che una cosa del genere potrebbe avere delle conseguenze pratiche non trascurabili. Prima o poi sarà possibile, se lo si vorrà, produrre bambine partendo dalle cellule di donne che non hanno avuto alcun rapporto con un uomo. La partenogenesi umana sarà allora una realtà. Per alcuni questo sarà un evento liberatorio. Per altri un'ennesima fonte di preoccupazione. Al di là di ogni considerazione di carattere morale, è opportuno notare che, se questa procedura venisse adottata su larga scala, ci potrebbe essere uno sbilanciamento nella composizione delle popolazioni umane. Attualmente, ci sono più o meno tante donne quanti uomini, perché così ha voluto la natura, cioè l'evoluzione biologica. Se si sposta di molto questo equilibrio, a favore delle donne o degli uomini, si può ottenere come risultato uno dei più grossi sconvolgimenti, reali questa volta e non fittizi, della condizione biologica delle popolazioni umane. Pochi lo hanno notato, ma la scelta del sesso del nascituro è già possibile oggi. Forse occorrerebbe pensarci, per oggi e ancora più per domani. In certe società, potrebbe prevalere la tentazione di avere solo figli maschi, o solo figlie femmine. Le conseguenze sarebbero ancora più imprevedibili di quelle di una fantomatica clonazione umana. Un'ultima considerazione, appena sussurrata. Se un gene come questo, sottodosato, dischiude la via alla produzione di un embrione vitale nonostante tutto, può essere che sopradosandolo si ottenga un embrione precoce che non diventerà mai un vero e proprio embrione, ma che potrebbe essere una fonte egregia di cellule staminali embrionali. Sarà vera gloria? Ai posteri l'ardua sentenza.

 

 

Perché la partenogenesi
25 novembre 2002
(http://www.corriere.it/Primo_Piano/Scienze_e_Tecnologie/2002/11_Novembre/25/clonazione.shtml)
 
La partenogenesi è un sistema che permette di generare un embrione a partire dalla sola cellula uovo femminile senza quindi il corredo genetico apportato dal seme maschile. La tecnica partenogenetica sta assumendo particolare rilevanza nel mondo scientifico, in particolare in quello statunitense, in quanto la creazione di embrioni umani mediante questa tecnica non sarebbe proibita dalla legge del 1990 che regolamenta la materia. Alcuni scienziati americani si rifiutano infatti di definire embrioni quelli creati mediante partenogenesi, che vengono chiamati «partenoti». Non è una questione puramente nominalistica: la legge americana definisce un embrione un uovo fertilizzato dal seme maschile. Utilizzando la partenogenesi sarebbe quindi aggirabile il divieto di clonare esseri umani previsto dalla norma Usa.

 

 

Topi senza padre
http://www.focus.it/notizie/15157_22_4_75.asp
Da che mondo è mondo, per fare un mammifero ci vogliono un maschio e una femmina. O meglio, due ingredienti fondamentali: uno spermatozoo e un ovulo. Con un certo piacere per i rispettivi donatori.
Da oggi questo dogma della biologia non vale più. Un gruppo di ricercatori coreani e giapponesi ha creato in laboratorio un topo da due genitori femmine. Si chiama Kaguya ed è nato senza l'intervento di una qualsiasi cellula maschile. Tecnicamente si tratta di partenogenesi, un meccanismo di riproduzione nel quale le uova non vengono fecondate dagli spermatozoi. In natura diversi organismi come pesci, molte specie vegetali e qualche rettile, si riproducono in questo modo, dando vita a individui con lo stesso patrimonio genetico. Lo stesso però non avviene nei mammiferi. In questi infatti la partenogenesi può soltanto iniziare accidentalmente (o il laboratorio), quando un ovulo viene attivato come se fosse stato fecondato. Ma dopo pochi giorni lo sviluppo si ferma. Tutta colpa di un fenomeno chiamato imprinting genomico. Alcuni geni "si ricordano" se arrivano dal maschio o dalla femmina, e si attivano soltanto quando tutti i geni fondamentali si ritrovano.
Travestimenti genetici. Per realizzare il loro esperimento, gli scienziati quindi hanno combinato il patrimonio genetico di due ovuli, con un procedimento molto complesso. Tra i vari passaggi, forse quello più importante è stato quello di "camuffare" uno dei due ovuli da spermatozoo, riducendo al silenzio alcuni geni. In particolare, sono stati disattivati i geni che impedivano all'ovulo di produrre una proteina chiamata IGF-2 fondamentale per lo sviluppo dell'embrione, ma presente soltanto nello spermatozoo.
Uomini come optional? La possibilità di effettuare simili esperimenti anche sull'uomo fa però inorridire gli esperti. La tecnica, oltre ad avere notevoli implicazioni etiche, è ancora molto approssimativa. Oltre 460 embrioni sono stati realizzati con questa tecnica, ma soltanto 10 sono riusciti a svilupparsi fino alla nascita. Di questi soltanto uno è riuscito a diventare adulto.
L'esperimento coreano però sarà molto utile per migliorare i metodi di fecondazione artificiale che si ritiene interferiscano sull'imprinting genetico. E soprattutto aiuteranno a perfezionare le tecniche di clonazione.

 

 

Il mito della partenogenesi
http://www.homolaicus.com/nt/vangeli/natale/partenogenesi.htm
 

Va detto, a testimonianza degli influssi pagani sul cristianesimo primitivo, che negli ambienti ellenistici i miti partenogenici erano di regola accettati (Pitagora, Platone, Augusto, Perseo), mentre in quelli ebraici erano decisamente rifiutati. Il giudaismo infatti non attendeva un messia nato da una vergine. 
La decantata verginità dei vangeli dell'infanzia è forse da collegare al fatto che per gli ebrei cristianizzati di allora una liberazione dal giogo romano era considerata così difficile da far risultare come necessaria l'aspettativa di un evento miracoloso. Tale evento, almeno fino all'ideologia paolina, che lo sostituirà con quello della resurrezione, restava comunque legato ad aspettative di liberazione nazionale.
O, per meglio dire, mentre il mito della resurrezione è servito per rinunciare definitivamente a qualunque pretesa nazionalistica, è probabile che in certi ambienti cristiano-ebraici della diaspora si sia avvertita l'esigenza di ribadire la necessità di un messia divino sin dalla nascita, in grado un giorno di restaurare il glorioso regno davidico.
Un'altra tesi sostiene che i racconti natalizi siano stati elaborati per mostrare il modo in cui gli ebrei avrebbero dovuto credere se avessero saputo interpretare correttamente le profezie dell'antico testamento.
Che i racconti natalizi siano posteriori alla predicazione paolina è documentato dal fatto che nel vangelo di Marco non si parla di annunciazione e nascita miracolosa del Cristo, anche se nella pericope del battesimo, del tutto inventata, i simboli religiosi sono numerosi.
In Mc il Cristo diventa "figlio di Dio" solo al momento del battesimo, cioè come se fosse stato "adottato" dal Dio-Padre; in Mt e Lc lo è invece a partire dal momento della nascita, per volontà del Dio-Padre espressa attraverso l'azione dello Spirito. Solo in Paolo e Giovanni si parla di "eternità della divinità".

 

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