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Spunti di riflessione: terra
 
L'Europa dovrà ritrovare le sue radici bibliche che la legano indissolubilmente al popolo ebraico?
di Gian Guido Vecchi
(Corriere della Sera, 10 maggio 2004)
 

L'Europa che affonda le proprie radici nella Bibbia dovrà essere consapevole «delle divergenze esistenti fra la cultura europea e quella araba», ma questo «non per chiudersi in una fortezza europea». Al contrario: si tratta di «aprirsi a uno scambio sincero che permetta la fiducia reciproca e sostenga le forze dialoganti all'interno dell'Islam per un cammino di pace». E' un ruolo particolare, quello che il cardinale Carlo Maria Martini assegna al Vecchio Continente. Con l' allargamento dell'Ue «è riapparso un po' di eurottimismo». E ora «l'Europa che ha lasciato dietro di sé le guerre dei secoli passati può e deve essere per gli altri continenti promotrice e garante di pace». Il cardinale, ieri a Cesano Boscone, ha parlato della Bibbia come «libro del futuro dell' Europa»: gratuità, dono di sé, bene comune, perdono, umanità. Del resto, «è anche libro del passato dell' intera storia europea, come hanno riconosciuto tutti i grandi spiriti europei», ha spiegato citando fra gli altri Kant («Il Vangelo è la fonte da cui è scaturita la nostra civiltà») e Nietzsche: «Per noi Abramo è più di ogni altra persona della storia greca o tedesca». Ma perché «possa essere efficacemente il libro del futuro» si richiedono alcune condizioni: oltre a un dialogo «coraggioso, fraterno e intelligente con l'Islam», il «dovere di una collaborazione di tutte le confessioni cristiane» e «la più viva coscienza del ruolo singolare di Israele nella storia della salvezza». L' Europa, che è stata terra della Shoah, «dovrà essere contrassegnata da un'

amicizia sempre più profonda per il popolo ebraico, soprattutto in un momento in cui sembra crescere nel mondo lo spirito antisemita e in cui il popolo di Israele sta vivendo un momento particolarmente drammatico della propria storia». Ne va dei nostri valori: «Il conflitto tra ebrei e palestinesi non potrà essere superato se non con l'aiuto e attraverso l'assunzione di responsabilità da parte di tutte le grandi nazioni, in particolare dell'Ue. Ma per questo l'Europa dovrà ritrovare le sue radici bibliche che la legano indissolubilmente al popolo ebraico».

Cardinale Carlo Maria Martini

Figura 1: Cardinale Carlo Maria Martini

«Quando sono a Gerusalemme provo nostalgia per Milano. Ma quando torno a Milano mi manca Gerusalemme». Così il cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo emerito di Milano, dice di vivere «tra due fuochi», con un forte sentimento diviso tra l'Italia e la Terra Santa. Comunque, «porto sempre con me la realtà di Milano, che ho imparato a conoscere e per la quale continuo a pregare». Intervenuto ieri a un convegno promosso dalla parrocchia San Giovanni Battista al cinema-teatro Cristallo di Cesano Boscone, in quella diocesi che ha guidato per 22 anni e cinque mesi («il mio episcopato è durato esattamente come quello di Sant'Ambrogio», ha tenuto a precisare), Martini ha posto l'attenzione sul futuro dell'Europa, sulle sue radici cristiane, sul rapporto con il popolo e la religione ebraica, sull'Islam. A fine mese Martini tornerà a Gerusalemme: qui accoglierà il suo successore, l'arcivescovo Dionigi Tettamanzi, che sarà in visita in Israele dal 17 al 24 giugno. Sul tema dell'allargamento dell'Unione, l'arcivescovo emerito ha sottolineato l'importanza del ruolo che l'Europa può svolgere per la pace in Medio Oriente: «Dopo l'euroscetticismo degli ultimi anni, è riapparso un po' di eurottimismo. Il Papa ha ribadito che l'Europa deve ritrovare le sue radici cristiane se vuole veramente poter guardare al futuro: solo in questo modo potrà essere all' altezza delle grandi sfide del terzo millennio, la pace, il dialogo tra le culture e le religioni, la salvaguardia del Creato». Valori, ha detto Martini, «espressi in maniera privilegiata nei libri delle Sacre Scritture: la Bibbia è quindi il libro delle radici europee e sarà anche il libro del futuro dell'Europa». Con l'ingresso di nuovi Paesi nell' Ue «l'Europa è sempre più grande e più forte. Ma ciò avviene in una situazione di sofferenza e pericolo, di crescenti paure per il moltiplicarsi di atti di un terrorismo a livello internazionale, capace di colpire in qualsiasi luogo e momento». Per il futuro dell'Europa «sarà necessario - ha aggiunto - prendere sempre più viva coscienza del rapporto che lega le Chiese cristiane al popolo ebraico e del ruolo singolare di Israele nella storia di salvezza. L' Europa del futuro dovrà essere contrassegnata da un'amicizia sempre più profonda per il popolo ebraico, riconoscendo le radici comuni tra il cristianesimo e l'ebraismo». E' però altrettanto necessario, secondo l'arcivescovo emerito, «instaurare un dialogo interreligioso coraggioso e profondo, un rapporto fraterno e intelligente con l' Islam: bisognerà essere coscienti delle divergenze esistenti tra le culture europea e araba, non per chiudersi in una fortezza, ma per aprirsi a uno scambio che permetta la fiducia reciproca e sostenga le forze dialoganti all'interno dell'Islam per un cammino di pace».

 

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