Lasciate la Carota e il Bastone
di Gideon Levi, Haaretz 01:00 Domenica 18 Marzo
http://www.indymedia.org.il/imc/israel/webcast/display.php3?article_id=2898
(grazie a Aine per la traduzione)
Non cè mai stata la pur minima apparenza di collegamento tra una politica di
"chiusura" e la sicurezza israeliana. Allo stesso modo, l'idea che
mettere sotto pressione una popolazione condurrą all' estirpazione del terrore è pura
follia, mancandone il fondamento in tutti i sensi morali e pratici.
La politica della "carota e del bastone" è tornata. Il termine, prima
utilizzato in riferimento alle politiche di conquista israeliane da Moshe Dayan, ha
ripreso vita dopo 30 anni da Ariel Sharon e Binyamin Ben-Eliezer. E' come se niente
fosse cambiato tra conquistatori e conquistati in queste ultime tre decadi. Forse è un
caso: possibile che davvero niente sia cambiato? Il succo del vecchio
trattamento, ingiusto, con cui Israele agisce nei confronti del popolo palestinese,
che sopravvive sotto occupazione, è incapsulato in questo , e la filosofica
politica che rappresenta. Naturalmente, non è una coincidenza che questa frase sia stata
presa dalla sfera dell'addestramento animale: il riferimento alle carote e ai
bastoni fa pensare ad un addestramento di lepri. La lepre viene colpita sul naso dal
bastone ogni volta che non fa attenzione alle istruzioni dell' addestratore; e ottiene una
carota quando si comporta " bene. "
Allo stesso modo i Palestinesi sono percepiti dagli israeliani come lepri: li lasciano
ad una sorta di rilassamento per permettergli di "respirare" se si comportano
bene, mentre li "soffocano" quando non si comportano come desiderato. Se un
gruppo di due terroristi fa fuoco su un carro delle forze armate israeliane, è
sufficiente per trasformare la carota in bastone, quindi inasprendo le innumerevoli vite
della massa di residenti per peccati che non hanno commessi. Da Shimon
Peres a Tzipi Livnat, la scorsa settimana questi ministri giurarono, uno dopo
l'altro, e denunciarono e abiurarono punizioni collettive. E poi, uno dopo
l'altro, i nuovi ministri condonarono dure misure di punizioni collettive promulgate
dal governo e dall'IDF. "Non ci piacciono questi sistemi, ma non abbiamo
scelta", dissero, come se le punizioni collettive facessero parte di uno schema divino
di giustizia. Anche se può essere duro da credere, è impossibile trovare un singolo
politico ovunque nella scena politica ebreo-sionista che sia pronto a criticare
inequivocabilmente la politica israeliana nei territori.
Il ritorno della dottrina di Moshe Dayan non è ridotta all'uso
dell'espressione presa dal mondo dell'addestramento animale. Israele non ha
mai interamente abbandonato il sistema delle punizioni collettive e la filosofia della
"carota e bastone"; ma oggi, quando questi sistemi sono divenuti una pietra
angolare di una politica di stato, Israele ha fatto un altro passo indietro nei rapporti
con i palestinesi. Ancora una volta, non sono considerati partner in nessun processo.
Invece sono visti in parte come gruppo di esseri umani e in parte come mandria di animali,
una sorta di massa indisciplinata che necessita di dure norme comportamentali.
Queste sono cattive notizie. le punizioni collettive applicando la carota e il bastone è
una
politica decisamente sbagliata; e non può essere accettata. Qual è il collegamento tra una
madre che sta per partorire e un terrorista? O tra un uomo anziano e un terrorista? Cosa
penserebbero i giovani residenti di Tel Aviv se tutti i locali notturni venissero chiusi
in risposta alla denuncia di traffico di stupefacenti in un particolare ritrovo? Per
analogia, come nel caso di chiusure commerciali imposte in tutte quelle cittą nella lotta
contro il terrore, tale chiusura al commercio risulterebbe forse una misura ragionevole
nella guerra contro le droghe?
Sotto le attuali, appena rafforzate, azioni, i diritti fondamentali che appartengono
naturalmente e incondizionatamente ad ogni essere umano, sono state abrogate da Israele.
Che siano o no conferite ai singoli, dipende interamente dalle "gentili
concessioni" di Israele.
La libertą di movimento, libertą al lavoro e guadagnare per un proprio sostentamento, il
diritto allo studio, la cura di madri incinte e dei malati -da ricevere in rispetto a
tutti quei diritti e bisogni, è stata trasformata in "carote" e concesse come un ignobile
gioco diretto da Israele. Se così stabilito, lo stato
"conferisce" queste libertą fondamentali; se disposto diversamente, tutti i
diritti vengono automaticamente annullati. Tutto dipende da come Israele percepisce la
condotta dei palestinesi. Tutte le basilari liberta' civili vengono considerate come
favori
e regalie concesse dal conquistatore al conquistato, assumendo che quest'ultimo sia
sufficientemente sottomesso.
Tutto ha un costo. Invece di essere completamente evidenti, i diritti divengono fattori
contingenti in una politica di misure collettive, di punizione e ricompensa.
L'individuo diviene un elemento ad incastro in un collettivo, perdendo ogni sua
qualitą distintiva e responsabilitą per il proprio destino. L'uno o l'altro
gruppo è ricompensato o punito come un insieme. Ma la misurazione e' distorta. Alla fine
della settimana eravamo sommersi
da dichiarazioni su "l'attenuazione della chiusura". Uno straniero portato in questo
Paese, penserebbe che dopo una serie di queste "sospensioni", le vite dei
palestinesi tornerebbero alla normalitą, così come le vite degli israeliani o
europei. Data la situazione attuale, dopo una serie di "sospensioni", il
movimento lungo le strade nei territori è decisamente molto più limitato di quanto non sia
mai stato nella storia della conquista. Trincee scavate all'ingresso di molti paesi
rimangono intatte fungendo da barriere impenetrabili e bloccano ogni movimento da e per
queste comunitą. Intere cittą e paesi rimangono così completamente isolati.
Non c'è mai stata una minima parvenza di collegamento tra una politica di
"chiusura" e la sicurezza israeliana. Allo stesso modo, l'idea che
applicare la pressione su una popolazione civile possa portare all'estirpazione del
terrore, è pura follia, priva di fondamento sia in senso pratico che morale. Israele ha
provato ad agire con queste idee in Libano, quando spinse centinaia di migliaia di
civili fiduciosi da sud a nord. La motivazione di questa disgrazia libanese -
per cui Israele si crede nel diritto di poter giocare con il destino di masse di civili
innocenti per promuovere i suoi interessi - e' stata dichiarata illegittima.
Israele sta attualmente seguendo la stessa strada nei confronti dei palestinesi.
I palesintesi non sono dei conigli, né tantomeno Israele è l'addestratore degli
animali della regione. La guerra contro il terrore deve essere intrapresa sia come
struttura diplomatica, come parte di ricerca di un accordo di pace, ed anche come una
selezionata ricerca di tutti coloro che commettono atti di terrore. In termini pratici e
morali, è un errore giocare con il destino di un intero popolo, alternativamente
umiliandolo o premiandolo in base agli interessi di Israele, non importa quanto legittimi
questi interessi possano essere.
Carote e bastoni, e la politica di punizioni collettive che applicano, dovrebbero essere
lasciate agli addestratori di animali. I rapporti verso un popolo scontento, afflitto per
anni da dure conquiste, dovrebbero essere condotti, tutto sommato, in uno spirito diverso.
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