Thomas Hammarberg, Ambasciatore svedese
Pubblicato sul quotidiano "Svenska dagbladet", pubblicato il 2/11/2000


Il flusso di notizie sui morti in Cisgiordania e a Gaza continua. Quest'autunno piu' di 140 Palestinesi sono stati uccisi e piu' di 7.000 feriti, molti di loro sono bambini o adolescenti. Cio' nonostante le manifestazioni e i lanci di pietre continuano, talvolta in maniera piu' sporadica. Sicuramente tutto cio' apre nuove questioni sul perche' di tanta rabbia da parte Palestinese. Una teoria e' che i teenagers sarebbero vittime di una propaganda antisemita diffusa sia nelle scuole che attraverso i media. Lars Gustafsson ha scritto su questo giornale il 25 ottobre che anche i funerali verrebbero usati in questo senso e che le televisioni locali "riciclerebbero" le immagini dei morti.
Tuttavia, vi sono spiegazioni piu' convincenti e credibili che sono relative all'occupazione stessa. Sin dall'occupazione delle aree Palestinesi nel 1967 ho regolarmente visitato questi luoghi, come giornalista, come rappresentante di Amnesty International, come responsabile di Save the Children e come diplomatico. Quelle che seguono sono le mie impressioni.
Mi e' divenuto chiaro molto dopo il 1967 che l'ottimismo degli israeliani avrebbe rivelato la sua falsita'. L'occupazione non ha portato alla coesistenza eliminando il pregiudizio e costruendo ponti di speranza e comprensione.Al contrario si e' rivelata un disastro per i Palestinesi ed una tragedia morale per gli Israeliani.I media hanno solo parzialmente comunicato la frustrazione e la disperazione dei Palestinesi, ancora meno ne hanno spiegato le cause.Le scene drammatiche delle strade durante l'Intifada degli anni ottanta e ancora durante quest'autunno- mostrano i sintomi, ma non rivelano l'aspetto importante della tristezza dei genitori, la disperazione delle madri, o le ragioni per le quali i piu' giovani decidono di confrontarsi con i soldati Israeliani.
Molto di tutto questo ha a che fare con la vita quotidiana durante l'occupazione il rapporto fra quelli che prendono le decisioni e quelli che vengono umiliati. Tanti incidenti pi o meno gravi si sommano e costruiscono un'esperienza fatta di amarezza. I piu' giovani sono frustrati dalle concessioni che i loro parenti sono sempre piu' costretti a fare. Non sorprende che la prima Intifada sia cominciata come una rivolta spontanea dei piu' giovani, e che siano di nuovo i teenagers oggi a condurre la nuova Intifada (persone che rinfacciano alle proprie madri di non avere capito la situazione).
Il processo di pace che comincio' con gli Accordi di Oslo in parte, un risultato della prima Intifada- porto' della speranza, anche se molti osservatori Palestinesi erano scettici, sin dall'inizio. I pessimisti ebbero le loro conferme quando nel 1996 fu eletto (primo ministro in Israele, N.d.T.), Benjamin Netanyau e i negoziati furono bloccati.
Piu' importante e' che i Palestinesi nel loro complesso, indipendentemente dal partito che ha ottenuto la maggioranza in Israele, non hanno guadagnato nulla dal processo di pace.
Quando le economie dei due paesi sono state rese interdipendenti, i Palestinesi (particolarmente a Gaza), sono divenuti estremamente vulnerabili; la loro vita ha cominciato a dipendere sempre piu' dai blocchi e dalle chiusure in grado di interrompere i flussi di merci e di impedire ai Palestinesi di raggiungere i luoghi di lavoro in Israele. Nonostante i generosi aiuti arrivati dalla Svezia e da altri paesi, molti Palestinesi stanno vivendo tempi molto duri; il livello di disoccupazione ha raggiunto percentuali elevatissime.
Tuttavia cio' che ha profondamente minato le speranze riposte nei trattati di pace, nelle menti e nei cuori dei palestinesi, sono le quotidiane umiliazioni, che sono divenute ancor piu' sistematiche nel corso del processo di pace. La Cisgiordania e' stata trasformata in un patchwork di aree molto simili a bantustan; i Palestinesi devono ottenere permessi dagli Israeliani per qualsiasi movimento fra le varie zone. I soldati ai checkpoints spesso si comportano in modo straffottente ed arrogante.
Ho visto genitori profondamente umiliati di fronte ai loro figli. La popolazione Palestinese di Gerusalemme e' tormentata da una continua manipolazione dei permessi di residenza da parte degli Israeliani, che non fanno nulla per nascondere lintenzione di spingere la popolazione Palestinese fuori dai confini cittadini. Gli insediamenti Israeliani hanno continuato ad espandersi nel corso del processo di pace, senza che i Palestinesi fossero mai consultati in proposito. Gli Israeliani hanno confiscato altre porzioni di terra per costruire le loro strade riservate ai coloni e alle costruzioni militari. Le gia' scarse risorse idriche disponibili sono andate a coprire in maniera assolutamente sproporzionata solo i bisogni della popolazione Israeliana. Le punizioni collettive esercitate dagli Israeliani hanno accresciuto l'amarezza dei Palestinesi. Dal 1987 piu' di 16.000 Palestinesi, dei quali 7.000 bambini, hanno visto le loro case fatte esplodere o demolite quando uno dei membri della famiglia veniva accusato di terrorismo. I mesi di coprifuoco, le chiusure dei villaggi e delle citta' sono state utilizzate come ulteriori mezzi di punizione collettiva. Di fronte alla natura reale di questo tipo di punizioni sta il fatto che la maggiorparte di quelli che hanno sofferto sono completamente innocenti.
Il supposto obiettivo della punizione collettiva e' quello di obbligare i pacifici Palestinesi a non rivoltarsi contro i loro oppressori. Questo approccio non ha ottenuto i risultati desiderati. Le richieste di "auto-contenimento" fatte dai leader Palestinesi sono state interpretate come una collaborazione con gli Israeliani. Una reazione simile vi e' stata di fronte alle continue richieste Israeliane nei confronti di Arafat per l'adozione di misure repressive contro le persone accusate di terrorismo. Quando vi sono state le ondate di arresti, i Palestinesi hanno visto una capitolazione piuttosto che un' operazione di polizia.
I Palestinesi a Gaza e in Cisgiordania credono che Israele li stia umiliando intenzionalmente. Ogni Palestinese con cui io ho parlato ha una storia di confrontazione degradante con le forze delloccupazione.
Cio' di cui ora c'e' bisogno e' un organismo imparziale che possa promuovere la discussione fra le due parti. A mio parere le Nazioni Unite dovrebbero assumere un ruolo primario. Al contempo, si dovrebbe insistere fermamente e chiaramente sui principi del diritto internazionale e sui diritti umani. Occupazione non e' "amministrazione". La quarta Convenzione di Ginevra si applica a quest'occupazione come ad ogni altra. Stanziamenti di nuovi coloni, deportazioni di palestinesi, confisca di proprieta', punizioni collettive costituiscono tutte violazioni del diritto internazionale. Israele non ha il diritto di annettere unilateralmente alcuna parte dei territori Occupati. I metodi usati da Israele per fronteggiare i dimostranti costituiscono violazioni del dirittto internazionale. Il numero dei feriti e dei morti racconta questa storia. Il fatto che alcuni dimostranti siano armati e ansiosi di sparare non giustifica l'uccisione per mezzo di armi pesanti di bambini che tirano pietre. Israele non ha nemmeno il diritto di sparare sui civili con carri armati e missili sparati da elicotteri da guerra. Questo e' un caso evidente d'uso massivo della forza e non dobbiamo esimerci dal chiamarlo con il suo vero nome. Se siamo seri rispetto all'attuazione del diritto internazionale dobbiamo far si che venga applicato in modo eguale rispetto a tutti.






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