Non
c' e' pace senza giustizia
La cosiddetta
"era di pace", dalla firma degli Accordi di Oslo nel 1993 ad oggi, ha
riservato sorprese amare ad un popolo che per decenni ha lottato con tutte
le sue forze per conquistare l'indipendenza anche soltanto in una piccola
porzione della sua terra. L'Autorita' Nazionale Palestinese del presidente
Yasser Arafat (l'Anp, nata nel maggio del '94) riteneva di poter ottenere
il controllo del 90 per cento dei territori palestinesi occupati da Israele
nel 1967, in modo da arrivare, in tempi brevi, alla proclamazione dello
stato indipendente. Sul terreno gli sviluppi hanno invece creato una parcelizzazione
del territorio suddiviso in tre Tipi di Area, che negando la continuita'
territoriale, impediscono la formazione dello stato. Di fatto, gli abitanti
dei territori Palestinesi, subiscono continui controlli e limitazioni
umilianti nella loro liberta' di movimento. Oggi l'Anp controlla parzialmente
il 24,7 per cento della Cisgiordania (Area B = controllo militare isrealiano
e ammnistrazione civile palestinese)e totalmente poco piu' del 18,2 per
cento della Cisgiordania (Area A=controllo militare e civile palestinese)
ed esercita una piena sovranita'(area A) su appena il 65 per certo della
Striscia di Gaza (327 km2). Inoltre, la conclusione (4 maggio '99) degli
accordi transitori non ha portato al raggiungimento dellÕAccordo sullo
stato permanente dei territori occupati e rimangono irrisolti alcuni dei
problemi piu' gravi del conflitto israelo-palestinese come la questione
di Gerusalemme, il futuro dei profughi palestinesi che languono in campi
miserabili sparsi nei paesi arabi oltre che in Cisgiordania e Striscia
di Gaza (3.600.000 rifugiati registrati dallÕUNRWA), e lo status dei circa
230 insediamenti coloni ebraici costruiti nei territori palestinesi dopo
il '67. La mancanza di liberta' e le varie forme in cui ancora oggi si
manifesta l'oppressione israeliana sono senza ombra di dubbio i nodi non
sciolti di un processo di pace lento e deludente. Per viaggiare I Palestinesi
hanno bisogno, proprio come accadeva in passato, di un permesso israeliano
e subiscono gravi abusi se tentano "illegalmente" di entrare nella zona
est di Gerusalemme che pure e' definita dalle risoluzioni internazionali
un territorio occupato con la forza da Israele. Le motovedette israeliane
fanno fuoco sui pescatori palestinesi che escono, sia pure soltanto di
poche decine di metri, dal recinto delle acque assegnate dagli accordi
al controllo dell'Anp. Le terre palestinesi vengono confiscate e gli abitanti
deportati come in passato; le abitazioni arabe, specialmente a Gerusalemme,
vengono demolite con ogni pretesto. Soltanto da gennaio a dicembre 1999
le Autorita' Israeliane hanno confiscato 5.000 ettari di terre palestinesi,
per la costruzione di nuove colonie ebraiche. Dagli accordi di Oslo ad
aprile 1999 oltre 946 case palestinesi sono state demolite, di cui 174
a Gerusalemme est. Nello stesso periodo almeno 270 palestinesi sono stati
uccisi da soldati o da civili israeliani, oltre 12.000 sono stati arrestati
e circa 800 sono stati detenuti "amministrativamente" (senza processo)
mentre i centri per i diritti umani locali e internazionali continuano
a denunciare l'uso della tortura nelle prigioni israeliane. Gli accordi
di pace peraltro non hanno abolito l'ordine militare n.92 (agosto '67)
che assegno' all'esercito di occupazione e successivamente all'authority
israeliana "Mekorot" il controllo dell'acqua palestinese. Al momento Israele
controlla l'80 per cento delle risorse idriche della Cisgiordania e Striscia
di Gaza. In definitiva, "l'era di pace", ha indebolito la speranza riposta
dal popolo palestinese nella mediazione diplomatica per l'ottenimento
di una pace giusta, che riconoscesse il diritto all'autodeterminazione
e all'applicazione delle risoluzioni dell'ONU. L'attuale crisi che si
e' venuta a detrminare da giovedi scorso, e' il frutto di una precisa
strategia politica e militare israeliana. Fin dall'inizio di settembre
gli israeliani si dichiaravano pronti ad intervenire in forza in caso
di un'eventuale proclamazione unilaterale dello Stato Palestinese. Quanto
accaduto la settimana scorsa con la visita di Sharon alla Spianata delle
Moschee di Gerusalemme, e' stato un chiaro segnale di provocazione, se
si pensa che a piu' di un milione di Palestinesi e' negata la possibilita'
di accesso al terzo luogo santo dell'Islam. Davandi alla Moschea Al-Aqsa
l'esercito israeliano ha aggredito violentemente la popolazione civile
palestinese puntando le armi ad altezza d'uomo ed sparando munizioni letali.
L'attacco alla moschea ha determinato una serie di manifestazioni da parte
palestinese che sono state represse a loro volta con misure sproporzionate
rispetto alla minaccia che esse "potevano rappresentare alla sicurezza
di Israele". Da sabato la presenza dell'Esercito Israeliano nei Territori
palestinesi (anche nelle zone A) e' aumentata notevolmente fino ad assumere
in molti casi le caratteristiche di una vera e propria azione di guerra
contro la popolazione civile, con l'intervento di elicotteri, carri armati
e l'uso di missili contro i manifestanti. In molti casi le ambulanze occorse
sui luoghi degli scontri sono state fermate se non prese di mira dall'esercito
israeliano che in qualche caso ha ferito e ucciso i soccorritori, contravvenendo
ad ogni accordo internazionale. In alcune zone della Cisgiordanaia e della
Striscia di Gaza ai soldati si sono uniti i coloni israeliani armati.
I due terzi dei palestinesi feriti o uccisi dallÕEsercito Israeliano hanno
meno di 18 anni. Cio' che i giornali italiani dicono essere accaduto per
caso al bambino di Nezarim, e' lÕeffetto di una precisa strategia militare;
le Autorita' Militari Israeliane di Gaza hanno dichiarato alla radio:"
Chiunque si trovi dalla parte delle barricate palestinesi per noi e' a
rischio di vita". Per la prima volta anche i palestinesi di Israele si
sono mobilitati, divenendo al loro volta oggetto di violente misure repressive.
Fino ad aoggi in questo panorama di aperta violazione dei diritti umani
della popolazione palestinese, la societa' civile israeliana e' rimasta
in silenzio. E' peraltro allarmante che in questo momento la stessa Comunita'
Internazionale non faccia sentire la sua voce in difesa dei piu' elementari
diritti umani negati ai palestinesi, riflettendo un atteggiamento giustificatorio
di qualsiasi azione politica o militare di Israele. A nostro avviso questo
e' il risultato della latitanza politica dell'Unione Europea che, a l'indomani
del raggiungimento degli Accordi di Oslo, ha delegato agli Stati Uniti
la completa gestione del processo di pace i cui risultati fallimentari
hanno portato alla situazione odierna. Facciamo appello alla societa civile
italiana e a quanti credono che non ci sia "pace senza giustizia" affinche'
si mobilitino in difesa dei diritti del popolo palestinese.
Gruppo di cooperanti
Italiani in Palestina
4-10-2000
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