CHIEDIAMO
LA PROTEZIONE INTERNAZIONALE PER IL POPOLO PALESTINESE
17 Maggio 2001
in questa lettera:
Anche i progetti di cooperazione vengono bombardati e distrutti
dall'Esercito di Israele: il caso del progetto di CROCEVIA
Riflessioni dai territori nella commemorazione della Nakba
Sharon non si ferma ai blocchi stradali (Tradotto dal quotidiano Ha'aretz)
La violenza e prepotenza dell'Esercito Israeliano ha mirato ancora una volta
ad una struttura di produzione palestinese. Il Centro Agricolo di Khaduri
(Tulkarem) a ridosso della linea verde, ma in area PALESTINESE, beneficiario
di un progetto promosso dal Ministero degli Esteri italiano e realizzato
dalla ONG italiana CROCEVIA in partneriato con l'organismo palestinese LAND
RESEARCH CENTRE, e' stato bombardato violentemente e distrutto
dall'artiglieria e dai bulldozer israeliani. L'azione persegue il perverso
scopo in cui Israele e' sempre piu' impegnata: il sistematico annientamento
dell'economia autonoma palestinese...e poco importa se essa e' il risultato
di azioni di sviluppo costruite per anni e molto ben riuscite.
Il rapporto che segue, triste conto dei danni e' a cura del LRC.
Luned́ 14.05.01, ore 02.00, dopo un bombardamento al Centro Agricolo di
Khaduri, sono entrati in operazione I bulldozer accompagnati da mezzi
militari pesanti nello spazio appartenente allo stesso Centro. Tale
aggressione ha causato I seguenti danni:
- Demolizione di un edificio che consiste di 6 stanze
- Distruzione delle stalle usati per allevamento di mucche e ovini
- Demolizione e distruzione della sala mungitrice, sala per la raccolta del
latte con una superficie totale di 150 mq
- la morte di 6 vitelli ( di cui uno appartiene al progetto 2373/CIC/PAL)
- la morte di 2 capre
- distruzione dell'unita' di svezzamento dei nuovi nati
- distruzione del deposito mangime con 2 tonnellate di mangime dentro
- distruzione della bilancia
- distruzione di 5 mungitrici
- distruzione del generatore elettrico
- distruzione di una cella frigo per la conservazione del latte
- distruzione del riscaldatore dell'acqua
- distruzione dei mobili del centro
- danni gravi ai sistemi idrico ed elettrico
VORREMMO SAPERE COSA NE PENSANO AL MINISTERO DEGLI ESTERI, ALLA
COOPERAZIONE ITALIANA, AL CONSOLATO GENERALE D'ITALIA A GERUSALEMME E COSA
HANNO INTENZIONE DI FARE. NON CI RISULTA CHE AL MOMENTO SIA STATA
INTRAPRESA ALCUNA AZIONE. CHIEDIAMO AL NOSTRO GOVERNO DI IMPEGNARSI NELLA
DIFESA DEL SENSO DELLA NOSTRA PRESENZA QUI E DEL LAVORO NOSTRO E DEI NOSTRI
PARTNER PALESTINESI CHE E' COSTATO ANNI DI DURO IMPEGNO E CHE NON PUO'
ESSERE DISTRUTTO NELL'IMPUNIBILITA' PIU' ASSOLUTA
L'incessabile catastrofe
4 morti e oltre 200 feriti. Ecco il triste bilancio della giornata di
commemorazione del 53esimo anniversario della Nakba (la catastrofe, in
arabo) del 1948, data dell'occupazione militare israeliana della Palestina e
della deportazione della popolazione araba che rese profughe oltre 700.000
persone. La giornata e' cominciata presto, al suono degli slogan delle
moltissime manifestazioni in tutta la Palestina, in Israele e in Giordania,
la maggior parte delle quali sono sfociate in scontri con i soldati
israeliani o sono state attaccate dall'esercito che in molti casi ha sparato
sulla folla (ferendo, tra gli altri anche 2 giornalisti della televisione
francese), esito consueto di quasi tutte le proteste palestinesi
all'occupazione in questi mesi. Israele da parte sua sembra avere tutti gli
interessi ad intensificare l'offensiva ormai dichiaratamente lanciata verso
il popolo palestinese tutto, non solo la sua o le sue leadership. Gli
attacchi degli ultimi giorni parlano chiaro. Nessun elemento scatenante che
fosse dimostrabile, finche' la maschera che nascondeva la menzogna della
difesa dai presunti attacchi palestinesi non e' crollata. Ora si parla
appunto di attacchi preventivi. Tuttavia, leggendo i dati, emerge che il 34%
di questi attacchi hanno pero' colpito civili (il che - se si considera che
i "colpiti" ammontano alla considerevole cifra di 2900, fa 986 persone!!!).
La politica militare israeliana e' volta all'eliminazione fisica di quanti
piu' palestinesi possibile...per farsi largo. Proprio la tecnica, ben
consolidata anche in Libano e nel Sinai (e propria di Sharon), del farsi
largo a suon di cannonate per poi liberamente avanzare sulla terra bruciata,
e' in questi ultimi giorni piu' evidente che mai. La distruzione sistematica
delle postazioni della polizia e delle forze di sicurezza palestinesi (e di
cio' che vi e' immediatamente intorno, cioe' le case dei civili in un
territorio cosi' esiguo in quanto a spazio), il terrorismo di stato che
uccide, persino nelle proprie case o preferibilmente in macchina (anche
questa, tecnica di cui i servizi segreti israeliani si sono guadagnati una
non onorevole fama internazionale e ben consolidata), chiunque abbia una
qualsiasi divisa palestinese o venga individuato come appartenente a gruppi
politici, di qualsiasi genere essi siano, l'umiliazione e le minacce
costanti alla popolazione mirate a scoraggiarla dall'oltrepassare i limiti
arbitrari e sempre piu' numerosi imposti, rendono veramente evidenti le
intenzioni della politica di Sharon. Negli ultimi due giorni, mentre la
bagarre elettorale italiana ingurgitava tutto lo spazio dell'informazione
televisiva italiana, gli attacchi militari, per terra, per mare e per cielo,
sono stati scagliati simultaneamente e a piu' riprese su Cisgiordania e Gaza
e sono stati violentissimi. Sono continuati anche ieri in piu' zone e
proprio in questo momento stiamo sentendo i colpi delle cannonate sul campo
profughi di Jabaliya qui a Gaza. Ci arriva la notizia dell'irruzione dei
soldati israeliani in una fabbrica di trasformazione del latte a Deir
al-Balah, gestita del Ministero dell'Agricoltura palestinese, in piena area
A. Oggi intanto sempre in quella zona ci sono stati ancora scontri e i
soldati hanno uucciso un altro ragazzo di 14 anni. La situazione e' sempre
piu' precaria, e anche pericolosa. Cosa succedera'? E' una domanda che molte
e molti di noi si pongono da molti mesi. La guerra c'e' gia', e non
dichiarata, come del resto sono e sono state tante guerre. Avra' forse lo
stesso destino? Fin'ora e' chiaro di si'. La politica istituzionale
internazionale e' la grande assente, non vede, non sente e non parla.
L' Autorita' Palestinese ha appoggiato ieri il rapporto della Commissione
Mitchell, cui pero' Israele rifiuta di dare credito perche', oltre a
rilanciare il piano egiziano-giordano per la ripresa dei negoziati, prevede
il congelamento delle colonie israeliane in Cisgiordania e a Gaza, cosa che
contravverrebbe alle promesse elettorali di Sharon, nonche' alle sue reali
intenzioni. In questo vuoto incolmabile dato dall'assenza di volonta'
internazionale ad una soluzione giusta e duratura del conflitto, dove nessun
diritto e' tutelato, il popolo palestinese e la societa' civile in molti
paesi chiamano alla mobilitazione civile per costruire reti su reti di
solidarieta' ed azione sociale in cui imbrigliare questo sistema di abuso e
sopruso. La strada potrebbe essere ancora molto lunga, ma la lotta per il
diritto ad esistere di tutti i popoli ovunque nel mondo ci appartiene. Non
facciamocela togliere.
Sharon non si ferma ai blocchi stradali
di Meirav Arlosoroff
Come di consueto, la pubblicazione del rapporto annuale del Fondo Monetario
Internazionale sull'economia israeliana avviene sullo sfondo della vecchia
battaglia tra il Tesoro e la Banca d'Israele su chi vince ogni anno la lotta
per i cuori degli esperti del FMI. Quest'anno, tanto per cambiare, l'ha
vinta il Tesoro. Ma la messa a fuoco su questo conflitto e il criticismo del
FMI sugli esorbitanti tassi di interesse ha distratto l'attenzione dai
commenti del FMI sullo stato dell'economia che in particolare sono l'elogio
per la fermezza dei politici. I funzionari del FMI hanno espresso meraviglia
sulla forza economica di Israele - la forza dello shekel (NIS, la valuta
israeliana - n.d.t.) e il tasso di inflazione consistentemente basso - di
fronte ai principali avvenimenti che hanno colpito l'economia negli ultimi
sei mesi: l'Intifada e il crollo del Nasdaq. Il FMI ha detto che cio'
"riflette successo nel creare credibilita' sia nella politica finanziaria
sia in quella monetaria" cosa per cui i politici dovrebbero essere lodati. E
continua dicendo che e' della "massima importanza" che le politiche
macro-economiche continuino a condizionare la stabilita' economica, cioe'
"allentamento delle limitazioni monetarie preservando la disciplina
fiscale". Il rapporto del FMI fa sonoramente eco dopo le dimissioni di Rafi
Peled da direttore generale dell'Ufficio del Primo Ministro. Ieri Ha'aretz
ha rivelato che Peled si e' dimesso perche' non ha voluto essere associato
alle politiche ammazza-bilancio del primo ministro Sharon. Secondo Peled,
Sharon ha dispensato promesse per piu' di 10 miliardi di NIS () a vari
gruppi di particolare interesse, che vanno dai Beduini, agli insediamenti
del nord, all'industria delle costruzioni (che, secondo il piano del
Ministro dell'Edilizia, Natan Sharansky, supportato da Sharon, incassera'
1,5 miliardi di NIS) a, ovviamente, le colonie. Le colonie avrebbero dovuto
incassare per proprio conto 1,5 miliardi di NIS di sovvenzioni, se gli
americani non si fossero alzati sulle zampe posteriori per dire no, per cui
Sharon sembra aver fatto marcia indietro. Il problema e' che non c'e' nessun
altro che possa alzarsi sulle zampe posteriori ripetto ad altri elementi nel
bilancio, o almeno nessuno forte quanto Sharon. Il famoso bulldozer, cui
persino l'Alta Corte non impedisce di usare suo figlio come emissario
diplomatico contro le richieste del Procuratore Generale, non si ferma a
nessun blocco stradale, come la struttura del bilancio, l'obiettivo del
deficit, il livello del debito nazionale rispetto al prodotto nazionale
lordo o il bisogno di investire il denaro dello stato in modi che
favorirebbero la crescita. Secondo i rapporti pubblicati ieri, Peled ha
capito proprio questo e ha deciso di non esserci quando i bilanci della
ripartizione delle imposte alzeranno il fattore di rischio di Israele, che a
sua volta alzera' gli interessi che lo stato paga per i crediti sui suoi
debiti. Il problema e' che, quando succedera', noi saremo tutti qui. Noi
pagheremo tutti il prezzo dei tassi di interesse dei bombardamenti, dello
stallo della crescita, della disoccupazione che non diminuisce e, in
generale, la delusione della realizzazione che Israele non e' piu' un paese
prospero, sebbene abbia avuto tutto cio' di cui aveva bisogno per esserlo.
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