CHIEDIAMO
LA PROTEZIONE INTERNAZIONALE PER IL POPOLO PALESTINESE
2 DICEMBRE
2000
IO, DONNA VADO IN PALESTINA
Interposizione nonviolenta in difesa della popolazione civile
Per il diritto alla vita, terra, liberta del popolo palestinese
Per la pace tra israeliani e palestinesi
Iniziative con donne palestinesi e israeliane
e altro organizzato dalle Donne in Nero - Donne Associazione per la pace-prossimi
gruppi in partenza Sabato 30 dicembre - Sabato 6 gennaio e cosi via fino
a quando sara' possibile-per iscrizioni e informazioni: LUISA MORGANTINI
TEL. 0348-3921465- SEGRETERIA 06-69950217-FAX 06-69950200-EMAIL
lmorgantini@europarl.eu.int
Tra domenica
e lunedi 4 palestinesi morti ( un bambino di 10 anni ferito nei giorni
scorsi e 1 ammazzato dai coloni a Hizma mentre guidava la sua auto)Ieri
2 morti palestinesi a TulkaremA Gaza e' stato ucciso un contadino mentre
lavorava il suo terreno. Subito dopo l'esplosione di una bomba vicino
all'insediamento di Dugit, i soldati hanno iniziato a sparare a casaccio
e hanno colpito il contadino.
GIORNALISMO: QUESTO SCONOSCIUTO
Se cerchiamo
di fare controinformazione non possiamo evitare di verificare quanto le
fonti ufficiali del giornalismo dicono e scrivono su quanto accade in
Palestina. Per cui siamo costretti a ritornare sull'argomento della corretta
e completa informazione, soprattutto perche' sappiamo che anche giornalisti
ci leggono.
Sia
la RAI con Filippo Landi che il Corriere della sera e la Repubblica hanno
riportato con enfasi un'affermazione di Marwan Bargouthi, responsabile
del partito Fatah. Secondo queste testate l'esponente ha minacciato di
"tagliare le mani" ai palestinesi che firmeranno un accordo che non dia
risposte positive su Gerusalemme , i profughi e gli insediamenti. Noi
chiediamo che questi giornalisti dicano pubblicamente da dove hanno ricavato
questa affermazione. Perche' e' possibile che ci sia sfuggita questa notizia
, nel qual caso faremo ammenda , ma tale affermazione l'abbiamo letta
e sentita solo dai media italiani. Stamattina abbiamo setacciato i quotidiani
Ha'aretz e Jerusalem Post (israeliani), Al Quds (palestinese), i siti
di CnnItalia , Cnn World, BBC, Reuters, ma di questa affermazione non
c'e' traccia. Ieri eravamo a Ramallah, alle celebrazioni di Fatah dove
ha parlato Bargouthi, nessuno ci ha riferito questa cosa, ieri sera abbiamo
incontrato personalmente Bargouthi e durante circa un'ora di chiacchierata
non abbiamo ascoltato una parola che potesse avvicinarsi a quella frase.
Quindi siamo veramente curiosi di conoscere quando e dove l'esponente
palestinese ha detto "taglieremo le mani". Altrimenti ognuno potra'
trarre le sue conclusioni su come gli italiani fanno giornalismo.
A proposito della manifestazione di ieri a Ramallah: la RAi si e' premurata
di far vedere il corteo degli incappucciati e l'esibizione delle armi
ma non ha mostrato che c'erano anche donne, giovani, anziani e stranieri
vestiti normalmente e senza armi. Come dire che l'immagine ad effetto
secondo la Rai fa audience oppure serve a diffondere l'idea che tra i
palestinesi sono tutti violenti e terroristi ?Invece la notizia della
caccia all'arabo messa in atto dagli estremisti ebrei a Gerusalemme Ovest,
che si sono lanciati contro i venditori di falafel, ritenuti evidentemente
tutti arabi, non e' passata.
Cosi' come le testate italiane non hanno dato la notizia, questa si' riportata
dall'Associated Press, da Ha'aretz e dal Jerusaleme post, sul ferimento
di un palestinese vicino Beit Hadassah , da parte dei soldati. L'esercito
ha subito dichiarato che Jadallah al Jabarri, questo e' il nome dell'uomo,
stava correndo verso i soldati e non ha risposto al loro alt. I soldati
allora hanno sparato in aria e dopo alle gambe dell'uomo che si avvicinava.
Peccato per l'esercito che un operatore dell'Associated press era presente
e ha filmato tutto. L'uomo stava parlando con i soldati, quindi era gia'
vicino a loro . E all'improvviso i soldati gli hanno sparato. Dopo che
il filmato e' stato reso pubblico , l'esercito ha dichiarato di aver aperto
un'inchiesta. Il comandante della zona ha detto che i soldati sono sotto
pressione, che temono per la loro vita ecc ecc. Ma l'articolo del Jerusalem
Post conclude ricordando che quei soldati erano in servizio in quel luogo
solo da 24 ore ! Se non ci fosse stato quel giornalista sul posto ancora
una volta l'esercito avrebbe affermato il falso.
DALLE
DONNE IN NERO riceviamo :
NABLUS ? 31.12.2000
Partiamo da Gerusalemme per Nablus viaggiando sulla by pass road per evitare
il passaggio nei villaggi palestinesi, visto che abbiamo la targa israeliana.
Nei pressi di Bitin siamo fermati da coloni armati dell'insediamento di
Ofra, che non vorrebbero farci passare perche', qualche ora prima, uno
di loro e' morto in un "incidente" (sapremo poi che si tratta del figlio
di Kahane, il coordinatore dei coloni). Ci dicono che possono passare
solo gli israeliani, rispondiamo che viaggiamo con targa israeliana, ribattono
che possono passare solo gli ebrei e che hanno un accordo con i militari
che li autorizza a fermare chiunque. Quando Luisa dice di essere una europarlamentare,
telefonano o fingono di telefonare e poi ci danno via libera.Riprendiamo
la strada lungo la quale vediamo numerosi insediamenti ben difesi e, vicino,
le strade sbarrate che conducevano ai villaggi palestinesi. Ci fermano
ancora, questa volta sono i militari ? in una postazione creata dopo il
29 settembre.
A Nablus andiamo subito al PGU, il sindacato nazionale, dove incontriamo
Shaer Saed, segretario generale dei sindacati palestinesi, e Abla
Masruje, responsabile del settore femminile.Dopo le presentazioni
e i saluti di benvenuto (l'impressione e' che non siano solo rituali,
tutte le autorita' ci tengono a sottolineare l'importanza per loro della
nostra visita, sembra effettivamente importante per loro), Saed ci illustra
con una serie di dati la situazione che si e' venuta a creare dopo la
chiusura dei territori, che ha impedito all'80% circa della popolazione
di muoversi da villaggi e citta', ed ai lavoratori di raggiungere il posto
di lavoro. In tutta la Cisgiordania erano circa 175.000 gli occupati in
Israele, la maggior parte ora e' disoccupata; fino a poco tempo fa venivano
concessi solo dai 6 ai 10000 permessi, mentre circa 20000 lavorano in
nero entrando in modo illegale in Israele. Anche i lavoratori impiegati
all'interno della Cisgiordania sono stati impossibilitati a muoversi sia
per i posti di blocco sia per il pericolo, rappresentato piu' dai coloni
che dai militari. In questa emergenza il sindacato si trova ad operare
come ente di assistenza. Grazie alle donazioni provenienti per lo piu'
da Arabia Saudita, Oman, paesi europei, Banca Mondiale, e' stato distribuito
una tantum un sussidio di 600 shekel a circa 80000 famiglie. Molti lavoratori
sono stati colpiti direttamente dalla violenza, circa 10000 sono stati
feriti e 1850 hanno riportato handicap permanenti. Infine c'e' il problema
delle famiglie delle vittime; per questo si e' costituito in ogni regione
un Comitato di emergenza.
Della situazione delle donne che lavorano ci parla Abla Marsuje:
le donne costituiscono solo il 14% della forza lavoro e di conseguenza
nel sindacato inizialmente erano l'8%, ma ora, dopo 5 anni in cui e' stato
creato un Dipartimento femminile, sono salite al 20 %. L'obiettivo e'
quello di aumentarne la presenza non solo nella base, ma anche a livelli
intermedi e dirigenziali, in tutta la Cisgiordania. A tutt'oggi nell'esecutivo
nazionale, composto da 34 membri, c'e' una sola donna. Per raggiungere
questo obiettivo, si lavora su piu' livelli: far conoscere alle donne
i loro diritti, migliorare i diritti delle donne sul lavoro, avere donne
nei settori amministrativi e dirigenziali. Non e' un lavoro facile, c'e'
stato un dibattito, a cui hanno partecipato uomini e donne, sui diritti
delle donna nel lavoro e nel sindacato e sono emerse forti resistenze
maschili alla presenza di donne nei settori dirigenziali.Per aiutare le
donne nei posti di lavoro e' necessario un lavoro di formazione ed informazione,
pubblicare materiali sulla condizione femminile (in questo senso molto
importante e' stato un finanziamento del sindacato danese per un progetto
autogestito dalle donne). Il Dipartimento femminile e' l'unico che continuamente
fa pubblicazioni sulla condizione delle donne.
L' ANP ha elaborato un codice del lavoro, che, pur costituendo un passo
in avanti, non risponde pienamente alle aspettative delle donne, quindi
il Dipartimento ha pubblicato un commento, anche perche' alcune lacune
del codice non permettono al Sindacato una difesa totale dei diritti delle
donne che, di conseguenza, hanno poca fiducia in esso.
Le donne nella regione di Nablus sono occupate nei servizi (scuola sanita''),
nel settore tessile e, a livello familiare, nell'agricoltura, ma complessivamente
sono poche quelle che lavorano anche perche' la mentalita' corrente, vista
la scarsita' di lavoro, privilegia l'occupazione maschile e inoltre non
considera il lavoro per la donna come un diritto. Le condizioni di lavoro
sono molto precarie, le donne, pur di guadagnare qualcosa, accettano qualsiasi
lavoro, anche pesante.Il discorso molto interessante di Abla e' interrotto
dall'arrivo di una notizia drammatica, che condizionera' il resto della
giornata: Tabet Tabet, medico ed uno degli 11 dirigenti ai Al Fatah,
e' stato ucciso a Tulkan mentre usciva di casa, probabilmente da unita'
speciali israeliane. Interrompiamo l'incontro per recarci nella sede
del governo, un imponente edificio che precedentemente fungeva da prigione,
dominato all'ingresso da una gigantografia di Arafat.Incontriamo Mohamed
Alool, governatore della regione di Nablus, che, pochi giorni fa ha
perso il figlio ucciso dai soldati israeliani. Il governatore ringrazia
per la nostra presenza in un momento cosi' critico, spiega che i palestinesi
ora non hanno altra scelta che quella di difendersi e difendere il proprio
popolo. Sottolinea con forza i continui attacchi dell'esercito e dei coloni
nei confronti di civili, ad es. i contadini mentre raccolgono le olive,
la distruzione degli ulivi e del raccolto, i bombardamenti sulle citta'
e persino sulle scuole. Il popolo palestinese e' sotto assedio, per questo
ci sono tanti bambini e giovani feriti mentre svolgono le attivita' della
vita quotidiana. Ogni diritto umano e' calpestato; vengono colpiti anche
i medici sulle ambulanze mentre trasportano i feriti. Gli effetti di questa
situazione influiscono su lavoro (vedi incontro al sindacato), salute
(il problema degli spostamenti per gli ammalati), educazione (studenti
e insegnanti non possono raggiungere le scuole). "Siamo uno stato occupato,
per questo chiediamo il ritiro dell'esercito israeliano. Noi siamo contro
la violenza, ma non c'e' altro mezzo perche' da anni subiamo violenza.
Anche l'ultima proposta di Clinton, una coalizione tra USA e Israele,
e' molto ambigua e vuole farci rifiutare per far vincere le elezioni a
Barak e dare il Nobel per la pace a Clinton".
Intanto e' arrivata, accompagnata da Luisa, Dalal Salem, una degli
undici dirigenti di Al Fatah, figlia di profughi del '48, vissuta nel
campo di Balata. "Per conoscere e capire la situazione ? ci dice ? e'
fondamentale venire in Palestina. In tutto il mondo per trovare soluzione
ai problemi bisogna fare i conti con le cause dei problemi stessi. Oggi
siamo arrivati al momento finale, non piu' alla fase intermedia in cui
si cerca gradualita' e fiducia. Le cause iniziali di questa situazione
sono: sicurezza, terra, Gerusalemme e rifugiati. Su questi 4 punti si
deve raggiungere l'accordo." Interrogata sul ruolo delle donne, risponde
"molti conoscono il ruolo della donna palestinese nella prima Intifada.
In Palestina la donna ha mantenuto coerente il tessuto sociale in piena
occupazione, nonostante tutte le difficolta' che ha dovuto affrontare.
La donna sostiene l'onere non solo dei figli (in media 7,2 persone per
famiglia), ma anche l'economia e l'educazione. Se la donna palestinese
non fosse cosi' forte e coraggiosa, la societa' palestinese non sarebbe
cosi' forte e non si sarebbero raggiunte tante conquiste".
Ci rechiamo poi in municipio.
Si respira una forte tensione nei corridoi affollati, mentre da fuori
riecheggiano gli spari di una manifestazione spontanea. Ghassan Shakah,
sindaco di Nablus, un uomo che ha sempre fortemente creduto nella pace,
non riesce a nascondere il suo dolore, la sua disperazione di fronte a
quello che sta accadendo in Palestina: "Il Governo israeliano ? dice ?
ha fatto la scelta politica di assassinare i leader di Al Fatah" e intanto
Arafat e' ricattato dalle inaccettabili proposte di Clinton e assediato
dalle pressioni di ben 42 ministri di vari paesi, che gli hanno chiesto
di accettarle. Questo e' uno shoc per i palestinesi, che vogliono una
pace giusta e durevole per tutti e non capiscono l'atteggiamento della
Comunita' internazionale. "Siamo vicini al suicidio palestinese ? afferma
? ma non moriremo da soli".
Chiede l'aiuto di tutti coloro che hanno a cuore la pace, perche' non
si sa cosa succedera'. Ribadisce che questa non e' una guerra tra israeliani
e palestinesi: i palestinesi non hanno armi, solo fucili e sassi e andare
contro un carro armato o un elicottere in queste condizioni e' un suicidio,
ma bisogna difendere i propri diritti. Non c'e' altra scelta che difendersi,
ripete con voce rotta dall'emozione.
Poi si riprende e dice che continua a sperare che ci sia un futuro per
i giovani palestinesi ed israeliani.Con un gruppo ristretto andiamo a
visitare il Centro di terapia del linguaggio (Nablus Society for
Womens Action) che ci e' presentato da Rauda Basir. ll centro e'
costituito dal 1992 per affrontare i problemi di linguaggio sorti nei
bambini a causa di choc durante la prima Intifada. Organizza training
ai bambini e corsi per i genitori, terapie individuali e di gruppo, si
occupa anche di bambini con ritardo mentale. Vi lavora un'equipe di 9
specialisti che segue a rotazione 28 bambini; il resto del personale eë
volontario. Il centro e' sostenuto da donazioni di palestinesi e donazioni
dall'estero. Le famiglie pagano una piccola quota. L'Associazione per
la Pace sostiene da anni questo centro.
L'ultimo appuntamento della giornata e' a Kufer Hallil,alla periferia
di Nablus, dove andiamo accompagnati da una camionetta di militari palestinesi.
Dalle colline sovrastanti (zona C) i militari israeliani hanno bombardato
le case (zona A) provocando vittime e distruzione. Saliamo a piedi tra
le vie del villaggio accompagnati da uno stuolo sempre piu' numeroso di
bambini, incontriamo un ferito e dei parenti delle vittime. I militari
sono molto preoccupati per noi, ci raccomandano di restare in gruppo perche'
la situazione e' rischiosa dato che. dalle loro postazioni sulla collina,
i militari israeliani controllano tutto. Il paese e' a lutto e molte case
espongono una bandiera nera. Solo la presenza vivace e curiosa dei bambini
alleggerisce la tristezza di questa visita.
Risaliamo sul pullman e ripercorriamo all'indietro il tragitto del mattino,
questa volta senza blocchi imprevisti.
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