CHIEDIAMO
LA PROTEZIONE INTERNAZIONALE PER IL POPOLO PALESTINESE
A HEBRON
Giovedi' ci eravamo fermati prima di darvi la notizia che la polizia israeliana
aveva permesso ad un gruppo di coloni fanatici di Kyriat Arba di celebrare
la festa del Purim sulla tomba di Goldstein. Alcune note per spiegare
le cose di cui stiamo parlando. Anche se in molti gia' sanno e' meglio
ripetere:
Il gruppo di coloni fanatici di Kyriat Arba: appartengono alla fazione
estremista del movimento di destra israeliano Kach; sono armati; piu'
volte i membri della fazione sono stati condannati per crimini sanguinosi
contro I palestinesi; negli stati Uniti la fazione e' stata messa fuori
legge.
Kyriat Arba: uno degli insediamenti israeliani piu' provocatori della
West Bank a poche centinaia di metri dalla citta' palestinese di Hebron,
popolato per lo piu' da estremisti e fanatici religiosi ebrei.
Goldstein: Baruch Goldstein esattamente sette anni fa, in occasione del
Purim, entro' nella moschea di Ibrahim, o sinagoga dei patriarchi e apri'
il fuoco sui palestinesi musulmani in preghiera; piu' di 20 palestinesi
morirono non solo per mano di Goldstein, ma anche grazie al 'pronto' intervento
dell'esercito israeliano, che quando vide uscire di corsa dalla moschea
la folla di palestinesi impauriti, penso' bene di sparare nel mucchio.
Il Purim: e' semplicemente la festa del carnevale, quella che non solo
i bambini ebrei amano in tutto il mondo.
Torniamo a noi. Perche' ci eravamo fermati prima di darvi la notizia?
Perche' proprio mercoledi' sera, alla vigilia del Purim, la polizia israeliana
aveva deciso di vietare la 'festa'. Il venerdi' e' arrivata invece la
conferma che l'allegra brigata ha invece ottenuto il permesso di 'festeggiare',
uniche due condizioni imposte dalle forze di sicurezza israeliane: starsene
a qualche decina di metri dalla tomba e non fare discorsi politici. Ovviamente
la notizia era relegata nella sezione della cronaca locale dell'Ha'aretz.
DOMENICA gli stessi coloni di Hebron hanno ingaggiato scontri con i palestinesi
e attaccato anche i giornalisti presenti. La RAI c'era ? Bonavolonta',
dov'eri ?
Un pastore palestinese, Khaled Mousa Al-Najar, di 45 anni e' stato ferito
seriamente da un colpo sparato da un colono israeliano dell'insediamento
vicino Yatta. La radio dell'esercito ha detto che il colono ha confermato
di aver sparato. pero' nessuno lo ha arrestato.
Un altro ragazzo di 16 anni e' stato ferito
vicino il campo profughi di Jabalia a Gaza.
Ai pellegrini palestinesi di ritorno dal viaggio rituale alla Mecca e'
stato impedito di tornare all'aeroporto di Gaza. le autorita' israeliane
hanno costretto le migliaia di pellegrini ad atterrare in un aeroporto
egiziano nel Sinai e da li' viaggiare in autobus per ore fino al confine
di Rafah per entrare a Gaza. Non possiamo smettere di ripetere che l'aeroporto
dovrebbe essere in area A sotto sovranita' palestinese e invece.........!
CLONAZIONE E SIONISMO, una nuova prospettiva
su cui riflettere.
Diverse proteste del mondo scientifico e politico si sono alzate verso
la possibilita' di clonare esseri umani. E il ginecologo italiano che
ha parlato di questa immininente possibilita' ha detto che nel caso venissero
frapposte difficolta' ai suoi interventi chiedera' asilo scientifico ad
un paese che e' disposto ad offrire tutto il supporto economico e tecnico.
Qual'e' questo paese ? Perbacco, ISRAELE. Vorranno clonare i soldati che
sparano ai palestinesi ? oppure vincere la guerra demografica con i palestinesi?
Il dubbio ci assale.
Abbiamo ricevuto un articolo gia' tradotto, e ringraziamo, che volentieri
diffondiamo anche se e' di un mese fa:
La tragedia si approfondisce
3 Febbraio
Di Edward Said
Nessuno sa realmente se l'Intifada si è temporaneamente calmata perché
Yasser Arafat ha espresso la sua disapprovazione pubblica il 17 Novembre
o se il momento di calma era solo di breve durata causato dalla fatica
o dalla ricerca di nuove posizioni. Nonostante l'enorme costo di vite
e di proprietà ai Palestinesi, comunque, i problemi essenziali rimangono
ed Israele continua il suo cieco e stupido assalto ai Palestinesi con
strangolamento, blocco economico e il continuo bombardamento senza tregua
delle città e dei paesi.
Ad ogni leader arabo che aveva salutato l'elezione di Barak un anno e
mezzo fa dovrebbe ora chiedersi di ripetere le sue dichiarazioni cosicché
la loro mancanza di sincerità si possa dimostrare di nuovo. Trovo i comportamenti
ufficiali arabi incomprensibili, avendo speso la maggior parte della mia
vita cercando di decifrarli secondo le leggi della ragione ed il comune
senso. Seriamente credevano che Barak era il salvatore del processo di
pace, e se, così, non erano consapevoli che salvare il processo di pace
non era niente altro che prolungare l'agonia Palestinese? Pensavano che
era diverso dal "grande eroe" di guerra che aveva dedicato la sua carriera
ad uccidere Arabi, e se lo pensavano perché hanno impiegato così tanto
a scoprirlo? Il servilismo agli Stati Uniti richiede così tanto servilismo,
così tante acrobazie, una tale complicata alterazione e deviazione e una
così profonda prostrazione? Per quanto tempo e per che cosa si aggrappano
ad uno status quo repressivo e di fondo reazionario con né la volontà
né la capacità di fare la guerra e né di vivere in pace, semplicemente
di soddisfare una lontana e arrogante superpotenza che ha mostrato a loro
ed al loro popolo così tanto disprezzo, inumanità e totale, indicibile
crudeltà? Non possono fare qualcosa di più sostanzioso di quello che stanno
facendo mentre Israele usa elicotteri con mitragliatrici per uccidere
i civili Palestinesi e distruggere le loro case, mentre gli Stati Uniti
forniscono ad Israele con il più grande ordine di sempre elicotteri d'attacco
durante gli ultimi 10 anni ed Israele ha aumentato di 500 milioni (di
sheckel N.d.T.) il budget per gli insediamenti? Nessuna parola ufficiale
di protesta contro la politica degli USA che ha portato una così grande
catastrofe al nostro popolo. è questa timidezza che permette ai politici
degli Stati Uniti, di cui il non rimpianto Dennis Ross - il mediocre individuo
che ha fatto più con una mano per soddisfare gli interessi di Israele
che nessun altro-non è l'unico, a dire che gli Arabi confidano negli USA
e nelle sue politiche e rimangono loro stretti amici ed alleati. Sicuramente
è giunto il momento di parlare francamente di una ipocrisia e di una brutalità
senza pari, invece di rimanere silenziosamente ed umilmente mentre sempre
più Palestinesi vengono uccisi dalle armi pagate dai contribuenti degli
Stati Uniti.
Ma il cuore della tragedia è quello che sta accadendo alle stesse vittime,
il Popolo Palestinese. Qui si deve parlare e pensare razionalmente, non
lasciarsi andare all'emozione e alle passioni del momento che troppo influenzano
la mente. La mia impressione generale è che i Palestinesi ovunque avvertano
l'assenza di una vera leadership, una voce o un'autorità che possa parlare
sia del presente sia del futuro con un poco di visione, qualche articolazione
di un obiettivo coerente comprendente oltre le solite banalità che ripetono
quello che è ovviamente destinato a rimandare decisioni. Nessuno dubita
che i Palestinesi stanno combattendo contro l'occupazione militare e lo
stanno facendo da 33 anni. Ma ci sono quattro milioni di rifugiati che
lottano contro l'esilio, inoltre un milione di cittadini Palestinesi d'Israele
che stanno vivendo sotto un regime di discriminazione razziale e religioso
che è stato per troppo tempo nascosto dietro una fatua etichetta come
la "democrazia israeliana". Uno dei molti problemi di Oslo è stato che
i negoziatori Palestinesi si erano concentrati esclusivamente sull'occupazione,
fino a trascurare le altre due dimensioni. Dovrebbe essere definitivamente
chiaro che in tutti e tre i problemi è contro il sionismo che noi combattiamo,
e fino a che non avremo una leadership in grado di formulare una strategia
integrata su tutti e tre i fronti, noi non avremo una leadership. La tragedia
è che l'Intifada continua, tragicamente ogni giorno vittime muoiono, in
una cornice o scenario politico che approfondisce le differenze fra i
Palestinesi invece di avvicinarli. Abbiamo bisogno di una nuova voce.
Di nuova immaginazione, di una nuova verità.
Non è chiaro ora che i vecchi slogan come "uno stato Palestinese" o "Gerusalemme
nostra capitale" ci ha condotto all'impasse? Non ci aspetteremmo che un
vero leader parli ai Palestinesi onestamente, senza timori, senza doppiezza
o senza ammiccamenti agli USA e ad Israele, e disegni un percorso verso
ciò che lega insieme occupazione, esilio e discriminazione razziale? Perché
continuare a deludere il Popolo con una vuota speranza che la "lotta",
una parola che sembra voler dire che altri farebbero i morenti, comprenderà
in generale tutto il mondo arabo e i Palestinesi in particolare per tutto
quello così a lungo voluto? è allarmante che dopo più di mezzo secolo
di rumore, di spargimento di sangue e di ricchezze, di militarizzazione,
di abrogazione della democrazia e delle più elementari richieste di (diritti
di) cittadinanza nel mondo arabo, ci troviamo ad affrontare lo stesso
nemico, le stesse sconfitte, gli stessi espedienti tattici ed ipocriti
doppia faccia con gli stessi stanchi arsenali di minacce, promesse, slogan
e clichè, tutto di cui si è dimostrato più o meno senza valore ed hanno
prodotto gli stessi fallimenti dal 1967 ad Amman all'Ottobre 1973 a Beirut
a Oslo?
Nessuno può negare che la Palestina è un'eccezione a quasi tutti i problemi
coloniali dei passati 200 anni. è un'eccezione, ma non rimossa dalla storia.
La storia umana è piena di cose analoghe, se non assolutamente le stesse,
istanze, e quello che mi ha sorpreso, come chiunque viva lontano dal Medio
Oriente ma vicino ad esso in tutte le maniere, è come isolati dal resto
del mondo noi manteniamo noi stessi, laddove, io credo, una grande lezione
può essere appresa da altri popoli oppressi nelle Americhe, in Asia in
Africa e perfino in Europa. Perché resistiamo a paragonarci, per dire,
ai Neri del SudAfrica, o agli Indiani d'America, o ai Vietnamiti? Non
intendo meccanicamente o servilmente, ma piuttosto creativamente e con
immaginazione.
Il defunto Eqbal Ahmad, che era certamente uno dei due o tre più brillanti
analisti di storia e politica contemporanea che abbia mai conosciuto,
ha sempre centrato l'attenzione sul fatto che i movimenti di liberazione
di successo hanno avuto successo precisamente perché avevano impiegato
idee creative, originali e fantasiose mentre in altri meno di successo
(come il nostro) c'era una pronunciata tendenza a formule ed una ripetizione
prosaica di slogan del passato e modelli passati di comportamento. Prendete
come esempio primario l'idea della lotta armata. Per decadi abbiamo nutrito
le nostre menti con idee su fucili e uccisioni, idee che dal 1930 fino
ad oggi, ci hanno portato copiosi martiri, ma non hanno avuto che un piccolo
effetto reale non così tanto sul sionismo ma sulle nostre idee su quello
che avremmo fatto in seguito. Nel nostro caso, il combattimento è fatto
da un piccolo coraggioso numero di persone messi contro ad un pronostico
senza speranza, per esempio, pietre contro elicotteri, carri armati Merkava
missili. Tuttavia uno sguardo veloce ad altri movimenti - per esempio
il movimento nazionalista degli Indiani d'America, il movimento di liberazione
Sudafricano , il movimento americano per i diritti civili - ci dicono
prima di tutto che solo un movimento di massa che impieghi tattiche e
strategie che massimizzano l'elemento popolare ha sempre fatto la differenza
sull'occupante e/o sull'oppressore. Secondo, solo un movimento di massa
che è stato politicizzato e ed impregnato con una visione di partecipare
direttamente alla creazione del suo proprio futuro, solo così un movimento
ha una possibilità storica di liberarsi dall'oppressione e dall'occupazione
militare. Il futuro, come il passato, è costruito dagli essere umani,
Loro, e non mediatori lontani o salvatori, sono gli artefici del cambiamento.
Mi è chiaro, per esempio, che il compito immediato in Palestina è di stabilire
l'obiettivo di liberarci dall'occupazione usando mezzi fantasiosi di lotta.
Ciò coinvolgerebbe necessariamente un gran numero di Palestinesi intervenendo
direttamente nel processo di costruzione degli insediamenti, bloccando
strade, impedendo ai materiali da costruzione di entrare, in altre parole,
isolare gli insediamenti invece di permetterli, di contenere un piccolo
numero di persone, per isolare e circondare i palestinesi, come sta accadendo
oggi. E' anche vero che i lavoratori che hanno costruito gli insediamenti
quotidianamente sono in effetti Palestinesi: ciò dovrebbe fornire abbastanza
una semplice idea di come profondamente ingannato, fuorviato e spoliticizzato
il Popolo Palestinese sia oggi. Dopo 33 anni di costruzione di insediamenti,
i lavoratori Palestinesi dovrebbero essere immediatamente forniti di un
impiego alternativo dall'Autorità Palestinese. Non possono pochi dollari
essere risparmiati da quei milioni spesi per una vana sicurezza e una
burocrazia improduttiva? Questo è naturalmente una colpa della leadership,
ma infine lo è anche dei singoli individui che conoscono meglio -- professionisti,
intellettuali, insegnanti, dottori e così via - che hanno il potere di
esprimersi ed i mezzi per farlo, cosi chi non ha esercitato abbastanza
pressione sulla leadership per renderla sensibile alla situazione.
E nello stesso tempo c'è la più grande tragedia di tutte: un popolo sta
dando tutto se stesso, perdendo il fiore della sua gioventù e delle sue
energie in un valoroso confronto con un nemico crudele e implacabilmente
sadico che non ha rimorso a togliere il respiro ai Palestinesi fino alla
morte, ed ancora Mr. Arafat è in silenzio. Egli non ha indirizzato sinceramente
ed onestamente al suo popolo, da quando la crisi è scoppiata, neppure
10 minuti di un comunicato televisivo per darli forza, per spiegare le
sue politiche per dire alla gente dove ci troviamo, come ci siamo arrivati,
e dove, dopo tutto questo spargimento di sangue e di sofferenza, stiamo
andando.
Non solo un minuto speso a dire la verità al suo popolo, anche quando
gira il mondo dalla Francia alla Cina, incontrando presidenti e primi
ministri senza giovamento alcuno.
Il suo cuore è di pietra, la sua coscienza è completamente anestetizzata?
Trovo ciò sbalorditivamente incomprensibile, e questo dopo 30 anni a portarci
da una catastrofe ed un'avventura mal considerata ad un'altra, senza respiro
e senza neppure un sussurrato "grazie per sopportare me e i miei spaventosi,
incredibili errori e calcoli errati per così tanto tempo!" Per primo io
mi sono nutrito del suo atteggiamento di disprezzo del suo popolo, e per
la sua insensibile imperturbabilità d'autocritica, la sua incapacità sia
ad ascoltare sia di considerare seriamente altre persone, le sue ambiguità
senza fine, la segretezza e gli irrazionali barcollamenti da un benefattore
all'altro, tutto questo mentre lasciava il suo popolo a lungo sofferente
a difendersi da solo. Guida, Mr. Arafat, guida il tuo popolo, e se non
puoi o non vuoi farlo, dillo chiaramente. Ma cosa si è fatto da quando
Oslo iniziò, si è dovuto ingannare, abbindolare fare accordi segreti di
cui hanno approfittato alcuni dei molti politici corrotti che ti circondano,
ma la nostra situazione generale è diventata peggiore, molto peggiore.
L'Al-Aqsa Intifada è un'Intifada contro Oslo e contro le persone che l'hanno
costruito, non solo Dennis Ross e Barak, ma una piccola cricca irresponsabile
di ufficiali palestinesi. Queste persone dovrebbero avere ora la decenza
di mettersi di fronte alla loro gente, ammettere i loro errori, e chiedere
(se posso ottenerlo) un sostegno popolare se c'è un piano. Se non c'è
(cosa che sospetto) dovrebbero avere l'elementare cortesia alla fine di
dire così. Solo facendo questo può esserci qualcosa in più di una tragedia
alla fine del cammino. I responsabili Palestinesi che hanno firmato la
spartizione di Hebron, hanno firmato molti altri accordi senza ottenere
prima un'assicurazione che gli insediamenti cessassero ( o per lo meno
non aumentassero) e che tutti i segni di un'occupazione militare venissero
cancellati. Devono ora spiegare pubblicamente a che cosa pensavano che
stessero facendo e perché lo hanno fatto. Poi devono lasciarci esprimere
i nostri punti di vista sulle loro azioni e sul loro futuro. E per una
volta devono ascoltare e cercare di mettere l'interesse generale davanti
ai propri, nonostante i milioni di dollari che hanno sciupato o sperperato
lontano in appartamenti a Parigi e costose proprietà immobiliari e lucrosi
affari firmati con Israele.
Quando è troppo, è troppo..
MANIFESTAZIONE
A RAMALLAH.
Questa mattina siamo riusciti a raggiungere Ramallah dopo una lunghissima
attesa al nuovo check point posizionato dall'esercito israeliano prima
del campo profughi di Kalandia.
Il corteo, di almeno tremila persone, è partito dall'Hotel Best
Eastern e si è avviato sulla strada che fino a qualche giorno fa
collegava Ramallah al villaggio di Birzeit, dove si trova una delle più
grosse e importanti università palestinesi. Diciamo portava, perché
appena dopo due curve abbiamo visto con i nostri occhi quello che tre
sere fa l'esercito israeliano ha fatto per sbarrare quella strada. I buldozer
israeliani hanno tagliato la strada, scavando tre trincee a distanza di
circa trecento metri l'una dall'altra, profonde almeno un metro. L'asfalto
in pezzi, accumulato insieme a terra e sassi a formare delle barriere
da un lato e dall'altro di queste voragini. Ovviamente nessun mezzo di
trasporto era in grado di sorpassare questi ostacoli, dunque all'incirca
30 villaggi, con più di 65000 abitanti isolati dal resto dei Territori
Palestinesi.
Insieme al corteo abbiamo raggiunto la prima trincea e quindi la seconda
dove si è tenuto un breve comizio. C'era la Ashrawi, Abed Rabbo,
Mustafa Bargouti e altre personalità oltre ai molti studenti e
professori dell'Università di Birzeit.
Non appena chiuso il comizio c'è stato un generale passaparola,
sono saltati fuori pale e picconi e la gente ha cominciato a rimuovere
i sassi, anche a mani nude, e a riempire le trincee con i pezzi di asfalto
frantumato. Tutti insieme, professori, studenti, pure qualche giornalista.
Intanto sulla collina a ridosso della strada e su una strada secondaria
i soldati israeliani sorvegliavano i movimenti dei manifestanti. Il carro
armato che stava posizionato nel punto più alto ogni tanto muoveva
il cannone, puntando ora su una trincea ora sull'altra. Dopo una mezz'ora
di lavoro di piccone sono arrivati due buldozer palestinesi che finalmente
sono riusciti a colmare due delle tre trincee. Quando la terza finalmente
è stata riempita con le pale è passata una prima auto, poi
un'ambulanza e poi due taxi e c'è stato un generale battimano.
Finalmente ci siamo detti tra noi, una manifestazione riuscita. Sarà
stato anche per il folto numero di giornalisti, eppure fino a quel momento
nulla poteva andare meglio. Fatto sta che non appena i buldozer palestinesi
hanno iniziato a percorrere a loro volta la strada appena aperta i soldati
israeliani hanno iniziato a sparare bombe lacrimogene sulla folla che
li accompagnava. Nessuno aveva tirato un sasso contro di loro né
erano stati degnati della minima attenzione da parte di coloro che erano
impegnati a scavare o semplicemente a guardare. Dopo il primo lacrimogeno
ne sono arrivati altri e anche qualche colpo di quelli che solo i giornalisti
ormai osano chiamare proiettili di gomma. Ne abbiamo raccolto qualcuno
e forse la gomma gli era rimasta impigliata nelle canne dei loro fucili.
A seguito di questo vero e proprio attacco israeliano il gruppo di manifestanti
si è spezzato in due: un gruppo dalla parte di Ramallah, e uno,
nel quale ci trovavamo noi, dalla parte di Birzeit.
Molte persone hanno cercato di scappare in direzione di Ramallah, passando
per i campi. Ma non era facile. Dall'altro troncone del gruppo i ragazzi
hanno incominciato a lanciare sassi e i militari hanno continuato a sparare
gas lacrimogeni e pallottole, indiscriminatamente. Una di queste 'bombe'
lacrimogene ha colpito anche un giornalista che aveva la telecamera in
spalla. In un momento di calma si è deciso di riunirsi tutti dalla
parte di Ramallah, dove comunque stava il grosso dei partecipanti e pacificamente
ci siamo incamminati sulla strada sotto tiro israeliano.
Una volta ricomposto il gruppo la tensione è salita nuovamente:
altri lacrimogeni e altre sassaiole. Vi possiamo assicurare che i lacrimogeni
utilizzati non sono come quelli italiani. Innanzitutto provocano un senso
di soffocamento immediato, poi inizia la lacrimazione e la salivazione
e la faccia brucia da morire. Abbiamo visto alcune persone barcollare
e cadere, solo per aver inalato da vicino i fumi di questi lacrimogeni.
L'esercito israeliano comunque non si è fatto remora di sparare
altri gas su coloro che si sono arrischiati a prestare soccorso alle persone
svenute. Hanno sparato qualche colpo anche sulle ambulanze, che comunque
hanno potuto soccorrere decine di persone. Il personale paramedico del
Medical Relief era impegnatissimo a distribuire fazzoletti o cotone imbevuto
di profumo. Vicino alle ambulanze abbiamo visto anche una donna disperata.
Ci hanno raccontato che il fagotto che teneva in mano racchiudeva una
bambina di solo due giorni. Era disperata perché doveva tornare
a Birzeit e non sapeva come fare per passare dall'altra parte delle trincee
tenute sotto tiro dagli israeliani.
Dopo circa un'ora è arrivato il buldozer corazzato dell'esercito
israeliano per riaprire le trincee colmate e chiudere i varchi aperti.
Due o tre ragazze dell'università sono corse incontro al mezzo
corazzato e tenendo uno striscione che recitava Esercito Israeliano Assassino,
si sono sdraiate davanti al mezzo corazzato. Inutilmente i soldati hanno
sparato altri gas lacrimogeni e bombe suono. Loro sono rimaste davanti
al buldozer che ha dovuto aggirarle tornando sulla collina. Una volta
sceso dall'altra parte un'altra volta la resistenza passiva ha avuto la
meglio sull'esercito e il buldozer non è potuto intervenire.
A questo punto il grosso del gruppo ha deciso di unirsi alle ragazze sedute
davanti alle camionette israeliane. E' arrivato anche Marwan Barghouti,
il leader dei Tanzim, che ha chiesto ai ragazzi di smettere il lancio
delle pietre, per marciare tutti insieme pacificamente verso i soldati
israeliani e unirsi davanti a loro al gruppo delle ragazze non-violente.
Tuttavia non appena il gruppo di Barghouti si è avviato sulla strada
i soldati israeliani hanno iniziato a sparare altri lacrimogeni e altre
pallottole.
Tre o quattro volte il gruppo è dovuto scappare indietro e rifugiarsi
dietro a mucchi di sassi, mentre le sassaiole sono riprese. Gli uomini
di Barghouti hanno convinto i ragazzi a smettere con i sassi per tentare
una quarta volta di marciare pacificamente sulla strada. Non appena il
gruppo ha tentato di avviarsi sulla strada, un uomo vicino a Marwan Barghouti
si è improvvisamente accasciato. Le urla, i gesti e sono arrivate
le ambulanze.
Non si era sentito alcuno sparo in quel preciso istante e quindi probabilmente
i soldati israeliani hanno usato armi con il silenziatore. Abbiamo saputo
dopo che quell'uomo è stato trapassato da parte a parte ed è
morto semplicemente perché aveva deciso di marciare senza pietre
in mano. Ovviamente non rappresentava alcuna minaccia
di vita per i soldati israeliani che centocinquanta metri più
in là si riparavano dietro a camionette corazzate, protette dall'alto
dal cannone di un carro armato.
Abbiamo visto l'operatore della Rai con l'assistente ma del nostro Bonavolonta'
nessuna traccia.
Ed infatti al TG3 delle 14:20 lui si e' fatto riprendere dal solito balcone
a Gerusalemme Ovest . Forse per questo ha riferito che sono stati i palestinesi
a cominciare per primi a tirare sassi; lui non c'era ! Mentre e' stato
evidente a tutti quelli che c'erano che un lancio di pietre e' iniziato
solo dopo il gas da parte israeliana. E noi che ieri , avendo visto il
servizio da Ramallah, ci eravamo illusi che avesse iniziato a muoversi
attraverso i luoghi della sofferenza e della frustrazione !
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