16 Dicembre 2000

Cronaca
Obiettivita' e chiarezza in Italia
Articolo da Ha'aretz

CRONACA
Il 14 dicembre ucciso un palestinese vicino Khan Younis - In Cisgiordania 3 palestinesi uccisi nella notte tra il 14 e il 15 - 3 uccisi venerdi 15 dicembre Il palestinese ucciso a Khan Younis giovedi scorso stava partecipando ad una manifestazione? stava attuando un attentato? stava attaccando i coloni ? NO, stava guidando il suo taxi. Si', il giovane di 28 anni, era alla guida del suo taxi giallo, c'erano passeggeri assolutamente normali e disarmati che tornavano a casa. I soldati gli hanno sparato uccidendolo e ferendo altri 3 passeggeri. Sempre piu' sentiremmo la necessita' e la voglia di non parlare di scontri e di morti, ma delle ragioni che portano i palestinesi a ribellarsi con le pietre e i soldati israeliani ad ucciderli, anche se i palestinesi non hanno pietre. Basta guardare il numero di morti e i modi del come sono morti. Se fosse una guerra tra due eserciti non ci sarebbero solo il 10 % dei morti israeliani a fronte del rimanente 90% di palestinesi. Vorremmo lasciare ai massmedia italiani l'incombenza della conta degli scontri e dei morti, dato che cio' sembra fare "audience". Ma constatiamo che anche i morti ultimamente fanno meno notizia nei vari TG e trasmissioni di "approfondimento"(sic!) e sui quotidiani piu' diffusi. E quindi saremo costretti a riferirvi anche dei morti e feriti, anche se noi non siamo giornalisti. Forse nei prossimi giorni ci sara' un massiccio tam tam massmediologo su una "presunta ri-raggiunta pace". Il rischio reale e' che sia ancora una trappola per le aspirazioni del popolo palestinese. A proposito di cronaca quotidiana, abbiamo ascoltato dai notiziari italiani che venerdi 15 i poliziotti a cavallo israeliani hanno caricato giovani palestinesi che lanciavano pietre a Gerusalemme est. FALSO. Noi eravamo li' e, cosa strana(?) , non abbiamo incontrato nessun giornalista italiano, salvo il corrispondente de il Manifesto. Avranno preso le veline israeliane ? Subito dopo la preghiera di mezzogiorno, il gruppo di fedeli costretto a pregare lungo la strada, per il divieto imposto di recarsi alla moschea, ha formato un corteo. Le decine di poliziotti a cavallo, insieme a poliziotti a piedi con i fucili, lo ha seguito. Sicuramente dal corteo partivano slogan e canti ma nessuna pietra. Neanche 50 metri e i cavalli hanno caricato per disperdere i dimostranti. Senza che una pietra fosse stata tirata. Solo dopo la carica effettivamente c'e' stato un lancio di pietre. Quindi i poliziotti hanno caricato per disperdere un corteo fino a quel momento pacifico. Ma si sa, il "democratico" Stato di Israele non ammette che si svolga alcuna manifestazione palestinese a Gerusalemme.

OBIETTIVITA' E CHIAREZZA

(una lettera aperta di Lino Zambrano, Marco Grazia, Carla Pagano, Gianluca De Luigi)
Oggi hanno attirato la nostra attenzione alcune iniziative italiane, in un certo senso speculari tra loro. - Una fiaccolata a Padova il 21/12 indetta da Assopace-Beati costruttori di pace-Comunita' palestinese del veneto-sinistra giovanile e CGIL/CISL/UIL ; - un appello di donne intitolato"Dire la verita',costruire la pace giusta"; - la lettera aperta alla comunita' ebraica romana delle Donne in Nero; - la manifestazione odierna a Roma della "sinistra" italiana con la presenza della comunita' ebraica contro Haider. Siamo assolutamente consapevoli che forse cio' che diremo non piacera' a qualcuno ma riteniamo che la chiarezza sia ormai necessaria sempre.Non serve piu' a nessuno, e tantomeno ai palestinesi, l'equidistanza, il rivolgersi indifferentemente a Israele e ai Palestinesi, parlare di responsabilita' comuni; innanzitutto perche' da un lato c'e' uno Stato, riconosciuto internazionalmente, potente militarmente ed economicamente, che occupa un territorio dove c'e' un popolo che solo da pochi anni e' rappresentato da un'entita' amministrativa soggetta alla buona volonta' dell'occupante. Questo e' un fatto, non propaganda , e va ripetuto sempre. Occorre essere precisi, addirittura passando per pignoli, quando si denuncia o si fanno appelli, evitando equilibrismi o mediazioni solo per avere un'adesione in piu'. Ognuno si assuma le proprie responsabilita' di fronte ai fatti. Immaginiamo che per ottenere tutte quelle firme per la fiaccolata di Padova si siano cercate parole adatte a soddisfare il sentire di tutti. Il risultato e' pessimo e non fa chiarezza nelle menti dell'opinione pubblica. Non e' vero che le trattative si siano arenate quando l'accordo sembrava accettato, dove e' stato letto cio' ? (a questo proposito si puo' leggere l'articolo della giornalista israeliana inserito nella lettera); non si puo' nello stesso tempo chiedere la fine dell'occupazione dei territori del 1967 e dire che Gerusalemme (occupata a est nel 1967) sia "una capitale condivisa fra due popoli e due stati". Cosa vuol dire ? Sembrava acquisita, almeno dall'opinione pubblica piu' attenta, la richiesta che a Gerusalemme ci fossero due capitali per due Stati, a est per i palestinesi , a ovest per gli israeliani. E gia' questa e' una concessione internazionale, rispetto a quanto stabilito dalle stesse risoluzioni dell'ONU, perche' Gerusalemme ovest e' stata occupata nel 1947 dagli israeliani, non dimentichiamolo. E cosa vuol dire "uno stato Palestinese coesistente con lo stato di Israele" ? Forse che la comunita' internazionale si e' battuta perche' la Repubblica Ceca fosse "coesistente" con la Slovacchia ? O ad ogni nuovo stato nato ad est dell'Europa si e' chiesto di aggiungere il suffisso ? Non ci sembra. Allora perche', anche da "sinistra", si cade in questi errori di voler aggiungere aggettivi o suffissi alle legittime aspirazioni palestinesi ? Pace non e' una parola neutra che possa andare bene sempre. Parlare di pace senza riconoscere le legittime aspirazioni dell'altro o chiedendo di abbandonarle e' una sopraffazione, non e' pace. In questo senso l'appello delle donne (prima firmataria Alessandra Mecozzi della Fiom) e' maggiormente condivisibile, anche se il continuo riferimento alle "voci israeliane " ci sembra eccessivo. Quelle veramente disponibili a riconoscere le ragioni dei palestinesi si contano sulle dita di poche mani, la maggioranza delle voci laburiste,pacifiste e non, non vanno in questa direzione. Perche' nasconderlo ? Cosi' come parlare di "pace in Israele" ci sembra fuorviante. In Israele la gente si diverte, fa affari, studia, conduce una vita normale, non e' in guerra. Questa e' la realta'. A Tel Aviv, a Gerusalemme ovest, a Eilat, a Haifa, gli israeliani non vivono in guerra. Anche se la propaganda dei massmedia israeliani vorrebbe avvalorare questa condizione. Solo nei Territori Palestinesi, Israele non vive una condizione di pace , ma qui Israele e' rappresentato dai soldati con i carri armati e dai coloni con i fucili. Perche' stanno li' ? Se Israele vuole la pace non deve far altro che ritirarsi. Infine non possiamo che essere solidali con le Donne in Nero romane aggredite da altri romani membri della comunita' ebraica.
Ma cio' che e' successo da' una possibilita' alla riflessione e anche a superare il "senso di colpa collettivo", verso gli ebrei in quanto tali, per l'Olocausto subito. Gli ebrei non sono tutti responsabili della condizione e dei massacri dei palestinesi. Ma non si puo' nascondere la testa in un sacco. Migliaia di persone sono responsabili o complici di quanto Israele ha messo in atto in questi decenni. Buona parte sono ebrei, la totalita' sono sionisti. Israele si autodefinisce stato ebraico e sionista. Ma le persone sono responsabili per gli atti e gli atteggiamenti che mettono in atto. Siano essi ebrei e non.
Che cittadini italiani, in Italia, facciano manifestazioni con bandiere israeliane e aggrediscano donne, che in modo pacifico ricordano i massacri di Sabra e Chatila, di Gaza e di Cisgiordania come esempi delle aggressioni e delle violenze israeliane, non puo' essere giustificato, minimizzato o nascosto. Se azioni del genere fossero messe in atto da altri settori della societa' italiana, avremmo i titoloni sui giornali, il giornalista di turno farebbe lo speciale in TV e rappresentanti dei partiti e delle istituzioni farebbero a gara nel condannare. Soprattutto ci scandalizza il fatto che alcuni rappresentanti della comunita' ebraica romana abbiano rivolto alle Donne in Nero l'insulto di "nazista". Quando abbiamo fatto manifestazioni per il rispetto dei diritti dei palestinesi, a noi e ai pacifisti e pacifiste israeliane che manifestavano con noi, ci e' stata rivolta la stessa accusa : di fronte pero' avevamo i coloni israeliani piu' oltranzisti, con i fucili e le pistole. Che ci possa essere un filo ideologico tra i coloni che occupano terra palestinese e membri della comunita' ebraica romana non puo' che spaventare e indignare. Oggi abbiamo letto che ci sara' un'altra manifestazione contro Heider a Roma. Forse insieme alla "sinistra" ancora la comunita' ebraica. Perche' non riflettere su questi fatti ? Perche' non domandarci come mai i rappresentanti della comunita' ebraica romana non si mobilitano anche per il riconoscimento dei diritti del popolo palestinese ? Non possiamo credere che invece, nella "sinistra" italiana, si pensi che e' bene opporsi all'intolleranza, razzismo e antisemitismo di Heider ma non al razzismo, violenza e assassinii perpetrati dallo Stato di Israele.

firmato : Lino Zambrano, Marco Grazia, Carla Pagano, Gianluca De Luigi


Generosità deludente di Amira Hass - giornalista di Ha'aretz - quotidiano israeliano in lingua inglese
Suppongo che sia destino: non ascoltiamo mai i palestinesi, la loro analisi della situazione o i loro avvertimenti, qui in Israele. Invece ascoltiamo gli avvertimenti e sentiamo il modo in cui la situazione viene descritta come unoccupazione, molto semplicemente, quando a darle voce é lex comandante dei servizi di sicurezza, Ami Ayalon. Chiunque abbia riportato il comportamento dellIDF (ndr: esercito israeliano) attraverso lesperienza diretta sul campo e non attraverso lufficio del portavoce dell'IDF stesso, ha subito accuse ed insulti. L'area del "peace camp" israeliano,(ndr:i gruppi per la pace dell'area laburista) che si autodefinisce sionista, é ammutolito: anchesso ascoltava più il portavoce dell'IDF ed i capi dello staff di quanto abbia dato attenzione ai palestinesi e come risultato il suo urlo di allarme morale é arrivato troppo tardi. Non sarebbe poi tanto terribile se non stessimo parlando della perdita di vite e dell'inflizione di handicap permanenti; non sarebbe poi tanto terribile se la medesima regola fosse valsa anche ad altri livelli del conflitto Israelo-palestinese, soprattutto riguardo agli insediamenti. Ci stiamo dirigendo verso un periodo di nuove elezioni, durante il quale il "peace camp" israeliano, per la maggior parte, sosterrà Ehud Barak, basandosi sulla sua generosità a Camp David che Arafat ha rifiutato. Le percentuali di codesta generosità differiscono da un analista politico ad un altro: alcuni sostengono che ai palestinesi é stato chiesto di rinunciare a solo il 5% della superficie della Cisgiordania, mentre altri parlano del 9% e oltre. Jeff Aronson che studia la politica israeliana degli insediamenti presso la Foundation for Middle East Peace a Washington, dà un semplice esempio della natura ingannevole delle percentuali come segno di generosità. Le zone metropolitane degli Stati Uniti, che in certa misura determinano il carattere stesso del paese e sono vitali per la sua stessa esistenza, consistono in non più del 4% del territorio statunitense.
Il fiume Mississippi occupa il 2% dell'area del paese, ma gli Stati Uniti non sarebbero gli stessi senza di esso. Il master plan di tutti gli insediamenti in Cisgiordania comprende circa l8-9% della sua area, con le zone edificate che rappresentano l1-2%. Tutte le comunità (villaggi e citta') palestinesi occupano solamente l8% della superficie della Cisgiordania. In parole povere, dunque, si sta pianificando una completa equità territoriale in Cisgiordania per 200,000 coloni (esclusa Gerusalemme Est) e circa 2 milioni di palestinesi. Anche se il 3% dell'area fosse tagliata dal piano degli insediamenti, non cambierebbe il fatto che la maggior parte degli insediamenti stessi, nella previsione più generosa, rimarrebbero di fatto intatti, situati in unarea strategicamente fondamentale della Cisgiordania. Il più grande e maggiormente accettato tra gli insediamenti, per esempio, Maaleh Adumin, taglia la Cisgiordania a meta', e non pensiate che strade e tunnel cambino questo fatto. La generosa percentuale di Camp David non metteva in luce chi avrebbe controllato queste circonvallazioni (bypass roads). Anche se la generosità israeliana avesse significato rimanere con solo Maaleh Adumin, Ariel and Etzion Bloc, le strade che portano a questi insediamenti sarebbero sotto controllo israeliano. Chi può pretendere che un palestinese si possa ritenere indipendente, nel proprio Stato, quando un semplice tragitto per andare al lavoro o a trovare la famiglia prevede giornalmente un incontro con soldati di un altro Stato? Più di tutto, l'Intifada di Al-Aqsa si sta dimostrando una rivolta contro gli insediamenti e contro lillusione israeliana che i palestinesi siano disposti ad accettare una realtà in cui il loro stato indipendente fosse tagliato da gruppi di insediamenti. Il popolo palestinese é disposto a sopportare il peso delle misure punitive collettive adottate dall'IDF, come risposta ad ogni attacco ad un colono o ad un soldato che si trovi in unarea con lespresso compito di proteggere quel colono. I palestinesi sono uniti nella loro opposizione ad una qualsiasi soluzione che lasci coloni in mezzo a loro. Questopposizione non é rivolta unicamente contro Israele, ma anche contro Yasser Arafat e i leader dell'Autorità Palestinese, che sarebbero disposti ad ingoiare gli insediamenti in una visione di risoluzione permanente. Presumibilmente, nè le pietre nè le dichiarazioni palestinesi saranno di aiuto. Ci sarà bisogno di qualche altro anno di sangue prima che lex capo dello staff o lex direttore dello Shin Bet come De Gaulle ai suoi tempi- arrivi a dire linevitabile: Ci dispiace, abitanti di Maaleh Adumin, ma abbiamo fatto un errore quando vi abbiamo incoraggiati a traslocare qui, pensando che i palestinesi avrebbero accettato questa esistenza da apartheid per sempre. Ci dispiace, abitanti di Givat Zeev, ma dovremo trovarvi case con giardino da qualche altra parte, all'interno dei confini di Israele. O, in alternativa, potremmo sempre permettere agli abitanti di Ramallah ed Abu Dis, per esempio, di traslocare a Ramat Aviv e costruire una città a Tantura.(ndr: due citta' dentro i confini di Israele).

torna indietro