Questa bella fiaba ci arriva da una
ragazza di Roma, Chiara.
Insieme ad un suo amico che scrive favole, ne ha raccolte
un po' e le ha chiamate "Favole per non
dormire". Noi la pubblichiamo molto
volentieri e diamo anche il suo indirizzo e-mail, per chi
volesse mettersi in contatto con lei...futura scrittrice
famosa? f.viglione1@virgilio.it chiara_abramo@hotmail.com I disegni sono delle nostre bimbe, che hanno interpretato a modo loro questa favola. |
In
una grande città come tante altre, in una via centrale
come tante altre, in una vecchia casa come tante altre,
c'era, o forse c'è ancora, un piccolo appartamento come
tanti altri, dove vivevano, anzi, ci vivono ancora, una
mamma, un bambino ed un gatto come tanti altri. Per la
verità non erano proprio come tanti altri: la mamma
aveva un lavoro e comunque riusciva a tenere il piccolo
appartamento all'ultimo piano, proprio sotto il tetto,
molto pulito, lindo, quasi immacolato. |
Di lì a
poco sentì il passo non proprio felpato di Marco che
arrivava da scuola e stava informando tutta la casa che
stava salendo le scale. La porta si aprì e si richiuse
non proprio silenziosamente. Si udì un "Ciao
mamma!" non proprio sottovoce. "Ciao Marco,
tutto bene a scuola?" rispose la voce dalla cucina.
Marco si affacciò nello sgabuzzino "Sì, sì, tutto
be
Grazie, mamma, che bello! Le ciabatte
nuove!". Gettò le scarpe a casaccio (lo fai anche
tu, vero?...) e si infilò le pantofole scozzesi. "CHE PUZZA!!!! SAREBBE MEGLIO LAVARSI I PIEDI, PRIMA
"
La voce risuonò forte e chiara (anzi a pensarci bene "le voci", ma, sopraffatto dalla sorpresa il ragazzino non se ne accorse proprio) tanto che sporgendosi all'indietro chiese alla mamma di ripetere, stupito che l'olezzo si sentisse fin dalla cucina. La mamma, però, non aveva proprio parlato e Marco, con un'alzata di spalle, se ne andò in bagno per lavarsi (almeno) le mani. "DATO CHE SIAMO IN BAGNO, PERCHE' NON APPROFITTARNE ANCHE PER I PIEDI?" La stessa voce, e non veniva dalla cucina; la porta era chiusa e lui aveva sentito benissimo: chi aveva parlato era lì con lui. Non fece in tempo a spaventarsi del tutto, che la sentì di nuovo: "ALLORA??? STIAMO PERDENDO LA PAZIENZA!!!" Il tono era talmente perentorio, che il bimbo si trovò coi piedi a bagno in acqua e sapone quasi senza accorgersene. Qualcosa gli diceva che era meglio fare come gli veniva richiesto. L'esperimento funzionò anche meglio del previsto: appena infilate nuovamente le ciabattine si udì distintamente un sospiro e la voce (in effetti sembravano due ) esclamò soddisfatta un "GRAZIE AL CIELO CI HAI ASCOLTATE! ADESSO SI' CHE SI RAGIONA! BRAVO MARCO! E, ADESSO, A PRANZO. Marco sfilò velocissimo la ciabatta sinistra e, tenendola davanti al naso: "Di' un po' - l'apostrofò con aria di sfida - sei per caso tu che parli?" |
Ora, a nessun adulto (o quasi) verrebbe in mente di porre una domanda del genere ad una scarpa od a qualsiasi altro oggetto inanimato, ma per un bambino la fantasia non ha limiti, quindi al posto di una logica incredulità c'era la sana curiosità di comprendere il fenomeno. Ad ogni modo le ciabattine non dissero mezza parola e l'espressione del bimbo scivolò verso la delusione; lasciò cadere la calzatura sul pavimento e l'infilò scocciato. "CERTO CHE SIAMO NOI A PARLARE, MA SOLO QUANDO TU CI CALZI, QUINDI, TE LO CHIEDIAMO PER FAVORE, CERCA DI FARE IN MODO CHE I TUOI PIEDI SIANO ACCETTABILI, PER LO MENO ACCETTABILI". Un gran sorriso si disegnò sul piccolo viso e gli occhi scintillarono per la gioia. Non riusciva quasi a respirare, ma in quel momento non era importante. Uscì a precipizio da bagno e volò letteralmente in cucina, dove la pasta lo aspettava fumante in tavola: "Mamma (respiro profondo) le mie ciabatte (respiro profondo) parlano!" (sospiro finale). "Ah si? E cosa dicono di bello?". Le mamme sono abituate ai voli di fantasia dei loro figli e, dopo un po' di volte, non ci fanno quasi più caso (purtroppo ). |
Marco colse
la sfumatura di sufficienza di sua madre e ripetè con
più convinzione l'affermazione precedente, raccontando
la scena dello sgabuzzino e quella del bagno. In effetti
si era sentita una vocina strana per la casa, ed inoltre
suo figlio difficilmente raccontava bugie: era vivace,
disordinato, smemorato, chiassoso, testardo, ma bugiardo
proprio no. Decise di credergli e basta, anche se tutto sembrava assurdo: "E allora, sentiamo cosa hanno da dirci le signore ciabatte " Silenzio. Il ragazzino si guardava sconsolato i piedi, sollevandone le punte. "SAPPIAMO CHE LA TUA MAMMA TI CREDE DAVVERO, E POI CI HA COMPRATE LEI, NON POSSIAMO STARCENE QUI TUTTE ZITTE!". Superati i primi momenti di disagio, le ciabattine azzurre e blu raccontarono come le avessero cucite le fate scozzesi, con tessuti preparati dagli gnomi nei colori delle tradizioni più antiche di quei popoli, e poi imbottite con la lana delle pecore magiche delle isole galleggianti di Frina e Skjocca, dove nessun uomo ha mai messo piede, né le ha mai viste, nascoste come sono da nebbie perenni ed ubicate sempre in luoghi diversi, spostate dalle correnti. Avevano poi viaggiato a lungo per arrivare a destinazione, perché dal giorno in cui erano state confezionate, le avevano destinate proprio a lui e solo a lui, per aiutarlo e sostenerlo. Fare passare l'appetito ad un bimbo di quell'età non è facile, ma il racconto magico ci riuscì completamente e la pasta rimase a raffreddarsi nei piatti fino a pomeriggio inoltrato. Questo fatto non fu grave per due motivi: la pasta venne fatta saltare in padella per cena e non andò sprecata, le ciabattine aiutarono Marco a fare i compiti, per fargli recuperare il tempo perduto. Non dico che fecero loro i compiti al suo posto, questo non è un vero aiuto; però spiegarono, ricordarono, corressero e lo aiutarono perfino ad imparare una poesia a memoria. |
Alla sera,
il bimbo era distrutto da quella giornata così densa di
emozioni (proprio come te adesso
) ed andò a letto
incredibilmente presto. Sua madre penò non poco per
convincerlo a non tenere le ciabatte infilate nei piedi,
e ci riuscì soltanto quando loro stesse chiesero di
stare per terra, sul tappeto, perché così respiravano
meglio. Marco si addormentò, sognò le fate, le pecore,
le isole galleggianti e sé stesso che, con le ciabattine
ai piedi, volava e sconfiggeva mostri indescrivibili.
Lucia non si addormentò, tutta la notte pianse di
contentezza, pensando al vecchietto nel negozio ed al suo
bimbo che ora non era più solo ed aveva due amiche così
speciali. La domenica passò in un lampo. Non fu possibile uscire di casa, per via della novità, e si trascorse la giornata ad ascoltare racconti fantastici, storielle comiche, consigli per la casa, piccole lezioni di grammatica ed aritmetica, ricette di cucina Le due piccole scozzesi erano instancabili, e, giunta che fu la sera, dopo aver parlato senza interruzione dal mattino presto, non chiesero neppure un bicchier d'acqua! Lunedì mattina ricominciò la vita normale: sveglia presto, scuola e lavoro. Marco non resisteva. Per strada, camminando verso la scuola, incontrò Giampiero, il suo amico e compagno di banco, e, tanta era la fretta di comunicargli la novità, che quasi non lo salutò ed iniziò a raccontargli disordinatamente i fatti degli ultimi due giorni, con occhi spalancati e gran gesticolare delle braccia. Giampiero storse il naso e dimostrò di non credere per niente a quella storia assurda. Più o meno tutti i ragazzini di quell'età, ogni tanto si inventano qualche frottola per stupire gli amici e diventare il centro dell'attenzione, almeno finchè non vengono scoperti. Marco non di demoralizzò. Durante tutta la mattina continuò a raccontare, adesso con più ordine, i minimi dettagli degli avvenimenti che lo avevano riguardato, insistendo a tal punto che la maestra lo richiamò un paio di volte al silenzio ed all'attenzione per quanto si stava svolgendo in classe. Usciti da scuola la tiritera iniziò daccapo finchè Giampiero accettò di andare a vedere queste benedette ciabatte che parlavano, pur continuando a sostenere che lui non credeva ad una sola parola di tutta quella colossale bugia. Marco si zittì, deluso dalla sfiducia del suo amico (ma era poi proprio sicuro di questa amicizia?...), ma affrettò il passo per arrivare prima a casa e mostrare le prove della sua sincerità. Giunti a destinazione, salirono di corsa le scale, entrarono nel profumo di limone e lavanda e salutarono la mamma che aveva velocemente preparato qualcosa per pranzo. "Giampiero è venuto a vedere una cosa, ma non si ferma a pranzo!" Non sapeva come gli fosse uscito di bocca quel " ma non si ferma a pranzo". Evidentemente non voleva che il fatto accadesse, ma non sapeva perché, semplicemente non aveva più tanta voglia di stare con Giampiero e basta. Andò di corsa in bagno a lavarsi i piedi (per evitare figuracce ), aprì lo sgabuzzino, infilò le ciabatte e, con aria trionfale chiese: "E allora? Com'è andata la mattinata? Vi sono mancato? Cosa facciamo oggi?" Silenzio Silenzio Sempre più silenzio Batticuore di Marco. "Beh? Cosa vi succede adesso? Avete perso la lingua?" Anche in quel momento drammatico si rese conto della stupidaggine che aveva detto: le ciabatte non avevano né bocca né lingua; parlavano e basta, ma adesso non parlavano per niente. Il batticuore aumentò. Il silenzio era talmente assoluto che se ne poteva sentire il rimbombo nel petto del bambino in crisi totale. Giampiero sorrise storcendo la bocca con aria di vittoria: "E allora? Forse non mi sono lavato bene le orecchie stamattina, perché io non sento nulla Mi chiedo solo come puoi pensare che io sia così stupido da credere ad una idiozia del genere! Non so nemmeno perché ti ho seguito fino a qui A quest'ora potevo già essere a casa a pranzo, ho solo perso tempo Ciao amico bugiardo!" disse, ed uscì senza nemmeno chiudere la porta. Il piccolo Marco si avvicinò all'uscio a testa china, sentendo i passi dell'altro ragazzino che scendeva le scale, lo chiuse e si voltò per andare a cercare l'abbraccio della mamma. FINALMENTE QUELL'ANTIPATICO SCOCCIATORE SE N'E' ANDATO! Urlarono quasi le due ciabatte. Al bimbo ribollì il sangue per la rabbia e, abbassato lo sguardo furibondo, iniziò ad insultare quelle due inutili pezze che gli avevano fatto fare una pessima figura e perdere il suo migliore amico. Era quasi comico vederlo urlare rivolto alle sue punte dei piedi ed alla mamma quasi scappò da ridere, se non che, il tono era veramente terribile. Appena si fu sfogato ed i lacrimoni cominciavano a scendergli lungo le guance, le sue amiche magiche ripresero a parlare, con un tono molto tranquillizzante e rassicurante: MARCO, TU NON HAI PERSO UN AMICO: NON CE L'AVEVI NEANCHE PRIMA. UN VERO AMICO TI AVREBBE CREDUTO, AVREBBE AVUTO FIDUCIA IN TE, PERCHE' SAREBBE STATO CONVINTO CHE TU NON GLI AVRESTI MAI RACCONTATO UNA BUGIA. QUI IN CASA, QUANDO NON ABBIAMO PARLATO, TU ERI IN DIFFICOLTA', MA LUI, INVECE DI AIUTARTI ED INCORAGGIARTI, TI HA PRESO IN GIRO E TI HA LASCIATO SOLO. GUARDA CHI C'E' ADESSO QUI CON TE: CHI TI VUOLE BENE VERAMENTE. Questo breve discorso ebbe il potere di chiarire tutta la situazione. Marco carezzò le sue adorate ciabattine e si lanciò tra le braccia della mamma. Insieme fecero pranzo ed insieme andarono ai giardini, quel pomeriggio. Il giorno seguente chiese alla maestra di cambiare posto: da dov'era seduto - diceva - non vedeva bene la lavagna, ma non credo fosse il motivo reale. Le ciabatte scozzesi aiutarono Marco e gli tennero compagnia per molto tempo; sembravano crescere con lui, finchè, quando anche lui diventò grande e non ne ebbe più bisogno, all'improvviso non riuscì più ad infilarle. Furono riposte, all'interno della loro scatola, nello sgabuzzino, e da lì, in breve tempo, sparirono. La mamma era sicura che fossero tornate al negozio per essere comperate da chi poteva averne bisogno adesso. Già, il vecchio negozio di scarpe Strano: era passata tante altre volte da quella strada, e non l'aveva mai più rivisto. |