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IN MULTIMEDIA STAT VIRTUS?"Linformatica non riguarda piu solo il computer, è un modo di vivere. Il gigantesco computer centrale, il cosiddetto mainframe, è stato in gran parte rimpiazzato dai personal computer. Abbiamo visto i computer uscire da grandi stanze climatizzate per entrare in armadi, passare poi sulle scrivanie per finire quindi sulle nostre ginocchia e infine nelle nostre tasche".
Così N. Negroponte nel suo "Essere digitali". Il suo pensiero è chiarissimo: nessun aspetto della nostra vita può essere oggi considerato al di fuori della sfera dinfluenza della tecnologia. E possibile discutere se ciò sia più un male che un bene, ma sarebbe sterile contestare questo dato di fatto. Tutti gli ambiti del lavoro, della cultura, delle attività economiche, delle relazioni, sono sempre più permeati dalle nuove tecnologie, e da queste vengono continuamente rimodellati. Per comprendere bene la situazione, bisogna prenderne atto, ma anche capire che la cultura "tradizionale", che si contrappone oggi e sta per essere soppiantata da quella "digitale", non è tanto (o non è solo) quella tipografica, quanto quella della televisione alluvionale e pervasiva. E con questultima forma di cultura, che dal computer rischia di essere sradicata, che andranno soprattutto condotti i paragoni: invece, il libro sopravviverà allèra del computer, ritagliandosi un proprio spazio peculiare, nel quale rimarrà insostituibile, come riconosce lo stesso Negroponte, che spiega così la scelta dello strumento libro per diffondere le sue idee:
Le ragioni per cui Negroponte non ama leggere vanno ricondotte a una situazione di handicap: una dislessia che non gli ha impedito di diventare un celebre scienziato, direttore del Media Lab del MIT, e, per suo piacere, anche uno scrittore. Ma cerchiamo di meglio definire i contorni di questa prossima "èra digitale", per poterci chiedere, alla fine, se davvero limmaginazione ne sarà penalizzata o se, anche al suo interno, potrà trovare spazi fecondi, pur senza mettere in discussione lutilità dei libri. Cerchiamo intanto di fissare dei riferimenti al cui interno collocare ciò che è "digitale" e "multimediale". "Digit", in inglese, significa "cifra". Il quadrante di un orologio è "digitale" quando mostra direttamente le cifre delle ore e dei minuti, mentre quello "analogico" mostra due lancette che, attraverso la loro posizione, "rappresentano" il trascorrere del tempo. Digitale può essere il display di una calcolatrice, lindicatore di velocità di unauto (analogico è quello a lancetta), una bilancia, un termometro. Gli strumenti digitali forniscono indicazioni o trattano dati numerici, mentre quelli analogici li rappresentano tramite variazioni continue di un parametro. La voce trasmessa per telefono o per radio è analogica, perchè i suoni risultano dalle variazioni continue della forma di unonda. E la versione più attuale della contrapposizione, ben nota ai matematici, tra "continuo" e "discreto". Più precisamente, in campo informatico, ci riferiamo a ciascuna delle cifre del sistema di numerazione binario, o "binary digit", abbreviato "bit", 0 ed 1. Il gioco di parole, comprensibile solo agli anglosassoni, sta nellaltro significato di "bit", "un pezzetto", "un poco". "Just a little bit, thank you" si risponde, cortesemente, a chi chiede se vogliamo ancora un po di torta. Nella sua veste di cifra binaria, il bit è la più piccola unità dinformazione che un elaboratore può trattare, dato che tutti i dati che un computer può riconoscere sono sotto forma di numeri binari, lunghe sequenze di zero e uno. Naturalmente, per impartire istruzioni al computer, si utilizzano linguaggi per noi più naturali, costituiti da brevi "parole" e "frasi" che possano essere tradotte, per la macchina, in sequenze di zero e uno. I programmi del nostro PC rappresentano un altro passo in avanti: noi dialoghiamo con il calcolatore attraverso uninterfaccia, mentre i suoi "ragionamenti" ci restano nascosti. Così, mentre noi usiamo un programma, questo comunica alla macchina una serie di istruzioni da svolgere. Abbiamo già detto che i computer delle ultime generazioni sono in grado di trattare ogni genere di dati. Questo significa che possiamo, ad esempio, registrare nelle sue memorie una musica, o unimmagine, per poi riprodurla. Per farlo, esse dovranno essere analizzate, scomposte e codificate in cifre binarie, in bit. Il percorso inverso ci permetterà di riportarle al loro primitivo aspetto. Digitalizzare un suono significa prenderne dei campioni, dai quali si può ricostruire il suono intero, tanto più fedelmente quanto più i campioni sono presi in tempi ravvicinati. In un CD audio, il suono viene campionato circa 44.100 volte per secondo. Il segnale elettrico corrispondente allandamento della pressione sonora viene codificato come una sequenza discreta (cioè, non continua) di cifre binarie. Riproducendo queste sequenze 44.100 volte al secondo, si riottiene un suono continuo, o almeno un suono che il nostro orecchio percepisce come tale, dato il brevissimo intervallo tra un impulso e il successivo. Nella registrazione, inoltre, è possibile eliminare fruscii e rumori parassiti, che erano la croce dei vecchi dischi "analogici" in vinile. Le immagini, invece, vengono scomposte in reticoli di pixels (che è labbreviazione di pictures elements, ossia elementi dellimmagine). Ciascuno sarà codificato in una sequenza di bit, analogamente a una lettera dellalfabeto, che richiede otto bit (un byte) per la codifica. Le immagini in bianco e nero possono essere rappresentate sotto forma di insiemi di pixels che convenzionalmente rappresentano una scala di toni di grigio, dal nero puro (00000000) al bianco puro (11111111), cioè, in cifre decimali, da 0 a 255. Per le immagini a colori, si considera ogni punto colorato come composto da una miscela di pixels dei tre colori fondamentali, rosso, verde e blu, ciascuno dei quali può avere una intensità che va da 0 a 255. Se per un pixel di unimmagine in BN erano sufficienti 8 bit, ora ce ne vorranno almeno 24, o 32. Naturalmente, esistono diversi sistemi di codifica; per esempio, un "file" sonoro può contenere non una vera registrazione, ma solo delle istruzioni che permettono al computer di "ricostruire" laltezza e lintensità del suono (sistema MIDI), magari sfruttando una "wavetable" che contiene suoni precampionati di vari strumenti; oppure si possono creare immagini complesse (programmi di grafica vettoriale) e addirittura in tre dimensioni. Per svolgere questi compiti, il computer si è arricchito di particolari dispositivi, che utilizzano, oltre le normali unità periferiche (di input, tastiera e mouse, e di output, monitor e stampante), delle periferiche "multimediali", p. es. casse di diffusione, microfono e cuffie stereo. Le "schede" audio e video, che controllano queste periferiche, sono capaci di processare, in corretto italiano di elaborare, i relativi dati, e hanno prestazioni sempre più stupefacenti. Un vero computer multimediale non può poi fare a meno di ununità CD, capace di leggere compact-disc che contengono fino a 650 megabyte (8x650 milioni di bit) di dati (ma con i DVD si andrà molto oltre, rendendo possibile registrare interi films su un solo CD). Di per sé, il CD rappresenta solo una memoria di massa, in aggiunta a quelle a disposizione del computer, disco fisso e dischi rimovibili; la sigla CD-ROM (Read-Only Memory) sta ad indicare che i dati possono solo essere letti, ma non inseriti; esistono però già CD riscrivibili tramite un masterizzatore. Ma è laccoppiamento tra il CD, che può contenere testi, suoni, immagini, filmati etc. e le schede e le periferiche descritte, che permette di parlare di multimedialità. E veniamo al punto. Innanzitutto, che differenza cè tra questa accezione di multimedialità e quella proposta, ad es., da una rivista illustrata, dal cinema o dalla televisione? E quali novità positive può introdurre nella società e nella scuola? Le parole chiave sono due: digitale e interattiva. A queste se ne potranno aggiungere di volta in volta altre, in particolare per quanto riguarda le reti telematiche; ma le scopriremo a suo tempo. Continuiamo a seguire Negroponte: "Quando incontro una persona adulta che mi racconta di aver scoperto il CD-ROM, posso arguire che ha un bambino [....] Quando invece incontro qualcuno che mi dice di aver scoperto America Online è probabile che abbia in casa un adolescente. Il CD-ROM è un libro elettronico, America Online è un mezzo per socializzare. Per i bambini sono cose entrambe ovvie, come laria per noi. (ibidem) La grande diffusione degli strumenti della multimedialità tra i giovani non è solo una moda americana, ma riguarda tutti i Paesi più avanzati, dallInghilterra allAustralia, dalla Germania al Giappone alla Svezia. Lo stesso diremo di Internet, che in Italia ancora viene descritta come covo di pedofili e terroristi, mentre altrove è divenuta colonna portante della ricerca e della cultura, oltre che delleducazione e della socialità. La prima grande novità è nella natura stessa del medium. La tecnologia digitale consente di produrre e trasferire rapidamente informazioni, contrapponendo i bit immateriali alla materialità degli atomi. Naturalmente, i supporti su cui sono registrati i dati sono materiali (i CD-ROM per esempio), ma, grazie allinvio di dati via rete, le cose cambiano. Negroponte (ibid.) fa un esempio illuminante:
Inoltre, "i bit si possono mescolare
facilmente" sullo stesso supporto, e a questi si possono aggiungere altri bit per
etichettare e descrivere, per correggere automaticamente gli errori (p.es. i disturbi in
un brano musicale o le macchie su una foto). Libri e riviste illustrate, oltre a costare
il sacrificio di ingenti quantità di alberi, pesano e ingombrano; in un CD-ROM può stare
comodamente unintiera enciclopedia, con laggiunta di filmati, interviste e
musiche daccompagnamento. Possiamo produrre anche noi nuovi bit, molto più
semplicemente che con le tecniche tradizionali. Per migliorare una foto riuscita male ci
vuole grande perizia e pazienza in camera oscura, spreco di carta da stampa, oppure un
buon programma di fotoritocco. E senza sporcarsi le dita con prodotti chimici. Per cinema
e tv il discorso è diverso. La tv tradizionale, che è "analogica", in quanto
sfrutta tecniche convenzionali per la riproduzione del suono e delle immagini, ha
linguaribile difetto di essere un mezzo unidirezionale. Ciò riguarda non tanto la
tecnologia in sé, che potrebbe essere utilizzata anche da dilettanti di pochi mezzi (e
spesso videoamatori hanno realizzato servizi da far invidia agli operatori
professionisti), ma il fatto che lemissione di trasmissioni su larga scala richiede
ingenti capitali ed è riservata per legge a Enti pubblici o grandi imprenditori privati.
Il mezzo, poi, permette solo una scarsissima interattività (si può telefonare durante
una trasmissione, o accendere le luci per votare). I programmi didattici realizzati su
videocassetta sono, in genere, la riproposizione in sequenza e senza interattività di
contenuti reperibili anche altrove. E facilissimo, invece, produrre materiale
multimediale col PC e metterlo a disposizione di tutti gli utenti delle reti, sia a
circuito interno (intranet), es. tra classi di una stessa scuola o di più scuole
dello stesso circolo, sia allesterno. Quanto allinterattività, questa può
essere intesa in due modi diversi. Primo, la possibilità di "interagire" con
il mezzo, non facendo più dipendere la nostra capacità di ricavare informazioni
(quindi lapprendimento) da un canovaccio fissato a priori dallautore, ma
scegliendo un percorso autonomo, che può variare da persona a persona e da momento a
momento, a seconda delle esigenze dellutente. Ciò significa ribaltare la logica che
sta alla base della cultura come oggi è intesa: non più erogazione dallalto, ma un
attingere direttamente, creando per così dire la strada mentre la si percorre (come
diceva Machado: "Caminante, no hay camino... al andar se hace el camino").
E la logica degli ipertesti e degli ipermedia. Ma cè dellaltro:
attraverso convertitori analogico-digitali è ora possibile utilizzare, per interagire col
computer, non solo la tastiera o la voce, ma anche i movimenti del corpo. Le applicazioni
possibili vanno da un codice di gesti per i non udenti, a un codice misto che consiste
nellaccoppiare la voce alla labiolettura, fino alluso dei movimenti del corpo
per generare melodie e ritmi, con un possibile impatto ancora tutto da valutare
sulleducazione allespressione corporea e alla danza. Ne riparleremo nel IV
capitolo. Secondo aspetto, ma forse più importante: interagire attraverso il
mezzo, cioè comunicare con altri sfruttando le possibilità offerte dalle tecnologie
digitali. Sarà questo il principale argomento del III capitolo; al termine del presente,
invece, si cercherà di mostrare come questultima sia la vera strada per una
multimedialità "matura" e veramente innovativa. Per quanto riguarda
lipertesto e gli ipermedia, di cui tanto si parla, diremo subito che sono stati
rilanciati e messi veramente alla portata di tutti da una particolare tecnologia che ha
trovato applicazione sulla parte forse più conosciuta di internet: il WWW (worldwide web,
vedi cap.III). Sto parlando del linguaggio HTML, che consente, imparando semplici
istruzioni, di "scrivere" dal nulla splendide presentazioni multimediali
contenenti testo, immagini, suoni. Un file HTML non è altro che un semplicissimo file di
testo, con in più delle istruzioni di formattazione (cioè sul "formato"
del documento, sulla posizione dei blocchi di testo e delle immagini, etc.), sotto forma
di "tags", cioè marcatori, che dicono al programma come visualizzare
quel documento. Le indicazioni sono contenute tra i segni <>. Ad esempio,
<head> indica lintestazione del documento, e </head> la conclude;
<body bgcolor="#000000"> è il "corpo" di un documento, che ha
uno sfondo nero; <img align=center src="foto.jpg"> indica la posizione
dove sistemare unimmagine, di cui si possono specificare le dimensioni; e così via.
La sigla HTML sta per "HyperText Mark-up Language", cioè linguaggio di
marcatura ipertestuale. Già, ipertestuale. Perché, attraverso questo linguaggio, si
possono disporre, allinterno del testo, dei "links" (collegamenti) che
rimandano ad altri files, che possono essere altri ipertesti, oppure files di altro
genere. Il file "bersaglio" può risiedere sul vostro computer, oppure trovarsi
su un computer australiano: se siete entrambi connessi attraverso internet, il gioco è
fatto. La parola magica è: <a href="nome del file"> testo del
link</a>, dove "a href" sta per "anchor (to) hypertext
reference". I programmi in grado di interpretare questo linguaggio, i cosiddetti browsers
("sfogliapagine", da to browse), visualizzano i links come parole di
colore diverso (o immagini contornate in modo diverso). Puntando il mouse su un link e
"cliccando", viene lanciato il file indicato dal codice (che non è direttamente
riportato nella pagina visualizzata sullo schermo). In questo modo, si possono collegare
fra loro documenti multimediali diversi, formando una rete, o una "ragnatela"
(web, appunto) che può estendersi fino a coprire tutto il mondo (worldwide, appunto).
E una delle metafore favorite di internet (ma non lunica). Esistono ovviamente
altri modi, e altri programmi, per comporre ipertesti e presentazioni multimediali
(NeoBook, Macromedia Director etc.); a volte, consentono risultati notevoli, ma di solito
risultano di utilizzo meno immediato e semplice dellHTML. Per chi volesse evitare
anche lo sforzo di apprendere questo linguaggio, ci sono programmi capaci di realizzare
documenti HTML senza farvi scrivere una sola riga di codice (Front Page, Page Mill, Hot
Dog...). Un ulteriore arricchimento delle funzioni è possibile tramite il Java, che è un
vero linguaggio di programmazione, e ha la caratteristica di essere "indipendente
dalla piattaforma", cioè utilizzabile su diversi sistemi operativi (Windows,
Macintosh, Unix, etc). Il discorso "ipertesto" ci porta dritti a internet; ma
gli ipertesti, per uso didattico e non, sono allordine del giorno nel regno
multimediale. In genere, i CD-ROM sono basati su ipertesti, o, più correttamente, sono
"ipermediali" (cioè, contengono contributi multimediali richiamabili grazie a
una struttura di tipo ipertestuale). La struttura di un ipertesto consente una lettura
"non sequenziale", cioè la cosiddetta "navigazione" o
"esplorazione" che, partendo da un punto qualsiasi, ci consente di ricercare e
individuare i contenuti secondo una logica che non è necessariamente quella fissata
dallautore. Se sto visionando un CD sul risorgimento e vedo che la parola Garibaldi
è evidenziata (è un link), posso decidere di proseguire nella lettura oppure
cliccare Garibaldi e raggiungere, con tutta probabilità, delle note biografiche
sulleroe dei due mondi. Più in là, un pulsante mi consente, schiacciandolo, di
ascoltare linno di Mameli o di richiamare unintervista con uno storico che
parla di Mazzini. Il bello del gioco sta nella possibilità di scelta e in una buona
interattività. Un ipertesto si rappresenta, anziché con una struttura lineare, con una
di tipo ramificato, ad albero, oppure "rizomatica": a partire da un punto, si
possono scegliere molte direzioni diverse, procedere in avanti, ritornare su ciò che si
è visto, saltare. Quali sono i limiti del gioco? Sono, in generale, i limiti fisici
imposti dal supporto su cui è registrato il tutto (i 650 Mbyte di un CD-ROM); e i limiti
concettuali imposti dal progetto originale, quindi dallautore o dalla società
produttrice. Prima di sviluppare questi punti, vorrei però soffermarmi su un altro
aspetto, per ora futuribile, ma già in avanzata fase di sviluppo, delle tecnologie
multimediali: la "realtà virtuale", un ossimoro che indica la sua natura
paradossale. Al di là del fascino iniziale di queste nuove tecnologie, nelle quali la
componente di meraviglia, di novità e di gioco finisce col prevalere nell'immagine, così
come viene trasmessa dai media, la realtà virtuale è uno strumento di conoscenza,
forse uno dei più potenti che la tecnologia ci mette a disposizione in questa fine del
millennio. La realtà virtuale, o RV, è un insieme di tecniche, linguaggi di
programmazione e periferiche (casco, occhiali, guanti etc.) che permettono
lesplorazione di ambienti costruiti dal computer, ma molto simili alla realtà.
Qualcosa di simile, come riferisce Negroponte, fu realizzato dallesercito israeliano
ai tempi del "blitz" allaeroporto di Entebbe, per permettere
unesercitazione "sul campo" dei soldati prima dellattacco vero e
proprio. Subito dopo, il Dipartimento per la Difesa USA, che già lavorava su questi
progetti dal 68, diede inizio a esperimenti in grande stile per simulare la guida di
mezzi corazzati in ambienti ricreati digitalizzando immagini in 3D, riprese, inquadratura
per inquadratura, da scenari reali. Oggi, accanto a questo tipo di RV, che presenta ancora
grandi limitazioni, esistono linguaggi di "modelling", come il VRML, che
permettono di simulare sullo schermo sale di biblioteche o di ritrovi virtuali. Ne
riparleremo nel III capitolo.
Nella nostra cultura, "conoscenza" è sinonimo di lettura di libri e di fatica. Fino ad oggi, fino all' avvento della realtà virtuale, quello era l'unico modo che avevamo per conoscere quelle cose che non si possono vedere o toccare direttamente. Tutto ciò che cade al di fuori della nostra esperienza immediata, per esempio gli oggetti descritti dalla Geografia e dallAstronomia, ma anche molta parte delle Scienze, in mancanza di un laboratorio. Il mondo dellinfinitamente piccolo e dellinfinitamente grande.
Qualche considerazione va fatta anche sulle modalità di fruizione dei prodotti "multimediali". Tali prodotti uniscono diversi linguaggi, e sono perciò in grado di coinvolgere non solo la parte "razionale" di noi ("larea cognitiva", in termini fisiologici il lobo frontale di sinistra e lemisfero sinistro), ma, come gli spot e tutta la programmazione tv, anche la nostra componente emozionale (lemisfero destro, il sistema limbico e in particolare il talamo), e, per le attività che coinvolgono scelte consapevoli, i centri dellamigdala etc. Lapprendimento dipende infatti dallintegrazione di diverse funzioni cerebrali: razionali, emotive e volitive, ciascuna delle quali ha una sua sede di elaborazione privilegiata. Questa integrazione funzionale, cui si sommano una serie di altre risposte neuro-endocrine, è indispensabile per lo sviluppo della personalità. Lapprendimento realizzato attraverso questi media attiva dunque tutta una serie di percorsi, almeno in parte alternativi a quelli propriamente "cognitivi". Alla parola, scritta o pronunciata, si sommano gli stimoli emotivi dovuti alla percezione di immagini dai colori accattivanti e allascolto di musica. Ciò rende più piacevole la fruizione, oltre a costituire un ambiente "integrato", più simile a quello che sperimentiamo durante lapprendimento per esplorazione. Ciò tende a rendere più facile e meno gravoso il compito di chi apprende, specie se si tratta di un soggetto che presenta deficit in area cognitiva. La pluralità di linguaggi adoperati permette poi lappropriazione almeno di parte dei contenuti anche da parte di soggetti con deficit sensoriali; a ciò si aggiungano le nuove possibilità di cui sopra, che permettono di dialogare col mezzo attraverso i movimenti corporei. Per i soggetti con deficit di deambulazione, le possibilità dischiuse dalla realtà virtuale e dai CD su Paesi, città e opere darte consentono esperienze altrimenti impossibili; per tutti, le possibilità di comunicazione offerte dalla telematica, di cui parleremo nel cap. III, ampliano di molto la sfera delle relazioni personali e possono contribuire a superare molti problemi relazionali dovuti a una scarsa autostima o alle altrui reazioni negative. Ritorneremo su questo argomento nel IV capitolo. E passiamo a chiederci quale contributo positivo la "multimedialità" possa realmente dare alla conoscenza. Da più parti si sente parlare di "banalizzazione" della cultura (peraltro, già ampiamente realizzata attraverso i mass media convenzionali, nonché le attuali tendenze delleditoria). Simili critiche vennero fatte già ai tempi di Gutenberg, riferite, allora, allimpatto della tipografia. Come nota Paolo Manzelli, ricercatore allUniversità di Firenze (presso il Laboratorio di Ricerca Educativa):
La tesi di Manzelli mi pare fondata su corrette basi fisiologiche, come emerge da una sua recentissima relazione allUniversità di Genova, in cui lapprendimento è esaminato alla luce di una teoria della visione che assegna allelaborazione in sede cerebrale della realtà un ruolo preminente, attraverso levocazione di archetipi genetici e un processo di riconoscimento basato sul richiamo mnemonico di precedenti esperienze visive. Non è dunque locchio a produrre immagini del mondo esterno, più di quanto non sia lobiettivo di una fotocamera a produrre immagini fotografiche; ciò conduce a una revisione del rapporto comunemente inteso tra soggetto e oggetto di unosservazione, in cui, in accordo con gli sviluppi della fisica contemporanea, la realtà va intesa come "una caratteristica della teoria che usiamo per comprendere il mondo" (Einstein); in sostanza, siamo noi, o meglio il nostro cervello, gli autori delle nostre esperienze. Dallerrata comprensione di questo rapporto deriva, secondo Manzelli, il modo "meccanico" in cui ci rapportiamo solitamente alle conoscenze acquisite per via visiva e la scarsa considerazione in cui di solito esse sono tenute. Come conseguenza di una errata percezione del rapporto reale-virtuale e di quelladattamento cognitivo delluomo alla macchina che abbiamo visto stigmatizzato anche da Papert (vedi cap. I),
Come sostiene Papert, il modello di interazione tra ragazzi e computer deve dunque essere ribaltato per diventare euristicamente fecondo, e ciò dipende da un mutamento dindirizzo generale rispetto a cultura ed apprendimento. Veniamo ora a unaltra questione fondamentale: la "multimedialità" è pienamente realizzata con i mezzi, e nei prodotti, attuali? Se facciamo riferimento alle parole chiave di cui sopra, digitale e interattiva, esaminando strumenti quali CD-ROM e PC multimediali, non possiamo negare che le tante promesse siano state mantenute solo in minima parte. Linformatica di consumo ha imposto un modello di multimedialità consistente,come abbiamo visto, nella riunione su di un solo supporto (il CD-ROM) di contributi originariamente prodotti attraverso altri media. Renato Parascandolo, filosofo e curatore dellEnciclopedia multimediale delle Scienze Filosofiche per la RAI-ERI, definisce questa accezione (più propriamente: ipermedialità), come "multimedialità ristretta", o "centripeta", per la confluenza dei contributi su un supporto unico. Secondo Parascandolo, lutilizzazione contestuale di "molti media" con un solo indice non fa una vera multimedialità, principalmente a causa della mancanza di una vera possibilità di fruizione interattiva:
Per quanto unopera venga concepita come multimediale e interattiva, la configurazione più organica e ricca di senso, tra tutte quelle possibili, rimane la "sceneggiatura" disegnata dallautore, con logica per di più sequenziale. Lopera si potrà di certo "navigare", vi sono differenti vie daccesso e percorsi possibili al suo interno, ma il risultato sarà simile alla lettura "a salti" di un romanzo: è il senso compiuto dellinsieme che ne impedisce una vera fruizione interattiva. In questo senso parlavo prima di limiti non solo fisici, ma concettuali, dellinterattività. E allora? Ci sono anche altri modi dintendere la multimedialità, conservando le prerogative digitali e interattive. Il primo modo è quello caratteristico della telematica, in primo luogo della "ragnatela mondiale" del WWW, ma anche di altre forme di comunicazione che vedremo nel prossimo capitolo. Una multimedialità che il Nostro definisce "centrifuga":
Si potrebbe aggiungere che nelle reti non cè un solo "autore", e che anzi proprio il senso di cooperatività, di "intelligenza collettiva", per dirla con Lévy, differenzia questa accezione di multimedialità dalla precedente. E la stessa differenza che abbiam fatto tra informatica "chiusa" e "aperta". Linterattività, grazie a internet, non si esercita più allinterno di un recinto chiuso, di senso dato e compiuto: la rete cresce su sé stessa grazie a un continuo fiorire di nuovi contributi. Il CD-ROM, invece, rappresenta solo unarticolazione di mezzi espressivi diversi su un unico supporto monomediale, il che equivale ad annacquare la pretesa multimedialità in una monomedialità di fatto. Una terza prospettiva, tratteggiata da Parascandolo, è quella che consiste nellirradiarsi, a partire da una materia prima comune, di molti prodotti differenti, destinati ciascuno ad un medium diverso e complementari fra loro. Ne è un esempio Media-mente, che accoppia alla trasmissione televisiva un sito web munito di biblioteca digitale e un gruppo di discussione usenet; un progetto interessante, in questo senso, è la realizzazione dell "Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche", concepita come "osmosi permanente tra media diversi".
Questo tipo di opera multimediale è "aperta, poliedrica, modulare"; le persone che vi lavorano allinizio non possono immaginare tutti gli sviluppi possibili, che si interconnettono in modo simile alle sinapsi di una rete neuronale. Pur essendo ciascun prodotto in sé determinato nella sua forma, linsieme è indeterminato, né può essere altrimenti. Allinizio della produzione di questopera, 1987, non esistevano ancora, almeno come prodotti di massa, CD ROM e internet. Se lEnciclopedia fosse stata progettata in modo "tradizionale", con un piano rigoroso e definitivo, non sarebbe stato possibile realizzare le versioni per i nuovi media, ancora non disponibili. Invece, proprio in ragione della flessibilità del progetto iniziale, ciò non ha creato difficoltà e non ha reso necessario "decostruire" alcun impianto predeterminato. Va da sé che progetti di questo tipo aprirebbero grandi possibilità nel campo dellistruzione, soprattutto per scuole superiori e università. Concludo qui la mia disamina sui vari aspetti della multimedialità, senza la pretesa di aver esaurito la problematica. Lasciamo aperte le questioni sollevate, di cui ognuno potrà dare la propria personale interpretazione in base anche ai futuri sviluppi. La tematica, però, continuerà nel prosieguo di questo lavoro: molti sono gli argomenti del capitolo successivo che in qualche modo ci riporteranno a parlarne. Torniamo a Negroponte per una suggestiva visione che ci aiuterà a passare allargomento del capitolo successivo: il mondo delle reti telematiche. "Una biblioteca pubblica funziona perché essa si basa su atomi: dovete portare i vostri atomi alla biblioteca. Alcuni di noi hanno un po' troppi atomi. Allora prendete il libro in prestito. Non è solo un altro atomo, ma - e questo è così ovvio che non ci pensiamo mai - il guaio è che quando prendete in prestito un atomo non ci sono atomi rimanenti. Resta uno spazio vuoto. Voi portate il libro a casa, lo leggete, diciamo in una settimana, lo riportate alla biblioteca. Magicamente qualcuno lo prende in prestito di nuovo, e lo riporta indietro dopo una settimana. Così 52 persone avranno letto il libro in un anno. Ora invece renderò la biblioteca pubblica digitale. Cambierò solo questo: muterò gli atomi in bit. Non dovrò trasportare i miei atomi alla biblioteca. E' una cosa così ovvia, ma non viene mai detta a scuola: è che quando prendete in prestito un bit, c'è sempre un altro bit che rimane. Così ora 20 milioni di persone possono prendere in prestito questo libro simultaneamente, senza muoversi di casa, giusto battendo alcuni tasti, e così abbiamo violato le leggi del copyright... Un giudice diceva che era legale abbattere alberi per farne polpa, per spargere inchiostro sulla carta, persino usare dei bambini per recapitare queste carte e gettarle aldilà di una traversa dentro casa vostra. Ma rendere un bit ecologicamente salubre - nessun bit depositato, nessun bit restituito che rappresenti la stessa informazione e la trasmetta alla velocità della luce fin nella casa di qualcuno - infrange la legge. E' davvero molto, ma molto interessante considerare alcuni eventi in termini di bit e di atomi: questo cambierà il vostro modo di vedere quel tipo di mondo che è il mondo digitale". Una delle principali metafore di Internet, lo anticipiamo, è proprio quella che la identifica con una sconfinata "biblioteca di Babele" accessibile contemporaneamente da utenti di tutto il mondo. Ma se si trattasse solo di questo sarebbe ancora ben poca cosa rispetto alle possibilità che realmente offre, e che purtroppo ancora pochi, in Italia, conoscono davvero. (dalla Tesi di specializzazione di Luigi Cozza)
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