DISSERTAZIONI SUI DIAGRAMMI

 

 


Oggigiorno la rappresentazione dell’oggetto in se stesso, lascia il posto a più efficaci strumenti grafici capaci di mettere in relazione gli aspetti compositivi con quelli funzionali, simbolici, concettuali, temporali, non sondabili attraverso la rappresentazione tradizionale: quella della geometria descrittiva. Il sistema informatico è usato, quindi, come un sistema di tipo trasformazionale, per studiare il progetto in tempo reale, controllare le sue modifiche al variare dei dati. Sulla linea di questa tendenza, il diagramma prefigura una serie di variabili all’interno delle quali, viene scelta la configurazione finale: esso è una mappa mobile, è interdisciplinare, è scorciatoia grafica di fenomeni più o meno complessi. E’ una vera e propria macchina per pensare, capace di mutare continuamente, preciso e impreciso allo stesso tempo in dipendenza del grado di dettaglio usato nella sua rappresentazione.

Il concorso per il parco della Villette (Parigi, 1982) rappresenta un punto epocale sotto questo aspetto della ria architettonica. Tschumi e Koolhaas mostrano come il diagramma sia fondamentale per controllare i processi progettuali.

Peter Eisenman pone il diagramma all’interno della sua ricerca come strumento analitico-conoscitivo, applicato innanzitutto all’analisi dell’architettuta di Terragni e successivamente posto alla base delle sue proposte.

Toyo Ito definisce Kazuyo Sejima “un nuovo tipo di architetto” per la sostanza diagrammatica della sua architettura, sostanza che è divenuta centrale nella produzione architettonica più avanzata, diventando, il tratto specifico delle neoavanguardie.


Una definizione di diagramma è quella che ne danno Ben Van Berkel e Caroline Bos. Per i due architetti: “ I diagrammi sono di grande aiuto, sono una sorta di mappe, possono sembrare astratte, ma mirano sempre a qualcosa. Puntano all’organizzazione: dello spazio, o del tempo, o del movimento, o di fenomeni astratti ma non per questo meno importanti nella realtà.” Essi si presentano come una tappa obbligata tra la dimensione mentale dell’edificio e il progetto architettonico finale.
Ben Van Berkel è un architetto la cui progettazione è carica di aspetti innovativi nei temi della sostenibilità ecologica e nel rispetto dell’ambiente, avente rapporto centrale tra l’immaginazione, le tecniche e gli effetti.
L’aspetto teorico e progettuale, da sempre, è alla base della sua progettazione: aspetti fondamentali della quale, sono da ritenersi i procedimenti complessi che si riassumono in una tappa fondamentale che è , appunto,il diagramma.


Recentemente Van Berkel e Bos hanno cominciato a guardare anche al di fuori dell’architettura, per trovare immagini e diagrammi che servano loro di ispirazione.
Van Berkel stesso spiega come attraverso l’ausilio della tecnologia digitale (come la fotografia) si possano ottenere immagini differenti dalle fotografie canoniche, che rappresentano figure che tendono all’astratto e, viceversa, soggetti astratti che tendono alla qualità di figure.
Sperimentando nuove tecniche come la macchina digitale, l’architetto ha puntato l’attenzione sull’automatismo come su altri concetti, osservando il prodotto di tali applicazioni, e finendo per scoprire che, contrariamente al consueto, in cui è l’immaginazione che influenza il subconscio, in questo caso avviene il processo contrario: è la realtà che influenza il subconscio. L’architetto stesso spiega come l’uso di sistemi informatici nella progettazione rende possibile l’azione: progettare i flussi nello spazio costituisce una transizione tra la progettazione di cose e quella di sistemi, e fra un modello basato sul singolo progetto e un modello continuo. Dato che i sistemi e i processi cambiano continuamente, neppure la progettazione può fermarsi, tanto che nella tecnologia dell’informazione il modello continuo è sempre più la norma e l’architettura è sempre meno intesa come arte diventando così un servizio. Proprio queste concezioni sono alla base della teoria del diagramma su cui si fonda, fin dalla metà degli anni Novanta la progettazione di UN Studio. Il diagramma, che nasce e si sviluppata sul computer, diventa modulo progettuale, il quale assume diversi livelli di lettura a seconda dei progetti.
I diagrammi vengono utilizzati dallo studio olandese in due modi: Il primo per ciò che Van Berkel e Bos stessi chiamano “ proporzionamento” dell’informazione, per rappresentare visivamente e in tempo reale i fenomeni variabili in un luogo, come ad esempio il clima, il budget, i processi costruttivi, l’orientamento e le attività che vi si svolgeranno; “Lo scopo è quello di agire sull’opera conferendole effetti auto-generativi, riproduttivi, evolutivi, non solo durante la messa a punto in studio, ma anche dopo, quando verrà usata”. La stazione centrale di Arnhem ne è un esempio, anche perché la progettazione di nodi di trasporti multi-modali, multi-funzionali e multi-temporali è all’avanguardia in Olanda.

Con la casa Mobius, Van Berkel e Bos hanno colto l’occasione per approfondire le proprie riflessioni sul modo dell’abitare contemporaneo e sull’idea di movimento come principio strutturale. Il riferimento concettuale per lo sviluppo del progetto è stato l’anello di Mobius. Questo è costituito da due linee continue che si intersecano a formare una doppia spirale in modo allungato. A proposito del processo che l’ha portato alla scelta di questo diagramma di riferimento, Van Berkel ha detto: “L’idea del progetto della Mobius House è partita dal diagramma di due linee intrecciate, che fa da complemento alla nostra teoria sui due abitanti della casa, il marito e la moglie, che dovranno vivere e lavorare all’interno di questa dimora. In un ciclo di 24 ore di vita e lavoro, delle volte vorranno stare insieme, altre no. Le due linee del diagramma rappresentano le persone che vivono nella casa. Questo diagramma in rotazione, che grazie alla sua astrazione è aperto a diverse interpretazioni, ha portato all’idea di lavorare con due materiali e di usare il concetto di tempo correlato alla distribuzione del programma.”
In questo caso il modello matematico del diagramma non è stato applicato letteralmente ma è stato astratto e contestuallizzato e può essere trovato in tutti gli elementi dell’architettura come nella luce, nell’uso dei materiali o nel rapporto con il paesaggio.

Proprio il diagramma come modulo progettuale è alla base di questa stazione ed è applicato a diverse esperienze. La stazione racchiude delle funzioni a programma misto: hall di scambio, parcheggio sotterraneo, negozi, uffici. Il diagramma, qui usato, chiamato “bottiglia di Klein” è preso come riferimento per una traduzione della superficie in un insieme unico.

Il diagramma per il Museo della Macchina a Stoccarda (1986 – 1990) nasce da diversi moduli, esso rappresenta un modello matematico che esprime il concetto del Mobius, vale a dire della continuità. Si è cercato, allora di riportare nello spazio questo elemento, di farlo diventare una superficie, un pavimento. Attraverso il funzionamento elicoidale dell’area espositiva si può scendere o salire avendo, in questo modo l’inserimento dei piani e ottimizzando l’organizzazione dei flussi nel museo. Il visitatore deve avere la suggestione di muoversi come una macchina (che nella realtà è ferma), riuscendo a vederla da diverse angolazioni. E dal diagramma si sviluppa lo spazio fisico facendo sì che i pavimenti e le pareti si pieghino gli uni sugli altri tanto da creare uno spazio continuo, senza pilastri. L’edificio nasce così da un diagramma di funzionalità e non da aspetti puramente estetici: anche l’esterno non è dato dall’applicazione di un involucro alle funzioni che contiene, ma è in diretto rapporto con l’interno: la pelle esterna è tessuta con sinuosità.

Appositi diagrammi sulla fruizione degli spazi sono alla base della progettazione del ponte Parodi a Genova. Qui i temi affrontati sono quelli della pianificazione profonda, ossia un approccio integrato alla pianificazione urbana e delle infrastrutture basato sull’uso del tempo e sulle abitudini degli utilizzatori, e della strategia di approccio diagrammatica di destinazione degli spazi all’interno di un edificio pensata partendo dal basso. Il prodotto tipico di una pianificazione profonda è un piano strutturale , specifico per una determinata situazione, dinamico e organizzativo, che usa scenari, diagrammi, parametri e formule e comprende la mappatura complessiva dei rapporti politici, manageriali, di pianificazione, comunitari e privati.
In questo caso l’interesse era puntato sull’analisi dei flussi, che rappresenta la chiave della proposta, all’interno della città, che serve per trovare soluzioni ibride all’interno dell’edificio tali da accoglierli. Dati molto importanti, qui presi in considerazione sono il molo, la gestione dei gruppi di viaggiatori e quelli relativi alla Marina. Quattro i poli principali, sono ciascuno dedicato ad un tema diverso: intrattenimento, benessere, tecnologia, commercio. Per connettere le diverse aree è intervenuto lo strumento-diagramma. Furono, allora, studiate programmaticamente le esperienze circolari di fruizione della città, che permettono al pubblico di scegliere più liberamente direzioni e scorciatoie, superando i cul de sac. La pianificazione adottata è basata sul tempo, e rappresentata schematicamente come un cerchio di esperienze. Nella piazza i tre diagrammi delle attività sono organizzati in senso orario, tarati su parametri temporali e climatici: uno per il mattino, uno per il pomeriggio e uno per la sera. Ognuno distribuisce funzioni possibili sul molo in relazione con il contesto urbano, turistico ed universitario, e suggerisce una serie di attività a seconda del periodo del giorno e dell’anno. Inoltre questi sono raggruppati secondo le viste, in modo tale da avere un quadro completo. “ Quando si progetta per le persone in questi ambienti in perpetuo movimento, si tratta di combinare i percorsi di circolazione con le esperienze che le persone possono avere lungo di essi. Non basta progettare per il movimento: bisogna anche inserire spazi, attività e snodi attraverso i quali la gente possa temporaneamente allontanarsi dal flusso”.
Così la definizione funzionale degli ambienti si identifica con il programma stesso delle attività che diventano “lente” nelle zone di attesa e “veloci” nel passaggio da un ambiente all’altro: i progettisti di UN Studio sono molto attenti, perciò, a ciò che chiamano “momenti caleidoscopio”, quei momenti dei flussi in cui il movimento diventa più serrato o compatto o in cui attraversa altri flussi. “Stiamo cominciando a capire che gli ostacoli al flusso possono essere funzionali e possono anche aggiungere valore”. La loro attività testimonia come i flussi si possano progettare. La progettazione di questi ultimi ha un duplice aspetto: da un lato, si tratta di ideare dei modi per percepirli; dall’altro di ripensare, sulla base di ciò l’intero processo progettuale.


Mediante diagrammi si è studiata anche la circolarità delle esperienze all’interno di questi grandi gruppi .


La gestione delle attività si caratterizza in un sistema di gerarchie di percorsi che portano ad una griglia, la quale, nei suoi spazi interstiziali ospita ambienti di collegamento verticale, già provati nell’esperienza della stazione di Arnhem. I rombi strutturano, così, il progetto creando delle “tasche” che sono riempite con delle esperienze dedotte dallo studio dei flussi. Operazione, questa, che ricalca, se pur in scala molto ravvicinata quello che accade oggi nella progettazione dell’urbanscape: “L’architettura si insinua nelle maglie dell’esistente, usa e rilancia oggetti preesistenti come dei ready-made, crea con le sue articolazioni dinamiche spazi interstiziali ‘tra’ nuovo e preesistente” [da Nuove sostanze, L’informatica e il rinnovamento dell’architettura, di Antonino Saggio].
Tornando al progetto per il porto, anche in questo caso, per portare all’esterno il concetto caratterizzante l’interno, si è elaborata una copertura che richiama la città di Genova, una piazza, che sia fruibile anche dall’esterno. In questo modo è consentito l’utilizzo totale di tutto il progetto sfruttando anche le qualità acustiche dell’acqua.
I diagrammi generatori, quasi come una mappa mediatica, si presentano come tappa obbligata tra la dimensione mentale dell’edificio ed il progetto architettonico finale.

Per quanto riguarda Gehry, Bruce Lindsey, nel suo libro Gehry digitale, dice a proposito di disegni, modelli e diagrammi: “ Se i modelli ostacolano un’eccessiva spontaneità, dati il tempo e l’intento progettuale necessari per costruirli, i disegni, d’altro canto, sono solitamente percepiti come frammenti di un tutto più ampio. I disegni hanno rispetto ai modelli una maggiore immediatezza concettuale e sono suscettibili più di rifacimento che di modifica. I disegni […] sono una registrazione della percezione dove la distanza tra la mano e il cervello è ridotta.” “ I disegni di Gehry giocano anche un altro ruolo critico nel processo progettuale del team: affrettano il passaggio da una fase all’altra del progetto in un modo suggestivo e aperto a qualsiasi interpretazione. Sono perciò l’opposto del diagramma, che costituisce un tentativo di chiarezza e oggettività” e ancora “ Un punto di forza del modello digitale è la natura intermedia tra il disegno e l’oggetto”.
Dobbiamo pensare entità ibride che comprendano spazio, luogo, tempo e interazioni.
Stiamo invadendo il mondo non solo con i sensori, ma anche con interruttori intelligenti capaci di relazioni autonome.
Tutto questo grazie al progressivo miniaturizzarsi della tecnologia, con l’approntarsi di nuove forme come quella wireless: l’architettura si sta svincolando dalle limitazioni causate dalle componenti tecnologiche. Questa evoluzione dell’aspetto digitale sta avvenendo con velocità inaspettate.

Una progettazione diagrammatica è alla base degli studi dell’ O.M.A. Un esempio importante può essere l’iter progettuale per la biblioteca pubblica a Seattle. I’interrogativo fondamentale che si sono posti gli architetti è stato proprio sulla natura di una biblioteca in quanto tale, nell’era della rivoluzione digitale che ha rivoluzionato la libreria classicamente intesa. Essi sono arrivati alla conclusione che i libri, nel contesto degli altri media in uso sono sempre un elemento molto importante e potevano, naturalmente, avere un notevole peso nella progettazione di una nuova biblioteca. La ricerca che ha portato all’adozione di spazi misti e più specifici anziché di un unico complesso corredati di uno spazio interstiziale molto fluido, completamente aperto e flessibile, è avvenuta attraverso veri e propri diagrammi che prendessero in considerazione in primo luogo le funzioni. Di seguito sono riportate le immagini delle fasi più significative attraverso le quali il diagramma è stato tradotto in immagine architettonica, la funzionalità è stata tradotta in architettura.


In sintesi, in futuro l’architettura potrebbe essere vista davvero come una realtà diagrammatica in cui la forma non è mai quella definitiva ma che di fatto può essere ampliata e modificata sempre più volte. Un’architettura interattiva, in grado di registrare l’attività degli utenti, trasformarla in linguaggio elettronico, mutare sulla base dei dati elaborati generando una risposta dinamica, potrebbe diventare sempre più diffusa. Tutto questo grazie anche all’utilizzo di modelli informatici e di rappresentazioni diagrammatiche.

 

BACK