Le
trasformazioni strutturali della Sardegna hanno coinvolto il vivere
tradizionale, le abitudini del quotidiano sia nei grandi centri
che nei piccoli paesi, provocando dei cambiamenti, a volte, radicali.
Pensiamo
ai sistemi lavorativi attuali rispetto a quelli tradizionali,
consideriamo la vita di campagna, nel passato, e la partecipazione
dei bambini alle mansioni all'interno della famiglia e della comunità.
La
maggior parte dei bambini delle città sono, oggi, figli
unici e hanno poco familiarità con "il vicinato"
che aveva, si, una funzione di controllo sociale ma anche una
funzione rassicurante e protettiva.
Prima
i giochi si svolgevano all'aperto. Le strade e le piazze erano
gli spazi preferiti. Anche un palo dell'Enel diventava un gioco:
ci si arrampicava o si scivolava. Le rocchetto (in legno) del
filo diventavano un giocattolo per fare "la calza municca".
Raramente si giocava dentro l'abitazione. I bambini, spesso, non
avevano la propria cameretta dove poter giocare.
L'assenza
della televisione rendeva i bambini più creativi e la "povertà"
li rendeva inventori e costruttori di giocattoli. Le lunghe serate
invernali vicino al camino sviluppava la fantasia degli anziani
che raccontavano le favole ai bambini.
Oggi
nei paesi si gioca ancora come venti, trenta anni fa, ma il cambiamento
socio economico ha mutato i comportamenti sia nei paesi che nelle
città. Oggi si impegnano i bambini in attività sportive
o culturali che li portano a seguire i ritmi programmati dagli
adulti.
Un
cambiamento c'è stato, sicuramente, rispetto all'aspetto
socializzante del gioco.Oggi prevale il gioco elettronico che
cambia le modalità ludiche dandogli una connotazione soggettiva.
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