Ramayana
La Storia dell'Avatara Sri Rama
di Valmiki Muni

 

torniamo in Biblioteca
all'indice 

prima parte


KISKINDHA KANDA
42
Incontro con Hanuman e i Vanara
Era arrivata la primavera. C'era nell'aria un profumo leggiadro, un miscuglio di numerosi fiori che in quelle stagioni si facevano sentire. Le cose sembravano riprendere vita e colore. E i corsi d'acqua - ce n'erano così tanti nella foresta! - scendevano gentilmente offrendosi a tutti. Tutto sembrava gaio, sereno, il disperato riacquistava la speranza, il sofferente la serenità. Durante la primavera la natura cresceva in bellezza e in fascino. Rama non era immune da quell’attrattiva. Il senso della mancanza di Sita era così intenso che alla sua sensibilità acuta tutto ricordava di lei. La regione del lago Pampa era stupenda durante la primavera. Ammirando le bellezze della natura, Rama si aggirava nei dintorni, immerso in pensieri profondi. Era triste; quanto avrebbe voluto che Sita fosse lì con lui. Per qualche giorno vagarono nei pressi del lago. Poi si addentrarono nella foresta di Rishyamukha. Lì abitavano coloro che il fato insondabile aveva designato come loro futuri alleati, i Vanara, una potente razza di uomini-scimmia. Sapevano che non avrebbero dovuto cercare troppo, che li avrebbero trovati loro. Così vagarono senza meta all'ombra di alberi secolari.

La loro ipotesi era esatta. I Vanara, sempre all'erta, li avevano già scorti. In quel momento Sugriva in persona li osservava di nascosto. Dopo averli esaminati sufficientemente si ritirò e convocò il consiglio dei ministri. Sugriva era visibilmente preoccupato.

“Avete visto quei due stranieri? Il loro portamento è quello degli kshatriya, e sono guerrieri fieri e nobili. Sicuramente saranno anche valorosi in combattimento. Che siano uomini di Vali venuti per uccidermi?”

Jambavan parlò per primo.

“Non siamo sicuri che siano nemici. Quindi non c'è bisogno di allarmarsi anzitempo. Io credo che dovremmo mandare qualcuno da loro per conoscerne le intenzioni.”

Hanuman riprese la proposta di Jambavan.

“Ha ragione. Non c'è bisogno di avere paura. Io stesso posso andare da quei due giovani guerrieri per cercare di conoscere le loro vere intenzioni.”

Con l'approvazione di tutti gli altri, e dopo avere assunto le sembianze di un asceta, Hanuman si diresse verso il luogo dove erano Rama e Lakshmana. Li salutò.

“Come state?” disse. “Spero che tutto vada per il meglio nella vostra vita e che la fortuna vi sorrida sempre.”

Rama offrì rispettosi omaggi a colui che credeva un asceta e gli rispose che la fortuna in quel periodo non era stata molto benevola con loro.

“Chi siete?” riprese Hanuman. “Da quale famiglia provenite? E cosa fate su queste colline, dimora dei nobili Vanara, virtuosamente guidati dal valoroso Sugriva?”

“Io mi chiamo Rama,” rispose, “e questo è mio fratello Lakshmana. Siamo principi in esilio e nostro padre era il re di Ayodhya, Dasaratha. Siamo qui proprio per conoscere Sugriva e per fare amicizia con lui. Lo conosci? Sai dove si trova?”

Quando Hanuman sentì che quel nobile giovane che gli era di fronte era il famoso Rama di cui aveva sentito parlare così tante volte e che segretamente adorava come sua divinità, non riuscì più a contenere la gioia. Abbandonò le sembianze di asceta, riprese le sue fattezze naturali e si gettò ai piedi di Rama.

“Finalmente ho potuto conoscerti, guardarti, ascoltare le tue parole. Io sono Hanuman, uno degli assistenti di Sugriva. Egli è qui per paura di suo fratello, in questa foresta, ed è sempre diffidente con chi non conosce. Venite, vi porterò da lui.”

Rama sorrise di cuore. Era felice di aver trovato Sugriva così presto. Tranquillizzò ancora Hanuman.

“Non dovete aver paura di noi. Non siamo i sicari di nessuno. Siamo venuti solo per fare amicizia con il vostro re.”

Soddisfatto e già convinto, Hanuman condusse i due fratelli per un passaggio segreto fino al nascondiglio di Sugriva. Il principe e il Vanara strinsero un patto di alleanza, promettendosi reciproca assistenza. Rama, incuriosito dalla situazione di paura in cui vivevano Sugriva e i suoi pur potenti alleati, fu curioso di saperne la ragione.

“Perché sei fuggito dal tuo regno?” gli chiese Rama. “Perché ti nascondi? E perché hai paura del tuo fratello Vali? Voi siete tutti molto forti e valorosi: chi è questo Vali che può incutervi così tanto terrore?”
Sugriva raccontò la sua triste storia.
 


43
La storia di Sugriva

“Una volta mio fratello Vali, a causa di una donna, si inimicò un demone di nome Mayavi. Voi sapete chi era Mayavi: suo padre era il grande architetto degli Asura, Maya Danava. Mayavi decise di vendicarsi dell'affronto e di sfidare Vali in duello per ucciderlo. Un giorno venne alle porte della città e ruggì con ferocia, gridando furiose ingiurie nei confronti di mio fratello. Vali, che non ha mai saputo tollerare le offese e ha sempre avuto un temperamento irascibile, si precipitò fuori, per nulla intimorito dalla forza dell'avversario. Io lo seguii per aiutarlo. Quando Mayavi vide che eravamo in due preferì fuggire. Noi lo inseguimmo e, sebbene corresse molto velocemente, non perdemmo le sue tracce, finché entrò in una caverna buia e profonda. Noi ci fermammo, timorosi di entrarvi. Ma l'Asura doveva essere ucciso, altrimenti sarebbe stato sempre una spina nel nostro fianco. Coraggiosamente Vali mi disse di restare a guardia dell'entrata della caverna: lui da solo sarebbe andato a scovare e ad uccidere il demone. Io temevo per la sua vita, ma Vali non sentì ragioni. Se gli succedeva qualcosa il regno di Kiskindha doveva avere un altro re. E si inoltrò nella tenebrosa caverna.

“Passò molto tempo e Vali non tornava. Un anno intero trascorse nell'angoscia quando, proveniente dalle viscere della caverna, udii delle grida furiose e dei ruggiti simili a quelli di un gigantesco leone. E vidi un ruscello di sangue scorrere dall'entrata della caverna. Preso dal panico pensai che Vali fosse stato ucciso e che avrei dovuto pensare alla sicurezza del regno. Così presi un enorme macigno e chiusi l'entrata della caverna. Tornato a Kiskindha piansi mio fratello per morto e celebrai il suo funerale. Così divenni il re.

“Ma Vali non era morto: in realtà aveva vinto il duello e quel sangue era di Mayavi. Dopo averlo ucciso Vali tornò verso l'uscita della caverna e la trovò ostruita. Con grande sforzo riuscì a spostare il macigno e corse a Kiskindha. Nella sua mente si era fatto strada il sospetto: che l'avessi tradito? Che avessi cercato di non farlo più uscire per godermi il suo regno? E mi trovò sul trono. A quel punto la sua rabbia esplose e mi accusò apertamente di tradimento. Mi cacciò dal regno e mi minacciò, dicendomi che se mi avesse visto ancora mi avrebbe ucciso. Così io mi sono rifugiato qui dove Vali non può venire.

“Io non posso fare niente contro di lui, Vali è troppo forte. Nessuno di noi può sfidarlo. Ecco perché ci nascondiamo qui, in questo posto a lui proibito.”

“Perché dici che Vali non può venire qua?” chiese Rama. “Cosa c'è di speciale per lui in questo luogo?”

“Prima della battaglia con Mayavi,” rispose Sugriva, “Vali aveva combattuto e ucciso il fratello del demone, Dundubhi. Questo Asura aveva assunto la forma di un bufalo gigantesco e, inorgoglito dalla sua straordinaria forza fisica, vagava per il mondo in cerca di un avversario degno da affrontare. Quando andò sulla montagna Himalaya per sfidare Himavat, la divinità che lì predominava, si sentì dire:

“O grande Asura, non riesci a trovare un avversario perché sei troppo forte. Neanche io desidero combattere contro di te perché per natura sono pacifico e do rifugio ai saggi e a coloro che sono della mia stessa natura. Però posso darti un consiglio: in questo mondo c'è un degno avversario per te ed è Vali, il figlio di Indra. Sii certo che lui placherà il tuo desiderio di combattimento.”

“Allora Dundubhi corse a Kiskindha e sfidò l'invincibile Vali che lo uccise, e in preda alla furia lo gettò a molte miglia di distanza. Mentre la carcassa del demone-bufalo volava nell'aria, alcune gocce di sangue caddero nell'eremo del saggio Matanga. Poi la carcassa cadde nelle vicinanze. Disturbato dal rumore, il saggio uscì e vide il corpo.

“Chi ha gettato questo cadavere vicino al mio ashrama?” si chiese Matanga. “Chi l'ha contaminato irrimediabilmente in questo modo?”

“In meditazione vide ciò che era successo e seppe che era stata colpa di Vali. Arrabbiato, maledisse Vali.

“Se quella scimmia metterà mai piede in questo posto, morirà istantaneamente.”

“Matanga cambiò eremo. Per questo motivo Vali non osa venire qua. Conosce bene la potenza spirituale di Matanga. Così in questo posto io sono al sicuro.”
 


44
Il patto con Sugriva

Sugriva continuò il suo discorso.

“Ora ti porterò a vedere ciò che rimane della carcassa di Dundubhi, cosicché tu possa renderti conto di quanto Vali sia forte.”

Il gruppo s'incamminò, e in pochi minuti arrivarono nelle vicinanze di ciò che prima era l'eremo di Matanga. Non lontana l'enorme carcassa del demone. Rama si avvicinò. Aveva bisogno dell'aiuto di Sugriva per ritrovare Sita, e per questo doveva aiutarlo contro Vali. Era necessario però convincerlo che era in grado di uccidere il potentissimo Vanara. Senza alcuno sforzo, toccò quella montagna di ossa con l'alluce di un piede. E come per magia quella si staccò dal suolo e volò in aria per molte miglia. Sugriva sorrise, compiaciuto. Ma non era convinto.

“Caro amico,” gli disse con un grande sorriso, “questa che mi hai dato è una prova della tua grande forza, però quando Vali ha gettato in aria il corpo era pesante di carni e interiora. Non offenderti, quindi, se ti chiedo un altro saggio del tuo valore.”

Con calma solenne, il principe Rama estrasse una freccia dalla faretra e mirò in direzione di sette enormi alberi sal. La freccia parti, trafisse gli alberi, entrò nella terra e raggiunse i pianeti Patala. Dopo un’ora la freccia tornò nella faretra. Sugriva era stupefatto e allo stesso tempo pieno di un’irrefrenabile gioia. Ora si sentiva sicuro che Rama poteva sconfiggere Vali.

“Rama,” chiese Sugriva con gli occhi che brillavano di gioia, “ti chiedo, per favore, uccidi Vali e restituiscimi la serenità che ho perso. In cambio prometto che ti aiuterò a ritrovare Sita.”

Uno dei Vanara che era nel gruppo porse a Sugriva uno scialle e altri oggetti. Egli li dette a Rama.

“Sono di Sita, questi?” chiese.

Vedendo lo scialle e il bracciale dell'amata, Rama li afferrò e proruppe in un grido di gioia, preso da una fortissima emozione.

“Come hai avuto queste cose? Sono lo scialle e i bracciali di Sita!”

“Una sera eravamo in una radura non lontana da qui,” raccontò Sugriva, “quando vedemmo in cielo un'enorme figura che teneva stretta a sé una donna giovane che piangeva e che si divincolava disperatamente. Quando ci vide ci lanciò questi oggetti che raccogliemmo e conservammo. Subito dopo avermi raccontato la tua storia ho capito che appartenevano a lei.”

Così l'alleanza tra i due fu definitivamente suggellata.
 


45
La morte di Vali

Tutti insieme prepararono il piano per sfidare e sconfiggere Vali.

“Mio fratello è troppo forte per essere affrontato in modo leale,” disse subito Sugriva. “Dobbiamo trovare la maniera di non trovarci faccia a faccia di fronte con lui.”

“Io ho un'idea,” ribatté Rama. “Potremmo fare così. Tu lo sfiderai in combattimento. Io mi nasconderò nei pressi e mentre lottate ed è distratto lo colpirò.”

Rama vide nel viso di Sugriva il terrore di dover affrontare il fratello, anche se per pochi minuti.

“Non temere per la tua vita: non ti tradirò, interverrò presto.”

Sugriva non era affatto entusiasta del piano, ma aveva piena fiducia in Rama, perciò accettò l'idea e partirono subito verso la città. Quando furono arrivati, Sugriva andò sotto le mura e cominciò a gridare e a chiamare il fratello, sfidandolo in duello. Vali sentì le grida e si sorprese della sua temerarietà. D'impeto uscì dal palazzo e corse verso Sugriva. Rama, nascosto dietro un albero, osservava la scena. Ammirò subito la figura alta, agile, possente di Vali e gli dispiacque di doverlo uccidere. I due fratelli si gettarono l'uno contro l'altro e lottarono furiosamente, senza esclusione di colpi. Rama pose subito una freccia nell'arco, ma non riusciva a distinguere l'uno dall'altro, tanto si somigliavano. Preferì non rischiare di commettere un errore fatale. Nel frattempo Sugriva non se la stava passando bene e si chiedeva cosa aspettasse Rama ad intervenire. Ferito, sanguinante, malconcio e come al solito sconfitto dal fratello, Sugriva non se la sentì più di aspettare e batté in ritirata. Raggiunto il nascondiglio di Rama, Sugriva era visibilmente terrorizzato. Ansimava.

“Ma cosa è successo?” gridò. “Perché non sei intervenuto? Vali mi ha quasi massacrato.”

“Non ho potuto fare niente,” rispose il principe. “Siete così simili l'uno all'altro che è impossibile distinguervi. Mettiti questa ghirlanda al collo e torna a sfidare Vali. Stavolta interverrò subito.”

Sugriva, con la grossa ghirlanda al collo, chiamò ancora il suo terribile fratello al combattimento. I due poderosi guerrieri sollevavano enormi nuvole di polvere e il sangue schizzava tutt'intorno. Ma ora Rama poteva distinguere i due: pose di nuovo la freccia sul suo arco e stavolta la lasciò partire. Vali fu trafitto al petto e cadde sul terreno, privo di forze, moribondo.

Lentamente Rama e Lakshmana si diressero dove il valoroso guerriero giaceva e lo salutarono. Nella città la notizia si diffuse come il fuoco in un pagliaio e a migliaia vennero a rendere l'ultimo saluto al re morente.

“Solo in questa maniera sleale Vali poteva essere ucciso,” qualcuno sussurrava. “Vergogna e disonore a chi ha ingegnato un piano così vile.”

Vali aprì gli occhi e guardò quelli bellissimi e dolci di Rama.

“Io ti conosco... so chi sei... la tua fama è chiara e senza macchia... io ho sempre saputo che eri un principe pieno di virtù... come hai potuto colpire un avversario così... a tradimento?”

Rama non rispose. E il valoroso Vanara, respirando a fatica riprese a parlare.

“Nonostante ciò che hai fatto io ho fiducia in te. Ti affido mia moglie... Tara... e mio figlio Angada... proteggili, curati di loro.. dopo la mia morte.”

Così il grande Vali morì, pianto da tutti gli uomini giusti. In suo onore vennero eseguite rispettose esequie.
 


46
Sugriva incoronato

Sugriva fu nominato re di Kiskhindha e Angada, il figlio di Vali, principe reggente. Terminate le cerimonie, i due invitarono Rama a visitare la città. Ma lui declinò l'invito.

“Cari amici, mi dispiace di non poter accettare il vostro invito, ma la promessa fatta a mio padre mi impedisce di visitare qualunque città prima dello scadere dei quattordici anni. Preferisco dunque vivere in qualche caverna qui vicino. La stagione dei monsoni si sta avvicinando. Quando sarà finita cominceremo le ricerche di Sita, come mi avete promesso.”

Rama e Lakshmana trovarono una caverna adatta alle loro esigenze. Sugriva entrò nella città e si dette alla pazza gioia per festeggiare il trono conquistato. Dopo tanti sacrifici voleva gustare i piaceri della vita, e non si accorgeva del passare inesorabile del tempo.

Per Rama invece il tempo passò lentamente e dolorosamente. Il pensiero di Sita lo ossessionava e non lo lasciava un solo momento. Poi giunse la stagione delle piogge.

 continua...