Ramayana
La Storia dell'Avatara Sri Rama
di Valmiki Muni

 

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prima parte


UTTARA KANDA
92
L'arrivo dei saggi
Passarono gli anni. Rama governava con giustizia e virtù, e tutti erano felici del suo governo. I tempi bui dell'esilio e del conflitto con i Rakshasa sembravano non essere mai accaduti. Sita e Rama vissero insieme felicemente.

Un giorno alcuni famosi saggi, tra i quali Agastya, andarono a trovare Rama per congratularsi con lui dell'importante vittoria ottenuta contro Ravana. Appena seppe del loro arrivo in città, Rama andò loro personalmente incontro e li ricevette con grandi onori. Dopo aver celebrato il puja , Rama si sedette per ascoltarli.

“La tua vittoria è stata una grande fortuna per tutti,” disse Agastya. “Hai ucciso il mostro Ravana che era come una spina nel fianco del mondo. E grazie a te, oltre a Ravana, altri esseri malvagi sono morti: l'invincibile Kumbhakarna, Mahodara, Prahasta e molti altri.”

Agastya guardò gli altri saggi e sorrise.

“Ma tutto ciò per noi non è stato sorprendente quanto il fatto che tu sia riuscito ad uccidere Indrajit, il figlio di Ravana. Lui era quello che ci preoccupava più di tutti: per lui avevamo dei dubbi circa la vittoria finale.”

Rama era curioso di sapere come mai i saggi dessero tanta importanza a Indrajit. Chiese loro le ragioni.

“A Lanka c'erano grandi e potentissimi Rakshasa che possedevano poteri sovrannaturali,” domandò. “Ma mi è sembrato di capire che a vostro avviso Indrajit avesse un'importanza e un potere particolare. Potete dirmi perché? E i Rakshasa, potete raccontarmi come questa stirpe di esseri sia venuta ad esistere?”

“Sì,” Agastya Muni replicò, “ti racconterò la storia di Ravana e della discendenza dei Rakshasa.”
 


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Il saggio Pulastya

“Nell'età dell'oro viveva un grande santo di nome Pulastya, che era figlio di Brahma. Pulastya era un saggio esemplare e risiedeva in un incantevole eremo sulle pendici del monte Meru. In quel luogo pacifico e silenzioso vivevano molti altri eremiti, fra cui il re Trinavindu, che aveva rinunciato al trono ed era diventato un asceta.

“In quel luogo santo, dove la recitazione dei versi sacri dei Veda era il suono principale, le figlie degli eremiti giocavano fra di loro, suonavano strumenti musicali, cantavano e danzavano. La ragazze facevano tutto ciò con innocenza, non certo con l'obiettivo di importunare nessuno, ma di fatto il saggio Pulastya era disturbato dal rumore di quei giochi frivoli. Le meditazioni e le austerità erano rese talvolta difficili. Quando un giorno il frastuono si fece assordante, il saggio perse la pazienza e disse a voce alta, in modo che le ragazze potessero sentirlo:

“La prossima di voi sulla quale si poseranno i miei occhi resterà incinta.”

“Le ragazze fuggirono spaventate, promettendo che mai più sarebbero tornate nei paraggi. Poco dopo, ignara dell'accaduto, passò di là la figlia di Trinavindu alla ricerca delle sue amiche. Non le trovò, ma mentre le cercava sentì il saggio Pulastya che recitava i versi dei Veda. Quelle vibrazioni erano così attraenti che la ragazza si avvicinò all'eremo e incantata rimase ad ascoltare. Finché il saggio la vide. Per effetto della maledizione, chiari segni della gravidanza si manifestarono sul suo corpo. La ragazza non capiva cosa le stesse succedendo e, impaurita, corse dal padre. Trinavindu vide che la figlia era incinta e, rassicurato sul fatto che non avesse avuto rapporti sessuali con nessun uomo, si chiese cosa potesse essere successo. Nella meditazione comprese tutto. Presa per mano sua figlia, andò dal venerabile Rishi Pulastya.

“Mia figlia genererà presto un figlio che è tuo. Accettala come sposa. Lei ti aiuterà nella tua vita.”

“Pulastya accettò, contento di aver ottenuto una buona moglie.

“Giacché questo figlio è nato a causa dell'attrazione della madre per l'ascolto dei sacri Veda,” dichiarò il saggio, “il suo nome sarà Vishrava.”
 


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Vishrava - Nascita di Kuvera

“Il bambino nacque. Man mano che cresceva si potevano notare in lui le stesse grandi qualità del padre. Quando Vishrava arrivò all'adolescenza, il saggio Bharadvaja gli offrì sua figlia in moglie e Vishrava accettò. Quella ragazza si chiamava Devavarnini .
“Vishrava ebbe un figlio al quale impose il nome di Vaishravana. Egli sarebbe diventato Kuvera, il Deva delle ricchezze, il quarto guardiano dell'universo.”

“Dopo aver compiuto grandi austerità e dopo aver soddisfatto Brahma, Vaishravana fu benedetto. Divenne il Deva delle ricchezze e Brahma gli conferì, insieme a Yama, Indra e Varuna, la responsabilità di proteggere una parte del creato. Brahma gli donò anche un carro celestiale straordinariamente bello che si chiamava Pushpaka. Dopo aver ottenuto ciò che desiderava, Vaishravana andò a trovare il padre.

“Brahma mi ha dato ciò che volevo,” lo informò, “ma non mi ha assegnato un posto dove vivere. Dimmi tu quindi dove posso andare ad abitare.”

“C'è una città meravigliosa,” rispose Vishrava dopo aver riflettuto, “che fu costruita da Visvakarma e dove i Rakshasa avevano vissuto. Ma molto tempo fa, per paura di Vishnu, la abbandonarono per fuggire a Rasatala. La città si chiama Lanka, ed è la giusta dimora per te. Vai quindi a prenderne possesso.”

“Kuvera andò a Lanka, ne prese possesso e regnò con grande rettitudine.”
 


95
La stirpe originale dei Rakshasa

Rama fu colpito da un particolare nella narrazione di Agastya, e gli chiese spiegazioni.

“Tu hai detto che Vaishravana occupò Lanka, una città che era stata occupata dai Rakshasa. Ma a quel tempo Ravana non era ancora nato. Era esistita forse un'altra razza Rakshasa precedente a Ravana?” 

Agastya si preparò a rispondere all'osservazione di Rama.

“All'inizio della creazione Brahma creò le acque dell'oceano e alcune entità viventi che le proteggessero. Ma questi esseri furono afflitti dalla fame e dalla sete. Non riuscendo più a tollerarle, andarono da Brahma. E il grande architetto dell'universo disse:

“Il vostro dovere è quello di proteggere queste acque.”

“Alcuni di coloro che avevano fame e sete dissero:

“Noi le proteggeremo.”

“E altri dissero:

“Noi mangeremo.”

“E Brahma replicò:

“Chi di voi intendeva obbedire alle mie istruzioni e ha detto ‘noi le proteggeremo’ diventeranno potenti Rakshasa, e chi di voi voleva cedere alla fame e ha detto ‘noi mangeremo’ diventeranno Yaksha.”

“Da allora iniziarono queste due differenti stirpi di esseri.
 


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La genealogia dei Rakshasa

“I potenti capi dei Rakshasa erano Heti e Praheti. Quest'ultimo si ritirò nella foresta per dedicare la sua vita alle pratiche ascetiche, mentre Heti volle trovare una brava moglie. Di propria iniziativa sposò Bhaya, la sorella di Kala, ed ebbero un figlio chiamato Vidyutkesha.

“Quando raggiunse l'adolescenza, Vidyutkesha sposò Salakantaka, la figlia di Sandhya. Quando la Rakshasi partorì il primo figlio, non lo volle e lo abbandonò in una foresta del monte Mandara. Il bambino era luminoso come il sole, ma vedendosi abbandonato piangeva piano per la paura. In quel momento Shiva e Parvati passavano di là e sentirono il vagito di un bimbo. Così Parvati volle fermarsi e vedere chi fosse. Vedendo il neonato, Parvati sentì una profonda compassione per quel bambino abbandonato, e chiese al marito di aiutarlo. Così Shiva lo fece crescere immediatamente fino all'età della madre e lo rese immortale. Inoltre gli donò una città incantata che poteva andare ovunque senza restrizioni. Scorgendo nei loro cuori una particolare predisposizione verso le gioie della vita materiale, Parvati dette a tutte le Rakshasi il potere di partorire nel giorno stesso del concepimento e concesse che i loro figli sarebbero cresciuti subito fino all'età della madre. Il bambino nato da Vidyutkesha e Salakantaka si chiamò Sukesha.
“Quando il Gandharva Grahmani seppe che Sukesha era stato benedetto da Shiva, gli offrì sua figlia Devavati in sposa. Ed ebbero tre figli: Malyavan, Sumali e Mali.
 


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I Rakshasa a Lanka

“Erano, questi, tre mostri malvagi che praticarono grandi austerità e causarono grandi sofferenze a chiunque incontrassero. Dopo molto tempo Brahma accordò loro le benedizioni che desideravano. I tre Rakshasa sapevano di essere invincibili e che potevano essere distrutti solo se avessero litigato fra loro. La benedizione che chiesero, quindi, fu quella di essere sempre pieni d'amore fraterno l'uno per l'altro. Brahma così li rese ancora più forti e li benedisse a godere di una lunga vita.

“Vittoriosi, cominciarono a viaggiare, uccidendo e saccheggiando. Un giorno si recarono da Visvakarma, l'architetto dei Deva, e gli chiesero di costruire una città proporzionata alla loro grandezza. Visvakarma rispose:

“Per volere di Indra ho costruito una città chiamata Lanka. Io penso che sia adatta alla vostra gloria. Andate a prenderne possesso.”

“Così fecero.

“E nei pressi della città di Lanka viveva una Gandharvi di nome Narmada, la quale aveva tre figlie. Volontariamente le offrì in spose ai tre Rakshasa.

“Malyavan sposò Sundari ed ebbe i seguenti figli: Vajramusti, Virupaksha, Dunmukha, Suptaghna, Yajnakopa, Matta e Unmatta. Ebbero anche una figlia di nome Anala.

“Sumali sposò Ketumati ed ebbe i seguenti figli: Prahasta, Akampana, Vikata, Kalikamukha, Dhumraksha, Danda, Suparsva, Samhradi, Praghasa e Bhasakarna. Ebbe anche le seguenti figlie: Raka, Puspotkata, Kaikasi e Kumbhinasi.

“Mali sposò Vasuda ed ebbe i seguenti figli: Anala, Anila, Ilara e Sampati. Tutti questi erano ministri di Vibhisana.
 


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Vittorie e sconfitte

“Aiutati dai loro numerosi figli e nipoti, i tre fortissimi Rakshasa si inebriarono del loro potere e divennero ancora più crudeli. Quindi dichiararono guerra ai Deva, ai Naga e agli Yaksha, e molestarono i saggi impedendo loro i sacrifici. Sconfitti in battaglia, i Deva chiesero aiuto a Shiva ma egli, ricordando l'affetto per il loro padre, non se la sentì di ucciderli.

“Andate da Vishnu,” disse ai Deva. “Sicuramente vi aiuterà.”

“I Deva si recarono da Vishnu e ottennero il suo favore e la promessa di un aiuto.

“Andate sicuri,” li rassicurò, “al momento giusto io interverrò.”

“Nel frattempo i Rakshasa vennero a sapere che i Deva avevano chiesto aiuto a Vishnu e ne furono fortemente contrariati. Per questo decisero di distruggere tutti i pianeti celesti con i loro abitanti. Seguiti da un grosso esercito, lascia-rono Lanka e si diressero verso i mondi superiori. Durante il viaggio scorsero cattivi presagi, ma erano troppo arroganti e sicuri della loro forza per preoccuparsi.

“Nel frattempo Vishnu era venuto a conoscere le intenzioni dei Rakshasa e intervenne. Trasportato da Garuda, il Signore li attaccò e li massacrò a migliaia: molti fuggirono. Anche Sumali fu sconfitto. Poi il coraggioso Mali attaccò il suo nemico, ma fu ucciso, decapitato dal Sudarshana-Chakra. Mali era il più giovane dei tre, ma era anche il più forte. Vedendo Mali morto, gli altri Rakshasa si persero d'animo e fuggirono verso Lanka, inseguiti da Vishnu. Dopo molto tempo, gli spaventati Rakshasa decisero di abbandonare l'isola e di rifugiarsi a Rasatala.

“O Rama,” disse Agastya, “devi sapere che quei Rakshasa erano molto più forti di Ravana.”
 
 

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I Rakshasa della stirpe di Pulastya

“Ora conosci l'origine della stirpe dei Rakshasa,” riprese Agastya dopo una breve interruzione. “Ora ti racconterò la storia dei Rakshasa che provengono dalla linea di Pulastya e come le due linee si congiunsero. Ascoltami attentamente.

“Passarono anni di tormento per Sumali che, terrorizzato al solo pensiero di Vishnu, abitava in una città del pianeta Rasatala. In quel periodo Kuvera aveva preso possesso di Lanka.

“Un giorno Sumali, portando con sé la sua bellissima figlia, tornò su questo pianeta e prese a vagare senza meta. E gli capitò di vedere Kuvera che andava a trovare Vishrava, suo padre. Sumali, che non lo aveva mai visto prima di allora, rimase incantato dallo splendore di Kuvera e anche quando fu tornato a Rasatala non riusciva a dimenticare tutte quelle opulenze. Sumali, che voleva assicurare un futuro ai suoi discendenti, pensava a come ottenere la stessa ricchezza di Kuvera. Escogitò un piano.

“Sumali pensò di dare sua figlia Kaikasi in sposa a Vishrava, con la speranza che i figli nati da lei avrebbero avuto lo stesso potere di Kuvera e avrebbero risollevato le sorti della loro stirpe. Istruita su ciò che doveva fare, Kaikasi andò nell'eremo di Vishrava e vi entrò proprio mentre il saggio era impegnato in alcuni sacrifici. Ignorando che il momento non era affatto propizio, si presentò al saggio. Vedendo la casta ragazza, Vishrava le chiese cosa desiderasse, ma lei non rispose.

“Capendo tutto da solo, disse:

“Io ti accetto come moglie, ma sappi che sei arrivata in un momento sfavorevole, e che quindi i nostri figli causeranno a tutti molta sofferenza.”

“Kaikasi ebbe paura e disse:

“Signore, non voglio figli empi.”

“E Vishrava rispose:

“C'è un preciso disegno divino oltre il quale nessuno può andare. Ma i primi tre figli saranno in accordo al carattere della tua famiglia, mentre il quarto sarà in accordo alla mia.”
 
 

100
Nascita di Ravana e dei suoi fratelli

“Nel corso del tempo nacque il primo figlio, un terribile Rakshasa con dieci teste e venti braccia. Per questo motivo Vishrava chiamò il primogenito Dasagriva, che in seguito sarebbe stato conosciuto come Ravana. Il secondo figlio di Kaikasi fu Kumbhakarna, un altro terribile mostro. Il terzo fu una femmina e fu chiamata Surpanakha. Il quarto il virtuoso Vibhisana.

“Qualche anno dopo, mentre Kaikasi sbrigava alcune faccende nell'eremo con i suoi quattro figli, Kuvera andò a trovare suo padre. Al suo arrivo tutto sembrò illuminarsi di splendore e di opulenza, sotto gli occhi stupiti dei ragazzi.

“Guarda, Dasagriva, le ricchezze del tuo fratellastro,” disse Kaikasi. “Tu sai come i Rakshasa vivano in povertà e si nascondano perché hanno paura di essere uccisi da Vishnu. Non credi sia il tuo dovere di cercare opulenze simili? E non solo per te, ma anche per il benessere e la prosperità della tua razza.”

“Dasagriva guardava Kuvera intensamente e provò una fortissima invidia. Il giorno stesso, prendendo con sé Kumbhakarna e Vibhisana, partì per Gokarna, deciso a ottenere i favori di Brahma. Aveva solo un pensiero fisso nella mente: diventare più potente di Kuvera.
 


101
Le loro austerità

“Kumbhakarna eseguì austerità insopportabili per chiunque, che durarono diecimila anni e così fece anche Vibhisana. Ravana non mangiò per tutti quegli anni e al termine di ogni millennio offriva al fuoco del sacrificio una delle sue teste. Alla fine, visto che Brahma non appariva, decise di offrire la sua ultima testa. Allora il glorioso Brahma comparve e lo fermò.

“Cosa vuoi da me?” chiese Brahma.

“Ho compiuto tutte queste austerità perché voglio l'immortalità,” rispose il Rakshasa.

“Non posso darti l'immortalità. Chiedi qualcos'altro.”

“Voglio che nessuno abbia il potere di uccidermi, né i Suparna, né i Naga,” replicò allora Ravana, “né gli Yaksha, né i Daitya, né i Danava, né i Rakshasa e neanche i Deva...”

“Ravana non menzionò la razza umana perché pensava di essere troppo forte per essere sconfitto da un semplice uomo. Questa arroganza fu la causa della sua fine.

“Questo te lo posso accordare,” dichiarò Brahma. “Inoltre riavrai le teste che hai tagliato durante questi anni e ti conferirò il potere di assumere qualsiasi forma a piacimento.”

“Dasagriva si sentì soddisfatto. Poi Brahma andò da Vibhisana e gli chiese:

“Cosa vuoi da me?”

“Voglio che la mia mente sia sempre assorta in pensieri spirituali,” rispose lui. “Inoltre desidero possedere l'arma suprema, il brahmastra.”

“Brahma fu così compiaciuto da Vibhisana che gli conferì la sua stessa durata di vita.

“Poi andò da Kumbhakarna per chiedergli cosa desiderasse, quando i Deva allarmati lo fermarono e gli dissero:

“Signore, Kumbhakarna è il mostro più potente e malvagio che sia mai esistito. Se tu gli conferisci altri poteri, sarà impossibile controllarlo. Sarebbe capace di divorare tutti gli esseri del creato.”

“Allora Brahma chiamò sua moglie Sarasvati e la pregò di manifestarsi nella bocca di Kumbhakarna. Quindi Brahma chiese:

“Cosa desideri da me?”

“Confuso da Sarasvati, il Rakshasa rispose:

“Voglio dormire per molto tempo.”

“Così il benessere dell'universo fu protetto.
 


102
Ravana riconquista Lanka

“Appena Sumali venne a sapere che il nipote aveva ottenuto benedizioni da Brahma, riprese coraggio e tornò sulla terra con tutti i Rakshasa. Insieme andarono da Ravana e si felicitarono con lui.

“Abbiamo saputo del successo ottenuto grazie alle tue austerità,” gli dissero. “Ora utilizza la potenza che hai accumulato per riconquistare Lanka e guadagnare grandi ricchezze. Sii la nostra guida e governa su tutti noi.”

“Riconquistare Lanka significava far guerra contro Kuvera. Dapprima Ravana sembrò titubante, considerato il vincolo di parentela che li univa, poi la sua natura malvagia e grossolana ebbe il sopravvento. Per prima cosa andò da suo padre, Vishrava, e gli chiese il permesso di riprendere Lanka per i Rakshasa.

“Vuoi ridare Lanka ai Rakshasa?” chiese Vishrava allarmato. “No, non farlo. È ingiusto ed empio. Ti proibisco di farlo.”

“Ma Ravana insistette. Rifiutò di obbedire all'ordine del padre. Che lo maledisse.

“Giacché tu non vuoi obbedire a tuo padre, sappi che nei momenti di maggiore bisogno perderai il buon senso.”

“Questa maledizione gli sarebbe stata fatale, perché Ravana, avendo perso la concezione del giusto e dello sbagliato, rapì Sita, commettendo il più grave errore della sua vita.

“Quindi Prahasta fu mandato come messaggero da Kuvera, il quale offrì di dividere l'isola con il fratellastro. Ma la convivenza sarebbe stata impossibile: ben lo sapeva Vishrava che gli consigliò di abbandonare la città e andare a vivere a Kailasa. Obbediente agli ordini del padre, Kuvera così fece.

“Ravana entrò trionfalmente a Lanka e fu incoronato re dei Rakshasa.
 


103
Il matrimonio di Ravana

“Dopo qualche tempo Ravana organizzò il matrimonio della sorella Surpanakha con Vidyujjihva, capo dei Danava. Poi andò a caccia nella foresta e lì incontrò Maya Danava, il figlio di Diti, con sua figlia. Era depresso, triste, sembrava infelice.

“Perché sei così triste? Cosa ti succede?” gli chiese.

“Mia moglie si chiama Hema,” raccontò Maya Danava, “una stupenda Apsara. Da lei ho avuto tre figli: questa ragazza di nome Mandodari, Mayavi e Dundubhi. Un giorno lei volle tornare nei pianeti superiori e mi abbandonò. Io l'amavo molto, e senza di lei non sono felice. Per questo sono triste. Inoltre ho un altro problema: mia figlia è in età da marito e non riesco a trovarne uno adatto. Vuoi prenderla tu come moglie?”

“Mandodari era una ragazza stupenda e Ravana accettò. In pochi giorni il matrimonio fu celebrato. In quel giorno Maya Danava gli regalò una lancia speciale, infallibile, con la quale in battaglia avrebbe potuto uccidere chiunque. Poi Ravana fece sposare Kumbhakarna con Vajrajvala, nipote di Bali che a sua volta era nipote di Prahlada. Infine Vibhisana sposò Sarama, figlia del Gandharva Sailusha.

“E arrivò il primo figlio. Mandodari ebbe un maschio che chiamò Meghanada. Questo bambino in futuro sarebbe stato soprannominato Indrajit. Invece di piangere come tutti gli altri bambini, al momento della nascita egli ruggì come un leone, rivelando la sua straordinaria natura guerriera.

 continua...