Tradizione e novità sono le prime impressioni che suscitano le opere in mostra dei ceramisti cinesi contemporanei. La tradizione è senz'altro il loro punto di partenza, la loro matrice, dalla quale, però, si allontanano, innovandola. Tradizionali sono, in molte delle loro opere, le forme, i decori e le invetriature, ma interpretate e rielaborate in modo diverso. La novità maggiore è rappresentata da una più marcata individualità che acquistano i manufatti, individualità favorita anche dall'uso frequente del gres, materiale preferito alla porcellana, che permette un modellato più irregolare e più personale. All'anonimato e alla serialità, che hanno caratterizzato quasi tutta la storia della ceramica cinese, subentrano ora opere autografe. E questa è senz'altro la maggiore sorpresa che ci viene da questi ceramisti.
Altra annotazione da fare è quella di un consistente richiamo alla ceramica giapponese, la cui produzione si è differenziata da quella cinese e che ha, fin da epoche antiche, evidenziato e valorizzato materiali più "rozzi" nei quali traspare con maggiore chiarezza l'operato del vasaio.
La tradizione ceramica ha in Cina radici millenarie, caratterizzata da grande abilità nell'uso dei materiali e soprattutto nei metodi di cottura. Risultati importanti sono raggiunti fin da epoche antiche, con un precoce sviluppo di materiali ceramici che sopportano temperature elevate, con la scoperta dell'invetriatura che conferisce bellezza e impermeabilità agli oggetti, con il perfezionamento della struttura dei forni e il miglioramento dei metodi di cottura. La ceramica si produce sia al nord che al sud del paese, sia in forni popolari che in forni ufficiali, realizzando vasellame che si differenzia in relazione alla destinazione; da quello d'uso comune a quello creato per la corte. La bellezza e la raffinatezza dei prodotti cinesi, in particolare della porcellana, hanno rappresentato un modello al quale si sono ispirati per molti secoli i paesi occidentali, nella continua e infruttuosa ricerca della scoperta di un simile materiale.
I commerci con la Cina sono inizialmente nelle mani dei mercanti arabi, ai quali si deve l'arrivo di ceramiche cinesi nel Vicino Oriente e anche in Italia. Saranno poi viaggiatori e mercanti che, giunti in Cina attraverso la famosa via della seta, riporteranno in patria preziosi esemplari di porcellana cinese.
Nel Tesoro della Basilica di S. Marco a Venezia è custodito un piccolo vaso che si dice sia stato portato da Marco Polo. Anche i doni fatti alle famiglie regnanti contribuiscono ad accrescere il desiderio di poter ottenere anche in Occidente un prodotto simile. I tentativi d'imitare la bianchezza, la bellezza, la compattezza e la lucentezza della porcellana cinese sono numerosi, alcuni più riusciti, altri meno. Ma si tratta sempre di prodotti ottenuti artificiosamente combinando sostanze diverse in miscele chimiche i cui segreti sono spesso sepolti con la morte dello scopritore.
Finalmente, a partire dal XVI secolo, l'arrivo dei Portoghesi in Cina riesce a dare inizio a lucrosi traffici diretti con l'Europa e alla diffusione sul mercato occiden
tale della tanto desiderata porcellana cinese. Il Settecento è in Europa il secolo della Cina e della chinoiserie. Le Compagnie delle Indie Orientali, costituite da vari paesi europei per regolamentare i traffici commerciali, trasportano in Occidente migliaia di esemplari, all'inizio di porcellana bianca e blu e successivamente di magnifici policromi, battezzati in Europa con i nomi di "famiglia verde", "famiglia rosa", "famiglia gialla", "famiglia nera", in relazione al colore dominante nella tavolozza policroma. I centri di produzione più importanti sono quelli di Jingdezhen nel Jiangxi, Dehua nel Fujian e Yixing nel Jiangsu, gli stessi da cui provengono i ceramisti in mostra, a testimonianza di una tradizione ceramica che continua e si evolve.
Alcuni di questi artisti guardano al passato, alla loro tradizione, ispirati dalla produzione delle epoche più diverse, a partire dalla Cina neolitica la cui conoscenza ha avuto una diffusione.capillare attraverso le continue e recenti scoperte archeologiche. E questo, infatti, il caso di Cao Li che, con la sua creazione "Fantasia di un bambino", ripropone il vasellame Yangshao (ca. 5000-3000 a.C.), in particolare le urne funerarie destinate alla sepoltura dei bambini.
Ma è anche la Cina Tang (618-906) ad essere presa a modello, come per esempio nell'opera di Qin ling, un artista che proviene proprio da Jingdezhen, il maggior centro ceramico del paese nel quale è stata realizzata quasi tutta la produzione cinese destinata all'esportazione. La sua opera in mostra "Cavallo con una macchia bianca" rappresenta un vaso di consueta forma cilindrica ricoperto da una spessa invetriatura scura, solcata da una macchia bianca. Tale tipo di invetriatura, è caratteristica del periodo Tang, della zona di Huangdao nello Henan.
La ceramica della dinastia Song (960- 1279) è quella che ha saputo esprimere e realizzare prodotti ceramici di grande bellezza e raffinatezza, consoni al gusto dei letterati cinesi, amanti di forme armoniose, invetriature monocrome dalle sfumature più varie e ricercate, dalla superficie attraversata spesso unicamente da un fitto craquelé. Prendono ispirazione dalla ceramica di tale periodo, la coppa di Gao Feng "Suzhou sotto la pioggia" il "Piatto girasole" di Gao Yongjian, ceramista che ha lavorato a lungo a Hong Kong, dalla splendida invetriatura verde che ricorda i celadon imperiali Song. La ricchezza e la varietà delle invetriature Song, si ritrovano anche nell'opera di Chen Dapeng, "Coppa con macchie d'olio" dalla spessa coperta nera con macchie argentee, risultato della trasformazione e fuoriuscita, in cottura, di cristalli di ossido di ferro.
Talora il modello è rappresentato da alcuni mingqi, cioè da quegli oggetti sostitutivi facenti parte del corredo tombale e ritrovati in gran numero in quasi tutte le sepoltura, a partire dal periodo Han (206 a.C. - 221 d. C.). Un esempio è l'opera di Li Liang, "Casa del nord" che s'ispira direttamente ad un mingqi del periodo Han, mentre una versione moderna di tale genere è quella di Lu Pinchang con la raffigurazione di una serie di grotte buddhiste, come pure interpretazioni attuali delle statuine tombali sono rappresentate dalla tenera figura di terracotta "Colta dal panico" che sembra richiamarsi ai cantastorie o ai giocolieri Han, ritrovati soprattutto nel Sichuan, o da due figure di Li Ben che ricordano alcune statuine tombali di epoca Han scoperte recentemente nei dintorni di Xí'an, nelle vicinanze della tomba dell'imperatore Jingdi (188 - 141 a.C.) o ancora la figura femminile di Cao Guochang. Solo alcuni tra que
sti ceramisti util
izzano la porcellana, come Bai Ming con il vaso bianco e blu "Canne al vento" dalla forma irregolare e dal fitto decoro, oppure Zhou Guozhen e Qin Xilin le cui opere "Girasole" e "Ritmo autunnale" utilizzano un’invetriatura in blu cobalto e rosso ferro sotto coperta, caratteristica degli inizi dell'era di regno Kangxi (1662-1722).
I modelli possono essere anche le famose teiere di Yixing nel Jiangsu, prodotte soprattutto alla fine della dinastia Ming (1368-1644) e durante la dinastia Qing (1644-1911). Utilizzano un gres marrone o rosso, noto come zisha "sabbia purpurea", il cui colore si armonizza bene con quello del tè. Le teiere, quasi sempre firmate, presentano le forme più varie e sono molto apprezzate e collezionate dai letterati. La tradizione è ancora oggi molto viva, come si vede dagli esemplari riprodotti da Wu Guangrong, da Liu Jianping e da Wu Ming.
Altra chiara fonte d'ispirazione per questi artisti contemporanei è il Giappone, paese i cui legarni artistici con la Cina sono sempre stati strettissimi, soprattutto a partire dal periodo Tang, quando il modello cinese diventa dominante. In campo ceramico, però, il Giappone ha un suo percorso autonomo, almeno fino al XVII secolo, quando per le continue e pressanti richieste del mercato occidentale, controllato dagli olandesi, è costretto ad uniformarsi alla produzione cinese di porcellana di tipo bianco e blu, per far fronte alle commesse occidentali, in un momento in cui la Cina attraversa un periodo politicamente travagliato e le sue fornaci sono parzialmente improduttive. Ed è proprio l'ingresso del Giappone sul mercato d'esportazione a decretare il successo del vasellame policromo che viene prodotto ed esportato contemporaneamente al bianco e blu. E’ al Giappone che guardano alcuni di questi artisti moderni con opere in cui sono sottolineate l'individualit
à del ceram
ista e le peculiarità dei materiali adoperati. Un esempio è il gruppo di teiere e tazze da tè proposto da Wu Yongping in cui convivono e si armonizzano gres, porcellana e bambù. Di gusto giapponese, con un occhio alla produzione di tipo Oribe, sono le opere di Wang Aihong "Silicon Valley", e "Teiera di bambù" di Yin Xiangming. In questo filone si può inserire anche la grande coppa di Huang Sheng in cui la modellatura a mano mette in risalto una forma irregolare e un materiale abbastanza rozzo. Traggono ispirazione dal Giappone anche una bottiglia di Zhang Xiaojie, la cui tavolozza di colori ci riporta al tardo vasellame Kutani e un vaso di Ning Gang in cui lo schema compositivo e i colori delle invetriature sono assai vicini ad esemplari giapponesi.
Decisamente plastiche, con un incredibile capacità di ottenere dall'argilla i risultati più straordinari, sono le opere di Lan Zi con un abito femminile, di Meng Qingzhu con un recipiente, di Zhang Runsheng con un nido ramificato, di Qiu Gengyu con una classica bottiglia rivisitata, che documentano un’incessante ricerca ed una continua esplorazione nelle infinite possibilità offerte da un materiale così duttile.
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