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Cina ed Europa


Europa e Cina, mito e commercio
dalle origini al XVIII secolo

di Guido Magnoni, ICE.
per gentile concessione alla pubblicazione sul sito Italia-Cina

1. Il mito del Catai.

"Il Catai fu rivelato per la prima volta in tutto il suo splendore da Marco Polo che, fra il 1271 ed il 1295, percorse l'Asia in lungo ed in largo e fu al servizio dell'Imperatore dei Mongoli (Dinastia Yuan) Kublai Kahn per quasi diciassette anni. Da secoli vaghe notizie di questa terra favolosa correvano per l'Europa. I Greci ed i Romani la conoscevano come la patria della preziosa seta ma, durante il Medioevo, l'immagine di quel paese si era cosi’ affievolita nella mente degli Europei che Guglielmo di Rubruk, giunto nel 1252 alla corte del Gran Kahn latore di lettere credenziali da parte di S. Luigi di Francia, si meraviglio’ molto nel trovare che i cinesi prigionieri alla corte del Gran Mogol erano intelligenti e civili. Tornato a Roma, ne celebro’ le lodi, affermando che la loro abilita’ di artigiani non temeva confronti nel mondo (...) Ma poiche’ egli non oltrepasso’ i confini della Mongolia, la sua non e’ che una remota visione della terra misteriosa. All'avventuroso ed accorto Marco Polo rimase il compito di esplorare il paese e di riportarne la relazione piu’ completa che per molti secoli l'Europa doveva conoscere"

Nasce cosi’ il mito del misterioso e favoloso Catai, terra ricchissima e fertilissima, popolata di persone industriose e colte, raffinati cultori dell'arte e delle lettere, dalle diecimila citta’ e dalla favolosa capitale, Kambaluk.

Su Marco Polo, non meno che sui suoi contemporanei, le ricchezze dell'Oriente esercitarono un enorme fascino. Nel 1324, ancor vivo Polo, un missionario francescano, Ordorico da Pordenone, si reco’ nel Catai, dove risiedette per tre anni nella capitale Kambaluk. Al suo ritorno scrisse un racconto sul suo viaggio confermando, ed ampliando, quanto riportato dall'autore del Milione.

Il numero dei manoscritti rimasti dei libri di Marco Polo e di Ordorico da Pordenone indicano che gia’ presso i contemporanei godettero di vastissima fama. A questi si aggiunse nella prima meta’ del Trecento un testo che puo’ essere considerato uno dei best sellers del medioevo: The Travels of Sir John Mandeville.

L'autore di questo libro "ha diritto alla fama come autore della piu’ felice beffa di tutta la storia della letteratura. Infatti quando fu provato che Sir Mandeville non era mai esistito, che i suoi viaggi non erano mai stati fatti e che le sue 'esperienze personali' non erano altro che semplici plagi ed invenzioni, il suo libro era ormai stato tradotto in dieci lingue ed era famoso in tutto il mondo" 1. Per piu’ di duecento anni il testo dello pseudo Mandeville fu accettato come documento inoppugnabile sull'Oriente; la Cina si confuse cosi’, nella mentalita’ degli europei, col favoloso Catai. Il 'mito', almeno in nuce, si era gia’ formato.Fu solo con Matteo Ricci, sul finire del Cinquecento, che il dualismo Cina-Catai venne finalmente risolto. 2

L'Europa imparo’ a conoscere la Cina dalle relazioni dei padri della Compagnia di Gesu’. La loro missione, avviata con l'intento di convertire la popolazione cinese al cristianesimo, anche se falli’ l'obiettivo ebbe comunque un'importanza fondamentale sulla formazione del 'mito' cinese del Settecento, sullo sviluppo dello spirito filosofico in Europa e sul dibattito sul 'governo perfetto' che ha coinvolto i maggiori eruditi della prima meta’ del Settecento e i massimi pensatori illuministi. 3

La Cina comincio’ cosi’ ad essere argomento d'interesse per gli Europei del XVII secolo. Sospinto da questa moltitudine di pubblicazioni, che vanno da rapporti e descrizioni di viaggi a dissertazioni erudite sul governo ed il popolo cinesi, passando attraverso la scoperta della storia e della cultura della Cina, sarebbe poi esploso il 'mito' cinese elaborato da numerosi studiosi, filosofi e pensatori del Settecento.

Alle prime lettere dei missionari in Cina seguirono ben presto altre pubblicazioni che diedero agli europei alcune informazioni sulla realta’ cinese. Nel 1596 e nel 1598 furono pubblicati in Olanda album con alcuni ritratti di cinesi, probabilmente le prime immagini di personaggi del Celeste Impero disponibili in Europa.

Nel 1644 gli olandesi fecero la loro prima missione diplomatica alla corte del Figlio del Cielo. Non ottennero alcun risultato pratico dal punto di vista commerciale dall'incontro con l'ultimo imperatore Ming. Quel viaggio dovette comunque rivestire notevole importanza per la conoscenza della Cina: poco tempo dopo il rientro in patria, J. Nieuhoff, segretario dell'Ambasciatore, pubblico’ un esauriente rapporto sulla missione, corredandolo con numerose illustrazioni 'prese dal vivo' che ebbe una notevole diffusione in tutta Europa. Le illustrazioni che lo corredavano furono utilizzate, assieme alle decorazioni su stoffe e porcellane importate, per formare l'iconografia europea sulla Cina.

Oltre alle relazioni olandesi anche numerosi resoconti di viaggi ebbero larga circolazione, come, ad esempio, il diario del viaggio attorno al mondo compiuto dal mercante fiorentino F. Carletti fra il 1594 ed il 1606, con un intero capitolo dedicato alla Cina, pubblicato postumo a Firenze nel 1671.

Sul fronte degli studi sinologici, inaugurati scientificamente da Matteo Ricci, la maggior parte dei lavori del XVII secolo e’ opera di religiosi eruditi, per la maggior parte Gesuiti.

I Gesuiti ebbero un ruolo determinante nella formazione del pensiero europeo sulla Cina. Le loro relazioni, le pubblicazioni e l'impegno politico per giustificare la loro azione di evangelizzazione in Cina, poco ortodossa dal punto di vista della catechesi, dominarono fino a Settecento inoltrato la scena intellettuale nella discussione sulla Cina. 4

Assieme alle enormi quantita’ di beni di lusso che erano importati da portoghesi, spagnoli, olandesi e, da ultimi, inglesi e francesi, il pensiero gesuita contribui’ inoltre in modo sostanziale a dare della Cina un immagine di paese dell'Eden.

Particolare importanza ebbe il Novus Atlantis Sinensis di padre Martino Martini. Pubblicato a Vienna nel 1655 esso ebbe notevole circolazione e, tra l'altro, influenzo’ molto il lavoro di padre Atanasius Kircher, l'erudito che per alcuni decenni fu riconosciuto in Europa 'l'autorita’' sulla Cina. Poco tempo dopo l'edizione dell'atlante di Martini, Kircher pubblico’ il suo China monumentis qua sacris qua profanis illustrata. Corredato da numerose illustrazioni e subito tradotto in francese, il suo lavoro divenne 'l'Enciclopedia Cinese' del XVII secolo e continuo’ ad esercitare una notevole influenza per lungo tempo anche nel secolo successivo.

Contemporaneamente all'edizione Kircher i Gesuiti pubblicarono le prime traduzioni di classici cinesi mentre padre Daniello Bartoli nel 1663 pubblicava la sua Historia della Compagnia di Giesu’ dando ampio resoconto della Missione cinese ed una dettagliata descrizione di quel paese. Nel 1678 apparve la prima traduzione di opere di Confucio, il Confucius Sinarum philosophus curata da padre Prospero Intorcetta. In quest'opera Confucio viene trattato con grande reverenza "Sapientissimus et moralis philosophiae pariter ac politicae magister et oraculum" e sono poste le basi del dibattito sulla morale di governo che percorrera’ buona parte del Settecento.

Sul volgere del secolo i sentimenti e le idee formatisi in Europa sulla Cina erano completamente in accordo con il messaggio dei missionari Gesuiti, divenuti oramai i principali mediatori d'informazioni e notizie sulla Cina.

Sebbene i primi contatti tra l'Europa e la Cina in epoca moderna siano stati opera di portoghesi ed olandesi, e tramite questi ultimi arrivassero nel continente la maggior parte di beni cinesi fino a quasi tutto il XVII secolo, sara’ pero’ la Francia che guidera’ il dibattito intellettuale sul Celeste Impero.

Parigi fu il centro propulsivo d'irradiazione delle conoscenze e dei pensieri sulla Cina, sia per ragioni politiche che culturali; La Socie’te’ des Missions e’trange’res, il quartier generale dei Gesuiti che operavano in Cina, voluto dal Re Sole in Francia per ragioni di prestigio politico, svolse un'intensa attivita’ diplomatica e di raccolta e diffusione delle informazioni sul lontano impero.

La Francia di Luigi XIV sara’ l'Unica nazione europea ad avere una rappresentanza "diplomatica" permanente a Pechino, un vero centro d'interscambio culturale, anche se all'inizio si tratto’ di un'istituzione puramente religiosa, attraverso la quale ebbe contatto diretto con la corte imperiale cinese, a partire dal regno del coevo 'illuminato' imperatore Kang Xi, il primo dei tre massimi regnanti, il secondo in ordine di successione al trono, della dinastia Qing (1644-1911).

L'Universita’ della Sorbona gioco’ un ruolo determinante nel dibattito, acceso ed a volte violento, che si formo’ in Europa sulla 'Questione dei Riti', iniziato sul finire del XVII secolo e riproposto a piu’ riprese fino alla definitiva condanna operata da Clemente XII nel 1742 con la bolla Ex quo singulari. 5

A cavallo tra la fine del XVII e l'inizio del XVIII secolo il 'mito' cinese ebbe la sua definitiva affermazione; il 1700 fu, anche nella letteratura, un anno di transizione nel quale le simpatie degli eruditi volsero alla Cina. Da questo momento in avanti una chiara convinzione bandi’ ogni incertezza ed ognuno fu costretto ad ammirare un popolo antico e saggio, cosi’ come preminente in religione e sapere.

Ma nel XVIII secolo venne anche chiaramente delineandosi lo scontro tra i due principali atteggiamenti europei nei confronti della Cina: "da un lato il filone inaugurato da Machiavelli (....) ove aveva sostenuto la teoria di un Oriente pusillanime ed inadatto alla guerra, di contro ad un'Europa fiera e bellicosa, che e’ quella culminata nel Settecento nelle posizioni e negli atteggiamenti negativi nei confronti della Cina, sia che vi vedano uno stato dispotico come Boulanger o Mably o Montesquieu, sia che non rivelino alcunche’ di positivo e di valido nel mondo politico e morale del Celeste Impero, come all'inizio del secolo Fe’nelon ("Confucius et Socrates", Dialogue) in Dialogues des Morts, o molto piu’ tardi, Rousseau (....) fino alle esasperate detrazioni di van Pauw (Recherches philosophiques sur les E’gyptiens et le Chinois, Berlin 1773) (....) e con Frisi, Galiani e Carli in Italia (....) Dall'altro lato si individua il filone inaugurato da Montaigne, con un inflessione piu’ propriamente filosofica, che fiorisce nel Settecento nei panegirici, nelle celebrazioni e nelle formulazioni di Boulanvillers, Voltaire, Helvetius, Raynal o di Scipione Maffei, di Genovesi e di Filangeri in Italia."

Scontro che, verso la fine del secolo, vide prevalere l'atteggiamento negativo di detrazione. La lotta dei Gesuiti era persa; la condanna del Riti prima e lo scioglimento dell'Ordine poi, sottrassero appoggio politico, oltre che sostegno teorico-morale al movimento intellettuale favorevole alla Cina.

Lo sviluppo delle relazioni commerciali, l'immenso potenziale di ricchezza che queste offrivano a nazioni sempre piu’ delineate nella loro struttura politica, economica, sociale e nell'espansione coloniale, l'intransigente rifiuto dell'Imperatore Qian Long ad aprire il mercato cinese alle esportazioni europee, per permettere un bilanciamento delle partite commerciali (e finanziarie), l'espansione coloniale Inglese in India e nel Pacifico, la caduta dell'ancien regime, le rivoluzioni industriale, americana e francese, gli sconvolgimenti europei ad esse susseguenti, e l'affermarsi di una nuova societa’, con gusti e mode improntati a diversi ideali, piu’ classici o romantici, furono tutte concause che determinarono la fine del 'mito' ed avviarono a nuove relazioni con il Celeste Impero improntate ad un diverso rapporto di forza, sfociate nella Guerra dell'Oppio e nell'asservimento semicoloniale della Cina alle potenze Occidentali (in esse includiamo anche il Giappone e gli Stati Uniti) avviatosi con il Trattato di Nanchino del 1842.

Prima di questo epilogo l'Europa subi’ per diversi decenni l'influenza cinese ed i contatti tra i due mondi ebbero effetti assai profondi: le relazioni con la Cina nei secoli XVII e XVIII hanno contribuito probabilmente in misura maggiore di quanta si possa credere alla formazione del mondo moderno.Se e’ vero che gli europei della prima meta’, ed oltre, del Settecento si appassionarono ad una Cina di cui si erano formati un immagine falsa e spesso idealizzata (e l'esaltazione ha suscitato, come reazione naturale, il rifiuto), e’ anche vero che questa idealizzazione e’ servita da pretesto ai filosofi per i loro attacchi contro gli abusi dell'ancien regime; la Cina forniva il primo esempio di uno stato civile, ricco, potente e culturalmente avanzato, che nulla doveva al Cristianesimo e che sembrava fondato sulla ragione e sul diritto naturale. In questo modo contribui’ notevolmente alla formazione del pensiero politico moderno ed alcune sue istituzioni fondamentali sono state addirittura imitate dall'Europa.

La rivoluzione francese, che spazzo’ via l'ancien regime ed una concezione di societa’ ancora legata al passato, mettera’ fine anche al 'mito' della Cina in Europa: il sistema di governo cinese non poteva certo essere ammirato dal movimento democratico-rivoluzionario che dalla Francia di fine secolo si spandeva per l'Europa.


2. I rapporti commerciali tra Cina ed Europa. Dalle origini al XVIII secolo.

I rapporti commerciali tra il mondo classico e l'oriente erano gia’ attivi e documentati nel VI secolo a.C. tra la Grecia e l'India e oltre, attraverso la Persia (diverse fonti greche indicano contatti con popolazioni ad oriente dell'India, individuabili nei vari regni formatisi in Cina dopo il collasso dell'Impero Chou); grande importanza per lo sviluppo dei contatti rivestirono poi le conquiste orientali di Alessandro Magno.

Alla fine del II secolo a.C. la Cina entro’ direttamente nei commerci ed in breve tempo furono consolidate due principali vie di comunicazione tra l'Impero romano e l'Impero cinese: una via terra, la Via della Seta, che, attraverso i deserti dell'Asia centrale, giungeva fino al Mar Caspio ad all'Anatolia, utilizzata anche per contatti diplomatici, ricordati dagli annali cinesi, quali le missioni effettuate da Zhang Qian nel 138 e nel 122 a.C. per conto dell'imperatore Wu Di della dinastia Han, fino agli stati ellenistici di Sogdiana (Samarcanda) e Battriana e quella voluta dal generale Pan Chao, che nel 97 d.C. raggiunse Babilonia e la Siria partendo dai confini occidentali del Turkestan cinese; l'altra via mare che, partendo dalla Cina meridionale giungeva al Gange, circumnavigava l'India e risaliva il Golfo Persico - oppure verso l'Egitto attraverso il golfo di Aden ed il Mar Rosso - e che permetteva di giungere in circa sedici settimane di navigazione dal piu’ importante nodo commerciale indiano alle foci del Gange a Roma.

Un anonimo scrittore romano del I secolo d.C., autore del Periplo del Mare Eritreo, una sorta di guida per marinai, le ricorda cosi’: "Al di la’ di Crise (l'Indocina) il mare termina in una localita’ del Thin; e all'interno di questo paese, un po' al nord, c'e’ una grande citta’ chiamata Thinae, da cui la seta grezza, i filati ed i tessuti di seta vengono trasportati via terra attraverso Battriana e Barygaza, come dall'altra parte vengono portati a Limyrice per il fiume Gange. Non e’ facile pero’ giungere a questa Thin, e pochi e rari sono coloro che arrivano a quel paese"

Anche Plinio il Vecchio ricorda i commerci con l'oriente, anche se non li vede di buon occhio per il lusso che alimentavano. Egli ricorda che i Seres (cinesi) portavano le loro balle di seta presso un fiume dove s'incontravano con i mercanti Romani e, dopo aver ricevuto un cambio adeguato per le loro merci, se ne andavano in fretta.

Altre fonti ricordano direttamente od indirettamente la provenienza della seta, tra queste Seneca, Ammiano Marcellino, Dioniso Periegete, il Codice Giustinianeo, ecc. cosi’ come gli annali cinesi riportano dei contatti con l'impero romano (Da Tsin), registrando tre ambasciate romane negli anni 166, 226 e 284 d.C., e dei rapporti commerciali con l'India e l'occidente. Ritrovamenti archeologici (monete d'oro ed argento di vari imperatori, vasellame con figure ellenistiche, ecc.) lungo la via della seta ed in alcune localita’ cinesi confermano l'intensita’ dei rapporti.

Importazioni di sete e spezie nel mondo romano erano frequenti per il tramite di una serie molto numerosa d'intermediari nell'arco del lungo tragitto, sin dall'epoca tardo repubblicana e per tutto il periodo imperiale, coincidenti con il regno della dinastia Han (206 a.C. - 220 d.C.), il Periodo dei Tre Regni (220 - 266 d.C.) e con la dinastia Jin (266 - 420 d.C.).

I rapporti commerciali tra i due imperi continuarono costantemente e, dopo la caduta di Roma, furono mantenuti da Bisanzio (Fu Lin per i cinesi) fino a che le vie dirette di comunicazione con l'Europa non furono definitivamente tagliate dall'invasione araba della Persia e dell'Egitto contemporanea all'avvento della dinastia Tang, durante il cui regno (618 - 917 d.C.) la Cina attraverso’ uno dei periodi di massima evoluzione sociale, artistica, culturale e scientifica. 6

Nell'alto medioevo, fino alle conquiste mongole, i contatti commerciali diretti con l'Europa furono interrotti, anche se non e’ possibile escludere che qualche carovana possa aver raggiunto la cosmopolita corte Tang che aveva posto la sua capitale a Chang An (Xi'an), punto terminale nel Regno di Mezzo della lunga Via della Seta.

Bisanzio rimase comunque un centro di destinazione di prodotti cinesi, come e’ testimoniato dall'influenza iconografica su una certa produzione ornamentale locale.

Con i mongoli della dinastia Yuan (1271 - 1368 d.C.), che annetterono la Cina al loro vastissimo impero conquistandola dalla raffinata dinastia Song (960 - 1279 d.C.), inizio’ un periodo di maggiori contatti, reso piu’ agevole dall'estensione, senza soluzione di continuita’, della loro egemonia territoriale fino ai confini con l'impero romano d'oriente e con il mondo arabo.

Con la caduta della dinastia mongola Yuan e l'avvento dell'autoctona dinastia Ming (1368 - 1644 d.C.) i rapporti commerciali continuarono e fin dall'inizio sono testimoniati da un importante commercio in tessuti ed in porcellane bianche e blu con il Medio Oriente.

L'incremento nei traffici e’ stato sicuramente sostenuto dalla partecipazione dei cinesi stessi nel traffico marittimo, con un impegno notevole di uomini e mezzi, che pero’, per ragioni strategico-difensive e dinastico-nazionaliste, ebbe fine ancor prima della meta’ del XV secolo, quando la Cina si chiuse al suo interno rafforzando le forze militari di terra a difesa della frontiera settentrionale e del deserto dell'Ordos a scapito della flotta e dell'espansione esplorativa. 7

Nel frattempo, per un mezzo od un altro, merci cinesi e qualche pezzo di porcellana avevano raggiunto l'Europa e l'Italia, sviluppando crescente curiosita’ ed interesse per i manufatti del Celeste Impero. Motivato dal perseguimento degli immensi profitti collegati al commercio delle spezie lo spirito mercantile europeo si distolse dal Mediterraneo, ancora nelle mani di Venezia e Genova, ma che garantiva traffici e profitti limitati dalla presenza ottomana, sempre piu’ forte dopo la caduta di Costantinopoli, e si avvio’, nella convinzione che la Terra fosse tonda, verso occidente per raggiungere, attraverso l'Atlantico, i mercati cinesi.

Nel Cinquecento, dopo che Vasco de Gama aveva finalmente riaperto agli europei la rotta marittima verso oriente con la sua spedizione del 1498, i rapporti commerciali con la Cina e l'Estremo Oriente aumentarono sensibilmente. Dopo che nel 1494 papa Alessandro VI Borgia traccio’ la famosa linea di demarcazione (Linea Alessandrina) per dividere il mondo inesplorato tra il Portogallo, che ottenne la meta’ orientale, e la Spagna cui era andata la parte occidentale e, al momento piu’ redditizia, nel 1511 i portoghesi conquistarono Malacca e nel 1517 tentarono di avviare rapporti commerciali con la Cina approdando a Guangzhou (Canton).

La diffidenza cinese, le differenze sociali e culturali ed incomprensioni tra le due parti ed alcune azioni di pirateria compiute dai portoghesi ostacolarono lo stabilirsi di rapporti commerciali diretti; la prima missione fu un fallimento.

Negli anni a seguire, solamente con molta fatica i portoghesi ottennero accesso ad approdi nelle provincie del Fujian e del Zhejiang. Poterono cosi’ aprire magazzini nei porti di Aomen (Xiamen) e Ningbo ma ne furono cacciati dopo poco tempo per aver violato le leggi locali.

L'interesse dei mercanti cinesi spinse comunque a favore dei portoghesi che nel 1557 ottennero dall'Imperatore Jia Jing il permesso ufficiale di stabilire una propria colonia ad Aomen (Macao). Il commercio cinese con l'occidente riprese cosi’ vigore e fu quasi totalmente monopolizzato dai portoghesi e, dopo il 1571, dagli spagnoli che, giunti via Occidente come prescritto dalla Linea Alessandrina, colonizzarono le Filippine stabilendo cosi’ una base commerciale molto importante. L'unione delle corone di Portogallo e Spagna evito’ conflitti d'interesse tra le due potenze rivali e permise la costituzione di un forte monopolio nei commerci con la Cina.

La maggiore capacita’ di carico offerta da navi sempre piu’ grandi e veloci consentirono di aumentare la quantita’ e di ampliare la varieta’ delle merci importate.

Dopo la riapertura della via di mare cominciarono a giungere anche quantitativi significativi di porcellane che riscossero enorme favore nelle principali corti europee e che indussero ai primi tentativi d'imitazione. 8 Alimentata dal desiderio suscitato dalla loro fama, la richiesta di porcellane cinesi aumento’ per tutto il Cinquecento tanto che gia’ verso la fine del secolo la Cina inizio’ a produrre oggetti in porcellana bianca e blu destinati all'esportazione in Europa. 9

Con il decadere della potenza imperiale spagnola ed il contemporaneo sviluppo dei traffici transatlantici, l'Europa vide costituirsi una classe mercantile ricchissima, specialmente in Gran Bretagna ed in Olanda, che spinta dal desiderio di maggiori profitti e dalla necessita’ d'espansione economica per poter collocare gli ingenti proventi finanziari di questi traffici, si volse con impeto verso oriente, dove attacco’ il monopolio ispano-portoghese che lentamente declino’ fino a cessare completamente.

Nel XVII secolo i rapporti fra Europa e Cina si intensificarono, i commerci diventarono finalmente stabili ed assunsero aspetti di modernita’. I flussi d'importazione si fanno costanti mentre la loro frequenza aumentava rapidamente.

Un aspetto particolarmente importante nello sviluppo delle relazioni commerciali fu dato dall'affacciarsi in Oriente dell'Olanda e dell'Inghilterra: tra il 1590 ed il 1660 si modello’ la struttura dei traffici attraverso le Compagnie delle Indie Orientali; tra queste quella olandese avrebbe detenuto il controllo dei mari e dei traffici con l'Oriente per tutto il XVII secolo, per poi decadere nel XVIII e fallire nel 1798, e quella Inglese sarebbe diventata la base della potenza coloniale britannica, con una lenta ma progressiva crescita nel XVII secolo e la piena affermazione nel XVIII.

Le compagnie inglesi ed olandesi, che si contendevano il controllo dei traffici, si consolidarono diventando societa’ a capitale fisso mentre i portoghesi e gli spagnoli, che pur si batterono accanitamente per mantenere il proprio monopolio, ottenendo buoni risultati nella prima meta’ del secolo, anche a causa dei problemi dinastici ed economici in Europa, non poterono far fronte a lungo a questa impetuosa crescita.In un primo momento, i rapporti con il Celeste Impero non furono diretti, anche, probabilmente, a causa dell'ancor notevole potenza iberica nella regione; nel 1612 fu stabilita pero’ una base nel Siam, assicurando cosi’ un importante centro per commerciare con i mercanti cinesi senza dover ricorrere ad intermediazioni; l'ostilita’ dei portoghesi impedi’ agli inglesi di attraccare a Canton fino verso la fine del XVII secolo.

Gia’ nel 1600, gli olandesi fecero il loro primo approdo a Canton e, due anni piu’ tardi, stimolati dall'esempio inglese, fondarono la loro Compagnia delle Indie Orientali. Avendo delle difficolta’ a commerciare direttamente a Canton, per l'ostilita’ delle forze combinate di Spagna e Portogallo, posero le loro basi a Formosa e nelle isole Pescadores e si spinsero fino in Giappone dove, per lungo tempo, detennero il monopolio del traffico commerciale verso l'occidente.

In breve tempo pero’ la maggior capacita’ gestionale, l'intraprendenza e la migliore tecnica armatoriale consentirono agli olandesi di stabilire una rete di agenzie e succursali in tutta l'Asia meridionale ed estremo orientale. Tutte le operazioni avevano il proprio centro operativo a Batavia dove era la sede della Compagnia delle Indie Orientali. Fin verso il 1670 gli olandesi dominarono la scena, subentrando ai portoghesi e lasciando tutti gli altri concorrenti a grande distanza dietro di loro. La seconda meta’ del secolo e’ il periodo dell'espansione e dello sviluppo: anche i francesi si lanciarono in oriente e furono, per un breve periodo, pericolosi rivali di olandesi ed inglesi.

La Compagnia delle Indie Orientali olandese fu il tramite privilegiato dei commerci tra la Cina e l'Europa; e’ in questo momento che la quantita’ di generi importati in Europa aumenta notevolmente ponendo cosi’ le premesse per l'affermazione di un gusto e di una moda che vedevano nei prodotti del Celeste Impero, ed in particolare nelle porcellane e nelle lacche, beni di alto valore e rappresentativita’ che ben sottolineavano lo status sociale dell'aristocrazia delle corti europee e dell'alta borghesia anglo-olandese. 10

Vennero cosi’ a formarsi collezioni di oggetti cinesi famose in tutta Europa. Si instauro’ quindi una sorta di 'circolo virtuoso' per il quale, a fronte di un maggior quantita’ d'importazioni, una piu’ larga fascia di nobili e ricchi borghesi poteva dar sfogo al gusto per l'esotico innestando una volonta’ di emulazione presso i propri pari che a sua volta determino’ un forte incremento nella domanda di oggetti provenienti dalle Indie, di prevalenza cinese, domanda che non poteva essere soddisfatta dai limitati mezzi di trasporto e comunicazione dell'epoca.

Fu cosi’ che, per ovviare alla sempre maggiore domanda, per cercare di ridurre il passivo delle bilance commerciali e, non ultimo motivo, per dare impulso e per proteggere le industrie nazionali colpite duramente dal basso costo delle importazioni, si cerco’ di sviluppare in Europa la produzione di oggetti, fossero vasi, porcellane, lacche, parati, tessuti, che potessero soddisfare la crescente domanda, sia qualitativamente che quantitativamente che per il gusto. Il periodo immediatamente successivo al 1683 vide l'intensificarsi dei rapporti con la Cina; verso la fine del secolo sia i francesi che gli inglesi, in aggiunta agli olandesi, ai portoghesi ed agli spagnoli, commerciavano nel porto di Canton con notevoli successi. La limitazione di fatto ad un unico scalo commerciale in Cina ebbe profonde conseguenze sull'andamento del commercio europeo nelle Indie Orientali e produsse i suoi effetti maggiori nel XVIII secolo.

Sebbene Canton fosse aperta anche agli altri europei, l'incremento della domanda di te’ dal 1690 in avanti si verifico’ in un momento in cui i mercanti inglesi delle Indie Orientali stavano appianando i loro contrasti per formare una nuova compagnia Unita delle Indie Orientali in grado di assicurarsi una posizione di preminenza nel commercio con la Cina.

Inoltre i mercanti inglesi erano destinati ad avere una grande partecipazione allo smercio dell'oppio indiano, un prodotto che doveva giocare un ruolo anche maggiore nel finanziamento degli acquisti di te’. Questi sviluppi giungevano inaspettati ai contemporanei, sia cinesi che europei. L'assurdita’ di limitare l'esportazione di te’ per mare ad un porto distante 500 miglia dal principale luogo di produzione risulta ovvia. Il futuro delle relazioni fra Cina ed Europa fu in larga parte determinato dalla decisione degli imperatori Qing di prestare attenzione agli interessi particolari di Canton ed alle apprensioni suscitate nei cinesi dalla scorrettezza degli europei. 11

Erano maturi i tempi per una razionalizzazione ed un incremento dei traffici; il vasto commercio del XVIII secolo sara’ basato, come per i precedenti secoli, su tessuti seta e porcellana, ma sara’ l'importazione del te’, ultima innovazione apportata al commercio con la Cina, che avra’ un ruolo preponderante e sara’ il prodotto principalmente richiesto nel XVIII secolo.

Il Settecento fu il secolo in cui i traffici commerciali tornarono ad essere una componente primaria dell'economia degli stati europei che, per la maggior parte, si dotarono di una numerosa flotta mercantile e di una forte flotta militare che permettesse loro di controllare le linee di navigazione e proteggere i propri convogli da attacchi di potenze rivali o di pirati.

Sempre nel XVIII secolo sono furono messe le basi della politica coloniale che governera’ i rapporti tra Europa e resto del mondo nel XIX e nel XX secolo, almeno fino alla II Guerra Mondiale. Il mercantilismo sara’ la linea economica che guidera’ l'espansione di stati come la Gran Bretagna, la Francia, l'Olanda e, molto piu’ tardi, la Prussia: il commercio triangolare da e per le colonie consentira’ la creazione di immense risorse economiche nelle nazioni che maggiormente riuscirono a costituirsi, e poi ad ingrandire e mantenere, immensi imperi nei cinque continenti.

Le tecniche di costruzione navale, di navigazione e la produzione di armi si svilupparono costantemente fino a raggiungere livelli assolutamente impensabili solamente cento anni prima; l'accresciuta capacita’ di carico consenti’ maggiori noli e guadagni spropositati per coloro che si arrischiavano in questo lucroso terreno. Le potenze europee regolamentarono le importazioni, imponendo dazi e tariffe a protezione delle proprie nascenti moderne industrie e per riempire le casse dell'erario, cosi’ come diedero il massimo impulso all'espansione commerciale oceanica, sia verso Occidente che verso Oriente.

E' nel Settecento che il commercio con la Cina viene raffinato ulteriormente e posto su basi stabili che resero possibile un incremento ancora maggiore del traffico e guadagni elevatissimi. Non esente da influenze sull'incremento del traffico fu l'affermarsi in Europa della moda cinese, sorta spontaneamente sulla scorta delle importazioni e dei rapporti culturali del precedente secolo e, forse anche, spinta da vere e proprie azioni di "marketing" di abili commercianti.

Per tutto il Settecento gli inglesi, come nel secolo precedente gli olandesi, detennero la maggior quota del commercio dalle Indie e, in particolare modo dalla Cina.

La potenza mercantile inglese crebbe a dismisura da quando, nel 1675, effettuo’ la prima importazione di te’ dalla Cina. In brevissimo tempo il te’ divenne la principale partita commerciale verso l'Europa e la Compagnia Inglese delle Indie Orientali, che ne deteneva il quasi totale monopolio, soppianto’ ben presto la omonima olandese e divenne il maggior operatore commerciale in estremo oriente, facendo del Regno Unito il primo paese importatore dalla Cina.

Il sistema commerciale imposto ai mercanti stranieri dai cinesi duro’ fino al XIX secolo inoltrato, anche dopo il trattato di Nanchino, che pose fine alla guerra dell'oppio e che apri’ agli occidentali, e principalmente agli inglesi, una serie di porti e di concessioni extraterritoriali in Cina.

Esso ebbe inizio nel 1715 quando venne concesso alla Compagnia Inglese delle Indie Orientali, prima fra tutti i mercanti stranieri, di aprire un proprio stabilimento a Canton.

Il Commercio con l'estero era controllato da un funzionario, "il mercante dell'Imperatore", che era l'intendente imperiale per le dogane provinciali del Guangdong. Il commercio in concreto era poi svolto da quattro mercanti cinesi (Hong), che ne detenevano il monopolio ed avevano diritto di appaltare ogni volta le operazioni ad altri.

Agli stranieri fu concesso di aprire degli stabilimenti, sulla riva nord del Fiume delle Perle, al limitare sud-occidentale della citta’ di Canton. Gli stabilimenti venivano affittati agli stranieri dagli Hong per il periodo aperto ai commerci e, quando le varie flotte mercantili erano ripartite, i sovrintendenti di stanza in Cina erano obbligati a ritornare a Macao fino al successivo periodo commerciale.

La Compagnia Inglese delle Indie Orientali, quella olandese, cosi’ come gli svedesi, i francesi, i danesi, gli spagnoli, i greci avevano a propria disposizione uno stabilimento che si affacciava sulla fronte del fiume, chiamato, dal nome dei monopolisti cinesi, Hong.

Altre nazioni europee non rappresentate direttamente si appoggiavano allo Hong Imperiale, mentre, in un secondo tempo furono aperti Hong per gli americani (alla fine del secolo) ed altri gestiti direttamente da mercanti cinesi. In tutto gli Hong erano tredici.

Nonostante queste limitazioni il commercio aveva avuto un'espansione cosi’ rilevante e la gamma ed il valore delle merci scambiate erano aumentati in tale misura che, nel 1720, i cinesi tentarono d'instaurare un controllo regolare, introducendo un'imposta fissa del quattro per cento su tutte le merci in luogo delle varie aliquote imposte in precedenza arbitrariamente dagli Hong monopolisti.L'aliquota nel tempo subi’ notevoli oscillazioni, quasi sempre in aumento, e raggiunse anche il sedici per cento. I mercanti stranieri erano inoltre tenuti a versare una fortissima tassa da versare ai depositi portuali prima che questi evadessero le richieste di rifornimenti ed un pesante diritto per il servizio di pesi e misure, da corrispondere all'esattore dei dazi.

I mercanti occidentali, ovviamente e nonostante gli immensi guadagni che raccoglievano in Europa, cercarono in ogni modo di ridurre il gravame d'imposte cui erano sottoposti e, piu’ volte si rivolsero al Governatore del Guangdong e, financo, all'Imperatore.Gli inglesi furono coloro che, tra tutti gli europei, portarono avanti con maggior accanimento la lotta per il riconoscimento delle loro richieste. Ma era una lotta vana: la norma applicata dai cinesi era che "i barbari sono come le bestie selvagge e non possono essere governati con gli stessi principi impiegati per i cittadini". Uno dei motivi di disprezzo era dato dal fatto che gli stranieri non erano in grado di comunicare in cinese accentuato dal fatto che i marinai tenevano comportamenti indisciplinati e litigiosi, mentre non erano infrequenti risse tra ciurme di diverse nazioni.

I prodotti cinesi, in particolare tessuti e porcellane, ma anche notevoli quantita’ di lacche, invadevano i mercati di Parigi, Londra ed Amsterdam. Le merci importate da oriente dalle varie Compagnie orientali venivano generalmente disperse all'asta. La vendita di carichi trasportati a Londra dalla Compagnia veniva tenuta presso la Sede della Compagnia stessa, East India House, in Leadenhall Street. Molte vendite indipendenti erano pubblicizzate nella London Gazette e numerosi mercanti si specializzarono in oggetti orientali.

Lo stesso vale per Amsterdam e Parigi. In quest'ultima citta’ gia’ nel 1701 era stato aperto un negozio di oggetti e porcellane cinesi e diversi altri ne seguirono. I mercanti delle altre nazioni partecipavano con loro emissari alle aste per assicurarsi partite di porcellane, carte da parati, tessuti e quant'altro, che avrebbero poi rivenduto nei rispettivi paesi con enormi ricarichi.

"L'occidente rivelava sintomi inconfondibili di un grave attacco di sino-mania".

Il secolo si chiudera’, per quanto riguarda i traffici mercantili, con un reiterato tentativo diplomatico inglese di ottenere condizioni migliori dal Figlio del Cielo. Tentativo andato a vuoto che, sommato a tutte le difficolta’ incontrate fece maturare il seme del conflitto che sarebbe scoppiato tra Cina e Gran Bretagna all'inizio del secolo XIX. 12

Contemporaneamente gli Stati Uniti si affacciarono a Canton: nel 1784 effettuano il primo di centinaia di viaggi commerciali che fecero del loro paese la maggiore controparte commerciale della Cina nel XIX secolo, almeno per quanto riguarda le esportazioni di porcellane.

Del resto il gusto in Europa era andato cambiando: dall'infatuazione per la Cina si passo’ alla Grecia ed all'Egitto del periodo Imperiale napoleonico.


© Guido Magnoni


NOTE

      1. Il testo dello pseudo Mandeville e’ da considerare come uno dei maggiori casi di plagio letterario della storia, l'autore attinse a piene mani oltre che dalla sua fervida fantasia, anche da Plinio, Marco Polo ed Ordorico da Pordenone. E' poi di fondamentale importanza per capire in che modo i contemporanei vedevano l'Oriente. La mentalita’ medievale andava lentamente aprendosi, il Gotico Internazionale era alle porte, ed un 'mito' costruito sul lontano e favoloso Catai poteva ben soddisfare la voglia di novita’ e di apertura che aleggiava in Europa; sono i prodromi di quella che sara’ l'ansia d'esplorazione che, a partire dall'inizio del Quattrocento, portera’ gli europei alla scoperta di nuovi mondi e porra’ le basi della supremazia mondiale dell'Europa. Il testo evidenzia inoltre l'importanza che era data all'epoca alle attivita’ commerciali e la preminenza che in queste giocavano le Repubbliche Marinare ed altre regioni italiane, come nel caso della descrizione del Catai: "(Il Catai e’) bello, nobile ricco e prosperoso, dove piu’ spesso che in qualsiasi altra parte del mondo si recano i mercanti in cerca di spezie e di tutte le altre mercanzie. E vi renderete conto che i mercanti provenienti da Genova, Venezia, dalla Romagna o da altre parti della Lombardia, devono viaggiare per mare e per terra undici o dodici mesi, e talvolta anche di piu’, prima di raggiungere l'Isola del Catai che e’ la regione principale di tutti quei paesi". Del resto fu proprio per poter raggiungere il Catai e le spezie, e poter quindi ristabilire il commercio diretto, caduto nelle mani delle forze dell'Islam verso la seconda meta’ del Trecento e tagliato definitivamente fuori dalla portata degli europei con la conquista ottomana di Costantinopoli, che Cristoforo Colombo accidentalmente scopri’ l'America navigando verso Occidente e Vasco de Gama si spinse a Sud, lungo le coste Occidentali dell'Africa, fino a doppiarla e poter quindi far vela verso Oriente. A testimonianza dell'importanza e della diffusione del 'mito' cinese nel Trecento, e delle influenze che esso ebbe sul costume, si ricorda che modelli iconografici derivati dalla Cina, o figure con tratti estremo-orientali, furono utilizzati da pittori come Simone Martini nel ciclo di S. Martino nella Basilica Inferiore di S. Francesco ad Assisi e nel Guidoriccio da Fogliano nel Palazzo Pubblico di Siena, e come Ambrogio Lorenzetti negli affreschi delle citta’ e campagne del senese sempre nel Palazzo Pubblico di Siena. anche Cimabue, Giotto e Lorenzo Monaco dipinsero figure con caratteri orientali.


      2. Matteo Ricci, (1552-1610) risolse definitivamente il dibattito cinquecentesco relativo a Cina e Catai, se fossero due entita’ diverse oppure due nomi dello stesso regno. Nei Commentari e nelle Lettere ne parla piu’ volte: "Con la venuta a questa corte, finalmente finirno i padri di chiarirsi essere questo regno il Gran Cataio e questa citta’ di Pacchino il Cambalu’, corte del Gran Can, che e’ il re della Cina (....)"; "(...) la citta’ di Nanchino dove fui l'anno passato (....) per varie congetture penso essere il Cataio di Marco Polo (....) e cosi’ il Cataio, al mio parere, non e’ di altro regno che della Cina (....)".


      3. I Gesuiti seguirono, sul finire del Cinquecento, i Francescani ed i Domenicani che gia’ dal Duecento avevano avviato contatti con l'Oriente e con la Cina (Giovanni da Pian del Carpine, Guglielmo di Rubruk, Giovanni da Monte Corvino, Ordorico da Pordenone). Giovanni da Monte Corvino, inviato ad evangelizzare il Catai da Papa Niccolo’ IV, ebbe notevoli successi: costrui’ anche una chiesa con campanile e tre campane nella capitale dell'Impero Yuan. Venuto a conoscenza di questi avvenimenti il papa lo creo’ Arcivescovo di Kambaluk, il primo in Cina, nel 1307. Alla sua morte nel 1328 l'Arcivescovo poteva annoverare un gran numero di convertiti al Cristianesimo in diverse citta’ cinesi. Ma se non furono i primi a portare in Cina il messaggio evangelico, i Gesuiti furono senza dubbio coloro che con maggior efficacia riuscirono a svolgere un'azione paziente, concertata e mirata per introdursi, per mantenersi e per propagandare il Cristianesimo nel Celeste Impero. Un approfondimento sul fallimento della missionie d'evangelizzazione in Cina esula da questo lavoro.


      4. I Gesuiti fecero spesso uso strumentale delle proprie fonti d'informazione sulla Cina per difendersi, e spesso attaccare, nella lotta che li contrapponeva agli altri Ordini religiosi. Cio’ nonostante ebbero il merito fondamentale di aver reso accessibile a larghi strati della societa’ (si pensi alle numerose vulgate di classici cinesi e di opere di Confucio) l'immagine di un nuovo meraviglioso mondo col quale confrontarsi.


      5. La Questione dei Riti appassiono’ per circa cinquant'anni religiosi, eruditi e filosofi di tutta Europa. Sul volgere del XVII secolo e nei primi anni del XVIII furono pubblicate un'infinita’ di Proposizioni, Sentenze, Commentari e libelli utilizzati a scopo politico, oltre che religioso, nella lotta che opponeva i Gesuiti agli altri Ordini religiosi, principalmente i Francescani ed i Domenicani.


      6. La dinastia Tang, succeduta a circa quarant'anni di dominio della dinastia Sui che aveva riunificato il paese sotto un unica dominazione dopo un paio di secoli di divisioni tra le dinastie settentrionali dei Wei del Nord, Wei dell'Est, Wei dell'Ovest, Qi del Nord e Zhou del Nord e quelle meridionali dei Song, Qi, Liang e Chen, viene considerata come propriamente cinese in contrapposizione ai regni ed agli imperi barbari dei secoli IV-VI. Nel corso dei trecento anni di regno Tang, aperta a tutto cio’ che viene dall'estero, la Cina esercita una profonda influenza sulla maggior parte dell'Asia, estendendo il proprio predominio politico dalla Corea all'Iran, sia in campo militare che commerciale che culturale. Il periodo Tang viene visto come l'apice della cultura del Medioevo cinese, l'eta’ d'oro della poesia classica, delle arti e dell'artigianato. Senza dubbio l'irradiazione della cultura cinese non conobbe mai un periodo di tale splendore. I commerci, conseguentemente, fiorirono in modo notevole, via terra e via mare, principalmente con i paesi dell' Asia meridionale ed estremo orientale, con i territori dell'Asia centrale soggetti all'Islam e, tramite questi, con Bisanzio. L'Europa Occidentale, ancora in pieno travaglio altomedievale, e’ rimasta al di fuori di questi flussi commerciali.Per agevolare il commercio la Corte Tang, che aveva stabilito rapporti con piu’ di cinquanta stati esteri, nomino’ un alto ufficiale che sovrintendesse alla navigazione, alle attivita’ armatoriali ed al commercio estero. La sede di questo Ufficio fu stabilita a Guangzhou (Canton) che gia’ nel VII secolo rivestiva un ruolo determinante per i traffici marittimi cinesi. La piu’ antica testimonianza di uno straniero su Canton e’ dovuta ad un mercante musulmano, Sulayman, che nel 851 scrisse un diario di viaggio, Notizie d'India e di Cina, dove tra l'altro annota "... i cinesi producono vasi di ceramica trasparenti come il vetro. Del vino versato dentro uno di questi vasi puo’ essere visto dal loro esterno". Con queste parole Sulayman si riferisce certamente alla porcellana che da questo periodo diviene uno dei principali prodotti di lusso d'esportazione cinese, assieme ai tradizionali seta, tessuti e spezie. La porcellana si impose immediatamente come bene di altissimo valore: come il vetro, ma forse ancor piu’ versatile nei suoi usi, era vista come qualcosa che aveva del miracoloso, un materiale prodotto dal lavoro umano con le qualita’ intrinseche di sostanze naturali rare ma modellabile a piacere. Sotto la dinastia Tang i cinesi raffinarono l'utilizzo di crete bianche (Kaolin) e di rocce minerali (Petuntse) conseguendo il livello qualitativo piu’ alto dell'arte ceramica e producendo una sostanza finemente omogenea che e’ sia di un colore bianco puro che di una trasparenza brillante, "blu come il cielo, chiara come uno specchio, sottile come carta e risonante come una pietra campanaria".


      7. I viaggi marittimi d'esplorazione e commercio ebbero il loro apice, e la loro conclusione, con le spedizioni del grande navigatore cinese Zheng He. All'inizio del XV secolo Zheng He fece il primo dei suoi sette viaggi d'esplorazione con una grande flotta e 27.000 uomini d'equipaggio; nel corso di trenta anni, sotto il regno di tre Imperatori, visito’ piu’ di trenta paesi dall'Indocina, all'India, alla Persia, all'Arabia, all'Africa.


      8. Il primo tentativo europeo di fabbricare porcellana si ebbe verso il 1575 a Firenze, nella manifattura voluta dal Granduca Francesco I de' Medici; gli artigiani medicei non riuscirono pero’ a produrre autentica porcellana che potesse competere con quella cinese in trasparenza ed in durezza. L'esperimento fu considerato fallito ed alla morte di Francesco I (1587) la produzione della fabbrica fu interrotta.


      9. Nel Cinquecento cominciarono a giungere in Europa quantita’ sempre crescenti di porcellane; ben presto tutti i principali sovrani poterono comprendere qualche pezzo prezioso nei loro tesori (la porcellana veniva pagata a peso d'oro): Carlo V d'Asburgo, oltre a numerosi vasi di porcellana, possedeva una serie di piatti (ora nel museo di Dresda) decorati in Cina con le sue insegne ed il suo monogramma. Filippo II, suo figlio e Re di Spagna, possedeva una collezione di tremila esemplari. Un tipico esempio di collezionismo esotico in Italia e’ dato dalla Corte Granducale di Firenze. I Medici possedevano gia’ con Lorenzo il Magnifico alcuni bellissimi pezzi di porcellana cinese tipo Celadon (di colore verde). Per motivi di ordine culturale ed economico e per soddisfare le curiosita’ scientifiche dei Medici e dei magnati del Granducato, Firenze diventa il punto privilegiato del primo collezionismo di porcellane cinesi. Non solo: nel Cinquecento venivano usati serviti da tavola di porcellane cinesi dalle forme piu’ diverse. Cosimo I, che nel 1553 aveva avviato un'opera di penetrazione commerciale nelle Indie Occidentali ed in Oriente, possedeva ben quattrocento porcellane provenienti dalla Cina; porcellane cinesi figurano nell'eredita’ del granduca Francesco I al fratello cardinale Ferdinando. Quando il cardinale si reca a Firenze per cingere la corona granducale, fra il 1589 ed il 1590, trasferisce piu’ di cinquecento pezzi originali.


      10. Solamente per quanto riguarda le porcellane, nei cinquantatre’ anni che vanno dal 1604 al 1657, anno in cui il commercio olandese con la Cina arriva ad arresto, viste le sempre maggiori difficolta’ che venivano a crearsi nei rapporti con il nuovo governo cinese dopo la caduta dei Ming (1644), ben centocinquanta diverse forme, non poche di derivazione europea, per piu’ di tre milioni di pezzi, furono portati in Europa dalla Compagnia delle Indie Orientali olandesi. Gli olandesi posero quindi la loro base a Formosa, dove avevano raccolto immense quantita’ di porcellane che continuarono a trasportare in Europa. Pochi anni dopo vennero espulsi da Formosa da una ribellione portata avanti da un sostenitore dei Ming (1662) ma poterono ritornare a commerciare a Canton. Nel periodo che va dalla costituzione della Compagnia al 1682, piu’ di sedici milioni di pezzi di porcellana cinese furono importati in Europa per il tramite olandese.


      11. La limitazione a Canton fu resa definitiva con un editto dell'Imperatore Qian Long solamente nel 1757 anche se, fino a tale data, era stata di fatto mantenuta dall'uso comune.


      12. Giorgio III affido’ a Lord Macartney l'incarico diplomatico di trattare con l'Imperatore Qian Long: l'ambasciata ebbe luogo nel 1793 ma si concluse con un nulla di fatto, per l'intransigenza del legato britannico, che rifiuto’ il kou tou, il battere la fronte a terra piu’ volte in segno di prostrazione di fronte all'Imperatore, e l'alterigia dell'Imperatore stesso in quanto regnante del piu’ vasto e popoloso impero della terra, autosufficiente e non tributario dell'occidente, ne’ nella sfera materiale ne’ in quella spirituale, forte di una bimillenaria tradizione di unita’ e prosperita’. Qian Long rispose a Giorgio III con una missiva che, per quanto fondata, non teneva in considerazione l'involuzione in atto nella societa’ cinese e, cosa piu’ grave, sottovalutava la potenza e lo sviluppo dell'Inghilterra: "Dovessi reggere il mondo intero, ho di mira uno scopo solo: mantenere un governo ideale e compiere i doveri del mio rango. Oggetti strani e costosi non mi interessano. Se ho dato ordine che i doni da voi offerti in segno di omaggio, maesta’, fossero accettati, questo e’ soltanto per un riguardo allo spirito con il quale li avete inviati da cosi’ lontano .... Come il vostro ambasciatore puo’ constatare di persona, noi qui abbiamo ogni sorta di prodotti. Non riconosco valore ad oggetti strani e ingegnosi e non vedo ragione d'impiego per i prodotti della vostra industria." In effetti quanto scriveva l'Imperatore era vero: la Cina esportava merci richiestissime in occidente, tessuti, sete lavorate e grezze, porcellana, lacca, te’ e generi di lusso quali ventagli, paraventi, smalti ed argenti lavorati; per tutto questo l'unica contropartita accettata era l'argento. Prodotti come le lane inglesi, ad esempio, erano merci invendibili in Cina. Ogni nave della Compagnia doveva pero’ per legge tenere in prodotti inglesi un decimo delle merci destinate all'estero all'atto della partenza dalla Gran Bretagna. Questa situazione non poteva durare a lungo, anche alla luce del sistema mercantilista messo in atto dall'Inghilterra. Ben presto gli inglesi riuscirono ad imporre come merce d'esportazione in Cina l'oppio prodotto in India, finanziando con questi proventi le importazioni e compensando i produttori nazionali di lane. Questa situazione peggiorera’ scaturendo nella guerra dell'oppio e nella sconfitta militare della Cina, verso la meta’ del XIX secolo.