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La scimmia antropomorfa del Miocene

Dott. Jean Marie Cordy, F.N.R.S. - Università di Liegi

 

Fossili di denti di Oreopitheco (21,3 Kb)In seguito ai rapporti scientifici che uniscono l'istituto di Scienze Geologico-Mineralogiche dell'Università di Sassari (Prof. Sergio Ginesu) e il Servizio di Geomorfologia e di Geologia del Quaternario dell'Università di Liegi (Prof. A. Pissart e Prof. A. Ozer), sono stati posti all'attenzione di questi ultimi alcuni ciottoli di breccia fossilifera raccolti a Fiume Santo da due amatori nel 1993. Dalla fitta collaborazione esistente tra i vari ricercatori dell'Ateneo di Liegi, posti alla mia osservazione alcuni di questi reperti sono risultati ad una prima analisi di notevole importanza. La prima osservazione effettuata sui reperti fossili è risultato trattarsi di vertebrati non appartenenti al Quaternario (periodo supposto), quindi un'importanza maggiore, date le scarse conoscenze sull'esistenza in Sardegna di vertebrati di periodi precedenti il Quaternario. Dalle informazioni datemi dal Prof. Ginesu sulla ricchezza del giacimento, questo lasciava presagire un sito di importanza rilevante, di riferimento per il Terziario d'Italia. Tuttavia, ad aumentare l'importanza del giacimento, è stato il ritrovamento in alcuni ciottoli di breccia di un frammento di mascella inferiore di un Primate, contenenti il terzo e il quarto premolare ancora in posto (Fig. 3); gli studi effettuati su questa mascella hanno confermato l'importanza del giacimento poiché sono risultati appartenere ad un fossile celebre quale l'Oreopitheco, Oreopithecus bambolii, Gervais 1872. La notorietà del giacimento di Fiume Santo è stata così portata alla conoscenza del mondo accademico e di tutta la comunità.

Da questa prima scoperta, altri fossili, una ventina di denti isolati, soprattutto premolari e dei molari inferiori e superiori, sono stati ritrovati in ciottoli di breccia raccolti precedentemente da alcuni amatori e successivamente raccolti in occasione delle due campagne di scavo organizzate nel 1994 e 1995 dalla Soprintendenza Archeologica per le Province di Sassari e Nuoro (Ing. Trebìni). La morfologia dentaria di questi fossili è, senza dubbio, caratteristica dell'Oreopitheco; tra gli aspetti che maggiormente evidenziano l'appartenenza al Primate sono: i due tubercoli sui premolari inferiori e la presenza di un tubercolo centrale o centroconide sui molari inferiori.

 

 

Interpretazione attuale dell'Oreopitheco

 

L'Oreopitheco è una scimmia fossile, studiata per la prima volta alla fine del secolo scorso su un reperto fossile costituito da una mandibola ritrovata nei pressi di Grosseto in Toscana. Tuttavia sono soprattutto le ricerche e gli studi condotti dal Prof. J. Hurzeler di Baie, nel dopoguerra, che hanno arricchito le nostre conoscenze su questo Primate. In particolare, nel 1958, sotto l'impulso di questi ricercatori, è stato estratto da una cava di lignite sul M. Bamboli uno scheletro quasi completo di Oreopitheco; si trattava di una scoperta eccezionale sul piano paleontologico. Ma la celebrità dell'Oreopitheco è dovuta anche al fatto che Hurzeler ha messo in evidenza delle caratteristiche morfologiche particolari di questo, tra le quali la bitubercolarità del terzo premolare inferiore, la riduzione del canino, il prognatismo debole, la sinfisi mandibolare verticale, l'implantazione verticale degli incisivi, il bacino corto e largo, il femore evocante il bipedismo.

Tutti questi aspetti sono, nelle sue misure variabili, analoghi con le caratteristiche degli ominidi, cioè proprie dell'uomo. Da allora, l'Oreopitheco è stato considerato per qualche tempo come un candidato di tutto rispetto sull'origine degli Ominidi. Tuttavia, anche se l'Oreopitheco resta uno dei Primati fossili meglio conosciuti grazie anche alla scoperta di scheletri nel 1958, il suo status zoologico rimane enigmatico.

Nonostante la revisione recente fatta sui resti dell'Oreopitheco, da parte di una équipe di studiosi americani ed inglesi, abbia indicato chiaramente che questo Primate molto particolare presenta una sorta di mosaico di caratteri che tuttavia lo avvicinano alle scimmie in senso stretto (Cinomorfi), alle grandi scimmie Pongidi (Scimmie Antropomorfe) e agli Ominidi. Le rassomiglianze con gli Ominidi sono soprattutto dovute a dei fenomeni di convergenza morfologica. L'ultima elaborazione filetica elaborata da T. Harrison (1986) sullo scheletro del cranio di Oreopitheco chiaramente definisce l'appartenenza di quest'ultimo alle Scimmie Antropomorfe, a cui appartengono i Gibboni, gli Orang-outang, i Gorilla e gli Scimpanzé attuali. Questa linea filetica si è separata molto presto dalla branca principale che ha portato ai Pongidi e agli Ominidi circa 20 milioni di anni fa e ha formato in funzione delle differenziazioni avvenute sul cranio e sull'apparato masticatorio una famiglia indipendente: gli Oreopitecidi (fig. 4: schema evolutivo dei Primati - 37 Kb).

Una statura di 1 m e un peso approssimativo di 40 kg, l'Oreopitheco è un Primate che si è individualizzato in seguito ad una evoluzione di tipo insulare tra gli 8 e i 9 milioni di anni fa. Questa età, che corrisponde al Miocene superiore e al piano continentale del Turoliano, è stato stabilito sulla base di datazioni K/Ar realizzate in Toscana e da correlazioni biostratigrafiche. L'origine di questa scimmia deve essere ricercata nella linea filetica di un genere presente in Africa nel Miocene, il Nyazapithecus, circa 15 milioni di anni fa nei dintorni del lago Vittoria in Tanzania. Frugivoro e foglivoro, l'Oreopitheco doveva necessariamente vivere sugli alberi muovendosi per brachiazione (cioè appeso per le braccia tra un ramo e l'altro) ed arrampicandosi con i quattro arti.

 

 

La fauna associata

 

La lista delle altre specie presenti insieme all'Oreopitheco, rimane provvisoria, visto che i resti paleontologici non sono stati tutti completamente rimossi dalla breccia calcarea e che del nuovo materiale è stato raccolto negli scavi.

La presenza di un Bovide Alcelafine molto particolare, di medie dimensioni, che è stata descritta per la prima volta nella serie miocenica della Maremma rinvenuta in Toscana è presente con una serie di mandibole e di denti isolati, con delle corna ossee, e con diverse ossa cervicali. L'elevata ipsodonzia dei terzi molari, l'assenza delle colonnette interlobari, la loro misurazione e la loro forma vista lateralmente, permette di raffrontarli ai fossili della specie Maremmia lorenzi (Hurzeler, 1983), o Antilope di Lorenz, che forse rappresenta una specie endemica evolutasi in Toscana.

Un altro Bovide, di piccole dimensioni, è presente con una serie di denti isolati e con qualche osso cervicale. Anche questo è stato descritto nei ritrovamenti del giacimento in Maremma (Toscana) ed è stato collegato fileticamente al Neotragus, specie di antilope "di piccola taglia", strettamente africano. Scientificamente definito Tirrenotragus graccillimus (Welthofer, 1988). Sulla base delle biometrie dentarie, sembra che esistano altre due forme di Bovidi, le cui dimensioni risultano di piccola e piccolissima taglia che si possono geneticamente ricondurre al gruppo di antilopi in senso largo.

Dei frammenti mandibolari e mascellari, dei denti isolati e qualche osso cervicale sembrano senza dubbio appartenere ad un Girafide di dimensioni medie e grandi. Si tratta del più grande, in termini di dimensioni, mammifero rinvenuto fino a questo momento nel giacimento di Fiume Santo. I denti sono caratterizzati da uno smalto ridotto, presenta una forte tendenza all'ipsodonzia, che può essere legata ad una particolare evoluzione endemica della specie. Un terzo molare inferiore isolato di dimensioni più piccole, attestano la presenza di una specie di giraffa di taglia più piccola.

Tra gli Artiodattili, segnaliamo inoltre, la presenza di un Suide, data da un piccolo frammento di dente iugate. Purtroppo questo piccolo frammento non ha permesso una migliore identificazione della specie, tuttavia ricorda la specie di Eumaiochoerus etruscus, caratteristico della fauna maremmana.

I carnivori sono rappresentati da una sola specie che è stata identificata come appartenere a Hyaenartos anthracitis, un Urside del particolare gruppo degli Hemicyonines, presenti nella fauna ad Dreopdeco Toscana. Questi sono presenti con un solo frammento di molare superiore finora raccolto nel corso dell'ultima campagna di scavo.

I predatori della fauna fossile di Fiume Santo sono presenti come Rettili di coccodrillo. Numerosi denti isolati sono stati raccolti durante i lavori di scavo, che hanno permesso di distinguere due specie: una caratterizzata da denti lunghi ed appuntiti, l'altra da denti tozzi e arrotondati.

Inoltre, durante i lavori di setacciatura è stato rinvenuto qualche resto di microvertebrato. Questi resti fossili sono soprattutto rappresentati da denti appartenenti al gruppo dei Roditori in particolare ai Muridi; il primo molare superiore presenta delle affinità con il genere Valerymys e le cui dimensioni dentarie concordano con la specie Valerymys turroliensis. La presenza di un grande Gliride è confermata dal reperimento di alcuni incisivi superiori che corrispondono all'Anthracoglis marinoi della Maremma.

cOltre ai resti di micromammiferi sono state raccolte alcune ossa di Batraci (Anfibi): quest'ultimo rinvenimento conferma, insieme ai resti di coccodrilli, la condizione ambientale di un delta fluviale.

Lista resti fossili (7,5 Kb)Questa lista dei resti fossili rinvenuti nel giacimento di Fiume Santo conferma la grande affinità faunistica con quella del giacimento in Maremma (Toscana). Le caratteristiche endemiche e quindi la supposizione di condizioni di insularità della fauna Toscana si può, in eguale misura, applicare a quella di Fiume Santo. Per quanto riguarda l'età del giacimento sardo, la presenza di un Alcelafine evoluto quale la Maremmia lorenzi (Hurzeler, 1983), permette di ricondurla al livello V2 della serie del Terziario superiore di Bacinello. Questo livello è stato correlato al Turoliano superiore (zona di Mein) e datata secondo metodi radiometrici a 8,4 ± 0,4 milioni di anni.

L'aspetto interessante di questa fauna è la loro origine africana, soprattutto per l'Oreopitheco e perla maggior parte degli Artiodattili, tuttavia gli Ursidi, Suidi ed i Muridi indicano a loro volta una piccola influenza europea. Ad ogni modo, questa fauna ad Oreopitheco testimonia una fase d'immigrazione africana in Sardegna ed in Toscana alla fine del Miocene. Dal punto di vista paleontologico, questo tipo di associazione faunistica conferma l'esistenza di un clima di tipo subtropicale, caratterizzato annualmente da un lungo periodo umido interrotto da un corto periodo di siccità. Il paleo ambiente è dato probabilmente da un biotopo forestale umido in prossimità di un corso d'acqua e del suo delta, nel quale viveva l'Oreopitheco, e da un biotopo di tipo savana arborea, nell'entroterra, dov'era predominante l'antilope di Lorenz.

 

 

Interesse della scoperta di Fiume Santo

 

Questo nuovo giacimento del Terziario viene a colmare una lacuna nella serie dei giacimenti paleontologici della Sardegna. Questa evidenzia per la prima volta la fauna terrestre del Miocene superiore o Turoliano del blocco sardo-corso. Localmente, questa scoperta permette allo stesso tempo di precisare l'età della formazione geologica di Scala Erre e di Fiume Santo, che è stata finora considerata appartenente al Neogene ed al Quaternario.

La scoperta del giacimento ad Oreopitheco al di fuori della penisola Italiana apporta una nuova informazione sull'estensione geografica di questi Primati enigmatici. Allo stato attuale delle nostre conoscenze, Fiume Santo rappresenta l'unico giacimento che conferma l'esistenza del genere Oreopithecus al di fuori della Toscana.

Ricostruzione paleogeografica d'Italia (17 Kb)La presenza di una fauna ad Oreopitheco in Sardegna ed in Toscana attesta, non solo la stessa età dei due giacimenti, ma anche lo stesso tipo di immigrazione delle specie di origine africana. Questo fatto implica l'esistenza di un "ponte" tra il blocco sardo-corso e la Toscana ed un altro ponte tra questo arcipelago e l'Africa nel Miocene superiore. In altri termini, questa nuova scoperta rappresenta un ulteriore elemento per l'interpretazione paleo geografica e tettonica del bacino tirrenico durante il Miocene (fig. 6).

Benché la fauna ad Oreopitheco risulti conosciuta dagli inizi del secolo in Toscana, la scoperta di una fauna analoga in Sardegna apporta nuove informazioni paleontologiche grazie alla ricchezza ed alla buona conservazione dei fossili del giacimento di Fiume Santo.

La descrizione di queste specie già definite nel giacimento toscano, potrà essere approfondita di modo che la stessa classificazione di nuove specie sarà facilitata. Inoltre, contrariamente ai fossili nella lignite della Maremma, quelli di Fiume Santo non risultano essere deformati o schiacciati dalla pressione determinata dai depositi sedimentari soprastanti. Inoltre, la scoperta del fossile di Oreopitheco che conserva la sua perfetta integrità tridimensionale, potrà permettere uno studio più approfondito, e soprattutto dare in maniera definitiva la sua posizione sistematica e di conseguenza la morfologia particolare di questo Primate antropomorfo enigmatico.

 

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Ultimo aggiornamento: 26/11/99
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