la scena sensibile 2003/2004

TEATRO LA PERLA, dal 3 al 5 febbraio 2004
Iqbal Masih

Fondazione Aida (Verona)

STORIA DI IQBAL

liberamente ispirato all'omonimo libro di Francesco D'Adamo

regia di Giovanni Signori

collaborazione al testo: Francesco D'Adamo

età consigliata: 8 - 13 anni

Non so che faccia avesse Iqbal: le uniche sue fotografie che ho trovato, sui quotidiani, erano scure e sfocate. In un articolo si diceva: “Non era molto alto”.  Allora ho cercato di immaginarmelo. Forse l’ho descritto più bello, più bravo e più coraggioso di quanto realmente fosse, ma questo è il destino che tocca agli eroi.
Il personaggio di Fatima, invece, l’ho inventato io. Ma sono sicuro che Iqbal ha avuto accanto, tra i bambini che dividevano la sua sorte, proprio una ragazzina come Fatima e altri amici come Salman, Maria o il piccolo Alì. Se li volete conoscere, guardatevi attorno: sono anche qui in Italia, tra di noi. Provate a parlare con loro, qualche volta.
Mi sono dovuto inventare anche il Pakistan: non ci sono mai stato.
Ma, a parte questi particolari, la storia che state per leggere è tutta vera. Gli avvenimenti raccontati in questo romanzo sono tutti realmente accaduti. Anche quelli spiacevoli.
E’ una storia triste, mi ha detto qualcuno. Non è vero: è la storia di come si può conquistare la libertà.
Ed è una storia che continua e va avanti, tutti i giorni.
Anche mentre voi leggete queste righe.

Francesco D’Adamo

LA STORIA VERA

Iqbal Masih alla tenerissima età di 5 anni viene ceduto ad un fabbricante di tappeti in cambio di pochi dollari.È un prestito in denaro che servirà a coprire le spese del matrimonio della sorella.
Questo potrebbe essere l’inizio di una schiavitù senza fine. Ma un giorno Iqbal fortunatamente incontra gli attivisti del Fronte di Liberazione dal Lavoro Minorile e per la prima volta scopre di avere dei diritti.
Decide di raccontare la sua storia e il suo improvvisato discorso fa scalpore e viene pubblicato da alcuni giornali locali. Iqbal incontra  Eshan Ullah Khan, leader del Fronte di Liberazione e sua guida. Così Iqbal diventa simbolo e portavoce del dramma dei bambini lavoratori nei convegni, prima nei Paesi asiatici, poi a Stoccolma e a Boston.
Da grande avrebbe voluto fare l’avvocato per aiutare i bambini lavoratori a liberarsi dalle catene che anche lui aveva conosciuto.
Ma la storia della sua libertà è breve. Il 16 aprile 1995 gli sparano a bruciapelo mentre corre in bicicletta nella sua città natale. «Un complotto della mafia dei tappeti», dirà Eshan Ullah Khan subito dopo il suo assassinio.

LO SPETTACOLO

L’ambiente in cui raccontiamo la storia è simbolico e ricorda, senza volerlo riprodurre fedelmente, una fabbrica di tappeti: al suo interno due attrici racconteranno la storia di Iqbal.
Ad una di esse viene dato il compito di “guidare” i giovani spettatori tra i fili che tessono la drammatica trama della storia.
I due personaggi negativi, il Padrone e la Padrona, sono interpretati dalle attrici che indossano due maschere orientali, una maschile e l’altra femminile.
Rivolgiamo lo spettacolo ad un pubblico di ragazzi che copre una fascia di età 8 -14 anni, corrispondente più o meno all’età che hanno i bambini di cui raccontiamo.
Non è questa una storia facile da raccontare: è una storia cruda che denuncia un dramma come quello dello sfruttamento del lavoro minorile che coinvolge milioni di bambini.
Lo spettacolo non si sottrae alla denuncia. Il tono è forte.
Perché quindi raccontare una storia come questa ai nostri ragazzi? Si potrebbe decidere di non raccontarla. Ma noi pensiamo, invece, che anche loro abbiano il diritto - dovere di sapere.

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