"NELLE FORESTE AFRICANE FRA I MORITURI DI AIDS" di ATTILIO GAUDIO

 

Attilio Gaudio, antropologo e giornalista di successo, ricopre oggi la carica di Segretario Generale per l'Africa dell'Istituto Internazionale di Antropologia di Parigi, Presidente del Centro Internazionale di Ricerche Sahariane e Saheliane, ha pubblicato numerosi libri sulla realtà africana e asiatica.

 

Alepé si trova in Costa d'Avorio e non attraeva i viaggiatori di passaggio. Anch'io in tanti anni di reportage in Africa occidentale non c'ero mai passato. Eppure in questo villaggio dalla fascia forestale atlantica un frate cappuccino lombardo e quattro suore venete dorotee si prodigano senza mezzi adeguati e senza assistenza esterna per curare, sfamare, istruire la povera e incolta popolazione locale e soprattutto per condurre una battaglia ammirevole e tenace contro il virus dell'aids. Queste religiose italiane con spirito eccezionale di carità cristiana e di abnegazione personale si recano a piedi nei paesini più isolati dove sanno che degli africani stanno morendo di " peste nera ". Sono consapevoli di non poterli salvare da quella morte orrenda, ma almeno tentano di prolungare la vita e di alleviare con la loro presenza e le loro cure le conseguenze psicologiche ed ambientali del morbo, tra cui la disintegrazione delle famiglie. L'angelo bianco che conobbi all'ospedale di Alepé, dove potei vedere stipati fino a 6000 pazienti, era suor Tiziana che si era laureata in medicina a Padova prima di partire per la grande avventura umanitaria. Da anni fa miracoli pur di evitare alla maggior parte dei malati di dover essere evacuati presso gli ospedali di stato di Abidjan, dove chi non è pieno di soldi non entra. Questa è ancora una delle vergogne di paesi come la Costa d'Avorio o il Gabon, dove gli aiuti internazionali e la cooperazione europea hanno reso multimiliardari funzionari e ministri, ma non hanno garantito l'assistenza sanitaria della popolazione. Un ammalato grave, bisognoso di un intervento urgente, deve sborsare prima dell'operazione, centinaia di migliaia di franchi CFA al chirurgo, anticipare 20.000 franchi per il letto e, incredibile ma vero, provvedere a comperarsi tutto l'occorrente per l'intervento e la degenza, dal bisturi al cotone, dagli anestetici ai disinfettanti, dall'ago ai calmanti. Ovviamente moltissimi muoiono per non aver mai guadagnato, in tutta la loro vita tribale, il denaro sufficiente per un solo giorno di assistenza sanitaria.
E' vero che il sesso in Africa è concepito e vissuto in maniera diversa rispetto a noi? Il seno femminile, legato alla maternità, è una zona meno erotica, per esempio, della caviglia che le africane coprono con un pagne lungo fino ai piedi. Ma allora da dove deriva il fascino che esercitano sugli occidentali e che incrementa il turismo sessuale e la prostituzione? I sociologi sostengono che l'uomo ricerca costantemente la differenza assoluta e può trovare l'erotismo nel colore della pelle, nelle forme, negli odori, nel comportamento, nell'uso naturale del suo corpo, nella generosità fisica che in Europa, censurata da tradizioni morali, sociali e religiose, non esiste. In Africa, la sessualità non ha bisogno di trasposizioni, né l'erotismo di essere raccontato, descritto o sublimato nell'arte. La prostituzione prospera e viene esportata in Europa attraverso traffici ben organizzati, mentre in certi paesi africani ha assunto le dimensioni di un fenomeno sociale. Molti giovani del Camerun e della Costa d'Avorio erano convinti che l'aids fosse un'invenzione dei bianchi e il preservativo una loro trovata commerciale di stampo paternalista e neocolonialista. La Costa d'Avorio fa parte dei cinque paesi africani maggiormente contagiati. Nel 1993 vi erano 640.000 sieropositivi per una popolazione di 12.000.000 di abitanti. Nel 2000 hanno superato il milione.
Proseguendo la mia indagine nello scempio che l'aids compie fra le popolazioni delle foreste africane appurai che tra i popoli sospettati di costituire dei serbatoi potenziali di virus, figurano i Pigmei, che abitano numerosi nella Repubblica Centrafricana. Presso di loro il virus non esiste, come dimostra un'inchiesta condotta dal laboratorio di virologia dell'ospedale C. Bernard di Parigi. Su 340 pigmei esaminati, alcuni presentano segni immunologici di un virus vicino all'HIV, ma nessuno è malato. Potrebbero allora essere i portatori sani di un altro virus dell'aids, I frequenti contatti fra i pigmei e le scimmie verdi (Cercopithecus pigerythrus) di cui si nutrono, fa pensare che ci sia un rapporto tra il virus della scimmia e quello dell'aids umano. Infatti dei ricercatori di Nairobi hanno concluso che gli animali sarebbero portatori di un virus molto simile all'HIV. Invece un ruolo importante nella trasmissione dell'aids in Africa è sostenuto dalle prostitute.
Il dottor Wa Wbuyi Nasaka primario di ginecologia presso la maternità di Kinshasa, mi ha detto che i suoi medici non hanno né il sangue per le trasfusioni, né gli antibiotici per arrestare le emorragie alle partorienti; inoltre il 10% delle giovani madri sono sieropositive. Un medico del Benin usò questa frase tremenda " in fondo è meglio che non sappiano la verità, tanto non abbiamo i mezzi per salvarli e, se gli uomini sieropositivi incominciassero a crederci, la loro mentalità li spingerebbe a contaminare tutti gli altri per non essere soli a morire ".
Il fatalismo aiuta gli africani a morire, secondo quanto mi confessò anche il dottor Musougela di Kinshasa, ma l'assenza di mezzi impedisce ai medici di salvarli anche quando sarebbe possibile. Basta constatare che il costo medio annuale di un sieropositivo in Francia o negli Stati Uniti equivale al bilancio del più grande ospedale dello Zaire. E nello Zaire c'è ancora chi muore per una semplice diarrea, dato che i medici africani sono nell'impossibilità di diagnosticarne le cause.