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II. EXPORT COME POSSIBILE VIA PER ALLARGARE LE POSSIBILITÀ DI SVILUPPO.
La via dell'export può essere infatti un passo obbligato ed allo stesso tempo un'occasione per tentare di uscire dalla trappola del basso sviluppo in cui si trova la Sardegna.
Entrando in contatto con altre realtà esiste l'opportunità sia di acquisire nuove tecnologie, una boccata d'aria fresca per quei settori endogeni, legati moltissimo a una produzione e a una commercializzazione tradizionale, sia di beneficiare degli effetti che produrrebbe l'ampliamento della domanda sull'apparato produttivo locale.
Facendo un passo indietro, diciamo che la Sardegna già si trova da tempo in una situazione di apertura verso i mercati internazionali.
Di questa apertura però non si è saputo approfittare appieno visto che per lungo tempo, ed ancora oggi, continuiamo a subire la concorrenza estera.
Secondo l'ICE il grado di apertura della Sardegna si trova ben al di sotto della media nazionale, con un valore di quasi 40, posto 100 il dato nazionale.
Il Mezzogiorno si trova ad un livello un po' più alto, ma comunque sotto il grado di apertura nazionale.
Il grado di apertura sui mercati esteri è calcolato come rapporto tra esportazioni e valore aggiunto al costo dei fattori dell'industria in senso stretto (esclusa l'edilizia).
Tab.1 Grado di apertura sui mercati esteri.1995
Nord- ovest 119,0
Nord- est 117,4
Centro 88,6
Mezzogiorno 48,7
Sardegna 39,7
Italia 100,0
Fonte: elaborazione di dati Istat dell'Osservatorio econ.- finanz .della Sardegna
In generale un'azienda esporta sia per ampliare il mercato, vista l'insufficienza di quello locale, sia per acquisire nuove conoscenze tecnologie (che presuppone rapporti più stabili e più duraturi).
2.1 Export settoriale
L'intero Mezzogiorno ha avuto in questi ultimi 15 anni dei cambiamenti strutturali, che ne hanno modificato sia le specializzazioni settoriali, a vantaggio proprio di quei settori più naturali, sia le differenti performance delle regioni.
L'abbandono delle politiche a sostegno della grande industria ha fatto emergere altri settori esportatori, confermando la tesi dell'effetto spiazzamento di queste politiche.
Per vedere quali sono le modifiche strutturali delle esportazioni nel Mezzogiorno è conveniente suddividere il periodo analizzato in tre sotto- periodi: dal 1985 al 1992; dal 1992 al 1995; dal 1995 al 1999 (si veda Bodo G., Viesti G., 1997).
Nel 1985 l'industria del Mezzogiorno esportava circa l'11% sul totale nazionale, soprattutto prodotti della chimica (tab.2) quasi il 40% del totale export del Sud, nei beni agricoli e alimentari (soprattutto farina e conserve) ed un po' meno nella metallurgia e nei mezzi di trasporto.
Molto bassa risulta la specializzazione nelle industrie tessili, macchine ed apparecchi, così pure nell'abbigliamento e nella meccanica di precisione.
L'Italia, invece, appariva nel complesso specializzato nei suoi settori tradizionali, quali la meccanica, beni di consumo, mezzi di trasporto, cioè quei beni definiti come made in Italy.
Tab.2 Esportazioni del Mezzogiorno e Italia. 1985 (in mld. di lire)
1985
Valore Mezz. % Valore Italia % I.S.*
Agricoltura e pesca 1553 9.0 3835 2.6 3.47
Industrie alimentari 1591 9.2 7523 5.1 1.80
Industrie tessili 205 1.2 13424 9.1 0.13
Industrie del vestiario ed affini 334 2.0 5606 3.8 0.53
Calzature, pelli, cuoio 860 5.0 10179 6.9 0.72
Industrie del legno e sughero 166 1.0 3983 2.7 0.37
Industrie metallurgiche 1799 10.4 12539 8.5 1.22
Macchine ed apparecchi 853 4.9 25668 17.4 0.28
Meccanica di precisione 104 0.6 5753 3.9 0.15
Mezzi di trasporto 1517 8.8 14162 9.6 0.92
Ind. trasf. Minerali non metalliferi 424 2.5 5753 3.9 0.64
Chimiche 6869 39.9 19620 13.3 3.00
Altri 955 5.5 19325 13.1 0.42
Totale 17230 100 147517 100
Fonte: elaborazione su dati Ice- Istat
*settore sul totale Mezz./settore sul totale Italia
Durante il periodo che va dal 1985 al 1992 il Mezzogiorno sembra soffrire più del resto dell'Italia degli effetti dell'apprezzamento della lira, amplificati dal quasi totale abbandono della politiche a sostegno della grande industria di base.
Infatti mentre l'Italia nel suo complesso aumenta l'export del 46,6%, il Mezzogiorno presenta un aumento percentuale di neanche l'11%(tab.5).
Se però guardiamo all'interno di queste cifre, scopriamo che questo calo dipende soprattutto dai prodotti della chimica (-24,4%), delle industrie metallurgiche (-40,3%) e in misura minore dai prodotti agricoli (-9,4%).
Tab.3. Esportazioni del Mezzogiorno e Italia. 1992 (in mld. di lire)
1992
Valore Mezz. % Valore Italia % I.S.*
Agricoltura e pesca 1410 7.4 4446 2.0 3.7
Industrie alimentari 2032 10.6 11730 5.3 2.0
Industrie tessili 374 2.0 19231 8.8 0.2
Industrie del vestiario ed affini 534 2.8 9004 4.1 0.7
Calzature, pelli, cuoio 1280 6.7 11902 5.4 1.2
Industrie del legno e sughero 457 2.4 6674 3.0 0.8
Industrie metallurgiche 1075 5.6 13882 6.3 0.9
Macchine ed apparecchi 1076 5.6 45787 20.9 0.3
Meccanica di precisione 178 0.9 8304 3.8 0.2
Mezzi di trasporto 3615 18.9 24343 11.1 1.7
Ind. Trasf. Minerali non metalliferi 557 2.9 8960 4.1 0.7
Chimiche 5193 27.2 22715 10.4 2.6
Altri 1343 7.0 32451 14.8 0.5
Totale 19127 100 219436 100
Fonte: elaborazione su dati Ice- Istat
*settore sul totale Mezz./settore sul totale Italia
Nei settori del tessile, abbigliamento, calzature- pelli- cuoio, legno- sughero, nella meccanica di precisione e nei mezzi di trasporto, la crescita è superiore, in alcuni casi di moltissimo, rispetto alla media nazionale (tab.5).
Tab.4. Esportazioni del Mezzogiorno e Italia. 1995 (in mld. di lire)
1995
Valore Mezz. % Valore Italia % I.S.*
Agricoltura e pesca 2263 6.4 7084 1.9 3.4
Industrie alimentari 3477 9.8 19112 5.0 2.0
Industrie tessili 865 2.4 29833 7.8 0.3
Industrie del vestiario ed affini 1282 3.6 15610 4.1 0.9
Calzature, pelli, cuoio 2779 7.9 20230 5.3 1.5
Industrie del legno e sughero 1577 4.5 12350 3.2 1.4
Industrie metallurgiche 1912 5.4 25771 6.8 0.8
Macchine ed apparecchi 2665 7.5 81775 21.5 0.3
Meccanica di precisione 1051 3.0 14221 3.7 0.8
Mezzi di trasporto 6502 18.4 42769 11.2 1.6
Ind. Trasf. Minerali non met. 943 2.7 15312 4.0 0.7
Chimiche 6870 19.5 38954 10.2 1.9
Altri 3123 8.8 58163 15.3 0.6
Totale 35308 100 381175 100
Fonte: elaborazione su dati Ice- Istat
*settore sul totale Mezz./settore sul totale Italia
In questi anni cambia notevolmente la struttura esportatrice del Meridione, da una parte a causa del cambiamento drastico delle politiche di sostegno alla grande industria, dall'altra per una maggiore vivacità dei settori formati da piccole e medie imprese soprattutto a capitale privato.
Questa tendenza viene confermata anche nel triennio successivo (1992-95), in cui aumenta anche il numero delle imprese esportatrici.
Aiutato anche dalla svalutazione della lira le esportazioni del Mezzogiorno (+ 84,6%) crescono più della media Italiana (+ 73,7%)(tab.5).
Continua a calare la quota della chimica, che cresce molto meno del totale nazionale e la metallurgia.
Tab.5. Tassi crescita settoriali esportazioni del Mezzogiorno e Italia.1985-1992-1995 (in mld. di lire)
Mezzogiorno Italia
92/85 95/92 92/85 95/92
Agricoltura e pesca -9.4 60.5 12.6 59.3
Industrie alimentari 27.3 71.1 52.4 62.9
Industrie tessili 78.1 131.3 41.7 55.1
Industrie del vestiario ed affini 59.4 140.1 57.8 73.4
Calzature, pelli, cuoio 48.8 117.1 14.8 70.0
Industrie del legno e sughero 175.3 245.1 65.6 85.0
Industrie metallurgiche -40.3 77.9 8.7 85.6
Macchine ed apparecchi 26.1 147.7 75.6 78.6
Meccanica di precisione 71.1 490.4 41.4 71.2
Mezzi di trasporto 52.0 79.9 68.9 75.7
Ind. Trasf. Minerali non met. 31.4 69.3 53.6 70.9
Chimiche -24.4 32.3 14.5 71.4
Altri 40.0 132.5 65.6 79.2
Totale 10.9 84.6 46.6 73.7
Fonte: elaborazione ICE su dati ISTAT
Crescono moltissimo la meccanica di precisione, soprattutto in Abruzzo, le industrie del legno e del sughero, macchine ed apparecchi, soprattutto in Campania e Puglia, abbigliamento, il tessile, calzature, cuoio e pelli. In genere si riconferma la buona crescita di tutti i sistemi manifatturieri Meridionali.
Per quanto riguarda i paesi di destinazione, nel Meridione si esporta soprattutto nel Nord America, nel Medio Oriente, anche se in diminuzione e in Africa; poco negli altri paesi sviluppati.
In sostanza si hanno dei cambiamenti strutturali della specializzazione produttiva del Mezzogiorno, con meno industria di base e più prodotti del made in italy.
In seguito vedremo come a questo aspetto si legano altre trasformazioni, come la modificazioni dei sistemi produttivi e la formazione di sistemi distrettuali che favorisce l'aumento del numero delle imprese che si rivolgono all'estero.
2.2 Export Regionale.
Nel periodo che va dal 1985 al 1999, oltre che nella composizione per settori il Mezzogiorno ha avuto dei grossissimi cambiamenti anche per quanto riguarda le quote di export per regioni.
Da una parte alcune hanno avuto una straordinaria crescita assoluta e relativa: Abruzzo, Molise, Basilicata, con tassi di crescita largamente superiori al dato nazionale e Meridionale; Campania e Puglia mantengono le posizioni di leader del Mezzogiorno, arrivando ad esportare da sole più del 50% del totale nel 1999.
Deludenti le prestazioni di Calabria (quasi inesistenti), Sicilia e Sardegna, che vedono diminuire le loro quote sul Mezzogiorno con una performance molto al di sotto della media Nazionale e Meridionale.
Tab.6. Esportazioni delle regioni Meridionali (valori in mld.)
Export Var.% Reg./Mezz.
1985 1992 1995 1999 99/85 1985 1999
Abruzzo 1.325 2.551 6.754 7.425 560,0 7,7 17,5
Molise 118 242 744 936 793,0 0,7 2,2
Campania 4.121 5.371 9.171 12.316 298,9 23,9 29,1
Puglia 4.040 4.471 8.809 9.483 234,7 23,4 22,4
Basilicata 106 306 790 2.135 2014,1 0,6 5,0
Calabria 254 310 354 438 172,4 1,5 1,0
Sicilia 4.935 4.079 5.375 6.584 133,4 28,6 15,6
Sardegna 2.351 1.796 2.709 3.039 129,3 13,6 7,2
MEZZOG. 17.249 19.127 34.705 42.356 245,6 100 100
ITALIA 147.517 215.958 376.786 418.750 283,9
Fonte: Istat
Alcuni dati non coincidono con i dati totali dell'export settoriale per le diversità delle fonti
Anche in queste tre regioni, tuttavia, aumenta il numero delle imprese esportatrici.
Per capire meglio le motivazioni di queste differenze regionali, occorre analizzare quelle che sono le rispettive specializzazioni settoriali, prendendo il dato del 1995 come indicativo delle tendenze avviate(tab.7, 8).
Tab.7 Export Regionale per settore 1995 (in mld.)
Abr. Mol. Camp. Pugl. Basil. Calab. Sicil. Sard. Sud
Agricoltura e pesca 102 4 423 950 58 68 584 12 2.201
Industrie alimentari 266 61 1.610 628 38 42 463 258 3.366
Industrie tessili 194 45 145 291 84 21 31 24 835
Abbigliamento 296 210 296 394 2 16 18 2 1.234
Calzature, pelli, cuoio 198 4 1.213 1.289 0 1 12 3 2.721
Ind. Legno e sughero 159 1 158 1.112 82 6 15 27 1.561
Ind. Metallurgiche 131 7 198 1.361 2 10 132 54 1.896
Macch. ed apparecchi 401 29 1.011 898 45 55 150 57 2.647
Mecc. di precisione 652 0 277 19 1 2 22 6 979
Mezzi di trasporto 2.403 17 1.937 777 203 12 1.061 44 6.456
Prod. Min. non met. 372 1 240 118 12 2 120 59 925
Chimiche 342 313 988 507 236 85 2.342 2.017 6.830
Altri manufatti 569 50 674 466 26 32 424 145 3.054
Totale 6.754 744 9.171 8.809 790 354 5.375 2.709 376786
Fonte: elaborazione Bodo-Viesti su dati Ice-Istat
Tab.8. Composizione dell'export settoriale per Regionale. 1995 (in mld.)
Abr. Mol. Camp. Pugl. Basil. Calab. Sic. Sard. Sud
Agricoltura e pesca 4,6 0,2 19,2 43,2 2,6 3,1 26,5 0,5 100
Industrie alimentari 7,9 1,8 47,8 18,7 1,1 1,2 13,8 7,7 100
Industrie tessili 23,2 5,4 17,4 34,9 10,1 2,5 3,7 2,9 100
Abbigliamento 24,0 17,0 24,0 31,9 0,2 1,3 1,5 0,2 100
Calzature, pelli, cuoio 7,3 0,1 44,6 47,4 0,0 0,0 0,4 0,1 100
Ind. Legno e sughero 10,2 0,1 10,1 71,2 5,3 0,4 1,0 1,7 100
Ind. Metallurgiche 6,9 0,4 10,4 71,8 0,1 0,5 7,0 2,8 100
Macch. ed apparecchi 15,1 1,1 38,2 33,9 1,7 2,1 5,7 2,2 100
Mecc. di precisione 66,6 0,0 28,3 1,9 0,1 0,2 2,2 0,6 100
Mezzi di trasporto 37,2 0,3 30,0 12,0 3,1 0,2 16,4 0,7 100
Prod. Min. non met. 40,2 0,1 25,9 12,8 1,3 0,2 13,0 6,4 100
Chimiche 5,0 4,6 14,5 7,4 3,5 1,2 34,3 29,5 100
Altri manufatti 18,6 1,6 22,1 15,3 0,9 1,0 13,9 4,7 100
Totale 19,5 2,1 26,4 25,4 2,3 1,0 15,5 7,8 100
Fonte: elaborazione Bodo-Viesti su dati Ice-Istat
L'Abruzzo appare specializzata nella produzione di mezzi di trasporto, meccanica di precisione, macchine ed apparecchi, settori che sfruttano le economie di scala della grande impresa; esporta comunque anche beni dell'abbigliamento, alimentari, che non necessitano di una produzione su larga scala.
Il Molise, regione in cui stanno costituendosi dei sistemi distrettuali, appare specializzato nell'abbigliamento e nelle chimiche.
Discorso a parte per la Campania, che ha buone esportazioni in diversi settori; alimentari (soprattutto relative all'industria conserviera), ma anche calzature, pelli, macchine ed apparecchi, mezzi di trasporto e chimiche.
Stesso discorso per la Puglia, con la differenza che la chimica ha una importanza relativamente minore, a favore di settori metallurgici e dell'industria del legno (in particolare dei mobili).
La Basilicata deve il suo successo soprattutto ai mezzi di trasporto degli impianti della FIAT.
Importanti per questa regione anche le esportazioni della chimica e del legno.
Specializzate nella chimica anche Sardegna e Sicilia, che esportano inoltre prodotti alimentari e agro- alimentari; quest'ultima ha un notevole successo anche nei mezzi di trasporto.
Quasi inesistenti, come dicevamo, le esportazioni della Calabria, specializzato in chimiche e prodotti dell'agricoltura.
Questa tendenza, costante per tutto il periodo, fa emergere una notevole differenziazione all'interno dello stesso Mezzogiorno, da cui potrebbero scaturire, eventualmente, differenti politiche economiche.
2.3 Dimensione aziendale e export.
Da una ricerca Ice (tab.9) emerge che nel 1996 in Italia operavano 175.005 imprese esportatrici, di cui 18.986 Meridionali.
Elemento importante è che dividendo le aziende in classi per quantità di export si nota che circa il 93% delle imprese esportatrici si trova nelle prime due categorie, dove sono situate imprese che esportano da 0-50 milioni (50%) e 50 mil.- 3,5mld (43%) (tab.10).
Tab.9. Distribuzione delle imprese esportatrici del Mezzogiorno per classi dimensionali di fatturato all'export
1992 1996
0-50 mil 50mld-3,5 mld 3,5mld-15mld Oltre 15mld Totale 0-50 mil 50mld-3,5 mld 3,5mld-15mld Oltre 15mld Totale
Abruzzo 834 593 74 20 1.521 1.173 841 114 32 2.160
Molise 83 71 5 5 164 136 76 9 9 230
Campania 2.503 1.696 140 46 4.385 3.873 2.386 217 72 6.548
Puglia 1.967 1.362 133 30 3.492 2.789 1.958 159 29 4.935
Basilicata 70 65 9 4 148 133 105 12 6 256
Calabria 264 163 4 4 435 498 245 9 3 755
Sicilia 1.256 770 44 17 2.087 2.105 1.150 78 13 3.346
Sardegna 322 156 14 11 503 503 225 16 12 756
Mezzog. 7.299 4.876 423 137 12.735 11.210 614 614 176 18.986
Italia 87.736 69.335 7.237 2.192 166.500 87.406 75.246 9.296 3.057 175.005
Fonte: elaborazione ICE su dati Istat
Tab.10. Peso % delle diverse classi sul totale. Anno 1996
0-50 mil 50 mil-3,5mld 3,5 mld-15 mld Oltre 15mld Totale
Abruzzo 0,54 0,39 0,05 0,01 1,00
Molise 0,59 0,33 0,04 0,04 1,00
Campania 0,59 0,36 0,03 0,01 1,00
Puglia 0,57 0,40 0,03 0,01 1,00
Basilicata 0,52 0,41 0,05 0,02 1,00
Calabria 0,66 0,32 0,01 0,00 1,00
Sicilia 0,63 0,34 0,02 0,00 1,00
Sardegna 0,67 0,30 0,02 0,02 1,00
Mezzog. 0,59 0,37 0,03 0,01 1,00
Italia 0,50 0,43 0,05 0,02 1,00
Fonte: ICE
Sicuramente l'altissima percentuale delle piccole e medie imprese esportatrici è sintomatico di un notevole dinamismo da parte di queste aziende e di quei sistemi produttivi in cui si trovano localizzate.
Se guardiamo poi il numero delle nuove imprese esportatrici scopriamo che su 8.500 nuove aziende in Italia ben 6.200 ( il 72% del totale nuove imprese) sono del Mezzogiorno.
Se però si vedono i dati nazionali (tab.11) dei valori percentuali esportati nel 1998 per classe, scopriamo che le prime due assieme esportano neppure il 14% del totale (la prima classe addirittura solo lo 0,3%), mentre l'ultima esporta più del 65% del totale.
Tab.11. N. imprese ed esportazioni % in mld. di lire delle imprese italiane divise per classi di ricavo
0-50 mil. 50 mil.- 3,5 mld. 3,5 mild.- 15 mld. Oltre 15 mld.
Impr. Val. Impr. Val. Impr. Val. Impr. Val. Tot.
1994 49,15 0,36 43,15 15,22 5,74 22,54 1,97 61,88 100,00
1998 46,81 0,30 44,84 13,82 6,06 20,27 2,28 65,61 100,00
Fonte: Ice
In più la situazione appare in lieve peggioramento sia per quanto riguarda il numero di imprese, che per i ricavi, in calo dal 1994 al 1998 per la prima classe.
La Sardegna non fa eccezione a questa regola, ed anzi nel 1996 quasi il 67% delle aziende si collocavano nella prima fascia, con un valore superiore all'Italia e al Mezzogiorno.
Questo è dovuto in larga parte al fatto che nell'isola e nel Mezzogiorno scarseggiano le grandi imprese.
Escludendo le industrie di base, ad esportare sono soprattutto piccole imprese individuali, a conduzione familiare e con un mercato prevalentemente locale.
La presenza all'estero di questo gran numero di piccole aziende è un fatto sicuramente positivo.
Queste imprese potrebbero sviluppare competenze e connessioni con altre imprese locali, favorendo la nascita di contesti locali di tipo distrettuale, che permettono una buona flessibilità alle variazioni della domanda estera e permettono di sfruttare le economie esterne generate dal sistema di imprese.
In Sardegna prevale ancora l'aspetto individuale e le imprese sono poco integrate fra loro.
Non si riesce a penetrare nei mercati esteri per la mancanza di cooperazione ed individualmente lo sforzo singolo appare troppo grande, specie se l'apparato produttivo e commerciale non è competitivo, e se teniamo conto del fatto che esportare comporta molte più incertezze (quindi più costi per la raccolta di informazioni).
Marketing e commercializzazione sono sempre di più punti fondamentali per poter esportare.
La maggioranza delle piccole imprese preferisce indirizzare i nuovi investimenti verso la produzione piuttosto che verso la commercializzazione ed il marketing.
Le aziende, sarde e Meridionali, sono bravissime a produrre, almeno se si guarda a quelli che sono i prodotti tradizionali di qualità, ma poi bisogna anche vendere nel mercato globale e le Pmi hanno grosse difficoltà a fare investimenti per l'export, sia per limiti storico- culturali, nonché geografici, sia per i costi non accessibili a singole imprese.
Se poi andiamo a vedere la stabilità con la quale le aziende operano fuori dal territorio nazionale, scopriamo che se l'86,7% delle grandi imprese che esportavano nel 1996 erano già presenti nel 1992, solo il 19% delle piccole esportavano già nel 1992 (tab.12).
Questo sembrerebbe dovuto al fatto che in genere le grandi imprese elaborano strategie in base ad un orizzonte temporale più lungo rispetto alle piccole, il che permette l'instaurarsi di rapporti più duraturi con i clienti e con altre imprese, anche allo scopo di raccogliere informazioni riguardo a nuove tecnologie o mercati.
Tab.12. Numero di imprese esportatrici per classi nel 1996 ed anno di entrata nei mercati esteri.
Anno di esordio 0-50 mil. 50 mil.- 3,5 mld. 3,5 mild.- 15 mld. Oltre 15 mld. Totale
1992
% su tot. classe 16.645
19,0 44.032
58,5 7.859
84,5 2.651
86,7 71.187
40,7
1993
% su tot. classe 6.468
7,4 7.141
9,5 451
4,9 118
3,9 14.178
8,1
1994
% su tot. classe 7.235
8,3 6.170
8,2 397
4,3 114
3,7 13.916
8,0
1995
% su tot. classe 15.714
18,0 8498
11,3 367
3,9 110
3,6 24.680
14,1
1996
% su tot. classe 41.344
47,3 9.414
12,5 222
2,4 64
2,1 51.044
29,2
Totale 87.406
100,0 75.246
100,0 9.296
100,0 3.057
100,0 175.005
100,0
Fonte: Ice
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