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comune di Oristano Regione
Sardegna
C.R.S.4.
Progetto Sardegna 2000
- Coordinatore:
Corona Giacomo.
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- Collaborazione nella rielaborazione testi e
immagini > " Classe 16 - 18 ":
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Flore M., Fulgheri A.M. & E., Palmas A. & S., Pinna R.,
Rundeddu F., Soddu D. & R., Spiga S.
- La grande
storia della città di Oristano
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- DAI PRIMI GIUDICI ALLA FINE
DEL GIUDICATO…
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- Cronologia
della dinastia dei giudici ( tab. n° 1 ) - foto di F.C. Casula
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- Cronologia
della dinastia dei giudici ( tab. n° 2 ) - foto di F.C. Casula
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- 1. IL REGNO DI ARBOREA: I PRIMI
SOVRANI.
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- Si
presume che il regno sia sorto intorno al 900 come germinazione dal regno di
Torres, per cui non desta meraviglia se il primo “giudice” di Arborea che
compare alla storia, sia stato il logudorese Gonnario-Comita de Lacon-Gunale, re
— forse a diverso titolo — di entrambi gli Stati durante il
delicato periodo dell’invasione musulmana di Mugiâhid nel 1015/16 e nel
1018-1026.
- Gli
successe Torchitorio-Barisone I il quale, verso il 1065 —pensiamo
—, dovette lasciare l’Arborea al figlio Mariano I de Lacon-Zori per
prendere la reggenza del regno di Torres in nome del nipote minorenne, chiamato
anch’egli Mariano, rimasto orfano di Andrea Tanca.
- Dopo
Mariano I de Lacon-Zori regnò sulla valle del Tirso Orzocco I, marito di Nibata,
colui che nel 1070 spostò ufficialmente la capitale giudicale da Tharros a
Oristano.
- Lo
seguì il “giudice” Torbeno, autore della prima pergamena cancelleresca
citata; e, infine, Orzocco II, sposato con Maria de Orrù figlia
del “giudice di fatto” Comita I.
- Con
lui, morto senza eredi, terminò la casata.
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- 2. IL REGNO DI ARBOREA: I
SOVRANI DELLA FAMIGLIA LACON-SERRA.
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- Si
suppone che, intorno al 1102, il regno sia passato a Gonnario de Lacon-Serra
originario di Torres, cognato di Orzocco II tramite la moglie Elena de Orrù.
- A
Gonnario successe Costantino I, di cui si ricorda aver donato verso il 1110
l’antico santuario della Vergine di Bonarcado ai Benedettini di Camaldoli
affiliati a S. Zenone di Pisa, e l’altrettanto antica chiesa di S. Lussorio
presso Fordongianus ai Benedettini — pare, ma non è certo — di S.
Vittore di Marsiglia.
- A
lui, dopo una serie di “giudici di fatto”chiamati Orzocco III e Comita II,
successe il figlio Comita III che strinse stretti rapporti diplomatici con
Genova arrivando a cedere la chiesa oristanese di San Pietro di Claro (zona
dell’attuale cimitero) alla cattedrale genovese di San Lorenzo.
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- 3. IL REGNO DI ARBOREA: COMITA
III DE LACON-SERRA.
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- Comita
III fu il primo sovrano arborense con mire imperialiste —
forse giustificate da diritti dinastici provenientigli dal nonno —
rivolte verso il Logudoro in piena crisi politica durante l’esilio
a Pisa del “giudice” minorenne Gonnario II.
- Per
attuare il suo disegno, nel 1131 chiese aiuto a Genova, rivale di Pisa, in
cambio della metà delle miniere d’argento del proprio regno ( “medietatem
montium in quibus invenitur veua argenti in toto regno meo’) e
della promessa della quarta parte di quelle del regno di Torres qualora l’avesse
occupato (“cum adquixiero regnum Turris”).
- Ma
il primo attacco fu respinto da Gonnario Il tornato ad Ardara coi suoi
potenti parenti Ebriaci, e, nel 1133, dovette firmare una tregua.
- Cinque
anni dopo Comita III riprovò ad invadere il Logudoro suscitando le
ire dell’arcivescovo di Pisa che, nel 1139, lo scomunicò dichiarandolo
«nemico del popolo pisano e degli altri giudici». Questo portò alla
precaria pace del1144.
- Due
anni più tardi il sovrano di Oristano morì, lasciando il trono al figlio
Barisone I, il più sfortunato ed interessante personaggio di tutta la
storia dell’Arborea del XII secolo.
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- 4. IL REGNO DI ARBOREA: BARISONE
I DE LACON-SERRA.
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- Barisone
I era sposato con Pellegrina de Lacon ed aveva cinque figli, di cui ci
interessano: Pietro perché gli successe nel 1185 (lemma 7), Susanna
perché moglie di un figlio — pare — di Comita Spanu
di Gallura, Sinispella perché dal suo primo matrimonio con Ugo-Poncio de
Cervera ebbe origine la secolare casata dei Bas di Arborea (lemma 8)
e, dal secondo con Comita di Torres, discesero le ultime due generazioni di
sovrani logudoresi.
- Con una simile rete di
parentele si comprende perciò come nel 1146, appena salito al trono, il
“giudice” abbia potuto convocare una conferenza internazionale sarda in
occasione della consacrazione della nuova chiesa camaldolese di S. Maria di
Bonàrcado, per discutere una pace generale. Accettarono l’invito
l’arcivescovo di Pisa, Villano, legato pontificio, ed i tre sovrani di Calari,
Torres e Gallura.
- La
concordia durò circa quindici anni. Ma nel mentre covava nell’animo di Barisone
I un progetto panarborense di conquista totale della Sardegna denunciato
dal famoso sigillo “sardista”, forse alimentato da Genova che per un
più largo consenso mediterraneo aveva accreditato il suo protetto alla corte di
Barcellona.
- Così,
nell’ottobre del 1157, ripudiata Pellegrina de Lacon, Barisone I sposava la
sterile Agalbursa, figlia di Poncio de Cervera visconte di Bas (nella
regione catalana di Olot) e della principessa Almodis, sorella di
Raimondo-Berengario IV conte di Barcellona e re designato della Corona
d’Aragona.
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- 5. IL REGNO DI ARBOREA: BARISONE I RE
NOMINALE Dl SARDEGNA.
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- La
dichiarazione di guerra a Pisa da parte di Genova il 19 giugno 1162, ruppe
gli equilibri politici anche in Sardegna.
- Nel
1163 Barisone I di Arborea appoggiò un non bene identificato pretendente
filoligure al trono di Calari; e invase il “giudicato” costringendo il
legittimo sovrano Pietro- Torchitorio III a rifugiarsi presso il fratello
Barisone II di Torres.
- Però
il 2 marzo dell’anno successivo dovette subire il contrattacco dei due re uniti
con gli zii pisani Ebriaci, giunti ad assediare il castello e il borgo di
Cabras, in riva allo stagno omonimo.
- Allontanato
il pericolo, Barisone I si affidò ancora a Genova per ottenere dall’imperatore
Federico I Barbarossa la qualifica di “re di Sardegna” (“rex
Sardiniae’) che gli avrebbe dato una base giuridica per condurre una
guerra imperialista di unificazione dell’Isola con l’appoggio tacito o
palese dei ghibellini europei.
- Era
la prima volta che nel Medioevo veniva creato per la Sardegna un simile
titolo da parte del potere laico, secondo la dottrina del verus Imperator (=
l’Imperatore unico padrone del mondo), di nessun valore pratico se poi non
era sostenuta con la forza.
- Anche
il Papato, rifacendosi alla famigerata donazione di Costantino creava
spesso regni teorici in Italia e altrove, alcuni senza fortuna altri con
destino plurisecolare come quello che, purtroppo, interesserà la nostra
Isola dal 1297 in poi.
- Barisone
I fu incoronato re nominale di Sardegna — chi dice il 3 chi
dice il 10 agosto 1164 — nella cattedrale di S. Siro a Pavia,
in cambio di 4.000 marchi d’argento anticipati dal Comune di Genova, e
l’impegno a versare un censo annuo all’Imperatore per vassallaggio.
Disgraziatamente, non riuscì a rifondere subito il grosso debito ed i Genovesi
lo tennero in ostaggio, nella loro città, per sette anni. In sua assenza resse
l’Arborea, con molte difficoltà, la regina Agalbursa.
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- 6. IL REGNO DI ARBOREA: MORTE DI BARISONE I
DE LACON-SERRA.
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- Tornato
in patria nel 1172, Barisone I tentò, senza successo, di realizzare ancora con
le armi l’antico sogno imperialista di unità delle genti sarde, non da
tutti accettato. Forse per questo, non potendo contare né su Genova né su Pisa,
in pace fra loro dal 6 novembre 1175, rinsaldò i legami con la Corona d’Aragona
dando in sposa nel 1177 la figlia di primo letto, Sinispella, al cognato
Ugo-Poncio de Cervera divenuto visconte di Bas, dalla cui unione nacque, l’anno
dopo, Ugone I (lemma 4).
- Nel
1180 attaccò nuovamente il “giudicato” di Calari ma fu respinto.
- Negli
ultimi tempi si diede ad opere pie ed alla bonifica del territorio, concedendo
ai Benedettini di Montecassino la chiesa di S. Nicola di Gurgo o Burgo, presso
Oristano, e la libertà di pesca negli stagni di Santa Giusta, di
Cabras (Mar’e Pontis) e di Mistras nel Sinis. In cambio, nel 1182
chiese all’abate cassinese d’inviargli dodici monaci, «tre o quattro dei
quali — dice la traduzione del documento in latino medioevale —
siano letterati, affinché, se fosse necessario, possano essere eletti
vescovi o arcivescovi, e, inoltre, possano trattare gli affari del nostro regno
sia con la Curia romana che con la Curia imperiale».
- Morì
fra la fine del 1184 ed i primi del 1185, lasciando un trono tutt’altro che
assestato.
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7. IL
REGNO DI ARBOREA: CONDOMINIO FRA PIETRO I DE LACON-SERRA E
UGONE BAS-SERRA.
- Seguendo
la linea generazionale dei Lacon-Serra, la corona de logu intronizzò nel
marzo 1185 il figlio di primo letto di Barisone, Pietro I, contro le pretese
della regina vedova Agalbursa che sosteneva i diritti del nipotino Poncetto
visconte di Bas, passato alla storia col nome di Ugone I (lemma 6).
- Nel
confusissimo periodo che seguì pare che Pietro, per mantenere il trono, si
sia alleato coi Pisani mentre Ugone, tramite la zia Agalbursa ed il re
d’Aragona, si sia alleato coi Genovesi «per recuperare il regno
arborense» (ad recuperandum arborensem regnum»).
- Morta
Agalbursa dopo il 1186, e stipulata una pace fra Pisa e Genova il 7 luglio 1188,
i due contendenti a partire dal 20 luglio 1192 si accordarono sotto l’ègida
genovese per un “con-dominio” che, secondo il Besta, dava ad entrambi la
pienezza dei poteri sovrani senza scindere materialmente l’unità dello Stato,
mentre a noi ricorda il governo plurimo di due imperatori bizantini di cui
soltanto l’Autocràtor Basiléus esercitava il potere effettivo, mentre
l’altro recitava un ruolo del tutto secondario.
- D’altronde,
Ugone I de Bas aveva appena quattordici anni ed era ancora sotto la tutela
di Raimondo de Torrigia.
- Nel
1195 Pietro I de Lacon-Serra fu sconfitto da Guglielmo-Salusio IV di
Calari coadiuvato da Comita di Torres e catturato insieme al figlio
cinquenne Barisone II.
- Il
“condòmino” Ugone I si diede alla fuga con l’arcivescovo Giusto. Oristano
fu occupata e messa a fuoco; la cattedrale distrutta. Guglielmo si fece
incoronare dal clero re del luogo per presunti diritti dinastici «sine
mandatu apostolicae sedis»,
- senza
l’ approvazione della Sede Apostolica, suscitando le ire di Giusto che,
imprigionato
- nel
1199, si appellò a Innocenzo III.
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- 8.
IL REGNO DI ARBOREA: LA DINASTIA DEI BAS-SERRA
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- Ciò
che avvenne dopo è estremamente complicato.
- Pietro
I de Lacon-Serra morì prigioniero a Pisa forse prima del 1204, lasciando il
figlio Barisone II aspirante al regno. Il “condòmino” Ugone I de Bas-Lacon-Serra
sposò nel 1206 Preziosa, figlia di secondo letto di Guglielmo-Salusio IV
di Calari.
- Il
30 ottobre dello stesso anno s’accordò col terribile suocero Guglielmo per
rivedere i confini fra Calari e Arborea cedendogli metà della Marmilla.
- Morì
nel 1211, lasciando anch’egli il figlioletto Pietro II de Bas-Lacon-Serra
pretendente al trono.
- Alla
fine, le cose si aggiustarono così: nel 1214, morto Guglielmo-Salusio
IV, Barisone de Lacon-Serra ne sposò la figlia maggiore di primo letto,
Benedetta, divenendo “giudice” di Calari col nome dinastico di Torchitorio
IV.
- Pietro
II de Bas-Lacon-Serra, fino a quando fu minorenne, regnò assistito da alcuni
luogotenenti (judikes de fattu) in “condominio” con lo zio Mariano
II de Lacon-Gunale, re di Torres, colui che nel 1228 rifece la cattedrale
di Oristano coi picchiotti bronzei ancora oggi custoditi nell’aula capitolare
del duomo, uno recante la scritta onciale AD ONOREM DEI ET BEATE MARIE ET
IUDICIS MARIANI I PLACENTINUS NOS FECIT ET COPERTURA ECCLESIE A.D.
MCCXXVIII.
- Da questa data Pietro II regnò
da solo, mantenendo, oltre a quello dei Serra, il cognome dei Lacon ed il titolo
nominale di visconte di Bas, anche dopo aver venduto il feudo catalano a Simone
Palau nel 1241 (lemma 4).
- Morì quell’anno stesso
lasciando il figlio minorenne, Mariano, natogli dalla seconda moglie Sardinia.
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-
- 9. IL REGNO DI ARBOREA: LA
REGGENZA DI GUGLIELMO DI CAPRAIA.
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- In
attesa che Mariano II, della stirpe dei Lacon-Serra visconti nominali di
Bas (chiamati per comodità Bas-Serra),diventasse maggiorenne, il governo
giudicale fu affidato in reggenza al vecchio zio Guglielmo di Capraia.
- Costui
era figlio di secondo letto di Giacobina, vedova di Pietro I de
Lacon-Serra, lo sfortunato sovrano morto a Pisa, padre dell’altrettanto
sfortunato Barisone- Torchitorio IV di Calari.
- Discendeva,
per parte di padre, dall’illustre famiglia toscana i Burgundione, conti della
rocca indipendente di Capraia, Valdarno, ed era imparentato sia coi Gherardesca
conti di Donoratico che coi Visconti di Pisa.
- Il
29 settembre 1250 pare abbia ottenuto dal papa Innocenzo IV il riconoscimento
della piena sovranità sull’Arborea; ma, evidentemente, senza il consenso della
corona de logu che a suo tempo intronizzerà Mariano II.
- Comunque,
sia che fosse “giudice” di diritto oppure di fatto, nel 1258
partecipò all’abbattimento ed allo smembramento del regno filogenovese di
Calari divenendo Signore della terza parte centrale del territorio
calaritano e, dopo il 1259, combatté contro i Doria per spartirsi il
Logudoro approfittando della scomparsa della “giudicessa” Adelasia e della
prigionia del re Enzo )Hohenstaufen di Svevia.
- All‘assedio
del castello di Burgos nel Goceano, il 20 maggio 63, domenica di Pentecoste, lo
trovò l’arcivescovo di Pisa Federico Visconti durante il suo memorabile viaggio
apostolico attraverso l’irrequieta Sardegna.
- Morì
nel 1264 lasciando un figlio minore, Nicolò, il quale, per quattro anni, fu
affiancato al nuovo legittimo “giudice” Mariano II de Bas-Serra suo tutore.
- Poi, fu estromesso e morì anche
lui fra il 1270 e il 1274.
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- 10. IL REGNO DI ARBOREA: MARIANO
II DE BAS-SERRA.
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- Pur
nella scarsezza di fonti storiche sarde, Mariano II de Bas-Serra signore
della Terza parte centrale del Calaritano, nonché cittadino giurato di
Pisa dal 17 giugno 1265, è un personaggio storicamente definito.
- Innanzitutto
portò avanti con le armi la sue pretese sull’ex “giudicato” di Torres contro
l’invadenza dei Doria, in quanto discendente di Ugone I de Bas-Serra,
fratello uterino del logudorese Mariano II de Lacon-Gunale.
- Nel 1274 lo ritroviamo
addirittura nella Nurra dei Doria dove prendeva, per poco tempo, il
castello di Monforte e lo riattava lasciandovi a ricordo una bella epigrafe
studiata dal nostro collaboratore dott. Giuseppe Spiga, attualmente
conservata nel Museo Archeologico “G.A. Sanna” di Sassari.
- Nel
1277 le sue conquiste furono riconosciute dal pontefice che lo designava
«vicario generale della sacrosanta Chiesa nel regno di Logudoro» («in
regno de Logudoris pro Sacrosanta Ecclesia vicario generali»):
un’ingegnosa formula diplomatica per ricordare il lascito testamentario
giudicale di Adelasia di Torres in favore di San Pietro.
- In
pratica, anche se in nome del Papato, Mariano II di Arborea si annetteva le
ex “curatorie” di Montiferru, Marghine, Goceano, Dore-Orotelli, (Bitti ?),
Monteacuto e Nughedu inferiore (escluso Bisarcio), con i castelli di
Montiferru, Macomer, Burgos, Montezuighe (Ittireddu), Olomene (Pattada) e
Monteacuto, contrapposti a quelli dei Doria signori di quasi tutto il Logudoro
settentrionale.
- Saranno
questi territori ultragiudicali arborensi a provocare dissidi e guerre nel
Trecento, all’epoca dei Catalano-Aragonesi del regno di
“Sardegna e Corsica”.
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- 11.
IL REGNO DI ARBOREA: MORTE DI MARIANO II DE BAS-SERRA.
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- Mariano
II, munito di beneficium cittadinatus, abitò spesso a Pisa, dove aveva
casa-torre all’inizio di Ponte Vecchio («in capite pontis
veteris»), nel tragico periodo di «guerra viva»
degli anni Ottanta.
- Si
era sposato con la figlia di Andreotto Saraceno Caldera, l’ammiraglio della
flotta pisana sconfitta dai Genovesi alla Meloria il 6 agosto 1284,ed era
divenuto fautore del conte Ugolino della Gherardesca quando, nell’estate
del 1287, si era imparentato con lui tramite il matrimonio per verba del
figlio minorenne Giovanni, detto Chiano, con la figlia del conte, Giacomina.
- Anche
dopo la morte del vecchio Ugolino nella Torre della Fame nel marzo
del 1289, Mariano II si mantenne partigiano dei Gherardesca
ugoliniani accasandosi in seconde nozze, nel 1293, con una figlia del ribelle
Guelfo, rifugiato nel Cixerri.
- Senonché,
non si sa il motivo, il 4 gennaio 1295 cambiò politica alleandosi col
Comune di Pisa al quale lasciava in testamento, alla sua morte, il Terzo
centrale del Calaritano (poi ceduto, in pratica, dopo il 1300 e
partecipò con Ranieri della Gherardesca gherardiana e Lupo Villani all’assalto
di Guelfo a Villa di Chiesa (Iglesias).
- Infine,
quando costui, ferito al fianco da una verga sardesca, trovò rifugio nel
suo ospedale arborense di Sette Fonti (oggi Siete Fuentes), sulla strada
per Sassari, lo fece avvelenare dai medici, forse per allargare i propri confini
meridionali all’Argentiera del Cixerri.
- Morì
nel 1297, lasciando il “giudicato” al figlio Giovanni/ Chiano non ancora
diciottenne.
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- 12. IL REGNO DI ARBOREA:
GI0VANNI/CHIANO DE BAS SERRA.
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- Nello
stesso anno in cui moriva Mariano II e saliva al trono di Oristano il figlio
Giovanni/Chiano, ancor giovine inesperto («iuvenis est et nichil
valet»), il papa Bonifacio VIII, per ragioni politiche note,
istituiva un ipotetico regno di “Sardegna e Corsica” e lo infeudava al catalano
Giacomo II il Giusto, re della Corona d’Aragona, dandogli così una
licentia invadendi, cioè il
permesso guelfo di occupare con la forza l’Isola o parte di essa.
- Giovanni,
sentendosi minacciato nel suo Stato, levato il brando esclamò enfaticamente
ma con piena coscienza sovrana:
- «Con
questa spada quelli della mia Casata e i miei predecessori conquistarono il
giudicato e questa terra, ed io con questa spada la difenderà virilmente e
fortemente» (cum isto ense illi de domo mea et predecessores mei
conquistaverunt iudicatum et terram istam, et ego defendam cum isto viriliter
et potenter»,).
- Allorquando,
raggiunta la maggiore età all’ombra del “giudice di fatto” Tosorato degli
Uberti, perfezionò a Pisa il suo matrimonio con Giacomina della
Gherardesca, Giovanni detto Chiano aveva già due figli naturali: Mariano e
Andreotto, natigli da una certa Vera Cappai considerata sua concubina
dalle fonti cattoliche dell’epoca, ma che noi personalmente riteniamo
fosse una sorta di moglie morganatica secondo una tradizione indigena più
volte messa in pratica dai “giudici” sardi.
- Intorno
al 1300 Giovanni dovette rinunciare all’Argentiera del Cixerri in favore del
Comune pisano, e, forse, cedendo il Terzo del Calaritano alienò anche
qualcosa del patrimonio demaniale rompendo il giuramento di
bannus-consensus, per cui, il 23 marzo di un anno imprecisato fra il
1304 e il 1307, fu giustiziato dal popolo in rivolta e sotterrato con la
lingua tagliata (« absque lingue in terra mortuus vilissime
introcessit»).
- Lasciò
la moglie Giacomina incinta di una bambina, Giovanna, nata postuma e
deceduta subito dopo il parto.
- Il
bellissimo sarcofago della piccola Giovanna, in pietra scolpita, scampato
per caso alla sistematica distruzione del nostro passato, è stato portato da
poco a Tramatza, da cui proveniva, dopo essere stato lasciato per circa
quarant’anni nel cortile della Curia arcivescovile di Oristano.
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- 13. IL REGNO DI ARBOREA:
ANDREOTTO E MARIANO DE BAS-SERRA.
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- Sembra
che ora, sul trono di Arborea, siano saliti in “consorte” Andreotto e Mariano de
Bas-Serra, figli naturali di Giovanni/Chiano e di una certa Vera Capai,
riconosciuti anche dal papa («dilectis filiis nobilibus
viri Mariano et Andreocto vicecomitibus de Basso et iudicibus
Arboree»).
- Se
la notizia fosse sicura, sarebbe la prima volta in tutta la storia
giudicale che la corona de Iogu avrebbe permesso che regnassero,
contemporaneamente, due fratelli; perciò, è probabile che il vero re sia
stato uno solo e che l’altro fosse piuttosto un semplice “giudice di fatto” in
periodo di impedimento temporaneo dell’effettivo sovrano.
- Comunque,
sia che governarono sia che regnarono insieme, si sa che
Andreotto e Mariano, l’8 aprile del 1308, comprarono da Franceschino
Malaspina di Mulazzo del ramo dello Spino Secco, e da Corrado Malaspina di
Villafranca, il castello di Serravalle col borgo di Bosa Nuova e tutta la
Planargia e il Costavalle, unendo quelle regioni al territorio
ultragiudicale logudorese già in loro possesso per guadagno politico o per
conquista personale.
- È
indispensabile rimarcare questo particolare per spiegare alcuni importanti
episodi successivi.
- I
“giudici” di Arborea — più come regnanti moderni che come sovrani
medioevali —, distinguendo la propria figura privata da quella pubblica,
potevano acquistare col proprio denaro (peculio) ciò che
volevano: terre e castelli, villaggi e città delle quali tenevano per sé le
rendite e i proventi; potevano intraprendere guerre personali e conquistare
con le proprie masnade (= soldati di professione da essi chiamati e
stipendiati) paesi e contrade per accrescere il proprio patrimonio
familiare. E, su tali beni, i “giudici” erano liberi di agire senza il consenso
della corona de logu, essendo fuori del rennu o demanio
statale.
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- 14.
IL REGNO DI ARBOREA: MARIANO III DE BAS-SERRA.
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- Andreotto
morì intorno al 1309 e suo fratello, Mariano III, rimase solo a
regnare in Oristano. Egli, insofferente all’ingerenza dei Pisani — che nel
1312 l’avevano costretto a comprare dall’imperatore Arrigo VII di Lussemburgo il
riconoscimento dei propri diritti successori ed a sposare per verba
Costanza di Montaealcino contessa di Elci —, ebbe forti simpatie per
i Catalano-Aragonesi ai quali, nel 1314, mandava messaggeri con l’invito a
venire in Sardegna per scacciare i Toscani, e, nel 1315, accoglieva con sfarzo
nella sua reggia oristanese la sorella del re di Cipro, Maria, che si
recava a Barcellona per celebrare le sue nozze con Giacomo II il Giusto,
vedovo da cinque anni di Bianca d’Angiò.
- Mariano
III fu un sovrano premuroso del suo regno, di cui curò la restaurazione di
strade e di ponti, specie del Ponte Grande sul Tirso («in
recuperacione, conservacione, gubernacione Pontis Magni ... secundum
consuetudinem regni Arboree»), e che completò l’opera di
ristrutturazione urbanistica della capitale iniziata dal nonno, con
la cinta muraria, le torri di S. Cristoforo e di S. Filippo sovrastanti la
Port’a Pontis e la Port’a Mari, il nuovo palazzo
arcivescovile e la reggia poi ultimata dai suoi discendenti.
- Forse
Mariano III non perfezionò mai il proprio matrimonio con Costanza di Montealcino
perché convisse — in forma evidentemente morganatica (lemma 12) —
con una certa Padulesa de Serra che gli aveva dato ben sei figli; il
primo dei quali, Ugone, destinato a segnare una svolta importantissima nella
storia sarda, gli successe nel 1321 non senza difficoltà.
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- 15.
IL REGNO Di ARBOREA: UGONE II DE BAS-SERRA.
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- Insidiavano
legalmente il trono di Ugone II Pisani perché, dicevano, «... non
potest de jure succedere quia est bastardus» («non può succedere di diritto
in quanto è bastardo»),appoggiando le rivendicazioni di Giacomina
della Gherardesca, vedova di Giovanni/Chiano (lemma 12), la quale, il 12
febbraio 1329, ricorreva senza esito pratico all’imperatore Ludovico il
Bavaro per riavere i beni patrimoniali del marito (bona feudalia que
tenebat dictus Iohannes tempore quo decessit»).
- Quando
divenne “giudice”, Ugone II era sui 25-26 anni. Come il padre e il nonno si
era accompagnato o unito in matrimonio morganatico con un anonima concubina
che gli aveva dato tre figli: Lorenzo, Angiolesa e Preziosa, scaduti
d’importanza allorché, sposatosi in un anno imprecisato con una
prolifica nobildonna chiamata Benedetta, di casato sconosciuto, gli
nacquero, secondo un nostro calcolo approssimativo: Pietro, il primogenito,
nel 1314-15; Bonaventura, la prima femmina, nel 1317; Mariano, futuro
Mariano IV, nel 1319; Giovanni, lo sfortunato ribelle giudicale, nel 1320;
Nicola, avo dei marchesi di Oristano, nel 1322; Francesco, il canonico, nel
1324; e, infine, Maria nel 1326, con una discendenza anche lei di primo
piano nel panorama politico del nuovo corso storico che si stava aprendo in
Sardegna e nella penisola iberica (lemmi 18, 19, 20).
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- 16.
REGNO DI ARBOREA: L’ALLEANZA COI CATALANO-ARAGONESI.
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-
- All’inizio
della primavera del 1323 Ugone II si alleò con Giacomo II d’Aragona, re
nominale di “Sardegna e Corsica” e ne divenne vassallo tramite la
commendatio persona/is, cioè col giuramento personale di fedeltà e
il censo annuo di 3.000 formi d’oro in cambio del mantenimento dei propri
diritti dinastici e di un’eventuale protezione militare (nel Medioevo, il
vassallaggio fra re era usuale).
- L’11
aprile attaccò con le sue masnade private gli odiati Pisani al confine
meridionale fra Villanovaforru e Sanluri, e chiese subito aiuti a Giacomo II che
il 15 maggio gli inviò tre galere cariche di armati al comando di Gherardo e
Dalmazzo de Rocabertì.
- Era
l’avanguardia del grande corpo di spedizione militare che si andava
apprestando da tempo in Catalogna per conquistare, con l’appoggio personale di
Ugone II, la parte pisana dell’Isola.
- Il
contributo di Ugone II alla realizzazione del regno iberico di “Sardegna e
Corsica” fu determinante, scaturito dall’errato calcolo politico di poter
diventare unico principe sardo, monarca nel suo “giudicato” e
luogotenente del lontano sovrano di Barcellona nei territori tolti di forza
ai Pisani.
- 1113
giugno 1323 il “giudice” consigliò interessatamente l’infante Alfonso
d’Aragona, capo dell’armata d’invasione, di sbarcare a Palma di Sulcis, in agro
“di San Giovanni Suergiu, e di porre per primo l’assedio a Villa di Chiesa
(Iglesias), sua pericolosa nemica nei monti argentiferi di Fluminimaggiore,
la quale si arrese dopo sette mesi e Otto giorni di strenua
resistenza.
- Il
2 marzo 1324 cooperò con tutte le sue soldatesche (ab tot sa
poder») all’assalto di Castel di Castro (Cagliari), che capitolò il
19 giugno 1324 con un trattato, sottoscritto pure da Ugone Il, con cui i Pisani
cedevano ai Catalano-Aragonesi tutti i propri possedimenti coloniali di Calari
e di Gallura, tranne la città capoluogo tenuta in forma feudale.
- Quel
giorno era nato di diritto il regno di Sardegna.
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-
- 17. IL REGNO Dl ARBOREA: MORTE
DI UGONE II DE BAS-SERRA.
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- Ugone
II si mantenne sempre fedele all’alleanza coi re di “Sardegna e Corsica”,
sovrani della Corona d’Aragona, anche quando il 20settembre 1329 scoppiarono le
prime rivolte anti-iberiche a Sassari, che pure si era data spontaneamente
ai Catalano-Aragonesi il 4 luglio 1323 formando col suo distretto il Capo
di Logudoro.
- Coerente con la
propria politica, aveva fatto sposare ben sette dei suoi dieci figli con
altrettanti donzelli e donzelle di nobili famiglie iberiche, dando origine a
grandi e prestigiosi lignaggi della Spagna moderna; aveva imposto ai figli
cadetti, Mariano e Giovanni, un’educazione catalana inviandoli a Barcellona nel
1331, all’età di dodici e di dieci anni, perché studiassero e frequentassero la
corte; nel 1334 aveva acquistato sul continente spagnolo la “villa” di
Molins de Rey, vicino alla capitale della Corona, ed i castelli di Gelida e
Matarò.
- Morì,
forse di nefropatia gottosa («propter pedis egrotudinem»),
all’età di circa quarant’anni, il 5 aprile 1335, chiedendo nel suo
lungo testamento, dettato al notaio Giuliano Cherchi, di essere seppellito
nella cappella di S. Bartolomeo nel duomo di Oristano («apud ecclesiam
Beate Marie civitatis nostre Oristanni, in sepulcro in et ubi antecessores sunt
soliti seppelliri»).
- Forse
non fu esaudito, perché una fonte (purtroppo non controllata) ci informa
che fu sepolto a S. Pietro di Claro, presso l’attuale cimitero. Una settimana
dopo, ne diede il triste annuncio al nuovo sovrano di Barcellona, Alfonso
III (o IV) il Benigno, il “donnicello” Pietro con una lettera nella quale
si firmava solo «visconte di Bas», senza titoli regali né strumenti
cancelleresci statali, come il sigillo giudicale, perché non era stato
ancora intronizzato dalla corona de logu («quia presencialiter sigillum
iudicatus non habeo, presentes licteras sigillo quod primiter utebatur
sigillari feci»).
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- 18. IL REGNO DI ARBOREA: PIETRO III DE
BAS-SERRA.
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-
- Pietro
III de Bas-Serra non fu una grande figura della storia giudicale arborense.
- Quand’era
ancora donnikellu (= principe), il 3 aprile 1328 si era recato
all’incoronazione di Alfonso III (o IV) il Benigno a Saragozza, e, alla
fine dell’anno, si era sposato a Barcellona con la quattordicenne Costanza
Aleramici di Saluzzo, originaria piemontese, figlia del primo governatore
generale del regno di “Sardegna e Corsica”.
- Salito
al trono a ventun’anni, trascorse la vita da pacifico monarca all’ombra di
due eminenti personaggi: il cancelliere statale Guido Cattaneo, arcivescovo
di Arborea, inquisitore hereticae pravitatis in tutta l’Isola per
conto della Santa Sede, ed il canonico di Tramatza Filippo Mameli,
«doctore de decretu et de lege» in entrambi i diritti,
civile e penale, come si legge nella sua iscrizione funeraria murata a
destra dell’altare dell’Annunziata nella cattedrale di Oristano.
- Morto
Alfonso il Benigno, il 31 marzo 1336 non si recò nemmeno a rendere
omaggio al nuovo sovrano Pietro III (o IV) il Cerimonioso in Catalogna, e
fu rappresentato dal fratello Manano che laggiù studiava.
- Alludendo
a inconfessati peccati da redimere, il 22 settembre 1343 aveva ottenuto dal papa
Clemente VI di fondare a Oristano, insieme con la moglie, un monastero per
le suore dell’Ordine di Santa Chiara, attiguo alla chiesetta di S.
Vincenzo martire
ristrutturata come cappella degli Arborea, con fregi ancora oggi visibili,
riproducenti le insegne private della casata dei Bas-Serra: l’Albero
deradicato statale con affiancati tre Pali catalani in ricordo della
propria lontana origine iberica (lemma 8).
- E
lì, nell’arco frontale dell’abside, permise che fosse dipinto il donnikellu
Mariano, suo probabile successore, col figlioletto Ugone dopo essere
ritornato da Barcellona alla fine del 1342.
- Pietro
III di Arborea morì al principio del 1347 senza figli. Costanza lo seguì nella
tomba il 18 febbraio 1348; la sua epigrafe e il suo testamento sono
conservati nel convento di S. Chiara da lei voluto.
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-
- 19. IL REGNO DI ARBOREA: MARIANO IV DE
BAS-SERRA.
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-
- Seguendo
la linea generazionale laterale maschile dei Bas-Serra, che si autodefinivano
gli Arborea, la corona de logu intronizzò nel 1347 il
ventottenne Mariano IV, fratello del “giudice” scomparso.
- Mariano
nel 1331, all’età di dodici anni, era stato mandato a studiare in Catalogna
(lemma 17), dove nel 1333 era stato armato cavaliere dal re col
cingolo militare; nel 1336 si era sposato a Barcellona con la nobile
Timbora dei Rocabertì (lemma 16) che nel 1337 gli aveva dato il figlio
maschio Ugone, intorno al 1340 la figlia Eleonora e, nel 1341/42,
l’altra figlia Beatrice.
- Era
rientrato in Sardegna con la famiglia nel 1342, dopo essere stato insignito
l’il settembre 1339 del titolo onorifico di conte del Goceano e di
signore della Marmilla (cagliaritana), due dei territori ultragiudicali
già in possesso degli Arborea ma giuridicamente appartenenti al regno di
“Sardegna e Corsica” tramite la Chiesa— come lo era, in teoria, la
signorìa di Bosa e del Monteacuto affidata al fratello Giovanni
—.
- Prima
di diventare “giudice”, Mariano aveva abitato con la sua famiglia soprattutto
nel castello del Goceano, presidio della sua contea, popolando il borgo (oggi
Burgos) e concedendo a chi andava a colonizzare la zona una “carta” di privilegi
e franchigie perpetue (faguendollis plena gracia ... in
perpetuum dae ognia serviciu et factione et gravicias realis et
personales et mixtas»).
- Nel
1343 si era fatto ritrarre con la grande spada di cavaliere al fianco da un
pittore napoletano di Scuola giottesca (forse Pietro Orimina), nel
soppedaneo del polittico (= dipinto suddiviso in più pannelli) della
cattedrale di Ottana, sede vescovile del suo feudo del Goceano, dove è scritto:
FRATER SILVESTER EPISCOPUS OCTANENSIS + DOMINUS MARIANUS DE ARBOREA DOMINIJS
GOCIANI ET MARMILLE FECIT FIERI
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- 20. IL REGNO DI ARBOREA: LA FIGURA DI
MARIANO IV
-
-
- Mariano
IV, il più grande re dell’Arborea nel Trecento, era certamente un uomo
intelligente, colto e raffinato: viveva e si comportava
secondo un elaborato cerimoniale di corte, in parte mutuato dalle Leggi
palatine di Pietro IV d’Aragona; parlava e conosceva, oltre alle lingue
sarde (arborense, calaritana, logudorese e gallurese), il latino,
l’italiano e il catalano; era in corrispondenza epistolare con le maggiori
personalità del tempo, fra cui la giovane e battagliera Caterina da Siena.
- Come
si conveniva ad un sovrano cristiano, era anche devoto e pio: teneva sempre a
portata di mano la Bibbia («... accepta quandam Biblia quam ibi habebat
... ») e badava alla costruzione e all’arredo di edifici
religiosi nel suo regno, fra cui il monastero delle Clarisse a Mara Arbarei
(oggi Villamar, nella Marmilla inferiore), la chiesa e il monastero di S. Chiara
di Oristano, fondato dal fratello e dalla cognata, e la cappella regia di
S. Gavino martire prossima al castello di Monreale (Sardara), residenza
estiva degli Arborea.
- Però era
pur sempre una creatura del suo tempo, timoroso dell’arcano, credente nelle arti
magiche, pratico di filtri e di stregonerie («potiones vel metzines»).
Aveva presso di sé uno schiavo moro indovino e sperimentava strane
terapie per curarsi il corpo («expertus est de leone supra rene et de
ariete supra caput»).
- Era
in certo qual modo un uomo giusto, come quando nel settembre del 1353,
all’inizio della guerra contro la Corona d’Aragona, aveva fatto impiccare due
Sardi giudicali che a Oristano avevano incitato la folla ad assalire le carceri
e a fare a pezzi quarantadue Catalani che vi si trovavano rinchiusi.
- Ma,
quand’era necessario, sapeva essere duro e crudele come poteva esserlo un uomo
del Medioevo. Lo dimostra il disumano trattamento nei confronti del
fratello Giovanni e del nipote Pietro, fatti morire in prigione nel
1376 circa, dopo averli arrestati all’inizio del suo regno non si sa di preciso
per quali terribili crimini.
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- Chiesa di S.
chiara
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- 21. IL REGNO DI ARBOREA: LA
ROTTURA CON LA CORONA D’ARAGONA
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- Mariano
IV era già tiepido nei confronti della Corona d’Aragona quando i
Catalano-Aragonesi, nell’agosto del 1347, furono battuti a Aidu de turdu,
presso Bonorva, dai Doria eccezionalmente riuniti,e quando, il 30
agosto 1353, le forze iberiche al comando déll’ammiraglio Bernardo de Cabrera
occuparono la cittadina genovese di Alghero
- La
guerra, deliberata in corona de logu, scoppiò agli inizi di
settembre del 1353 per ragioni che oggi ci sembrano più
risorgimentali, di liberazione dallo straniero dei territori che
costituivano allora il regno di Sardegna, piuttosto che, come si pensava un
tempo, di sopravvivenza statuale, in quanto mai i Catalano-Aragonesi
ebbero a minacciare per primi, direttamente, il regno di Arborea; semmai il
contrario. Comunque, Mariano IV ruppe alla fine il suo rapporto di vassallaggio
personale con la Corona abolendo dai suoi stendardi l’ antico emblema
dei tre Pali catalani, simbolo alterato dei conti di Barcellona, ed
assumendo quello figurativo del suo Stato: l’Albero deradicato in campo
argento o bianco («vexlla alba, hunciam intus pictam arborem viridem...
sine aliquo signo regali»), con cui invase il Cagliaritano e
ripose i Sardi regnicoli per la maggior parte consenzienti, minacciando di
gravi pene i riluttanti: il taglio delle mani e dei piedi, e la confisca
dei beni (»sub pena amissionis pedis et manus et averi»).
- Il
10 settembre catturò a Decimo Gherardo della Gherardesca, conte di Donoratìco,
vassallo e capitano di guerra del re d’Arogona, e lo convertì alla sua causa;
poi, assedi Castel di Cagliari, dalla parte di Quartu.
- Ma
il 7 ottobre fu battuto in un irrilevante scontro da Bernardo de Cabrera
e a stretto a ripiegare a Sanluri.
-
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- 22. IL REGNO DI ARBOREA: LA PACE Dl
SANLURI.
-
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- Nel
settentrione dell’Isola le iniziative belliche degli Arborea e dei Dori alleati
andarono meglio: il 15 ottobre 1353 le “mute” di Mariano IV e le
soldatesche di Matteo Doria prese ro Alghero al grido di «Morgen sos
Cathalanosb («Muoiano i Catalani»), e poi s’addentrarono nel Capo di
Logudoro (lemma 17) ponendo l’assedio a Sassari con quattrocento
cavalieri e mille fanti «di poco valore», dicono le fonti iberiche; m che
indussero il re Pietro il Cerimonioso ad allestire una costosissima
spedizione militare ed a sbarcare di persona in Sardegna, nella baia di Porto
Conte, il 22giugno 1354, con l’intenzione di stroncare definitivamente —
così credeva lui — le resistenze e i fermenti che agitavano questo suo
tormentato regno d’oltremare.
- Fu
un fallimento: ottenne con la diplomazia la cittadina Alghero il 16 novembre
1354 ma alle dure condizioni di Mariano IV che, con la pace di Sanluri dell’ 11
luglio 1355, i pose un decennio di tranquillità all’Isola giudicale e
regnicola.
- Fu
il periodo di massimo splendore per l’Arborea e per Oristano, frequentata da
grandi personaggi del continente italiano ed europeo, che diedero modo al
“giudice” di far sposa nel 1362, il figlio Ugone con la figlia di Giovanni III
di Vico signore di Viterbo e prefetto di Roma, e la terzogenita Beatrice, nel
1363, con il maturo Amerigo VI, potente visconte Narbona nella Francia
meridionale.
-
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- 23.
IL REGNO DI ARBOREA: LEGISLAZIONE E CULTURA NEL TRECENTO.
-
- Nel
decennio 1355-1365, a Oristano, uno scelto gruppo di giuristi sardi e
“terramannesi” (= continentali) — ecclesiastici e laici probabilmente della
Scuola di Bologna, fra cui Bartolo Catone, fra’ Leone da Ravenna, Giovanni da
Cremona, Guido de Vada —, metteva a punto la legislazione del
,“giudicato” che finallora, si crede, era tramandata oralmente in forma di
diritto consuetudinario.
- Nelle
stanze della Cancelleria di Palazzo erano redatti i capitoli della Carta
de Logu, il codice dileggi che sarà promulgato dopo anni di lavoro nel 1392
da Eleonora d’Arborea (lemma 33), nonché le norme che avrebbero formato
nel 1382 le Ordinanze di Ugone III (lemma 26), e i ventisei
articoli del Codice rurale di Mariano IV, rivolti alla
regolamentazione dell’agricoltura e dell’allevamento nelle terre giudicali e
oltre giudicali.
- Quest’ultimo
Codice— a noi noto — mette in luce, fra l’altro, alcuni particolari sulla
cultura arborense pochissimo studiati, relativi alle scuole e al grado di
alfabetizzazione dei Sardi giudicali, cittadini e paesani, dal momento che tutti
i maiores de villa dovevano avere un registro annuale («unu
quadernu, pro sé, ognia anno») nel quale annotare giorno per
giorno, con sottoscrizione delle guardie campestri, le multe Inflitte, le
recinzioni ispezionate e le altre azioni inerenti il servizio.
- Evidentemente,
fra la popolazione dell’Arborea — stimata da Carlo Livi di circa 120.000 persone
— c’era più gente letterata di quanto si creda, e più di quanto si è propensi a
concedere ad una società pensata composta in massima parte da pastori,
pescatori e contadini poveri e rudi.
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- 24.
IL REGNO DI ARBOREA: LA CANCELLERIA STATALE NEL TRECENTO
-
-
- Riflesso
più alto della cultura giudicale nel Trecento era la Cancelleria statale,
che si era ormai maturata in ufficio certificante, senza bisogno dell’intervento
del notaio a dare pubblica fede all’atto.
- I
documenti che vi venivano redatti — in carta o in pergamena a seconda
dell’importanza del contenuto — erano perfetti nel formulano, nei sigilli
pendenti o aderenti di diversa misura e tipo, nella datazione
cronica espressa «secondo il corso di Oristano» — «secundum cursum
civitatis Aristanis» (o «Incarnationis Dominice») —,
equivalente allo Stile pisano dell’Annunciazione (o
Incarnazione) con un anno in più, rispetto a noi, per i giorni dal 25
marzo al 31 dicembre.
- Ecco,
per esempio, una parte della lettera di procura, in latino medioevale,
rilasciata da Mariano IV il 26 febbraio 1355 al suo ufficiale Ranieri Bonifacio
Gualandi perché lo rappresenti presso il re Pietro IV d’Aragona che in quel
momento stava a Castel di Cagliari: «Noverint universi quod nos Marianus,
Dei gracia iudex Arboree, comes Gociani et vicecomes de Basso, cum hocpresen
publico instrumento vicem epistule in se gerenti facimus, constituimus et
ordinamus certum et specialem procuratorem nostrum vos, venerabilem et dilectum
virum Raynerium Bonofacii de Galandis militem, licet absente tanquam presentem,
ad prestandum vos, nomine nostro et
pro nobis, in curia generali quam indixit excellentissimus dominus rex Aragonum,
Valencie, Maioricarum, Sardinie et Corsice comesque Barchinone, Rossilionis et
Ceritanie, incolis Sardinie in Castro Callari cele branda…..Dantes et
concedentes vobis, dicto procuratori nostro,plenissimam potestatem cum libero et
generali mandato tractandi, ftrmandi et consentiendi iuxta formam
premissam in predictis …Quod est actum Arestani, die XXVI februarii,
anno Domini M. CCC.LV Dominice Incarnationis, in quandam camera curie nostre,
presentibus Petrucio de Moguro, Nicola Spano et Graciadeo de
Lacone, testibus ad hec vocatis specialiter et rogatis. ».
-
-
-
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- 25.
IL REGNO DI ARBOREA: GUERRA NAZIONALISTA E
MORTE DI MARIANO IV.
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- Il
18 ottobre 1365 Mariano IV riprese nell’Isola il conflitto, deliberato in
corona de logu, con l’attacco ai castello aragonese di Sanluri.
- Le
ragioni della nuova guerra, che da imperialista si era trasformata in
nazionalista, stavano nel disegno del “giudice” di diventare anche
sovrano del regno di “Sardegna e Corsica” col consenso quasi totale delle
popolazioni regnicole angariate dal feudalesimo e dal malgoverno iberico
(« nos extrahemus vos —prometteva loro — de servitute
Cathalanorum»), e col benestare del papa Urbano IV al quale Mariano
IV si era rivolto per avere legalmente il titolo e la licentia invadendi
(«iudexArboree surgessit summo pontifici et tractavit Curia Romana quod
dominus rex Aragonum privaretur titulo regni Sardinie et quod aplicaretur dicto
iudici» = «il giudice di Arborea si presentò al sommo pontefice
e trattò con la curia romana perché togliesse la titolarità del regno di
Sardegna al re d’Aragona e la desse a lui»).
- «Alla
fine dell’anno — dice una fonte locale — tutta la Sardegna
era all’obbedienza del giudice, eccetto Castel di Cagliari, Sassari e
Alghero».
- Allora,
Pietro III (o IV) il Cerimonioso inviò nell’Isola, a Castel di
Cagliari, una grossa spedizione militare al comando di Pietro Martìnez de Luna
il quale, nel giugno del 1368, penetrò nell’Arborea ed attaccò Oristano; ma
fu sconfitto in battaglia presso Sant’Anna e morì sul campo. Mariano IV,
sull’onda del successo, conquistò subito anche Sassari inserendola nel
sistema curatoriale arborense in cui rimase di buon grado per circa cinquant’
anni.
- Però
non riuscì a realizzare pienamente il suo sogno di unità nazionale perché morì
di peste, nell’estate del 1376, all’età di cinquantasette anni.
- Nel
“pantheon” di S. Gavino è scolpito col cipiglio fiero, la corona
sul capo, la mascella volitiva, il naso diritto e gli occhi
severi, mentre stringe con la mano sinistra lo scettro regale e reca a lato lo
scudo araldico col simbolo del suo Stato: lAlbero deradicato.
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- 26. IL REGNO DI ARBOREA: UGONE
III DE BAS-SERRA.
-
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- Successe
a Mariano IV il figlio Ugone, quasi quarantenne, terzo di tal nome in
Arborea.
- La
figura e la personalità di questo “giudice”, la cui effige èscolpita anch’essa
con la corona in testa in uno dei peducci pensili dell’abside della chiesa di S.
Gavino, è strana e per molti versi oscura.
- Quand’era
donnikellu e combatteva contro i Catalano-Aragonesi, nei castelli
occupati venivano cantate “lodi” in suo onore dai soldati e dai campagnoli
(un testimone disse che «audivit laudes et preconia ad honorem dicti
Hugonis laxis fibriis resonari in castris»).
- In
tutte le azioni militari, al tempo del padre, s’avverte la sua presenza —
sia in mare che in terra — mai ambigua o sospetta: evidentemente era seguito e
stimato da tutti.
- Ma
da monarca il suo carattere sembra farsi scontroso e torvo, poco incline alle
sottigliezze e alle formalità, tutto teso alla lotta «per la salvaguardia
della comunità», come fece incidere nella campana laziale della chiesa
di S. Francesco di Oristano nel 1382 («ALPHA ET OMEGA. MENTEM SANTAM
SP0NTA-NEAM HONOREM DEO ET PATRIE LIBERACIONEM HOC OPUS FECIT FIERI FRATRIS
CHRISTOPORI ET VENERABIUS ERATRES HELIE RENNANTE UGHONE IUDEX ARBOREE TERTIC).
ANNO DOMINI MCCCLXXXII. MARCUS DE
PERÙSIÀ ME FECIT»).
-
- E,
forse, fu veramente «un crudele e un tiranno» oltre il normale metro
medioevale, come dicono ‘e fonti iberiche; tant’è che alcuni importanti
personaggi e ufficiali arborensi, quali l’ex maggiordomo Giovanni de Ligia e il
figlio Valore, passarono al nemico.
- Ma
non fu affatto rozzo e ignorante, come riportano i Francesi, perché sapeva
leggere e scrivere, capiva le comuni lingue straniere e conosceva il complicato
cerimoniale diplomatico europeo.
- All’atto
di salire al trono era già vedovo da sette anni, con una figlia tredicenne che
nel 1377-78 tentò inutilmente di dare in moglie all’appena nato figlio di Luigi
I d’Angiò, fratello del re di Francia Carlo V di Valois, nell’ambito di
un’alleanza antiaragonese di cui abbiamo una bellissima téstimonianza in
latino, grazie a un dettagliato memoriale d’ambasciata redatto dal notaio
Raimondo Mauranni.
-
-
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- 27. IL REGNO DI ARBOREA: MORTE DI UGONE
III
-
-
- Le
imprese militari di Ugone III d’Arborea non sono di grande rilievo, perché le
città sardo catalane di Castel di
- Cagliari e di
Alghero
rimasero inespugnate, continuamente rifornite dal mare; in compenso, il
“giudice” nell’autunno del
- 1376 ottenne un
notevole
risultato diplomatico perfezionando le nozze — forse già espresse per
verba alcuni anni
- prima —fra l’infelice sorella
- Eleonora
e Brancaleone Doria, figlio legittimato del grande Branca(leone) ed erede della
maggior parte delle terre
- logudoresi
dei Doria.
- Purtroppo, dalla poca documentazione in nostro possesso,
parrebbe che negli anni Ottanta Ugone fosse gravemente ammalato, con le
energie e la volontà in fase calante, tanto da indurlo a reggere lo Stato
in forma stizzosa e dispotica, comunque malaccetta dal popolo che ritenendo
d’essere tradito nel rapporto di bannus-consensus il 3 marzo 1383 si
sollevò e, secondo l’antica usanza libertaria del tirannicidio; lo pugnalò
insieme alla figlia e lo gettò, ancora vivo, in un pozzo con la lingua
tagliata.
- L’uccisione
del “giudice” fece scalpore in Sardegna e nel
continente:«Dia III martii — dice una Cronaca di Reggio
Emilia —populus Arboregiae cum illis de insula cucurrerunt ad arma
contrajudicem, et ipsum occiderunt cum una sua filia, et omnia bona illius
acceperunt quae estimata sunt communiter…milia florenorum; et hoc propter ipsius
malum
- Ritratto di
Eleonora
dominium.» = «Il 3 marzo il popolo di Arborea con altri
dell’isola rivolsero le armi contro il giudice e lo uccisero insieme alla
figlia, e gli portarono via tutti i beni, stimati comunemente in
<....>mila fiorini; e, ciò, a causa del suo malgoverno».
-
-
- 28.
IL REGNO Dl ARBOREA: FEDERICO DORIA-BAS
-
- Verosimilmente
dalla stessa corona de logu della domenica delle Palme, il 15 marzo 1383,
fu chiamato a regnare Federico Doria-Bas, figlio primogenito di Brancaleone e di
Eleonora d’Arborea, nato a Castelgenovese (attuale Castelsardo) nel 1377, che,
però, fino al compimento del diciottesimo anno d’età (poi ridotto a
quattordici), non avrebbe potuto assumere la pienezza del poteri.
- Quindi,
in armonia con le consuetudini giudicali, governò in sua vece la madre
quarantatreenne la quale, pur chiamandosi “giudicessa” (juyghissa), non
fu una regina-regnante ma una semplice regina-reggente, forse anche
condizionata da gravi problemi personali perché sfregiata nel viso, come si
può vedere nel peduccio pensile di destra dell’arco trionfale dell’abside della
chiesa conventuale di S. Gavino a San Gavino Monreale.
- Eppure,
Eleonora resta l’unico personaggio del nostro passato che ha superato i confini
dell’Isola ed è assurto a simbolo di libertà e d’indipendenza, emblema di
un popolo che cerca nel mito eroico la propria identità.
- Però è un mito sorto
nell’Ottocento romantico dalle false Carte d’Arborea estremamente
pericoloso e, tutto sommato, deleterio perché, come in un abile gioco di
prestigio, esalta la vena resistenziale sardista ma svia l’attenzione della
gente dall’assunto principale della statualità giudicale che innalza la
storia della Sardegna medioevale a livelli di storia generale.
-
-
-
- 29.
IL REGNO DI ARBOREA: LA REGGENZA DI ELEONORA D’ARBOREA
-
-
- Per
la scienza Eleonora d’Arborea è un personaggio del tutto comune, sia
dal punto di vista politico che diplomatico. Non partecipò ad azioni belliche
perché, la sua, non fu una guerra guerreggiata ma, semmai, una serie di embarghi
e di atti ostili antiaragonesi.
- Non
ebbe una grande visione politica e non s’aprì all’esterno, al pari dei suoi
predecessori, cercando di stringere alleanze con importanti casate dell’epoca e
risolvere col loro appoggio il problema sardo. Anzi, per una serie di
circostanze avverse fu costretta a cedere, nel 1388, quasi tutti i
territori conquistati dal padre e dal fratello per «buona e giusta
guerra», ed alcune piazzeforti che resero poi più difficoltosa la lotta
dei Sardi nazionalisti.
-
- Statua di
Eleonora
- Sfortunatamente, quando alla morte di
Ugone III, il 3 marzo 1383, Eleonora d’Arborea fu chiamata a Oristano da Genova,
dove si era trasferita nell’autunno del 1382 dopo essere vissuta sei anni
nella cittadina doria di Castelgenovese (Castelsardo), suo marito si
trovava in Catalogna a ricevere il titolo onorifico di conte di Monteleone
e barone di Marmilla (inferiore). Brancaleone, alla notizia dell’ascesa al trono
del figlio minorenne Federico, fu subito arrestato da Pietro III (o IV)
il Cerimonioso ed inviato nel mese di luglio, sotto buona scorta, a
Castel di Cagliari con l’incarico forzato di convincere i Sardi giudicali a
restituire alla Corona le terre regnicole occupate ed a consegnare come ostaggio
il piccolo re. Ovviamente, il sovrano d’Aragona non fu contentato e
Brancaleone rimase prigioniero sei anni, rinchiuso nella torre di S.
Pancrazio fino al gennaio 1386, quando tentò inutilmente una rocambolesca fuga,
e, poi, nella ventosa torre dell’Elefante «trattato come un ladro — dirà
lui stesso — o come uno di quelli che misero in croce Nostro Signore
Gesù Cristo» («com fossem ladre o d.aquells que materen en creu
Nostro Senior Jhesu Christ.»).
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- 30. IL REGNO DI ARBOREA: MORTE DI FEDERICO,
INTRONIZZAZIONE DI MARIANO V E
PACE DEL 1388.
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- Federico
morì, appena decenne, nel 1387, lo stesso annodi Pietro il Cerimonioso.
Prese il trono di Oristano, sempre sotto la reggenza della madre
Eleonora, il fratellino Mariano V Doria-Bas, nato anche lui a Castelgenovese
(Castelsardo) nel 1378/9 circa. Dopo lunghe trattative per una soluzione globale
del problema sardo, compresa la liberazione di Brancaleone Doria, il 24
gennaio 1388 fu firmata una pace «fra Catalani, Aragonesi, Sardi e altri
partigiani regi da una parte — dice il trattato, — e la Casa d’Arborea e
i suoi sudditi dall’altra». Secondo gli accordi, venivano restituiti alla
Corona «le città, le ville e tutti i luoghi regi occupati dai precedenti
giudici d’Arborea», e precisamente: Sassari con la Romangia e la
Flumenargia; il castello di Osilo con la sua baronia (ovverosia, tutta la
Figulina); il castello di Bunnuighinu o Bonvehì nel Caputabbas e il castello di
Longosardo in Monànea; il castello della Fava col distretto di Posada; il
castello di Orosei con la vasta regione di Orosei-Galtellì; il castello di
Quirra col Sarrabus; Sanluri con la curatoria di Nuraminis; Villa di Chiesa
(Iglesias) col Cixerri e tutte le restanti terre sottintese. Ciò che fu fatto a
malincuore da Eleonora e con grande tristezza degli abitanti che tornavano sotto
il governo catalano-aragonese. Restavano all’Arborea il territorio storico e
tutte le antiche terre oltregiudicali del Logudoro. A Brancaleone Doria
erano riconosciuti i suoi possedimenti privati di Castelgenovese,
Casteldoria e Monteleone con le campagne circostanti. Il lungo documento,
in doppio esemplare per alphabetum divisum, formato da un rotolo di
ben undici pergamene che si può ammirare in copia autentica nell’Archivio
Storico Comunale di Cagliari, coi nomi e cognomi di centinaia di
partecipanti giudicali alle coronas de cii radoria e de Iogu,
fu ratificato infine dal nuovo sovrano aragonese Giovanni I il
Cacciatore a Valldonzella, presso Barcellona, l’8 aprile 1388.
- Nonostante
tutti i sacrifici, Brancaleone fu rilasciato solo il 1° gennaio 1390.
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- 31. IL REGNO DI ARBOREA: LA
FIGURA DI BRANCALEONE DORIA
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- Al
momento della liberazione, nel 1390, il grosso e ipertiroideo Brancaleone —
come si vede scolpito a San Cavino Monreale—‘ aveva cinquantatré anni, tre in
più rispetto alla moglie.
- Era figlio naturale del grande
Branca(leone) Doria e di una certa Giacomina di famiglia sconosciuta.
- La sua fortuna aveva avuto
inizio quando, rimasto unico potenziale erede dei Doria sardi, il 16 marzo
1357 si era fatto vassallo ed alleato del re d’Aragona per ottenere
riconosciuta la legittimazione ed il possesso dei beni paterni. Era rimasto
scapolo fino a trentanove anni, sebbene avesse tentato per quattro volte di
sposarsi con nobildonne catalane. Nel frattempo, si era accompagnato con
un’anonima donna locale che gli aveva dato i figli illegittimi Giannettino e
Nicolò.
- Il
suo matrimonio con l’infelice Eleonora d’Arborea, perfezionato nell’autunno
del 1376, fu forse più di convenienza personale che politica, perché anche
successivamente egli restò fedele servitore della Corona.
- Cambiò
radicalmente partito durante la dura prigionia e dopo la scarcerazione,
ribadendo agli Aragonesi la sovranità giudicale e la buona causa degli
Arborea: «... ben sapete — diceva —che noi signoreggiamo per conto
della Casa d’Arborea.
- Questa signoria non
l’abbiamo, né l’abbiamo avuta, da un re o da una regina (catalani), ed a loro
non siamo tenuti ad ubbidire come i baroni di Sicilia, dal momento che la
signoria e il dominio ci vengono da parte di madonna Eleonora, figlia e
succeditrice, tramite il padre, nel giudicato d’Arborea. La qual Casa
d’Arborea detiene da cinquecento anni questa signoria nell’isola …».
- Il
1° aprile 1391 ricusò la pace, estorta «malvagiamente e con grande tradimento
e violenza», e mobilitò l’esercito arborense al completo per marciare
contro Castel di Cagliari: «messer Branca — riferiva una spia catalana
— ha fatto “gridare” per tutto il suo territorio che sei giorni dopo Pasqua
tutti gli uomini, a piedi e a cavallo, si riuniscano a Sanluri per assalire
Cagliari» (« micer Branqua ha feta crida per tota sa terra que VI
jorns apres Pasqua tot hom, a peu e a caval, sien a Sentluri per
venir sobra CalIer»).
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- 32. IL REGNO DI ARBOREA:
BRANCALEONE DORIA, DUCE ARBORENSE
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- Alla
chiamata risposero in diecimila, fra i quattordici e i sessant’anni,
forniti di armi e pane per venti giorni.
- Li
guidava lui stesso, malgrado la mole e l’età, vestito di rosso (il colore dei
grandi signori), con una cappa leggera, talvolta coperto di drappi scuri
per non essere individuato dagli arcieri nemici.
- Invece
di attaccare Caste] di Cagliari, il 16 agosto Brancaleone col figlio
dodicenne Mariano, che gli cavalcava sempre a lato, si diresse verso Sassari,
già in rivolta antiaragonese, e l’occupò il 21 insieme ad Osilo.
- Ai
primi di settembre prese i castelli della Fava, di Galtelli, di Bonvehì e
di Pedreso, lasciando agli Aragonesi, nel settentrione, solo Alghero e
Longosardo (Santa Teresa di Gallura).
- Nella
seconda metà di settembre le operazioni si spostarono nel Cagliaritano.
- Il
3 ottobre l’esercito giudicale entrò a Villa di Chiesa (Iglesias), dove gli
abitanti si erano sollevati al grido di «Arborea!Arborea!» ed
avevano costretto la guarnigione iberica a rifugiarsi nel castello di
Salvaterra.
- In
una lettera datata: “Sanluri, 3 febbraio 1392”, Brancaleone Doria annunciava
trionfante «in ydiomate sardisco» che, per ritornare alla
situazione territoriale precedente l’iniqua pace dell’88, mancava solo
Longosardo, compensato dall’occupazione di Gioiosaguardia presso
Villamassargia.
- Ciò vuoI
dire che, in meno di sei mesi, il regno di “Sardegna e Corsica” si era ridotto
nuovamente alle sole due città di Castel di Cagliari e di Alghero, ed a qualche
castello isolato. Il resto era tutto Sardegna giudicale.
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- 33.
IL REGNO DI ARBOREA: LA CARTA DE LOGU
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- Il
16 marzo 1392 comparve al largo di capo S. Marco, nel golfo di Oristano,
una grande flotta catalano-aragonese che mise in allarme tutto il “giudicato”
per timore d’essere attaccato. Si trattava, invece, della spedizione militare
del fratello del re, l’infante Martino il Vecchio, che andava a
riprendere la ribelle Sicilia per conto del figlio omonimo, Martino il
Giovane, e della nuora Maria, erede dell’isola.
-
- Foto di
Eleonora: firma della Carta de Logu tratta da”editrice S’Alvure‘94”-quadro fine
800 del
Bernini
-
- In quell’anno Mariano V Doria-Bas compiva o stava per
compiere quattordici anni e diventare “giudice” di diritto, secondo una
nuova disposizione giudicale sul maggiorascato.
- Eleonora,
al termine della sua reggenza, forse il 14 aprile, giorno di Pasqua,
promulgò dopo tanto lavoro da parte di studiosi e giuristi, sardi e
italiani, la celeberrima Carta de Logu di Arborea, «sa quali
— dice nel proemio in sardo arborense- cun grandissimu
provvedimentu fudi fatta peri sa bona memoria de juyghi Mariani padri nostru, in
qua direttu juyghi de Arbaree, non essendo corretta per ispaciu de seighi
annos passados... » (= «la quale fu fatta con grandissimo provvedimento dal
defunto giudice Mariano, nostro padre, in quanto diretto giudice di
Arborea, non essendo stata corretta da sedici anni...»).
- La
Carta de Logu, redatta «pro conservari sa justicia dessu
populu dessa terra nostra e dessu regnu d’Arbaree » ( =
«per preservare la giustizia del popolo della nostra terra e del
regno di Arborea»), è una raccolta, in 198 capitoli, di ordinamenti
di diritto processuale e
- positivo,
civile e penale, nata da un’esigenza di riforma mirante a completare e
modificare la normativa di carattere consuetudinario divenuta col tempo
insufficiente e inadeguata a far fronte ai problemi giudiziari proposti da
una società in evoluzione.
- Non
abbiamo più l’edizione principe del 1392 ma un brutto manoscritto
quattrocentesco, custodito nella Biblioteca Universitaria di Cagliari, e
nove copie in lingua logudorese e campidanese, fatte a stampa molto tardi
nel 1485, 1560, 1567, 1607, 1617,1628, 1708, 1725, 1805 perché la Carta de
Logu restò in uso anche in periodo aragonese, spagnolo e piemontese,
fino a quando fu sostituita nel 1827 col Codice Feliciano.
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- 34.
IL REGNO DI ARBOREA: MORTE DI ELEONORA E DI MARIANO V
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- L’Isola giudicale, a cavallo fra il Tre e
il Quattrocento, appare silenziosa e oscura, tutta chiusa in se stessa, covando
la sua nuova unità nazionale mentre la Morte Nera passava e
ripassava sull’Europa atterrita.
- Vittima
indiretta della peste fu Giovanni il Cacciatore, morto accidentalmente il
19 maggio 1394 per tenersi lontano dal contagio; vittima diretta fu forse
Eleonora d’Arborea, deceduta a Oristano o in qualche suo castello
residenziale, a Burgos o a Monreale, in un anno che riteniamo sia il 1402.
- In
questo spaventoso scenario di desolazione, tutte le attività belliche si
fermarono: «che sia mantenuta la tregua — raccomandava il nuovo
sovrano Martino il Vecchio — o con Brancaleone Doria o, morto lui, con
suo figlio o con chi sarà sopravvissuto nell’isola di Sardegna».
- Mariano V,
strano ed ignoto monarca vissuto all’ombra prima della madre e poi del padre in
forma così confusa da suscitare dubbi e sospetti sulle sue effettive capacità
d’agire, morì scapolo nel 1407, non si sa come e perché; i Catalani
affacciarono perfino il dubbio che fosse stato avvelenato da Brancaleone
Doria.
- In
mancanza di eredi diretti, alla corona de logu si presentò il grave
problema della successione al trono di Arborea che, per regola, spettava agli
eredi di Beatrice de Bas-Serra, terzogenita di Mariano IV, sposata nel
1363 con Amerigo VI visconte di Narbona (lemma 22), madre di
Guglielmo II e nonna defunta dell’attuale visconte francese Guglielmo III.
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- 35.
IL REGNO DI ARBOREA: GUGLIELMO III Dl NARBONA
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- In
attesa dell’arrivo di Guglielmo III in Sardegna, fu nominato “giudice di fatto”
il quarantenne Leonardo Cubello, nipote di Nicola de Bas-Serra, terzogenito
di Ugone II d’Arborea (lemma 15), con l’opposizione di Brancaleone Doria
che nell’agosto del 1408 si ritirò sdegnato nel suo castello di Monteleone
(Roccadoria).
- Approfittando
della crisi dinastica arborense, il 6 ottobre sbarcò a Castel di Cagliari
Martino il Giovane, re di Sicilia ed erede della Corona d’Aragona
(lemma 33), con un potente esercito al comando di Pietro Torrelles,
capitano generale e luogotenente di Martino il Vecchio.
- L’8 dicembre giunse nell’Isola
anche Guglielmo III di Narbona che il 13 gennaio 1409 fu incoronato a
Oristano re di Arborea, assumendo pure i titoli di “conte del Goceano” e di
“visconte di Bas”.
- Poco
tempo dopo il vecchio Brancaleone Doria, uno dei maggiori protagonisti
della scena politica sarda medioevale, scomparve dalla storia senza gloria:
alcuni dicono catturato dai Catalano-Aragonesi e morto in carcere; altri,
incalzato dal “giudice” Guglielmo III e da lui ucciso.
- I
mesi da gennaio a maggio furono spesi nel tentativo di trovare un accordo
diplomatico fra gli Iberici e gli Arborensi; ma inutilmente. Alla fine, non
restò che la soluzione estrema: la battaglia in campo aperto.
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- 36. Il REGNO DI ARBOREA: LA SCONFITTA DI
SANLURI.
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- Il
combattimento decisivo fu preceduto da un violento scontro di navi nelle
acque dell’Asinara, quando il l° giugno 1409 una squadra catalano-aragonese
intercettò, sbaragliandole, sei galere genovesi che portavano soccorsi agli
Arborensi.
- La
battaglia in linea, dopo una scaramuccia fra avanguardie a metà mese,
avvenne la mattina del 30 giugno, di domenica, nella piana immediatamente a sud
del castello e del borgo fortificato di Sanluri, dove si trovava Guglielmo
III di Barbona-Bas con tutto il suo eterogeneo esercito di diciassettemila
fanti sardi, duemila cavalieri francesi e mille balestrieri genovesi. In
località ancora oggi segnata nelle carte I.G.M. come «Su bruncu de sa
battalla” (“Il poggio della battaglia”), gli Arborensi furono investiti
al centro dagli ottomila fanti e tremila cavalieri siciliani, aragonesi,
valenzani e balearini, meglio attrezzati ed addestrati, e si divisero in
due tronconi: la parte sinistra si ritirò, incalzata, fino al rio Mannu, e
fu sopraffatta nel luogo che porta il lugubre nome de “Su
occidroxiu”(”Il macello”); la parte destra si divise a sua volta
in due resti: il primo, scappò a Sanluri ma fu raggiunto e fatto a pezzi;
il secondo, col “giudice” in persona, si rifugiò nel vicino castello di
Monreale che resistette all’assalto.
- Quattro
giorni dopo, il 4 luglio, seguì la resa, nelle mani di Giovanni de Sena, della
mal difesa e poco presidiata Villa di Chiesa (Iglesias).
- Fu
una vera disfatta per i Sardi giudicali: l’inizio della fine, sebbene di lì a
poco, il 25 luglio, morisse dì malaria a Castel di Cagliari Martino il
Giovane creando un comprensibile scompiglio fra l’esercito iberico in
Sardegna e in tutta la Corona d’Aragona che rimaneva senza eredi diretti per la
successione al trono.
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- 37. IL REGNO DI ARBOREA: LA RESA DI ORISTANO
E DEI TERRITORI STORICI.
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- Nello
stesso mese di luglio 1409 Guglielmo III di Narbona-Bas passò in Francia a
cercare aiuti. A Oristano rimase, come suo luogotenente o “giudice di
fatto”, Leonardo Cubello (lemma 35), che il 17 agosto affrontò coi
resti dell’esercito arborense un attacco nemico alla città e lo
respinse nella “Seconda battaglia” fra Sant’Anna, Fenosu e Santa
Giusta, lasciando sul campo — dicono le fonti dell’Archivio della Corona
d’Aragona di Barcellona — 6.536 morti.
- Dopo
il parziale smacco, i Catalano-Aragonesi, guidati magistralmente da Pietro
Torrelles, assalirono nel gennaio dell’anno successivo la cittadina di Bosa,
importante roccaforte e porto commerciale dell’Arborea, e la presero; poi
assediarono di nuovo Oristano con tutte le forze.
- Sorprendentemente,
e con sospetto di collusione, Leonardo Cubello venne a patti col nemico,
firmando il 29 marzo 1410, nel monastero di S. Martino fuori le mura, un
documento di capitolazione della città e di quasi tutta l’Arborea storica la
quale veniva incamerata nel regno di “Sardegna e Corsica” e, in parte, a lui
ridata in feudo col titolo di marchesato di Oristano, formato dai tre
Campidani di Cabras, Milis e Simaxis.
- Il
“giudicato” si ridusse alle “curatorìe” logudoresi di Nurra, Flumenargia,
Romangia, Anglona, Meilogu, Nughedu, Monteacuto, Costavalle, Marghine,
Bitti, Goceano con Dore-Orotelli, più la “curatorìa” gallurese di
Olbia-Terranova col castel Pedreso e la contrada di “Galudu” (Fundimonte o
Orfili ?).
- Dell’antico
territorio arborense restarono giudicali le impervie Barbagie di Ollolai,
Mandrolisai e Belvì, eterne zone di resistenza indigena.
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- 38.
IL REGNO DI ARBOREA: FINE DELLO STATO
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- Approfittando
della crisi dinastica in cui era caduta la Corona dopo la morte di Martino il
Giovane il 25 luglio 1409, e di Martino il Vecchio il 31 maggio 1410,
Guglielmo III di Narbona-Bas tornò in primavera dalla Francia per riorganizzare
i territori giudicali superstiti e riprendere la guerra, aiutato parzialmente da
Genova e da Nicolò Doria, figlio naturale di Brancaleone e signore di
Monteleone e di Chiaramonti (lemma 31). Aveva stabilito la sua residenza
a Sassari, la nuova capitale, alla quale facevano capo le “curatorìe” e
le corone rimaste fedeli all’Arborea, e da lì era partito per
conquistare, il 9 agosto 1410, il munito castello di Longosardo (Santa Teresa di
Gallura).
- Incoraggiato
dal successo, minacciò poi direttamente Oristano e Alghero, dov’era Pietro
Torrelles che nel febbraio del 1411 morì anch’egli di malaria.
- Nella notte fra il 5 e il 6
maggio 1412, Guglielmo III riuscì addirittura a penetrare con un manipolo di
uomini all’interno di Alghero; ma fu respinto dai soldati e dagli abitanti
catalani accorsi alla difesa della città.
- Visti
inutili tutti gli sforzi per rivitalizzare uno Stato ormai in profonda decadenza
ed avviato verso un’ineluttabile fine, il “giudice” entrò allora in trattative
col nuovo sovrano della Corona d’Aragona, Ferdinando I de Antequera,
della dinastia castigliana dei Trastàmara, e poi, col figlio Alfonso IV
(o V) il Magnanimo per la vendita delle proprie prerogative sovrane
sull’Arborea.
- L’accordo
fu raggiunto ad Alghero, col re in persona, il 17 agosto 1420.
- Al
prezzo di 100.000 fiorini d’oro finì, dopo oltre mezzo millennio di vita,
il glorioso regno indigeno giudicale, ed il sogno nazionalista di fare
sarda la Sardegna.
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- IL REGNO DI ARBOREA.
CONSIDERAZIONI.
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- Come
tutti gli Stati centrali, l’Arborea dovette sempre combattere per non
soccombere alle pressioni degli Stati limitrofi.
- La
sua tendenza costante fu quella di reagire alle minacce esterne con una
politica imperialista di conquista, spesso ammantata di spirito sardista, che
non fu recepita dalle genti degli altri “giudicati” se non quando, nel
Trecento, il nuovo governo iberico provocò fra le popolazioni suddite del
regno di “Sardegna e Corsica” un tale stato di disagio che, i più, preferirono
darsi agli Arborea per realizzare per la prima ed unica volta nella storia
dell’isola una Nazione tutta sarda, sotto le insegne dell’Albero
deradicato.
- Purtroppo, nello scontro
diretto vinsero i Catalano-Aragonesi; e la Sardegna ebbe un altro
destino.
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