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- Coordinatore:
Corona Giacomo.
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- Collaborazione nella rielaborazione testi e
immagini > " Classe 16 - 18 ":
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Flore M., Fulgheri A.M. & E., Palmas A. & S., Pinna R.,
Rundeddu F., Soddu D. & R., Spiga S.
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- Oristano:
a cosa deve il suo nome?
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- “Nella
parte centro-occidentale della Sardegna in corrispondenza dell’ultimo tratto
del fiume Tirso, si stende la fertile piana del Campidano, ricca di acqua,
adatta ad ogni tipo di cultura e caratterizzata da un vasto sistema di
pescosissimi stagni che, da sempre, hanno costituito un’importante risorsa
economica per i residenti.
- Al centro di questa valle sparpagliata sulla riva
sinistra di quello che è il più grande fiume sardo, in prossimità della sua foce
sorge la città di Oristano.”
- (autore:
Franco Cuccu tratto da La città dei Giudici;editrice S’alvure Oristano
1996).
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- Tharros
- La
città, pur essendo il più piccolo capoluogo di provincia della Sardegna, ha
“scritto”, in ambito storico, una delle pagine più rilevanti della storia
dell’isola.
- A questo proposito Giovanni Spano (dal suo articolo “ Oristano e la sua antica
cattedrale “) afferma: “Grazie alle fortunate
scoperte delle pergamene e dei codici cartacei fatte in quest’ultimo
decennio, Oristano è divenuta la città più storica della Sardegna.
S’ignorava anche l’origine del suo nome: chi lo derivava da arista (spiga)
per la fertilità dei suoi terreni adatti alle biade, chi dalla corruzione
di auristatmnum, e chi dalla voce greca
oros e stagno, perché situata in vicinanza ai
pescosi suoi stagni: ma ora siamo certi della sua fondazione, e da chi trasse il
nome, cioè da una Principessa chiamata Aristana o Aristanna la quale da Tharros traslocò
il suo domicilio, e vi piantò la colonia”. In quest’ultima affermazione
tuttavia, può essere rilevato il desiderio di porre in un passato mitico
l’origine della città (tradizione a cui non sono venuti meno neanche i Romani!)
vista l’esistenza di una leggenda riguardante la principessa di cui riportiamo
la storia…..
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- Tharros vista dall’alto
- “Gonnario, del paese di Tharros, aveva vinto in guerra i
Mori, riuscendo a prendere prigioniera Zulemma, figlia del sultano
sconfitto.
- Gonnario si era
innamorato follemente della bella mora, me lei rifiutava di sposarlo. Ad
un’ennesima richiesta di matrimonio del suo carceriere, Zulemma rispose che lo
avrebbe preso per marito solo quando lo stagno dalle acque dorate sarebbe
diventato una grande città.
- L’innamorato, che era ricco, si accinse
a compier l’opera e per prima cosa fece prosciugare lo stagno. Satana, sempre
all’erta, si gettò nello stagno ormai asciutto che tornò a colmarsi
d’acqua.
- Gonnario disperato saltò a cavallo e partì deciso a morire.
Mentre cavalcava venne sorpassato da uno stormo di cornacchie, da cui spuntò il
demonio che gli propose un patto: il prosciugamento immediato dello stagno in
cambio, allo scadere di un anno, dell’anima di Gonnario.
- Il
giovane accettò il patto e firmò il contratto.
- Si poté costruire così una grande
città che assistette alle nozze favolose di Gonnario con la bella Zulemma.
Questa, battezzata, aveva preso il nome di Aristana. I due sposi vivevano felici
e contenti e l’anno passò velocemente.
- Allo
scadere del contratto col diavolo, Gonnario disperato si reca nottetempo alla
Chiesa del Rimedio e chiede aiuto alla Madonna.
- La
Vergine addormenta il giovane e ne prende le sembianze, recandosi al suo posto
all’appuntamento con Satana. Quivi giunta stordisce il demonio lanciandogli
addosso uno scapolare benedetto e intanto gli sottrae il turpe contratto firmato
da Gonnario.
- Tornata in chiesa, sveglia il suo protetto e gli consegna
l’infernale documento. Gonnario
ringrazia in ginocchio la Madonna e torna felice presso l’amata Aristana.
- Col
nome della sposa verrà chiamata anche la grande città sorta al posto dello
stagno”.
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- (Tratto da “Guida
all’ Italia leggendaria, misteriosa, insolita e fantastic a”, vol. II, Sugar
Editore, Milano 1967).
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- Le ipotesi circa l’origine del
nome della città non si esauriscono in questa leggenda (smentita, per altro, fin
dal 1908 da Enrico Besta), ma continuano; sarebbe solo di età tardo imperiale
però la denominazione Aristianes dell’insediamento che, secondo la teoria
dell’oristanese Raimondo Zucca, è da ricollegarsi alla formazione di “una
massa fundorum Aristiana”, appartenente alla
gens Aristia da cui avrebbe preso il nome; da
questa massa fundorum successivamente, in età bizantina, si sarebbe sviluppata a
pieno titolo la città di Oristano.
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- Oristano, radici
storiche
- (Autore:
Raimondo Zucca; tratto da: Oristano la storia, le immagini; editrice
S’Alvure Oristano 1994)
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- Nel territorio oristanese,
l’insediamento umano rimonta al neolitico recente. Le testimonianze
antropiche successive si riferiscono al periodo nuragico. Particolare
rilievo per la sequenza insediativa nel sito della città medievale hanno le
ceramiche nuragiche del Bronzo recente rinvenute in Vico Ammirato: si
tratta di una capeduncola e di una lucerna “a cucchiaio”.
- Con la fondazione di Othoca il
territorio che si estende sino alla riva sinistra del Tirso, comprendente l’area
di Oristano, fu probabilmente di pertinenza della nuova fondazione fenicia.
- Una possibile presenza
insediativa etrusca extraurbana nel territorio di Othoca, potrebbe
indiziarsi sulla base della scoperta di un frammento di iscrizione
etrusca della fine del VII sec. a. C., rinvenuta nel 1891 in Oristano,
presso la Via Re Ugone (attuale Via Azuni).
- L’epigrafe sinistrorsa, incisa
su una lastra di arenaria del Sinis, menziona un antroponimo etrusco.
- Un centro punico è stato
individuato dallo scrivente nel 1970 nella località S. Nicolò, a Sud Ovest della
città.
- Sembrerebbe quindi cogliersi
anche per l’area oristanese il fenomeno della colonizzazione capillare che
caratterizzò l’organizzazione territoriale della Sardegna punica,
finalizzata alla monocoltura cerealicola.
- Le origini di Oristano devono
riportarsi ad età romana.
- Il territorio cittadino fu
interessato sin dall’estrema fase tardo-repubblicana (età cesariana?) dalla
sistemazione dell’assetto viario.
- Con certezza si può affermare
che la via a Tibula Sulcis,
superato il
Fiume Tirso con un ponte a più luci, attraversava l’area di Oristano in
direzione di Othoca.
- Più dubbio è il punto in cui la
via a Turre Xarales intersecava la suddetta
strada.
- Alcuni studiosi suppongono che
l’incrocio avvenisse nel sito della città moderna, altri invece ritengono, con
maggiore verosimiglianza, che l’innesto della via a Turre Karales nella strada litoranea
occidentale fosse in Othoca.
- La via costituì l’elemento
fondamentale per lo sviluppo dell’insediamento romano di Oristano.
- Infatti nell’area suburbana di
Othoca e in particolare nel settore settentrionale, sorsero in raccordo con
l’arteria stradale diversi insediamenti che talora continuavano i
precedenti centri di vita punici.
- Si deve ritenere che tali
insediamenti fossero legati allo sfruttamento delle risorse agricole della
piana campidanese, caratterizzata da un elevato grado di fertilità.
- Il carattere giuridico di
questi centri non è noto, ma potremmo pensare sia a vici, sia a villae urbano-rustiche, sia infine
alle mansiones della via.
- Per la fase repubblicana
possiamo segnalare la necropoli di San Nicolò, mentre per il periodo
imperiale annoveriamo gli insediamenti di Toràngius, Cùccuru S. Antoni, Oristano
- Via Azuni, Cappuccini- S.
Martino, San Nicolò e San Giovanni dei Fiori.
- Alcuni di questi centri sono
piuttosto modesti (Toràngius, Cùccuru S. Antoni), ma negli altri casi si
dispone di testimonianze monumentali, epigrafiche ed artistiche collegabili a
gruppi sociali di ceto elevato: questi documenti sono costituiti da edifici (Via
Azuni, S. Giovanni dei Fiori), sarcofagi (San Nicolò) e da un cippo
funerario in marmo (Cappuccini).
- Un grande significato per la
storia della città di Oristano ha il rinvenimento, nel 1891, nel cuore del
centro storico (Via Re Ugone, corrispondente all’attuale Via Azuni),
di una struttura in opus testaceum,
accompagnata
da “alcune monete del basso impero
alquanto corrose dall’ossido” e da una “straordinaria quantità di frammenti fittili
dell’epoca romana”.
- Nei resti edilizi di Via Azuni
non escluderemmo che vada identificato (a causa della rarità di
strutture private in opera laterizia della Sardinia) un edificio pubblico.
- Possediamo comunque la
documentazione archeologica di una struttura romana, usata ancora in età
tardo-antica, nell’area della città medievale.
- A suffragio della ipotesi di
una presenza di villae legate a latifondi, in questo
territorio potremmo richiamare la etimologia del toponimo Aristiane, proposta da E. De Felice, quale
prediale, quindi toponimo denominato dal proprietario di un latifondo.
- Dobbiamo dunque ipotizzare,
sulla base delle osservazioni linguistiche, una massa fundornm Aristiana, che prese il nome dal
proprietario dei fundi, appartenente alla
gens Aristia.
- Lo sviluppo latifondista
attraverso l’introduzione (o divulgazione) del colonato si attua in
Sardegna in particolare nell’età tardo-antica, ma il dato è troppo aleatorio per
individuare il personaggio che avrebbe dato il nome alla massa fundorum.
- Parafrasando quanto è stato
scritto a proposito dell’importanza del latifondo tardo-antico in
Sicilia, potremmo dire che, verosimilmente, anche in Sardegna il sistema
delle stazioni della posta imperiale, venne raccordato alle esigenze dei grandi
proprietari delle masse fundorum.
- Ne deriva la possibilità che
Aristiane non sia un semplice toponimo
prediale, ma l’esito urbano e toponomastico di una Mansio Aristiana che avrebbe mutuato il nome
della massa fundorum degli Aristii.
- Il periodo vandalico non pare
costituire una rottura con gli equilibri economici e sociali della tarda
antichità.
- Appartengono a questa età o ai primordi del periodo
bizantino le prime testimonianze cristiane di Oristano, indizio
dell’esistenza di cristiani o, forse meglio, di una comunità cristiana.
- È probabile che la diffusione
del cristianesimo segni un decisivo passo con la deportazione dei vescovi e
di membri del clero africano in Sardegna decisa dal re vandalo Trasamondo.
- In questo periodo vengono
fondati o ampliati i complessi paleocristiani di Cornus, Annuagras e Forum
Traiani.
- Nel territorio di Oristano
verifichiamo, accanto alla persistenza dell’insediamento di San Nicolò, la
insorgenza di un centro abitato, probabile succedaneo della ipotetica
Mansio Aristiana, nell’area del centro storico
attuale.
- Desumiamo l’esistenza di questo
insediamento dalla discarica scoperta nel sagrato della Cattedrale: in essa
sono stati accumulati nel V-VI sec. d. C. i rifiuti di un nucleo abitativo
da localizzarsi nelle immediate vicinanze, forse in corrispondenza del
rilievo alluvionale compreso tra le vie Vittorio Emanuele ed Angioy.
- Nella discarica riscontriamo
vasellame fine da mensa in sigillata chiara D di produzione africana,
lucerne mediterranee, ceramica comune “steccata”, contenitori anforati, laterizi
e vasi in vetro, oltre a resti di pasto (ossa di bovidi e di ovicapridi,
elementi malacologici (ostrea
lamellosa).
- Il complesso di materiali
testimonia attività manifatturiere locali (laterizi, ceramica comune) accanto ad
importazioni, in particolare dal Nord Africa.
- Quest’ultimo aspetto induce a
domandarci se al livello cronologico in discussione Aristiane disponesse di un suo scalo
autonomo (documentato a partire dal secolo VII) ovvero si servisse del
porto lagunare di Othoca o del più lontano scalo tharrense.
- Evidentemente allo stato
attuale delle conoscenze è preferibile lasciare aperto questo
interrogativo.
- Aristiane dovette assumere rango urbano
sin dal periodo bizantino. La menzione di Aristiane nella Descriptio Orbis Romani di Giorgio Ciprio (prima metà
del VII secolo d. C.), documenta la assunzione della nuova realtà
poleografica da parte della letteratura geografica bizantina.
- Forse tale città è da collegare
ad una decadenza dell’antica Othoca, dalla quale la nuova città dovette
emanciparsi maturando, entro i primordi del periodo bizantino, una propria
autonomia.
- La localizzazione del porto di
Aristiane permane sconosciuta: chi scrive non è alieno dal ricercarla.
ipoteticamente, alle foci del Tirso, ovvero presso Torre Grande, sede del
medievale Portus Chucusii da cui provengono laterizi con
marchi di fabbrica bizantina.
- Le strutture più rilevanti sul
piano architettonico della città bizantina sono gli edifici chiesastici: la
originaria ecclesia intitolata alla Vergine
Assunta, destinata ad essere la Cattedrale medievale, fu individuata nel
corso degli scavi effettuati per il rifacimento della pavimentazione del Duomo
Oristanese.
- A circa 200 metri ad Ovest
della Chiesa dell’Assunta, è localizzato, in via s. Antonio, l’altro
edificio chiesastico di probabile origine deutero bizantina, consacrato allo
Spirito Santo.
- La documentazione materiale
bizantina di Aristiane si compone di vasellame da
mensa, di ceramica comune, di contenitori anforari rinvenuti negli scavi del
sagrato della Cattedrale, di monete degli imperatori d’Oriente Leone e
Maurizio e di due tessere di riconoscimento in bronzo con lettere ageminate,
rinvenute nell’Ottocento: la prima presenza nel dritto la dicitura BASI/LII
e nel rovescio V(iri) C(larissimi);
la seconda
tessera offre la menzione VICTORIS sul dritto e il monogramma di Cristo con le
lettere apocalittiche A e Ω sul rovescio.
- I reperti, databili al VI sec.
d. C. attestano la presenza in Aristiane
di personaggi
di alto rilievo sociale: in particolare il Basilius V(ir) C(larissimus)) potrebbe riferirsi ad un membro
del senato cittadino di un centro sardo piuttosto che ad un personaggio
appartenente al Senato di Roma.
- La estensione della
Aristiane bizantina ci sfugge: potremmo
credere, che corrispondesse all’area (o ad un settore) della città
medievale. A suggerirlo sta il toponimo di Bingiaregu (oggi Via Vinea Regum),
riferito ad una località immediatamente esterna alla cinta muraria
giudicale. L’odierna denominazione è un calco dotto di età recente
dell’originario toponimo attestato nel secolo scorso da V. Angius e S. Scintu.
- La città andava acquisendo una
particolare importanza negli ultimi secoli dell’Alto medioevo, forse anche
in rapporto allo spopolamento progressivo dei centri costieri di Tharros e
del Porto Coracodes (Capo Mannu), causato in
particolar modo dalle scorrerie arabe.
- In una carta geografica di età
carolingia la città sarebbe nota con la denominazione di Auristamnum, mentre nel IX secolo il centro
riappare nelle Episcopatuum Orientalium
Notitiae di
Leone il Sapiente, con forma errata.
- Con la formazione dei quattro
regni (o giudicati) della Sardegna, intorno al 900, Aristiane divenne forse capitale della
curatoria omonima (nota successivamente come Parte Simaxis) del Giudicato
d’Arborea. Ignoriamo se in tale epoca Aristiane fosse dotata di un circuito
murario.
- Secondo le Istorie Pisane del Roncioni nel maggio-giugno
1012 Oseo (forse Othoca -S. Giusta) e Uristà (evidentemente Oristano)
sarebbero state incendiate e saccheggiate dai Pisani, in seguito alla
vittoria navale su Museto al largo di Largliè (Alghero?).
- Nonostante l’intendimento
scopertamente partigiano da parte della cronaca pisana parrebbe evocata la
presenza di fortificazioni (presumibilmente giudicali e non pisane) forse nella
stessa Oristano. Nel 1070 Oristano diventò la capitale del Giudicato d’Arborea e
la sede dell’Archiepiscopus
Arborensis.
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- Oristano Capitale di un
Regno
- (Autore:
Francesco Cesare Casula; tratto da:
“Oristano la storia, le immagini”; editrice
S’Alvure Oristano 1994)
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- L’insediamento di Oristano
aveva la fisionomia di un grosso villaggio e faceva parte, insieme con altri
diciassette paesi della curadoria
di Simaxis,
una delle tredici circoscrizìoni amministrative del regno o “giudicato”
d’Arborea costituito — come si sa — nel 900 d. C.
circa, con capitale Tharros.
- Senonché l’antica città di
Tharros era molto pericolosa perché adagiata sul mare, esposta quindi alle
reiterate incursioni dei Berberi musulmani che dal 710 in poi avevano preso
a razziare le coste sarde.
- Il re del luogo, chiamato in
lingua sarda judighe, aveva fin da subito abbandonato la minacciata sede marina
e con tutte le autorità statali laiche e religiose, si era rifugiato
all’interno del territorio, a Oristano, appunto, sufficientemente lontana
dalle funeste spiagge, facilmente difendibile, felicemente collocata al
centro del reame della valle del Tirso.
- Nel 1070— a detta di uno
storico del ‘500, Giovanni Francesco Fara, di cui non abbiamo motivo di
dubitare — quella che era una situazione di fatto si trasformò in una condizione
di diritto, ed anche formalmente Oristano divenne la capitale
ufficiale dell’Arborea.
- La città era tutt’altro che
piccola, per quei tempi: misurava circa 27 ettari ed era divisa in almeno
nove quartieri: Bau de Carra, Su Putzu, Ponti Manno, Porta de Ponti, Putzus de
Carros, Santa Clara, Santu Antoni, Santu Sadurru.
- Aveva la tipica struttura a
“fuso” delle città medievali fortificate, con mura alte circa quindici
metri e torrioni di risolta inespugnabili, come si può vedere in alcune vecchie
fotografie dell’Ottocento e nei resti di”Portixedda” in fondo a via
Mazzini.
- Ancora oggi ponendoci in piazza
Roma, oltre la Porta a Pontis, con la torre di Mariano II o di S. Cristoforo
alle spalle, si vede chiaramente il ventaglio delle attuali vie Garibaldi,
Parpaglia, Umberto (via Dritta) e De Castro che, dopo essersi allargato a
raggiungere a destra il Duomo e a sinistra “Portixedda”
si riuniva alla Torre di San
Filippo a Porta a Mari (demolita nel 1907), nell’odierna piazza Mannu —
detta Sa Majoria dove sorgeva il palazzo
giudicale con tutti i servizi.
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- Torre di
portixedda prima del restauro (foto di P. Liaci)
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- L’antica reggia, ristrutturata
agli inizi del 1300, comprendeva sale di rappresentanza e di soggiorno,
cucine, stalle, cantine, depositi di cereali, parlatorio, cappella, cancelleria,
scrittorio e archivio.
- Vi abitava il sovrano, su
judike, con i suoi parenti
(dounos e donnikellos), protetto da un corpo speciale
di guardie chiamato Kita de Buiakesos.
- I primi “giudici” oristanesi di
cui si ha memoria sono della famiglia dei Lacon Zori, forse un ramo cadetto
della casata regnante del Logudoro.
- La monarchia in Sardegna non
era ereditaria ma elettiva per linee genealogiche perché lo Stato non era
patrimoniale, di proprietà del re, come in quasi tutta l’Europa, ma era di
pertinenza del popolo che in relativa democrazia eleggeva i propri
rappresentanti per decidere in parlamento (Corona de Logu) sulle questioni di
carattere nazionale quali le intronizzazioni, le paci, le guerre, ecc.
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- Le vicende dell’Arborea sono
lunghe e complesse. Essendo esso uno Stato- cuscinetto, compreso tra i
regni di Cagliari e di Logudoro, dovette sempre attaccare per difendersi
vagheggiando un sogno di unità delle genti sarde che il “giudice” Barisone
I de Lacon-Serra, fattosi incoronare dall’imperatore Federico I Barbarossa re nominale di tutta la
Sardegna nel 1164, espresse nel motto sfragistico in versi leonini: “EST VIS
SARDORUM PARITER REGNUM POPULORUM” (Il regno dei popoli sardi uniti costituisce
al tempo stesso la forza dei Sardi).
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- Purtroppo, il sovrano
oristanese non riuscì a realizzare il suo ambizioso piano espansionistico
perché fu abbandonato dagli alleati Genovesi e non fece in tempo a
stabilire una proficua intesa con i Pisani.
- Mori nel 1185 senza prole, e la
Corona de Logu intronizzò un suo nipote,
figlio della figlia Sinispella e del catalano Ugo Poncio de Cervera, visconte di
Bas, il quale iniziò la grande dinastia dei Bas-Serra.
- Il terzo re di questa dinastia,
Mariano II, si rese famoso perché partecipò agli avvenimenti pisani del
conte Ugolino nel 1288, cantati da Dante, e perché abbellì ed arricchì
Oristano facendovi innalzare nel 1291 la massiccia torre, oggi detta di S.
Cristoforo,simbolo della città.
- Alla sua morte lasciò un regno
forte e potente che per conquista aveva inglobato quasi la metà dell’ex
“giudicato” di Logudoro con le fertili curatorie di Goceano e Monteacuto e un
terzo dell’ex “giudicato” di Cagliari purtroppo subito ceduto per testamento al
Comune di Pisa per l’aiuto prestatogli in vita.
- I monarchi di Oristano, al pari
dei grandi signori continentali, avevano una propria masnada, formata da soldati
stranieri professionisti e da sardi pagati privatamente, per condurre
guerre personali con la collaborazione di potenze europee interessate. Solo
per decisione della Corona de Logu
i conflitti
diventavano nazionali e coinvolgevano tutta la popolazione maschile
abile alle armi dai 14 ai 60 anni.
- Un discendente di Mariano II,
Ugone II, volendo liberare il Cagliaritano e la Gallura dall’occupazione pisana
che si faceva minacciosa anche per lui, nel 1323 s’accordò con il re della
Corona d’Aragona, Giacomo II il Giusto, per una spedizione
militare ai danni del Comune toscano.
- Giacomo II, ventisei anni
prima, nel 1297, era stato insignito dal papa Bonifacio VIII del teorico titolo
di re di ”Sardegna e Corsica”, che ora tentava di realizzare almeno
parzialmente occupando i territori sardo-pisani.
- L’impresa durò fino al 1326, e
da quell’anno l’isola visse divisa in due Stati in principio alleati:
il regno iberico di “Sardegna e Corsica”, con capitale Castel di Cagliari
(attuale Cagliari), ed il regno indigeno di Arborea, sempre con capitale
Oristano.
- I Bas-Serra della prima metà
del Trecento si votarono fisicamente e sentimentalmente ai Catalani
Aragonesi da cui discendevano per linea maschile. Ugone II, artefice della nuova
svolta storica della Sardegna, fece sposare ben sette dei suoi dieci figli —fra
cui il futuro famoso Mariano IV — con donzelle e donzelli di nobili famiglie
iberiche, dando origine ai grandi e prestigiosi lignaggi dei Vilamarin, dei
Medinaceli, dei Montalto e dei Soma.
- Malgrado questo, però,
all’interno del “giudicato” tutto si manteneva rigidamente autoctono e
tradizionale.
- Su una matrice culturale
italiana, preferibilmente toscana, lo Stato della valle del Tirso maturava
col tempo, in libertà politica, la propria nazionalità che insieme con la
lingua sardo arborense si manifestava nella scrittura e nell’architettura gotica
italiana, nella cronografia di stile pisano, nel diritto pubblico e
privato, ed in tante altre forme tutte in contrapposizione alla
diversissima civiltà catalana importata nella Sardegna regnicola.
- In puro gotico “triangolare”
italiano chiamato “internazionale” dagli storici dell’arte — fu rifatta la
cattedrale tra il 1325 e il 1346 di cui attualmente resta in piedi, purtroppo,
solo la cappella del Rimedio con la lapide sepolcrale del giurista
giudicale Filippo Mameli e costruite le chiese di San Lazzaro (oggi scomparsa),
di San Martino fuori le mura e di Santa Chiara.
- Quest’ultima, cominciata nel
1343, riveste un particolare interesse politico perché ha tutto l’aspetto di una
cappella privata della famiglia regnante dei Bas-Serra, con lo scampolo di
un affresco celebrativo in cornu Evangeli
e con gli
stemmi privati dei “giudici” alternati alle insegne statali dell’Arborea: un
albero verde deradicato in campo bianco.
- Nei peducci pensili
dell’abside conserva le effigi deturpate di quattro personaggi laici due
dei quali, a ridosso dell’arco trionfale potrebbero essere quelle di Pietro
III, successore di Ugone lI, e di sua moglie Costanza di Saluzzo, lì sepolta nel
1348, da vedova.
- In quell’anno — il terribile
anno della morte nera del Boccaccio — era appena
salito al trono il ventinovenne Mariano IV, il più grande sovrano oristanese in
assoluto.
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- Stemma
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- Era sposato con la nobile
catalana Timbora de Rocaberti ed era già padre di Ugo (futuro Ugone III), di
Eleonora (futura famosissima “giudicessa-reggente”), e di Beatrice (nonna
del futuro “giudice” Guglielmo III di Narbona).
- Mariano era certamente un uomo
intelligente, colto e raffinato: viveva e si comportava, come tutti i
re europei, secondo un elaborato cerimoniale di Corte, facendosi precedere
da mazzieri cavalieri e dignitari di Palazzo, impiegando valletti
vestiti di splendidi abiti, mangiando servito da un maggiordomo fra
argenti, al suono della musica ed allietato da mimi e da sbandieratori.
- Parlava e conosceva — oltre
alle lingue sarde il latino, l’italiano e il catalano; era in corrispondenza
epistolare con le maggiori personalità del tempo, fra cui la giovane e
battagliera Caterina de Siena.
- Nel 1343, quando era ancora
donnikello signore del Goceano, si era fatto ritrarre con la spada al
fianco da un pittore napoletano di Scuola giottesca, forse Pietro Orimina,
nel polittico della cattedrale di Ottana che fortunatamente si conserva
ancora.
- Tutta questa attività e fervore
culturale non devono destare meraviglia; Oristano era un crocevia di interessi
politici ed economici di portata mediterranea. Era frequentata,
direttamente o indirettamente, da famiglie di spicco toscane quali i Gualandi i
Sigismondi, i Lanfranchi, gli Orsini, i Guidi, i Castracani, i Gonzaga, i
Caprona, i Cortevecchia, ecc.; da famiglie liguri quali i Doria, gli Spinola, i
Malaspina; da famiglie piemontesi quali i Narbona, nonché catalano-aragonesi
quali i Carròs, gli Empùrias, i Torroja, ecc..
- Mariano
IV
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- A Oristano, nel Trecento, c’era
pure un buon ceto alto borghese di popolo “grasso” fatto di mercanti, di
imprenditori, di militari e di professionisti. C’erano i notai Marco de Vita,
Pietro Penna, Comita Pancia, Donato Manno, Gonario Cari, Andrea Argolis;
c’erano i giurisperiti Filippo Mameli, Bartolo Catone, Leone da Ravenna,
Giovanni da Cremona, Guido de Vada; c’erano i medici Grazia Orlandi, Corrado de
Blasco e Mastro Giacomo, e tanti altri personaggi piccoli e grandi del mondo
dell’arte e dello spettacolo incontrati qua e là studiando i documenti
d’archivio.
- Successivamente
Oristano fu teatro di piccole beghe iberiche, di lotte intestine, di odi,
di rivolte baronali sfociate nelle azioni di guerra dell’ultimo marchese,
Leonardo de Alagòn, nel 1470-79. A causa di ciò fu trasformata in città reale ed
inglobata nel patrimonio della Corona.
- La
magnificenza di Oristano decadde nel giro di sessant’anni con la guerra
redentista scoppiata nel 1353 contro il regno di “Sardegna e Corsica”.
- La
combatterono Mariano IV, poi il figlio Ugone III e sua sorella
Eleonora in nome dei figli
minorenni Federico — scomparso in tenera età — e Mariano
V.
- Eleonora de Bas-Serra, esaltata
e mitizzata dalla storiografia romantica più come eroina guerriera (cosa
che non fu mai) che come capo di uno Stato istituzionalmente aver promulgato il
noto codice dileggi chiamato Carta de Logu,
uno fra i più
avanzati testi di diritto in Europa.
- La tragedia si compì nel primo
decennio del Quattrocento. Morto Mariano V gli successe un inefficiente parente
francese, Guglielmo III di Narbona, che si fece sconfiggere pesantemente
dai CatalanoAragonesi a Sanluri nel 1409. L’anno dopo, con la capitolazione
di San Martino, Oristano si arrese ai vincitori e divenne una semplice residenza
marchionale, mentre il regno d’Arborea continuò a vivere per altri dieci
anni con i territori oltregiudicali e con capitale Sassari.
- (Autore:
Francesco Cesare Casula; tratto da:
“Oristano la storia, le immagini”; editrice
S’Alvure Oristano 1994).
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