Mauro Pili, Vittima di lusso dei giochi del Palazzo

La politica non è ideologia. È stato difficile far accettare a Forza Italia la mia giovane età.
La Casa comune dei Sardi? Non la conosco e non la riconosco.

Di Andrea Lobina e Marco Pistis

 

Mauro Pili, ex socialista combattivo, dai referendum contro le basi NATO a La Maddalena e varie battaglie della sinistra a leader del Polo delle Libertà in Sardegna: sei cambiato tu o è cambiata la Sinistra?

Diciamo che ho sempre concepito la politica non come dimensione di schieramento, ma come dimensione di fatti e problemi. Ho fatto di tutto, sin dal movimento studentesco, perché non fosse un dogma a regolare le azioni, ma i fatti. In tante occasioni della vita politica sono risultati più importanti i fatti concreti rispetto alle ideologie. Non sono cambiato io, né è cambiata la Sinistra. La Sinistra non ha voluto capire il concetto di stare al di sopra delle parti ma ha insistito su una divisione ideologica della società. Sono stato scelto per guidare in Sardegna un progetto politico che mi permette di operare sulla concretezza, e se domani non sarà più così, credo che continuerò comunque la mia battaglia basata sul fatto concreto.

Hai detto: "Sono stato scelto". Politicamente parlando, il Polo, dopo l’ultima legislatura sarda di impronta sinistrorsa, avrebbe dovuto stravincere. Quali errori hanno portato poi al tonfo finale: la tua investitura venuta direttamente da Arcore e non dai rappresentanti sardi del Polo, o il fatto che chi ti affiancava non era politicamente all’altezza? Insomma, il voto dei sardi ha premiato te in modo diverso rispetto agli altri del gruppo?

Credo che non vi sia stata in Sardegna nessuna imposizione. Ogni volta che si sceglie un candidato, questo raccoglie consensi e dissensi. Per quanto riguarda me, c’era un punto difficile da accettare: l’età. Ciò che credo sia importante è il fatto che il Polo per la Sardegna ha vinto sia il primo che il secondo turno. L’indicazione sui collegi provinciali è legata al clientelismo, agli affari, a quanto di becero abbia fatto la sinistra in questi anni. Aggiungo che le liste presentate dal Centro-Sinistra su scala locale erano in numero nettamente superiore rispetto a quelle del Polo, quindi è evidente che vi sono delle discriminanti. Credo che il Polo debba riflettere bene su come utilizzare il grande consenso accordatogli.

Riguardo la modifica della legge elettorale pensi che questa possa essere la legislatura buona, viste anche le spinte del referendum a cui anche tu hai aderito?

Non credo che questa sia la legislatura che possa incidere sui destini della Sardegna. La stabilità di governo è uno dei fattori economici più importanti; e qualsiasi riforma si attui è importante che questa verta su questo aspetto economico e sulla garanzia della volontà popolare e dei principi democratici.

Per quanto riguarda i referendum, farò tutto quello che posso, per uno come me abituato più alla lotta di piazza che a quella di palazzo, perché si avveri la speranza dei sardi di una interpretazione autentica della loro volontà. I Sardi vogliono cambiare, e questo penso si sia capito, a dispetto delle vecchie logiche politiche sempre pronte a salvaguardare la carriera e i privilegi piuttosto che lavorare su progetti di ricostruzione politica e amministrativa. Meno compromessi e più chiarezza, dunque, poiché bisogna abbandonare le politiche di assistenzialismo proprie della Sinistra, e perpetrare spinte occupazionali basate su economie forti che agevolino gli investitori privati e facilitino gli investimenti pubblici.

Non ritenete di aver commesso un errore spaccando in due il partito sardo d’azione, dando così a Grauso, notoriamente poco coerente, l’opportunità di fare l’arbitro per la formazione della giunta?

Con il senno di poi si possono fare molte valutazioni. A dodici ore dall’elezione del presidente del Consiglio si doveva fare una scelta tenendo conto dei vari condizionamenti del campo. In politica occorre comunque valutare il dato finale, ad un certo punto qualcuno è venuto meno e se ne assume, davanti ai sardi, la responsabilità.

Hai girato per tutta l’isola per scrivere un programma che partiva dal basso, poi è saltato fuori il plagio o quantomeno l’ispirazione del Presidente della Lombardia, che di fatto non poteva avere gli stessi problemi.

Non vi è stata nessuna copiatura. Poteri forti del centrosinistra hanno fatto di tutto per farlo credere ai sardi. Semplicemente per un errore informatico sono stati trasferiti in un testo di oltre 300 pagine, tre punti che ho ritenuto di dover assolutamente prendere dal programma lombardo, punti che rispecchiano i temi che i sindaci di tutta la Sardegna avevano evidenziato come problemi insoluti (ad es. le discariche, il problema occupazionale e burocratico). Per questi problemi la Lombardia ha saputo far meglio di noi ed ho ritenuto opportuno captare iniziative di un’altra regione, tuttavia rielaborate in chiave sarda, con dati e riferimenti appropriati.

La "Casa Comune dei Sardi": esiste o è solo un crogiolo di forze costruito per mercanteggiare meglio?

Non la conosco, non so cosa sia, l’unica casa dei sardi che conosco è quella rappresentata dal voto del popolo, che mi ha assegnato 151.000 voti ed ha dato il 54% al Polo della Sardegna.

Non mi piacciono le alchimie di chi non punta a fatti concreti, ma lavora per destabilizzare l’avversario, e penso che il popolo sardo non dimentichi né queste settimane di incoerenze e imbrogli né le sei giunte Palomba, da cui siamo fortunatamente venuti fuori.

Berlusconi aveva detto: -O Mauro Pili o all’opposizione-. Cosa pensi del cambiamento di linea?

In questo momento vi era bisogno di un governo di transizione che potesse consentire almeno un minimo rispetto nei confronti del consenso accordato al Polo dai Sardi

Ti sei sentito un po’ tradito?

Assolutamente no. Sapevo e sono consapevole che non sarà possibile una giunta duratura se non quella che i sardi hanno espresso con i voti di giugno. Tutto deve essere perseguito pur di non dare in mano la Sardegna a chi è uscito perdente dalle urne, sia come coalizione che come candidat alla presidenza.