TRA SPERANZE E INCERTEZZE

E’ il 16 Novembre, data di scadenza per le prescrizioni universitarie. Negli occhi diciottenni di una 5° Liceo Scientifico si leggono terrore e incertezza: ci hanno scaricato addosso montagne di opuscoli e guide, ci hanno detto di scegliere in base ai nostri sogni e alle possibilità future, e hanno preteso una scelta. Ma cosa scegliere? Meglio lasciarsi trasportare dalla passione o ragionare razionalmente sui dati ISTAT?

Il futuro è così incerto, davanti si intravede solo lo spettro della disoccupazione, e sai che consolazione non essere lo "scemo del villaggio" perché conosci l’inglese e sai usare il computer, quando sai che fra 5-6 anni (forse) sarai solo l’ultimo arrivato nella lista dei laureati disoccupati. Si respira un’aria di sconforto nella 5° liceo dei diciottenni incerti e illusi. Sono in 2 a sapere in cosa iscriversi, idee chiare, un sogno da realizzare. Tutti gli altri si guardano allo specchio e si chiedono cosa fare: il cassetto trabocca di sogni, Ma come realizzarli? "Sai, vorrei fare l’architetto ma non ho i soldi per andare fuori", "Ingegneria no, piuttosto che dare analisi mi suicido", "Lettere? Per finire dietro una cattedra a parlare di Dante? Ma per piacere!".

La scuola poi non aiuta certamente a scegliere, è difficile farsi un’idea sul futuro continuando a imparare nozioni e formule. Il mondo reale viene chiuso fuori dal portone col suono della campana delle 8:30. Mai una parola su droga, sesso, pace, politica. E non c’è spazio nemmeno per le nostre paure, per le nostre idee, per i nostri pensieri sfuggenti, per quell’umanità che dovrebbe traghettare col mondo nel nuovo millennio. C’è spazio solo per Manzoni, Hegel, la letteratura sbiadita delle antologie, la scienza aliena dalla realtà. E’ difficile scegliersi un futuro in un contesto del genere, dove nessuno è capace di indirizzarti sulla tua strada. La continuità scuola–università è ancora un’utopia: non basta una settimana di orientamento, non bastano gli opuscoli piovuti dal ministero. Abbiamo bisogno di qualcuno che ci sappia interessare e coinvolgere, di qualcuno che ci aiuti a decifrare le speranze e i sogni, di qualcuno che possa alleviare il nostro pessimismo sull’avvenire.

E perché la decisione finale sia consapevole è necessario che ci siano diverse possibilità di scelta: l’offerta formativa delle nostre facoltà è invece insufficiente.In un’isola che muore giorno dopo giorno l’istruzione dev’essere il mezzo su cui scommettere per il futuro, bisogna istituire corsi che permettano la creazione di figure professionali competenti nei settori su cui si vuole basare il rilancio economico della Sardegna. Il futuro passa da noi che oggi decidiamo se e dove iscriverci all’Università, e se le nostre scelte non saranno oculate, se il sistema politico non si deciderà a sfruttare i suoi mezzi invece di rincorrere poltrone, ancora una volta la Sardegna perderà le sue forze migliori e il processo di rinnovamento sarà ancora una volta rimandato.

Noi uomini sardi del 2000 chiediamo informazione, sostegno e più possibilità di scelta, affinché quella che oggi è diventata una tappa obbligata dia effettive possibilità di sbocco nel mondo del lavoro. Ma queste sono richieste utopistiche: noi all’Università ci andremo tutti perché l’alternativa è ingrossare le fila degli uffici di collocamento. E i sogni resteranno nel cassetto, perché nel mondo dell’Euro e del mercato globale non c’è spazio per quelli dei giovani isolani.

Così per ora abbiamo deciso di rinviare la drammatica scelta e di concentrarci sull’esame. Con la sensazione che più che affrontare una prova si stia giocando a tombola, ormai ridotti a somma di numeri che senza alcuna pietà esprimeranno 5 anni di carriera scolastica. Non resta che augurarci buona fortuna, e che Dio salvi il Ministro (dalla nostra rabbia…). (Francesca Vargiu)