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Un
sindacalista che piace
Cofferati
passeggia con noi tra i mille problemi dell'Italia, con il lavoro che non
si trova, il Sud che va a rilento, il mancato sviluppo delle infrastrutture
e il problema-giovani.
Sono
partiti quest'anno i piani di inserimento professionale e le borse di lavoro,
secondo Lei sono veramente occasioni di crescita, anche culturale, o sono
solo degli interventi a pioggia di tipico stampo clientelare?
I
Piani di Inserimento Professionale ritengo che siano una cosa veramente
utile, mi convince molto meno la borsa di lavoro, perché credo che
sia importante, soprattutto per i giovani, l'attività formativa,
che li aiuta ad entrare stabilmente nel lavoro. Tutte le occasioni temporanee
e transitorie possono anche essere utilizzate ed è giusto non perderle
ma non vanno enfatizzate, quindi non credo che sia la strada da battere
per dare lavoro ai giovani. I lavori socialmente utili, per fare un esempio,
erano stati concepiti come strumento per dare un attività di lavoro
transitoria a lavoratori espulsi da una fabbrica o messi in cassa integrazione
in modo che non stessero a casa senza far nulla. Se diventano invece uno
strumento che si offre ai giovani disoccupati cambia la natura dello strumento
e ne viene alterata la stessa funzione. Io credo che per un giovane sia
importante che chi ne ha titolo (l'ente locale, il governo, l'impresa)
lavori per dare attività stabili e strutturali; che poi i giovani
possano cambiare nel corso della loro vita, varie attività è
un'altra cosa, riguarda le loro condizioni soggettive o situazioni oggettive
che il mercato gli impone. Non può essere considerato risolutivo
uno strumento che era nato come soluzione transitoria e temporanea per
i cassintegrati.
C'è
tutt'oggi uno scontro generazionale sul problema delle pensioni: i vecchi
giustamente tendono a difendere i diritti acquisiti, i giovani hanno paura
per il loro futuro che vedono sempre più buio.
È
possibile risolvere questo conflitto o è frutto dei tempi e non
ci resta che rassegnarci?
Io
credo che gli aspetti conflittuali siano già stati risolti con la
riforma, dell'ottobre dell'anno passato che poi è diventata legge
dello stato, perché oggi è disponibile un modello previdenziale
uniforme. Ovviamente per le persone più anziane restano le condizioni
di prima, ma bisogna non dimenticare che le persone più anziane
sono da un lato quelli già in pensione e che spesso hanno delle
pensioni basse perché magari pur avendo lavorato tanto non sono
stati pagati loro i contributi e dall'altro lato lavoratori ancora in attività,
ma con un alto numero di contributi versati. Per questi non era né
possibile né giusto fare cose diverse dal mantenimento delle condizioni
esistenti. Infatti un giovane ha il tempo per costruirsi una previdenza
complementare che si aggiunga a quella pubblica. Per tale ragione io credo
che la somma di provvedimenti che abbiamo alla fine convenuto sia giusta.
Al
Nord manca la forza lavoro, al Sud non c'è lavoro, provochiamo:
andiamo tutti al Nord? Oppure c'è qualche altra soluzione?
Io
credo che la soluzione sia quella di creare lavoro dove ce n'è bisogno.
In
una realtà equilibrata dove il lavoro esiste dappertutto la mobilità
tra Sud e Nord e viceversa non è un problema, ma deve essere una
scelta consapevole della persona, una libera scelta, e perché una
persona possa scegliere deve avere due possibilità. Se ha una sola
possibilità ed il lavoro è al Nord non è più
mobilità, è emigrazione.
Quali
treni la Sardegna non può perdere per il suo sviluppo?
Credo
che per la Sardegna i problemi siano sostsimili a quelli delle altre regioni
meridionali, serve serve, attraverso gli interventi del governo centrale
e la programmazione regionale, costruire un adeguato livello di infrastrutture,
e poi mettere a disposizione delle imprese e delle persone che vogliono
lavorare, da un lato percorsi formativi e dall'altro delle risorse immateriali
come la ricerca o i servizi alle imprese. La Sardegna soffre dei mali dell'Italia:
la mancanza di infrastrutture, l'assenza di risorse immateriali una poca
efficacia della pubblica amministrazione e anche il fenomeno della criminalità
diffusa, che allontana gli investitori. Combatterla è un modo per
lavorare per lo sviluppo.
Il
Sindacato per molti è una forza conservatrice che mira a difendere
i privilegi e l'esistente, per altri difende i lavoratori e non i disoccupati,
cos'è secondo Lei?
Io
credo che sia un soggetto importante per la democrazia, per chi lavora
e per chi vorrebbe avere un lavoro, per i pensionati. È un soggetto
che li difende. Con tutte le difficoltà dei soggetti fatte di persone
in carne ed ossa. Ma che il sindacato sia una forza importante per la società
italiana basta guardarsi intorno per capirlo: il processo di risanamento
della società italiana si è realizzato in larga parte grazie
al sindacato, come il riconoscimento dei diritti dei lavoratori alla creazione
di nuove prospettive per i giovani.
Non
riconoscere questa funzione è un errore.
Marco
Pistis
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