LA CULLA DEI POETI DELL'EST

di Francesco Floris

L'Europa vacilla paurosamente sotto i colpi di un pazzo ancora una volta ombreggia sul Balcani un feroce flashback della storia. Così un lampo nel cielo di Belgrado, e un altro, e chissà quanti.

Così la diaspora albanese dalla culla dei poeti dell'est riavvicina gli incubi di un film già visto. Ma l'Europa non è pronta a vedere, non sa quasi giudicare, è sconfitta. Questi 50 anni del "dopo Hitler" hanno sopito le battaglie e trasformato il vecchio continente in gingillo della grande Nato, rendendolo quasi incapace di decidere politicamente e militarmente se non sotto il precetto della patria a stelle e strisce.

Democrazia uguaglianza e libertà, cardini inossidabili che reggono quest'Unione Europea, evaporano moralmente davanti al massacro di innocenti, giornalisti, intellettuali e politici del tormentato bunker filoslavo. Inoltre i serbi cancellano la storia rivendicano il fallace pretesto del tempo per operare la loro "pulizia culturale"; a fuoco la memoria di un popolo, le chiese, le biblioteche, gli archivi, come fortezze di carta. Brucia con esse la dignità dell'essere uomo.

L'artefatto storico di Milosevic ha tramutato i serbi in pseudo-nazisti ha infiammato antiche intolleranze alimentando "l'onore" della rivalsa.

Seicento anni e poco più, altri scenari, altre battaglie, genesi di una fatale persecuzione. Il gigante ottomano spiana la strada del Kossovo ai musulmani, gli slavi indignati per la sconfitta si rifugiano al Nord. Il Kossovo disabitato, subisce la migrazione albanese. Da allora gli ortodossi slavi odiano gli albanesi (musulmani), non solo per diverse etnie e religioni, ma soprattutto per aver occupato una terra che doveva restare sotto il dominio di Belgrado. Oggi hanno la possibilità oggettiva di sterminare i musulmani sbagliati che infettano la grande terra di Lazar. E allora ecco quel dantesco paesaggio di anime che vaga e soffre ai confini dell'inferno. Ecco una massa inerme sradicata dal suolo paterno. Forse dimenticheremo in fretta. forse, come ha detto qualcuno non ci sarà nessuno Spielberg per il Kossovo. Forse oggi non sappiamo se temere più la pazzia slava o le americanate di Clinton. Non resta che attendere smarriti la fine di un disastro che può divenire politico, economico, religioso, ma è, e inconfutabilmente, umano.