Kurosawa
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Kurosawa Kiyoshi, regista estremamente prolifico e poliedrico, saggista e docente di cinema alla Eiga Bigakkô di Tokyo (nella quale insegnano registi tra i più importanti dell'attuale panorama cinematografico giapponese), è ormai riconosciuto come uno dei più interessanti registi giapponesi contemporanei, apprezzato in tutti i maggiori festival europei.
Nato a Kobe nel 1955, studia cinema alla Rikkyo Daigaku sotto il teorico Hasumi Shigehiko. Durante quasi tutto larco degli anni 70 gira alcuni film in super8, ma è con gli anni 80 che inizia la sua produzione ufficiale. Diventa assistente di Somai Shinji e, come la maggior parte dei registi giapponesi, inizia il proprio percorso cinematografico dal basso, girando film erotici e horror a basso costo in cui è ancora difficile trovare affinità con i capolavori degli anni 90. Ma già vi si riscontra unironia e una tendenza alla sperimentazione che incontreremo nei lavori successivi, nonché la collaborazione con attori che ritorneranno costantemente (Dôguchi Yoriko, Osugi Ren e Suwa Tarô, e in seguito soprattutto Aikawa Shô e Yakusho Koji, intenso protagonista di quasi tutti i capolavori degli anni 90).
Il più famoso di questi primi film è certamente Doremifa musume no chi wa sawagu (L'eccitazione della ragazza Do-re-mi-fa, 1985), una sorta di pinku eiga sperimentale. La giovane protagonista (Dôguchi Yoriko), una ragazza un po' sprovveduta venuta dalla campagna, segue un musicista in una strana università di Tokyo, dove intraprenderà una sorta di viaggio iniziatico ad un mondo complesso e sensuale di cui poi saprà far parte, accantonando tutta la sua ingenuità. Il film mostra già chiaramente linfluenza di Godard, di cui Kurosawa è un ammiratore, nel suo gusto per la sperimentazione, ma vi si trovano anche elementi già propri del Kurosawa maturo: ad esempio le ambientazioni, costituite per lo più da paesaggi deserti e interni spogli, in cui i protagonisti vagano come perduti. Pur con qualche ingenuità (alcune scene più sperimentali sembrano un po di maniera), è una pellicola caratterizzata da una certa ambizione (tanto che non piacque ai suoi produttori) ed è inoltre resa godibile dal tipico senso dellumorismo del regista.E' probabilmente il suo miglior lavoro del primo periodo.
Dalla seconda metà degli anni 80, la sua produzione si sposta verso lhorror, anche attraverso una collaborazione col defunto regista Itami Juzô, che già interpretava la parte del professore in Doremifa musume no chi wa sawagu. Itami, che allora aveva già iniziato a riscuotere un certo successo come regista, produce Suito homu (Sweet home, 1989), horror dagli intenti decisamente più commerciali e indubbiamente lontano dallatmosfera tipica del thriller alla Kurosawa. L'influenza di Itami, riscontrabile nei toni da commedia sentimentale, è decisamente ingombrante; sembra inoltre che il regista di Tanpopo abbia anche tagliato, modificato e rigirato alcune scene, dopo una prima proiezione.
Dello stesso anno è uno dei tre episodi di Abunai hanashi (Racconti pericolosi): Konya wa yatte kita! (Sono tornati!), breve film su uno scrittore che viene perseguitato da strani personaggi. Kurosawa, che dice di non rifiutare mai i lavori che gli vengono proposti, girerà spesso episodi di questo genere (almeno tre per la fortunata serie Gakkô no kaidan), per la TV o per il mercato home video.
Gli anni 90 partono di nuovo con un thriller: Jigoku no keibiin (Il guardiano dellinferno, 1992). Siamo ancora nellambito di produzioni commerciali a basso costo (è la storia di un lottatore di sumo serial killer che semina il panico in unazienda), ma la regia è più matura e personale, e già cominciano ad intravedersi alcuni elementi tipici del suo stile, ad esempio il ruolo chiave delle porte.
Tra il 1995 e il 1996 Kurosawa gira ben sette film, cioé i sei episodi della serie Katte ni shiyagare!! (Arrangiati o sparati!!), divertenti commedie-yakuza il cui titolo giapponese non è che la traduzione di Fino allultimo respiro, e il terzo episodio della serie Door, ancora un horror in ambito aziendale che ha per protagonista una donna, questa volta decisamente più inquietante dei precedenti e con vaghe sfumature cronenberghiane. Gli episodi di Katte ni shiyagare!!, benché commedie, hanno già una chiara impronta del regista nelluso del piano sequenza, della profondità di campo e della carrellata laterale.Uno dei due protagonisti è Aikawa Shô, che sarà linterprete principale di tutti i film di Kurosawa ambientati nel mondo della yakuza. Nonostante le trame semplici e non troppo originali, che vedono di volta in volta i due sfortunati e romantici antieroi affrontare un nuovo problema, i film mostrano tutta la versatilità del regista, che passa con disinvoltura ed abilità dal thriller alla commedia. Ma anche qui Kurosawa non accantona le sperimentazioni: quasi ad evidenziare la ripetitività del genere, i sei film iniziano, a due a due, con la stessa identica sequenza, che si sviluppa poi in modo diverso.
Il 1997 è lanno della fama, anche se in Giappone Kurosawa rimane tuttora un regista abbastanza sconosciuto. In sole quattro settimane gira Fukushu (Vendetta), uno yakuza eiga dalla trama abbastanza scontata ma dalla regia molto personale e di forte impatto, e il suo immediato seguito, uno sviluppo già più fuori dagli schemi e di grande interesse. E infine, Kyua (Cure, Cura), apprezzatissimo in tutti i maggiori festival mondiali.
Attualmente il suo film più conosciuto, Kyua parte proprio da quel cinema di genere di cui il regista ha vissuto per tanti anni, per diventare, senza rinnegarne la struttura generale, un cinema profondo e intenso, la cui estrema razionalità della forma rivela tutta lirrazionalità dellessere umano, espressa con un pathos asciutto e rarefatto. E anche il primo film di Kurosawa ad avere per protagonista Yakusho Koji (coetaneo del regista, che ammette di sentirsi molto in sintonia con questa sorta di alter-ego).
Lanno successivo Kurosawa sforna altre tre pellicole, tra cui il dittico gemellare Hebi no michi (La strada del serpente) e Kumo no hitomi (Lo sguardo del ragno). Vagamente ambientati nel mondo della yakuza ma legati ad esso più per la presenza di Aikawa Shô come protagonista che non per le storie, il primo è un dramma di pedofilia e vendetta che esplora con immagini quasi astratte lambiguità del male e il continuo rovesciamento dei ruoli, il secondo, ancora più libero nella costruzione e nella regia, è un seguito del tutto anticonvenzionale che mescola un umorismo quasi kitaniano con unagghiacciante affresco di conflitti umani che già annuncia Karisuma.
Laltra opera è Ningen gokaku (Licenza di vivere), forse il primo film di Kurosawa ad uscire totalmente dalle dinamiche di 'genere': è la storia di un ragazzo che si sveglia dopo un coma di dieci anni e vede, ancora con gli occhi di un bambino, la disgregazione del mondo che lui conosceva. Il film, non senza un tocco di leggero umorismo, è commovente e mai stucchevole, come potrebbe far pensare la traccia, e narra ancora una volta la storia di un anti-eroe ai margini del mondo che non riesce a capire la realtà intorno a lui e cerca di darle un ordine impossibile che è destinato a cadere; così come cade dal letto Yutaka, così come cade il cumulo di macerie nel finale.
Nel 1999 Kurosawa gira il suo film più complesso, Karisuma (Charisma, Carisma), una sorta di seguito ideale di Cure (anche se la sceneggiatura era stata scritta molti anni prima, vincendo un premio al PIA Film Festival). Anche questa volta il film di genere, appena sfiorato nella sequenza iniziale, si trasforma in una sorta di opera metafisica e volutamente irriconducibile ad una visione univoca, un film fatto più di impressioni che non di affermazioni. La storia del detective che, non essendo riuscito a salvare un ostaggio e un terrorista, si rifugia in una foresta marcescente in cui tutti impazziscono attorno ad un misterioso albero, traduce il senso di inquietudine di fronte ad una società allo sbaraglio, che gira intorno ad un centro vuoto e che non fa che auto-attaccarsi, prendendo parte a schieramenti privi di fondamento . Il protagonista del film, ancora Yakusho Koji, sempre con lo stesso impermeabile ma più disilluso e stranito, è nuovamente un eroe kurosawiano, un fallito incaricato di riportare lordine nel mondo. Lombra dellapocalisse si fa sempre più minacciosa, e nelle pellicole seguenti diventerà ancora più concreta.
Lo stesso anno, Kurosawa dirige anche un film con i suoi studenti (forse il meno riuscito tra quelli degli ultimi anni): Oinaru genei (Vana illusione), uninteressante storia damore ambientata in un futuro post-giapponese. Il suo cinema si fa sempre più illusorio (come i personaggi che piano piano svaniscono) e impalpabile e, come vedremo anche in Kairo, la fine del mondo sembra ormai una realtà.
Sempre nel 1999 Kurosawa gira un horror per la TV, Kôrei (Seduta spiritica), ottimo rifacimento di Seance on a wet afternoon (Bryan Forbes, 1964). Pur rappresentando un ritorno al film di genere, questa sorta di horror intimo girato con pochi mezzi non è certo inferiore alle sue opere più ambiziose. A dispetto dellelementarietà dei mezzi usati, si tratta di uno degli horror giapponesi più agghiaccianti degli ultimi anni; la paura nasce tutta da suggestioni visive e uditive, dallalternarsi di luce e ombra e dal susseguirsi di spaventosi silenzi e fruscii.
Nel 2001 Kurosawa decide di fare un film per il grande pubblico e di allontanarsi dal clima festivaliero (ironia della sorte, vince il premio Fipresci a Cannes). Esce così Kairo (Circuito), da molti paragonato a Ringu di Nakata Hideo per la commistione di tecnologia moderna (in questo caso internet, nel caso di Ringu una videocassetta) e fantasmi di più antica tradizione. Il film, seppure più 'divertente' e con alcune scene dispirazione più vagamente tradizionale del solito, è pienamente coerente con Kyua e Karisuma e forma lideale conclusione di una trilogia. Ancora una volta, più che di un horror, si tratta (piuttosto dichiaratamente) di un film sulla morte e sulla solitudine, sulla necessità di non rimanere soli per non scomparire, sullambiguità e la non certezza dellesattezza delle proprie scelte e del proprio ruolo, sulla difficoltà di portare ordine in un mondo affidato al caos in cui vagano corpi vittime di un'inspiegabile inerzia. La scena finale, che richiama chiaramente la conclusione di Karisuma e che vede per protagonista laltrimenti assente Yakusho Koji, è venata di un disilluso ottimismo, proprio lo stesso ottimismo che Kurosawa sostiene permeare tutti i finali dei suoi film, ma che altrove era più difficile (se non impossibile) trovare. Secondo un'attuale moda che prevede che i registi giapponesi traggano romanzi dalle proprie opere, Kurosawa ha poi trasformato Kairo in un romanzo, tradotto anche in francese.
Nel dicembre 2002 il regista presenta al Tokyo FilmEx Akarui mirai (Bright future), una sorta di film d'autore su commissione che concorrerà il maggio successivo nella selezione ufficiale al Festival di Cannes. Il film vanta due autori del calibro di Fuji Tatsuya e Asano Tadanobu, e ritorna alle atmosfere di License to live e Barren illusion, mentre la medusa protagonista non è che un'altra versione dell'albero Charisma. Con quest'opera Kurosawa torna a trattare la difficoltà a mantere i legami familiari, ma anche la possibilità di crearne di nuovi e imprevisti.
A fine settembre 2003 uscirà nelle sale giapponesi l'ultimo film, che pare promettere, il ritorno alle atmosfere horror (con un occhio a Charisma). Doppelganger, questo è il titolo della nuova opera di Kurosawa, avrà nuovamente per protagonista Kôji Yakusho, in un doppio ruolo.
Giacomo Calorio
Charisma (Karisuma, 1999) |
Kairo (2000-2001) |
Bright future (Akarui mirai, 2002) |