Kitano Takeshi

 

BIOGRAFIA

"La maggior influenza su Takeshi Kitano è Beat Takeshi. E viceversa"

Kitano Takeshi nasce a Tokyo il 18 gennaio del 1947 in un quartiere molto difficile da una famiglia di bassa estrazione sociale (il padre è mezzo imbianchino e mezzo yakuza; la madre fa la donna delle pulizie in una famiglia ricca). Si iscrive all'Università ma senza particolari risultati nonostante la madre insista molto perché ottenga un buon titolo di studio. Intraprende una serie di lavori precari finché diventa inserviente in un teatro di cabaret: straordinariamente, proprio qui trova il trampolino di lancio per entrare nel mondo dello spettacolo. Infatti riesce, per caso, ad avere l'occasione di esibirsi sul palcoscenico. Così inizia la sua carriera di comico. Nel 1973 forma un duo di comici manzai con Kaneko Kiyoshi: insieme sono i "Two Beat" (Beat Kiyoshi e Beat Takeshi) e lavoreranno come duo fino al 1983. Il mondo della TV gli crea una fama straordinaria e Kitano si prodiga in numerosissime attività (comico, editorialista, conduttore televisivo, scrittore, etc.).

Il suo esordio nel cinema come attore avviene negli anni '80; la prima interpretazione di rilievo è quella in Furyo (1983) dramma militare di Oshima Nagisa. Nel 1989 esordisce alla regia con Violent Cop che originariamente era stato affidato ad una altro regista. In seguito vengono Boiling Point (1990); Il silenzio sul mare (1991); Sonatine (1993). Kitano inizia ad essere conosciuto anche in occidente proprio grazie a quest'ultimo film che viene presentato al Festival di Cannes nella sezione "Un certain regard" e vince addirittura il primo premio al XXIII Festival Internazionale del Cinema di Taormina. Dopo il grottesco Getting Any?, del 1994, quasi un suicidio-artistico, Kitano è vittima di un brutto incidente con la moto. Durante la convalescenza si avvicina anche alla pittura che segnerà fortemente la sua produzione cinematografica successiva. Soprattutto in Hana-bi (1997) potremo notare un attento ricamo di autocitazioni dell'attività del Kitano pittore.

Dopo l'incidente il ritorno sul grande schermo si apre con la commedia agrodolce Kids Return (1996); poi Hana-bi, probabilmente il suo capolavoro, Leone d'Oro alla Mostra del Cinema di Venezia; il road-movie L'estate di Kikujiro (1999); l'iper-violento Brother (2000) e infine Dolls presentato in anteprima al Festival di Venezia del 2002. Kitano poco alla volta copre il ruolo di regista, attore, sceneggiatore, produttore (entrato in contrasto con la Shochiku fonda una sua casa di produzione: la Office Kitano) e inoltre firma anche il montaggio, mentre le colonne sonore di quasi tutti i film vengono affidate a Joe Hisaishi, compositore che lega la sua fama proprio al nome di Kitano Takeshi oltre che a quello di Miyazaki Hayao. Una stretta collaborazione che ha creato un forte legame armonico tra le storie narrate e l'atmosfera sonora che le circonda e che è in grado di avvolgere letteralmente lo spettatore. Colonne sonore che acquistano un peso notevole talvolta colmando, agli occhi degli spettatori occidentali, il "vuoto" dovuto alla povertà dei dialoghi.
La filmografia di Kitano è meno ricca di molti altri autori giapponesi suoi coetanei, ma risulta più che sufficiente e originale per delineare uno stile preciso e serrato e per permettere di apprezzare lavori costruiti con sapienza e una giusta misura di "ingredienti".

 

TEMATICHE E STILISTICA

"Se parlo molto tutti possono dire: "quello che dice non mi piace", mentre se parlo poco e faccio poche espressioni ognuno può dare l'interpretazione che vuole seguendo le sue convinzioni"

Kitano Takeshi è un regista fuori dal comune. I temi narrati, il suo stile di ripresa, il suo modo di raccontare e di recitare (sono rari i casi in cui non sia presente come attore nei suoi film), l'imprevedibilità sono elementi che creano qualcosa di semplicemente magico in grado di coinvolgere, emozionare, stupire. In realtà Kitano si può definire non un semplice regista, ma un autore, in quanto nelle sue opere possiamo riconoscere una continuita di stile, narrazione e poetica. In primo luogo si nota la predilezione per vicende e personaggi della yakuza (la mafia giapponese), mondo a cui lo stesso Kitano si è trovato legato nella vita reale. Questo tema richiama l'insistente presenza della violenza fisica. Una violenza che colpisce improvvisamente, che fa riflettere, mai spettacolare, decisamente lontana dai canoni dettati in materia dal cinema hollywoodiano. A ciò sono strettamente connessi altri punti di forza, come la dialettica vita - morte. Le storie sono attraversate da un nichilismo estremo (mai compiaciuto perché è sempre accompagnato da una certa ironia) dove i viaggi intrapresi dai vari personaggi portano quasi sempre ad una inevitabile morte. Tutti i protagonisti dei suoi "noir" (Violent Cop; Boiling Point; Sonatine; Hana-bi; Brother) finiscono per morire, quasi sempre suicidi; mentre i protagonisti degli altri film (Il silenzio sul mare; Getting Any?; Kids Return; L'estate di Kikujiro) sono comunque dei disadattati (sordomuti, orfani, adolescenti difficili) che lottano più o meno inconsciamente contro la sopraffazione e in qualche modo sfiorati dal fantasma della Nera Signora. Solitamente le scene di maggiore nichilismo e tragedia, se così si può definire, sono precedute da situazioni in cui i personaggi si concedono momenti di pura serenità infantile (anche se l'infanzia è sempre vista come crudele e infelice) e si mettono a giocare. A "regredire" in quella vita priva di qualsiasi sorta di maschera (seguendo il pensiero di Pirandello e Bergson) e di obbligo sociale. Chiari esempi si possono apprezzare in Sonatine, quando gli yakuza cercano di occupare il tempo del loro "esilio" sull'isola, e in L'estate di Kikujiro, nella parte del campeggio organizzato per divertire il piccolo Masao, prima che i personaggi riprendano ognuno la propria strada.

Giocare, questa volta con l'immaginazione, è un atteggiamento a cui è portato anche lo spettatore che è stimolato più volte a completare ciò che accade nelle vicende narrate. Kitano, infatti, non è solito mostrarci i fatti in modo tale da permette un'unica interpretazione. Spesso ci mostra ciò che precede e ciò che segue un fatto nodale, attraverso delle ellissi temporali e spaziali (fuoricampo), minando la consueta logica di causa - effetto tipica della tradizione occidentale. In questo modo, dove ciò che veramente conta è l'"invisibile", lo spettatore è pienamente coinvolto. Può capitare che gli avvenimenti vengano mano a mano ricostruiti nel corso del film tramite l'uso di flashback e/o flashforward , come si può vedere, per esempio, in Hana-bi, dove il regista compie una sorta di percorso a ritroso nella narrazione. Così abbiamo uno svolgimento frammentario, uno stile narrativo che al racconto continuo preferisce un racconto spezzato e che procede a zigzag. Questa sorta di avanzare apparentemente senza meta è rafforzato dalla presenza abbastanza incisiva del tema del viaggio: momento disponibile agli incontri, alle pause, agli eventi imprevedibili… Lo sguardo meravigliato assunto dai personaggi e dal pubblico viene indotto anche dalle tipiche inquadrature in piano sequenza e in campo lungo che permettono una maggiore riflessione e un maggiore distacco dagli eventi che finiscono per piombarci addosso inaspettati quando irrompe la violenza e le inquadrature vengono risolte in pochi attimi. Ecco la dialettica di stasi - movimento: si confrontano scene rapidissime in cui si ha appena il tempo di rendersi conto di ciò che accade e scene dove i personaggi sono inquadrati a lungo in pose perfettamente immobili a creare veri e propri tableaux vivents, o ancora momenti in cui si percepisce un'innata e a tratti anormale tranquillità.

A questo aspetto visivo si può collegare la predilezione per dialoghi estremamente ridotti all'osso se non addirittura assenti. In Hana-bi, per esempio, la protagonista femminile pronuncia due sole parole in tutto il film, che però senza dubbio, per la loro sapiente collocazione nell'epilogo della storia, sono molto efficaci, facendo assumere alla scena grande intensità e, se vogliamo, sintetizzando in modo magnifico il tema nichilista di tutto il film.
Magistralmente alternato ai momenti di tensione e di tristezza riscontriamo il tema della comicità: anch'essa crudele al pari della violenza e, come questa, risolta dal punto di vista stilistico. Sia l'una che l'altra colpiscono senza preavviso. Ed è in questo modo di "esplodere" all'improvviso che la comicità scatena il riso nello spettatore.
Non va inoltre dimenticata la predilezione data da Kitano allo sguardo dei personaggi spesso rivolto verso la spiaggia, il mare, il cielo, spazio dell'infinito e della trascendenza (solitamente l'inquadratura del cielo precede l'ingresso in scena di momenti legati alla morte).
Con questa maniera di procedere, Kitano Takeshi ha realizzato un suo personalissimo stile allo stesso tempo moderno e legato alla tradizione, ironico e nichilista, che sa essere crudo ma anche delicato, riuscendo a prendere le distanze dal cinema americano. In principio il suo cinema è stato definito "tarantiniano" anche se questo paragone si è rivelato ben presto completamente fuori luogo, considerando anche che Kitano era già attivo ben prima de Le iene e del fim-evento Pulp Fiction.


Rossana Collura




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