Spirited Away (Sen to Chihiro no kamikakushi)

 

Miyazaki Hayao - 2001

 

 

Sceneggiatura

Miyazaki Hayao

 

Direttore dell'animazione

Ando Masashi

 

Direttore Artistico

Takeshige Yoji

 

Musiche

Hisaishi Joe

 

Durata

124 min.

 

Orso d'oro al Festival di Berlino 2002

Oscar Miglior Film d'animazione 2003

 

Difficile film di cui parlare questo, profondo, lieve, leggibile a più livelli, "difficile" essenzialmente per l'irragionevole anche se ben motivata paura che le ataviche quasi indescrivibili sensazioni provate durante la visione fuggano inesorabilmente via come un effimero soffio di brezza senza che si riesca almeno in parte a riprodurle parlandone.
Sen to Chihiro no Kamikakushi (letteralmente: "Sen" e "Chihiro" che scomparvero misteriosamente) è un anime, un film imprescindibile, costato per un'equivalente di 19 milioni di dollari, quasi un quinto del budget medio di un film Disney, ne ha incassati in patria 200, attirando l'attenzione degli Usa e dell'Europa, dove in quest'ultima la Francia è stata il primo paese del vecchio continente a distribuire l'anime capillarmente, ma l'essenza di questa opera non va ricercata nei numeri, tutt'altro.
"Mi ero accorto che per ragazzine di dieci anni, a parte pochi eccellenti autori come Tezuka Osamu , nessuno, compreso me si era occupato dei loro desideri, dei loro sogni, se non in maniera stucchevole, a fronte invece di molte riviste ed opere per i maschietti della stessa età", così dice candidamente il regista, dopo aver letto ed essersi profondamente innamorato del libro pubblicato nel 1980 in Giappone scritto da Kashiwaba Sachiko Kirino Mukouno Fushigina Machi [Il misterioso paese oltre la nebbia].
Desideri e speranze delle bambine di dieci anni quindi sono state il motore che ha fatto riaccendere la favilla di un autore che aveva già dichiarato fermamente il ritiro durante la più che massacrante realizzazione di Princess Mononoke (Mononoke Hime, 1997)(che portò ad un fortissimo esaurimento nervoso lui insieme ad i suoi più stretti collaboratori), un apprezzabile attenzione questa, che come suo solito si trasforma in qualcosa (di) "altro", profondamente legato alla cultura giapponese ed a una società in divenire raffigurata e seguita come in uno specchio deformante, ma non deformato, raffigurante qualcosa di universalmente umano.
Miyazaki, dopo venti anni di attività, dimostra, prodotto dopo prodotto, che certe storie e certe "cose" possono essere soltanto descritte, fatte "provare", in animazione, la "demiurgia" dei suoi film è ormai cosa assodata, assimilata, sudata e sofferta, non è un caso che solo in Giappone un autore, possa anchilosarsi la mano e prendersi un esaurimento nervoso per il compimento della "sua" opera, a dare quel soffio di vita e di anima che gli sono propri, per sempre.
Sen to Chihiro no Kamikakushi è l'opera summa di Miyazaki, scordatevi la figura dell'autore più "maturo" o "completamente realizzato solo ora" creata da recensori dell'ultima ora, questo film possiede tutto quello che Taiyo no Oji Hols no daiboken (1968) Lupin III cagliostro no Shiro (1979), Kaze no Nausicaa (1984), Tenku no shiro Laputa (1986), Tonari no Totoro (1988), Majo no Takkyubyin (1990), Kurenai no Buta (1992) e Mononoke Hime (1997) dicono da venti anni a questa parte in maniera sublimamente cinematografica:
l'impossibilità e la difficoltà di coesistenza tra due modi di essere: l'umano e il divino, l'esistenza di un terzo polo: la natura, immutabile e facente le spese delle battaglie tra uomo e divinità entrambe però inestricabilmente legate ad essa, l'importanza della consapevolezza delle proprie origini, delle proprie "radici", della proprià IDENTITA', la PERSEVERANZA di alcune persone, sia umane che dei, soprattutto di ragazzine ormai quasi donne, al quale Miyazaki è secondo solo al grande Takahata Isao nel delinearne i caratteri femminili forti, iconoclasti, "materni", vulnerabili, di cui è difficile non innamorarsi ed affezionarcisi, condividendone completamente i moti dell'animo.

Tutto questo può sembrare banale, ma è il MODO di narrarlo, viverlo, interpretarlo che rende grande imprescindibile e profondamente personale l'opera di questo grande "ultimo imperatore" del cinema giapponese.
Nella pellicola, non senza in fondo una strizzatina d'occhio un po' complice, Chihiro "diventata" Sen deve chiedere lavoro con tutto l'animo, con tutta la forza e la voglia di vivere dei suoi dieci anni al "cagnesco" ed impegnatissimo Kamaji (specchio di Miyazaki per sua stessa ammissione), e sottostare ai voleri della strega Yubaba che tutto può, (Suzuki Toshio, presidente dello studio Ghibli), dimostrando un parallelo tutt'altro che casuale tra il difficile mondo del lavoro degli animatori (lo studio Ghibli), e del mondo del lavoro in generale, e il mondo magico degli dei, in entrambi , insomma, bisogna soffrire per provare a realizzarsi, soprattutto provandolo a farlo con tutte le proprie forze, con l'anima e con il sudore.
Il film però, non è né satirico né in qualche modo cinico, LA REALIZZAZIONE dei propri bisogni è possibile, bisogna lottare, non tanto per riuscire in sé, quanto per cambiare dentro noi stessi e diventare consapevoli della nostra identità.
Il personaggio del "senza volto"- Kaonashi è qualcosa di rappresentativo e profondamente emblematico del modo di "fare" ed "essere" nel cinema di Miyazaki, infatti si parla di NEUTRALITA'-IMPERSCRUTABILE, di quella che comunque viene coinvolta in qualche modo nelle vicende, (nel film Kaonashi, entra in un ciclo di rapacità creata da esso stesso nelle terme, ed alimentato da tutti gli avventori, senza alcun segno di quella "misura etica" che pare invece aver imparato Chihiro-Sen).
Quella stessa "neutralità" che in qualche modo si innalza e tramuta in un respiro profondamente cinematografico, in una CONTEMPLAZIONE pura, realizzata il più delle volte in scene di volo, estatiche, tra le nuvole, con capelli di adolescenti streghette svolazzanti al vento, con cadute sottilmente false ma cinematograficamente "magiche", in tutte queste scene ormai abituali delle opere di Miyazaki si realizza sempre un importantissimo momento di autocoscienza di sé, guardando il mondo dall'alto, dall'ala di un biplano o dalla cima di una costruzione tra le nuvole, o come Sen-Chihiro, seduta pensosa sulla balconata che dà su un oceano d'acqua.
In un mondo come questo, in una visione artistica siffatta, il valore delle promesse, del senso dell'onore delle parole è importantissimo, "eticamente" e "magicamente", non è un caso che Yubaba per possedere Chihiro, "rubi" al suo nome un paio di kanji, facendolo divenire "Sen", cioè un nome monco, privo della sua interezza e della sua specificità in un gioco sintattico intraducibile in italiano, insomma chi non si ricorda del SUO nome, è destinato a scomparire in questo mondo, è interessante questo, collegato al discorso delle radici culturali.
E poi non dimentichiamo una cosa essenziale: un film di Miyazaki è magia allo stato puro, non solo elucubrazioni cinefilo-teoriche: la simpatia, la forza delle movenze dei personaggi, il più delle volte sufficiente a "spiegare" cinematograficamente le sue caratteristiche, la forza di vivere e far vivere un "mondo" intero rispecchiante un modo di vedere altro, di un regista-artista / artigiano-demiurgo, che ormai da venti anni continua instancabilmente ad infondere "vita" nella celluloide e nel cinema giapponese intero.

 

 

MODI DEI MANIFESTI:
GIAPPONE, FRANCIA, ITALIA.

 

Anche il manifesto cinematografico, del come viene impaginato, del "cosa" si vede o "come" lo si vede è segno di una diversità di cultura, di una diversità di vedere le cose, darci un valore quantomeno diverso, vediamo i tre cartelloni pubblicitari di Spirited Away di tre diverse nazioni, e le rispettive scelte dei paesi in questione.
Nel manifesto giapponese, vediamo Sen-Chihiro davanti a due porci, con tutta probabilità suo padre e sua madre, che troneggiano sullo sfondo, essi sono di primo acchito inquietanti, e tale l'impressione rimane anche dopo un primo sguardo, poi si pensa a qualcosa di iconoclasta, grottesco, perturbante.
Nel manifesto francese invece, i due porci lasciano il posto alle presenze altrettanto inquietanti degli avventori divini della "città incantata", con in primo piano la figura del senza -volto.
In Italia, l'impressione inquietante viene lasciata perdere, calcando sul palazzo delle terme in primo piano con i due "amici" di Sen-Chihiro.
Ora, che in Giappone il manifesto dell'anime sia "ecclettico" e aperto a più letture, anche disturbanti, non deve stupire, la cultura sull'animazione è molto particolare, essenzialmente considerandola PARTE INTEGRANTE se non alcune volte PIU' IMPORTANTE della cinematografia nazionale, allora non sarà un caso che per il maestro Miyazaki il maiale sia una figura simbolo, di parte della sua poetica, nonché parte integrante del suo studio personale chiamato non casualmente con il suo stesso nome: "Butaya"- Porcile.
In Francia, la cultura dell'animazione ha fatto passi da gigante pur non avendo un suo statuto così importante come in Giappone, però sufficientemente per mantenere quella tensione sottesa e inquietante.
In Italia, l'animazione non ha raggiunto alcuno statuto, neanche tra i più piccoli, sopravvive, sembra quindi necessaria l'epurazione di ogni elemento "non infantile" (senza nulla togliere alla Mikado rea di questo "peccato veniale", che ,cosa più importante, ha presentato l'opera integra nella sua splendente forma).
I tre titoli dicono esattamente le stesse cose dei manifesti, nel paese d'origine si mantiene la profondità di significati, (da Sen a Chihiro) la trasformazione, la perdita, la riconquista.
In francia con Le Voyage de Chihiro si è voluto in parte mantenere il senso di "viaggio", mutazione, semplificando in parte la cosa.
In Italia si è voluto ricorrere ad un laconico e senza impegno La città incantata, che in effetti non sarebbe neanche sbagliato come titolo, è solo specchio di una cultura inconsapevolmente differente.

 

 

 

BIBLIOGRAFIA PER APPROFONDIMENTI

 

KAPPA MAGAZINE n° 129 articolo di Andrea Baricordi e Marco Monsurrò (edizioni star comics).

E-Motion n° 3 articolo di Francesco Filippi. (edizioni iht).

Yamato n° 6 dedicato a Miyazaki Hayao di Francesco Prandoni e la redazione Yamato.

 

 

Davide Tarò


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