Gentile
Direttore,
Citato nel suo
“vippometro”, vorrei poter condividere con Lei e con i lettori del Suo
settimanale alcune considerazioni, importanti al fine di chiarire il mio punto
di vista, la cui comprensione mi pare distorta dall’intepretazione che ne avete
dato.
Per quanto
riguarda la critica, a me mossa, di aver “ripudiato le scelte che un tempo
si sono fatte”, mi sembra giusto precisare che il contenuto della mia conversazione
telefonica con la Sua redazione - in merito all’iniziativa della Destra
Valdostana di modificare profondamente gli art. 38,39 40 e cancellare il 40 bis
dello Statuto - aveva come scopo quello di mettere in luce una netta
distinzione tra la posizione della J.V. e l’iniziativa estemporanea (e
fortemente sospetta) di Borluzzi, da sempre contrario alle nostre
rivendicazioni culturali: e questa precisazione non rappresentava una
contraddizione con quanto da sempre affermato dal nostro movimento giovanile.
La Jeunesse Valdôtaine, infatti, denunciando l’inadeguatezza del sistema
scolastico valdostano, per niente bilingue, propone la creazione, mediante una
sperimentazione finalizzata a dimostrare che esistono modelli efficaci di
difesa delle lingue minoritarie, di un “Lycée Européen”, nel quale l’equilibrio
tra le lingue insegnate venga ristabilito ed effettivamente applicato,
attraverso l’apprendimento in immersione, ispirandosi al modello bretone o a
quello friulano, al canadese o al finlandese, o.... Proposte, queste, che, per
l’appunto, la J.V. spera di poter portare in seno alle istituzioni in caso di
elezione del suo rappresentante: dove sarebbe allora la contraddizione?
Del tutto
diversa è la proposta di D.V., che considera il francese come lingua straniera,
che vorrebbe renderlo totalmente facoltativo alla stregua del tedesco e
dell’inglese e che propone perciò di modificare lo Statuto di Autonomia,
negando, oltre all’esistenza della minoranza Walser, pure il principio della
parità linguistica, che ne è in realtà il vero fondamento. Da questo punto di
vista, appaiono trasparenti tanto le vere motivazioni di Borluzzi, quanto la
distanza che ci separa.
In
riferimento alla “Festa della Jeunesse”, in secondo luogo, ritengo che le
valutazioni fatte in merito al presunto mancato successo dell’iniziativa siano
per lo meno discutibili. Come ogni anno dal 1998, infatti, è per noi motivo di
grande soddisfazione ritrovare tanti giovani (sulla base di quali parametri si
può affermare che più di 500 persone siano poche?) che sono vicini alla
Jeunesse e che si uniscono in una serata di festa, finalizzata al divertimento
al termine di un anno di lavoro. Una festa, non una riunione di “accoliti”.
Conludo
dispiacendomi di aver visto, nella formulazione del suo “vippometro”, un accostamento
padre-figlio che mi è parso piuttosto artificiale e forzato: ché un conto è
criticarmi, anche duramente, purché per l’appunto non si distorcano le
posizioni, un altro il tentativo più o meno velato di giocare sui rapporti famigliari
per far passare un messaggio politico.
Con ogni
cordialità,
Laurent Viérin