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L'antroponimo "Calafatoni"
in agro di Joppolo
 (Massimo Periotto)
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Estratto da "VIBO PROVINCIA" Mensile della Provincia di Vibo Valentia - anno IV 2/4 2000 -
Autore: Achille Solano

La voce "Calafatoni", registrata in agro del Comune di Joppolo (VV) = Tav. 1,1 appartiene a quel gruppo di vocaboli ereditati dal lessico neogreco in un ambito territoriale quale quello del m. Poro marcatamente segnato dalla presenza bizantina.
Del resto, nell'Italia meridionale, malgrado le imprecisazioni del Procopio di Cesarea, sopravviveva silenziosa una etnia greca sulla quale l'elemento romano italico andava maturando una lenta sovrapposizione senza però cancellare, in particolare nelle aree interne, l'antica fisionomia linguistica. E tale presenza era incidente nella vita e nel costume della società locale.
Alcune interpretazioni, introdotte da eruditi locali alla fine del secolo scorso, poco scientifiche e acritiche, avevano fuorviato l'indagine sull'etimo oscurando la discussione sulla sua origine e sul suo significato calato di forza nella fumosità dei miti e di assurde quanto improponibili agiografie.
Più tardi, mentre il Galasso si limitava all'essenziale restituendo al vocabolo la sua giusta dimensione, il Rohlfs e l'Alessio, nei loro cataloghi lo comprendevano, distinguendolo, come derivato da un cognome, ed il Caracausi, tra molte incertezze si soffermava sulla possibile grecizzazione dell'arabo qlfat.
Il Cortellazzo, giustamente, rispetto al Caracausi, ravvisava un quid continuum che affondava le proprie radici in una antichità maggiore, essendo "documentato in greco in epoca insospettabile".
A mio giudizio, accolti gli aspetti cronologici fissati dal Cortellazzo, l'etimologia sembra indicizzare ad una categoria di arti e mestieri, devoluta come additivo di una qualifica artigianale trasmessa tra i membri di una famiglia o di una comunità dedita ad una specifica attività lavorativa e perpetuata nel luogo.
Utile torna il Du Cange: KalafàTys: sartor navis, picator, attività ausiliaria al "faber navalis", nell'ambito del cantiere come operaio specializzato nel porre le stoppie incatramate.
a questo fine ci soccorre la testimonianza archeologica raccolta da chi scrive durante lo scavo dell'arsenaletto medioevale in agro di Nicotera. Qui, in località "Tarzanà" = dall'arabo dâr-si-nâ'a = darsena, oltre all'ubicazione definitiva del sito in riuso recente su strutture più antiche, all'angolo di un bacino di carenaggio veniva individuato il posto di un focolare usato per l'incatramazione.
Ma il reperto archeologico se è la prova concreta della primitiva finalità d'uso e, quindi, la legittimazione dell'additivo originario, non esclude però che, con il passare del tempo, in quella connotazione di riferimento sia rientrato, in maniera riassuntiva e più generalizzato, un paradigma di temi che hanno spostato il centro tattico del mestiere ad una polivalenza di funzioni con allargamento semantico della voce ad altri campi.
Il fenomeno, pur nella sua dissolvenza concettuale, si aggancia sempre all'attività principale cui si aggiunge, con uno stesso rapporto di causa ed effetto, l'opera dei "cordari" = preparatori di corde per le sartie e i tessitori di vele.
Un riferimento obbligatorio è allora da ricercare nel toponimo che si conserva nel corso d'acqua detto "Fosso Cordari", fiumiciattolo che scorre a mare tagliando in due località Calafatoni;
Il toponimo "Cordari" diventa così la versione moderna di una vecchia tradizione = del resto, la desinenza oni: Calafatoni, è propria di quei toponimi che si vennero formando da antichi patronimici.
Il che, mentre giustifica un legame di parentela giuridica, si assume che il valore intrinseco di riferimento locale vincolato ad una famiglia di operai specializzati che esercitavano, forse dimorando in quel luogo, quelle attività più necessarie, confacenti o complementari connesse con le operazioni di calafataggio.
Questa piccola comunità artigianale era stanziata poi non lontano da una piccola rada = Marina di Joppolo, di cui si ha nota, per quel che ci riguarda, nella vita di San Saba = verso la metà del X secolo, biòs in cui è documentato un piccolo approdo nei pressi di Caroniti.
E' chiaro, dunque, che la caratterizzazione specialistica assumendo valore individuale, legittimi un criterio d'identità diventando quasi un cognome.
Ci soccorre, nella sostanzialità del processo deduttivo, il termine "Flebotomos" che, anche se raccattato dall'attività medico-chirurgica, viene riferito ad una persona come termine d'identità personale della stessa, e aggiunto al nome proprio di battesimo. Il che, recepito nella valorizzazione etica del lavoro, si differenzia dalle ambiguità del soprannome e dal carattere figurativo aggettivale-pittorico, circoscrivendo quasi un'ordine di categoria nominale che stabiliva, per natura e contenuto, una inconsapevole struttura di classe. Si può, a questo punto, capire la ratio e l'uso corretto dell'antroponimo subordinato, per aderenza e significato, al naturale suggerimento di un mestiere qualificato.
La lista di questi antroponimi, come quella dei toponimi, non è per niente esaustiva. Per quel che si conosce, gli antroponomi sono noti a documenti greci dell'Italia meridionale:
- nel brebion della metropoli di Reggio = Basilio Calefato, verso il 1050;
- in un atto di Crotone = Girardo Calafato, nel 1219;
- a Cassino = Sebastiano Calefato.
Lo stesso imperatore d'oriente Michele V = 1041-1042, era detto il Calafato, cognome ereditato poi dal figlio.
Da un atto di Badolato del 1062, si ricava che a Mileto erano presenti dei "comites galearum" che dovevano badare all'efficienza di navi e persone e, tra questi servizi, rientrava sicuramente l'attività di calafataggio.
Ma per quanto attiene alle ipotesi (forse anche agli effetti) di una situazione diffusa nel tempo possiamo guardare alla realtà di quei luoghi dove la natura e l'uomo hanno dato un contributo statisticamente valutabile nella tradizione spazio-temporale dei "cordari" sospetti nelle contrade "Calafatoni di San Luca d'Aspromonte e Stefanaconi (VV), aree in cui l'elemento culturale bizantino fu preponderante.
Ed è così che l'uomo paga il suo tributo alla terra, in osmosi di rapporti ambivalenti, depositando le sue tracce e la sua parte di storia, anche se questo vincolo di parentela verrà deciso, affidato e trasmesso, nello scorrere beffardo e inesorabile dei tempi, da un legame antroponimico.
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