Percorso n. 7

Capraia: Porto - Punta dello Zenobito (Cala Rossa)

(In questa pagina non ci sono foto perchè arrivato a Capraia mi sono accorto di aver lasciato la macchina fotografica in automobile a Livorno. Si prega pazientare fino alla prossima estate.)

Come arrivare. In estate la Toremar ha un servizio dalla mattina alla sera da Livorno il sabato e la domenica. Si parte alle 8.30 e si ritorna alle 22.30. Il traghetto è pieno zeppo di scemi che portano l' auto di là; Capraia ha circa ottocento metri di strada, dal porto al Borgo, e per di più c'è un autobus che fa continuamente la spola, mah?!

L'auto si può lasciare nel parcheggio a pagamento a sinistra appena imboccato il porto oppure più a sud, subito passato il semaforo (per chi viene dal porto) sulla destra, in piazza o nella strada che ne prosegue. Come ho già raccomandato in un altro percorso, prima di imbarcarsi è doverosa una colazione al bar "I quattro mori", per i non toscani un orecchio alla conversazione, merita. 

Il livornese è il dialetto più pittoresco, corrosivo e sboccato di tutta la Toscana. Ecco uno scampolo di conversazione tra due ragazzi che ho colto sul traghetto per l'isola, uno dei due descrive il momento clou in cui ha lasciato la sua ragazza: "e allora io gl'ho detto     ...deh, bella, sa' 'osa c'è? io vado a pesca', te vaincùlo!"


Condizioni. Il percorso che ho fatto io parte dal porto e arriva a alla Cala Rossa. Il giro completo è molto lungo, e l'isola è in gran parte inaccessibile, quindi sono quattro o cinque ore di pozzetto filate. Inoltre una parte della costa occidentale è riserva integrale e non si può attraversare. Occorre essere molto attenti alle condizioni. Le coste sono tutte alte e se il mare si alza si balla sul serio e non c'è riparo da nessuna parte. Gente del luogo mi ha detto che anche con il libeccio e il maestrale non si è al sicuro perchè in alcuni punti il vento supera i rilievi, si incanala e spazza il mare a partire da pochi metri dalla riva, se uno fa il percorso sulla costa orientale pensando di essere ridossato può essere tranquillamente preso e portato fuori. A quel punto conviene prendere il mare da dietro e andare direttamente a Piombino, forse si fa prima.


Percorso. Capraia, undici di mattina, il portellone della nave si apre e comincia il caos, auto che sgassano dentro il garage, io con il kayak sul carrello aspetto di uscire e, mentre mi domando dove sono capitato, mi prendo la mia dose di monossido e biossido. Auto stracariche, motori surriscaldati, lame di aria rovente che segano i polpacci provenienti dai condizionatori a tutta valvola, qualcosa mi dice che non ci siamo, non vedo l'ora di entrare in acqua e allontanarmi da questa gabbia di matti.

In fondo all'insenatura del porto ci sono dei ciuffi di canne, lì sfocia in mare uno dei pochi torrenti dell'isola, ci sono pochi metri di sabbia, da lì entro in mare e, uscito dal porto, piego verso sud, verso la lontana Cala Rossa.

Ma il mare di Capraia non è come me lo aspettavo, è mezzogiorno ed è l'ora di punta, barche, gozzi, gommoni, yacht, panfili che sembrano traghetti; arrivano zaffate di gasolio, il mare nelle insenature fa una schiuma da blob e rigurgita di plastica, ne prendo a bordo più che posso, ma dopo dieci minuti sono stracarico e devo smettere; passo accanto ad una stupenda goletta in legno, il proprietario, francese, si alza e si affaccia alla murata per salutarmi e augurarmi buona pagaiata, sarà l'unico in tutto il giorno. Il mare è piatto, l'acqua turchese e cobalto, un mare splendido, ma inascoltato e incompreso, nelle cale c'è gente che si è portato lo stereo e lo usa. Mi prende una rabbia che comincio a pagaiare forte e in quel preciso istante mi accorgo che il mare ha un colore strano, iridescente: sono finito in una chiazza di gasolio, per uscirne ci metto più di un minuto.

Dunque? dunque Capraia in giugno o settembre, non c'è scelta; in piena estate è un autentico casino.

 


Ricominciamo da capo. Tre sono i percorsi possibili, il primo è il giro completo, ma è lungo e poi probabilmente occorre informarsi bene per quanto riguarda la zona protetta; il secondo è dal porto verso sud, almeno fino alla Cala Rossa, e poi eventualmente arrivare anche un pò più in là oltre la punta dello Zenobito; il terzo dal porto verso Nord, facendo anche un pò della costa occidentale, usando la spiaggia della Mortola come sosta per il ritorno, anche se è molto vicino alla fine.

Il secondo percorso è quello che descrivo qui, il terzo lo farò quando potrò.

Si esce dal traghetto e si percorre la strada che va verso la minuscola falcatura sabbiosa, lì ci si infila in acqua stando sulla destra e attenti a non grattare il fondo, si oltrepassa il paese e si comincia subito bene perchè la prima punta che si doppia si chiama Punta delle Fica. Andando avanti si vede in lontananza la punta della Civitata, riconoscibile per il suo profilo seghettato. Da quelle parti ci sono un paio di punti in cui si può scendere poggiandosi alla pagaia, pochi metri di ciottoloni da usare solo in caso di mare assolutamente calmo, e anche in questo caso occorre stare attenti alle onde provocate dalle imbarcazioni di passaggio, anche al largo, perchè ti possono sbattere sulle rocce e possono anche rompere il kayak.

Verso mezzogiorno e mezzo lontano tra Capraia e l'Elba passa il traghetto super veloce, un missile grande quanto un traghetto ma che fila a più di trentacinque nodi. Dopo venti minuti esatti arriva lo tsunami conseguente, si tratta di quattro o cinque gropponi di un paio di metri che non creano problemi, ma se sei dentro un buco o rasente gli scogli fanno male. Il fenomeno parastatale si ripete alle quattro in senso inverso.

Si pagaia fino alla Punta del Turco, reminescenza delle antiche incursioni saracene che funestarono tutto il Tirreno e in particolare le isole, fino ai tempi in cui il Manzoni era giovane, il Giglio ne fu colpita in modo crudele e ripetuto, una volta furono uccisi e deportati tutti gli abitanti. Sulla costa livornese e maremmana ci sono ancora le torri di avvistamento che servivano a dare l'allarme e sopravvivono ancora lunghi tratti di una strada costiera costruita apposta e percorsa all'epoca da pattuglie a cavallo. A Cecina, dove vivo, io la strada dentro la pineta si chiama ancora via dei Cavalleggeri.

L'ultima parte del percorso farebbe la gioia di un geologo, ci sono stratificazioni evidenti, basalti, rocce sedimentarie con grossi ciottoloni inclusi, indice di antichi rivolgimenti. Poi, la Cala Rossa, magica. Praticamente si tratta di un vulcano, piccolo e relativamente recente, rispetto al vulcano molto più grande che ha dato origine all'isola. Il "vulcano dello Zenobito" spuntò fuori quando quello principale ormai era sprofondato da tempo, sul lato occidentale dell'isola. Il camino sarebbe la parte grigia della cala, la parte rossa il fianco del vulcano, praticamente siamo di fronte alla sezione di un vulcano come quelle che si vedono nei libri di scienze delle medie.

Si doppia Punta dello Zenobito, con la sua torre, e si percorre un po' dell'altra parte, da qui in poi a seconda delle forze e del mare. Da tenere presente che quando si torna indietro ci aspetta lo tsunami di ritorno.

Se si osserva bene la costa dalle parti della Punta della Civitata, prima della Punta dei Vecchiaioli, che è facilmente riconoscibile per due pinnacoli rocciosi che in distanza sembrano due vecchietti,  c'è una piccola insenatura di ciottoli che, miracolo, dal primo pomeriggio si trova in ombra; è il punto più conveniente per sostare, anche se occorre dire che le rocce continuano a bollire per un po' anche dopo che sono in ombra. Un altro punto di sosta è la piccola insenatura detta "Le Saline", quasi alla cala Rossa, dove però non c'è un filo d'ombra. C'è comunque un masso in cui l'erosione ha scavato una specie di stanzino o loculo. E' a destra guardando il mare.

Comunque, ritornati al Porto, belli incrostati di sale come un dentice al forno, si può scegliere anche di risalire sul traghetto dopo essersi dati una lavata, prima dell'imbarco ci sono delle docce pubbliche, con 5000 lire ti danno nove minuti di acqua calda, il sapone però bisogna portarselo da casa. Non è proprio un prezzo popolare, e anche il ragazzotto incaricato apre quando gli pare, a dispetto degli orari affissi; però verso le cinque e mezzo sicuramente c'è qualcuno. Siccome il traghetto c'è alle sette io consiglio di lavarsi più tardi quando non c'è fila e non si corre il rischio di risudare da capo dopo aver percorso cento metri.

Alle sette si risale sul traghetto e si crolla dal sonno. E' importante portarsi un cambio di vestiti, tipo tuta da ginnastica o comunque dei capi lunghi, comodi e felpati. La pagaia ha disperso calorie ed energia e sul traghetto c'è l'aria condizionata, se si sta leggeri prende il freddo.

Osservo l'isola allontanarsi in tutta la sua selvaggia bellezza, mentre dal porto qualcuno ha ancora voglia di uscire a tutto gas affettando il mare; le sue onde fanno ballare la barca di un vecchio signore che pesca e che alza appena il capo per guardare il maleducato di turno: mentre lo osservo contro la luce del tramonto, mi sembra il simbolo dell'infinita pazienza del mare.

 

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