LE PRIME OPERE INTERNAZIONALI:

 

 

 

 

 
 

 

 

 

 

PARCO DELLA PACE

HIROSHIMA

 

In un clima in cui lo studio della funzione appare come il più aderente alla necessità del momento, viene realizzata la prima opera di interesse internazionale di Tange: il Parco della Pace ad Hiroshima.

Tange, durante il suo lavoro di assistente di Mayekawa, aveva già realizzato varie opere, fra cui una discussa casa per se stesso nel quartiere Setagaya a Tokyo, dove già si avverte chiaramente il tentativo di fusione dell’architettura moderna con la tradizione giapponese, di cui permane più di un elemento, dai pannelli opachi o traslucidi all’organizzazione generale dell’appartamento basata su una modulazione dove però alle classiche dimensioni del Tatami (0.99 x 1.98), vengono sostituite le misure base del Modulor lecorbuseriano.

Ma è con il complesso del Parco della Pace che Tange acquista notorietà internazionale: questa opera assume infatti nella storia dell’architettura moderna giapponese un valore essenziale, sia per il suo autonomo valore espressivo che per il suo significato – come anche osservatori esterni dei paesi occidentali ebbero modo di riconoscere – segnando veramente una svolta nel panorama, corretto ma poco pregnante, delle esperienze nipponiche degli anni ’50.

Non sarebbe comunque corretto riconoscere nel Parco della Pace di Tange unicamente un’opera di rottura: essa lo è certamente, ma costituisce nel contempo un esempio di continuità con la linea culturale del movimento razionalista giapponese, e di una continuità preoccupata di verificare criticamente, di portare sino all’estremo, di chiarificare metodologicamente il significato di quel razionalismo, i suoi stessi limiti, se si vuole. Ma proprio tale verifica conduce Tange ad un superamento dei dati iniziali della ricerca.

Il progetto, realizzato in base ai risultati di un concorso internazionale bandito nel 1946, si inserisce nella città rimasta a testimoniare per il Giappone – con la sua stessa presenza, con il suo squallido aspetto determinato dall’alternarsi di vaste aree bombardate e di nuovi quartieri costruiti in fretta e senza mezzi, con quanto il suo nome medesimo sta a significare nella storia nazionale e del mondo – uno dei più drammatici epiloghi della seconda guerra mondiale : epilogo che per il popolo giapponese ha un contenuto particolare, poiché da esso parte la sua storia più recente, da esso partono le sue stesse conquiste democratiche.

Il programma edilizio del Parco della Pace è significativo a tale riguardo: un centro civico, un padiglione per esposizioni, un museo, un monumento commemorativo (Il Memorial della Morte). Una serie di edifici per la vita, per i contatti sociali, in omaggio ai caduti ma ancor di più come monito per le nuove generazioni, come indicazione per la sua storia futura.

Tange aderisce con estrema puntalità al programma del complesso: non era il momento – né la dimensione del complesso lo permetteva- di abbandonarsi ad esasperazione espressionistiche che avrebbero facilmente potuto degenerare nell’evasivo. Tutta l’attenzione andava rivolta al futuro, senza facili e gratuiti ottimismi , ma anche con una fiducia che era una dichiarazione esplicita di impegno. Così gli edifici di Tange, realizzati con cemento armato a vista e sollevati da terra mediante una sistema di pilotis, richiamano da un lato l’essenzialità espressiva ed il rigore dell’architettura lecorbusieriana, dall’altro – nell’uso degli elementi strutturali e di tamponamento secondo rapporti e modulazioni più o meno esplicitamente riferite ai modelli dell’architettura tradizionale – pongono alla base di tale impegno per il futuro una riconsiderazione del passato, del suo valore storico. Tale istanza diviene più evidente, in termini architettonici, proprio nel monumento in cemento armato, posto ad una certa distanza dai tre edifici principali allineati – andrebbe notata, a questo proposito, la ieraticità dello stesso impianto urbanistico – che, con la sua plastica forma curva, rievoca l’organismo preistorico della casa giapponese, secondo i modellini conservati nei musei archeologici. Il passato ed il futuro si toccano : la dialettica fra la forma espressiva del Memorial e la secca, contenuta, scarna essenzialità del palazzo per esposizioni, del museo e del centro civico ci sembra costituire il valore più alto del complesso di Tange.

Con il Parco della Pace, per la prima volta il Giappone parla un linguaggio personalizzato e preciso, anche se il vocabolario di quel linguaggio può, con un’arida analisi filologica, essere riconosciuto come derivato da molteplici fonti del movimento moderno internazionale : ma si può senz’altro affermare che è nuovo il modo di organizzare quegli elementi, lo spirito con il quale essi vengono messi in opera e formati. Ma c’è di più : quella che era stata in un primo tempo accettazione meditata ma non ancora matura, nel Parco della Pace è divenuto, al contrario, riconoscimento della correlazione fra due tradizioni – quella giapponese e quella dell’architettura moderna – in una proposta operativa di nuova integrazione, tale da superare ogni sterile polemica sulla necessità o meno di una via nazionale al movimento moderno.

Anche qui va notato il grado di maturità con cui viene condotto l’esperimento, specie in rapporto alla serie dei tentativi falliti dalla cultura architettonica italiana (ma lo stesso vale per molti paesi europei o americani) in cui il problema della storicità e della “tradizione” finisce per scadere in populismi o in evasioni deprecabili.

Comunque un’opera di così evidente rottura, apparendo su una scena architettonica di tono già abbastanza elevato ma indeciso, quale quella giapponese, provoca immediatamente una serie di violente polemiche che hanno il merito di promuovere un riesame critico della cultura architettonica, come si può leggere direttamente nelle esperienze di quegli anni.

 

MUNICIPIO DI TOKYO

 

 Con l’ufficio municipale di Tange si chiude un capitolo e se ne apre un altro: si chiude il capitolo delle ricerche di approfondimento sui dati metodologici e sul repertorio offerti dalle esperienze internazionali, si chiude altresì il capitolo dello sperimentalismo più affannoso che domina gli anni ’53 - ’57, e si apre un capitolo nuovo che vede il fiorire e lo svilupparsi delle tematiche e delle realizzazioni che hanno concentrato sul Giappone l’interesse della cultura internazionale.

Nel municipio di Tange tale caratteristica di ponte verso esperienze più radicalmente rivoluzionarie è abbastanza evidente. Sia nella schematicità dell’organismo, dove il blocco allungato degli uffici ed il volume della sala di riunione si giustappongono meccanicamente, che nella rigidità e secchezza dei dettagli, della struttura, della modulazione delle facciate, si può riconoscere ancora la durezza delle prime opere di Tange; in particolare degli edifici per il Parco della Pace ad Hiroshima. Ma già l’organizzazione degli elementi e la loro integrazione nell’unità dell’organismo dimostrano un’attenzione diversa, uno spirito nuovo : la contrapposizione, all’interno della medesima articolazione volumetrica di per sé solidamente definita, di due zone diverse – quella basamentale, direttamente rapportata al giardino, alla strada, allo spazio pedonale, e quella in elevazione in cui si sottolinea marcatamente la funzione più specificamente urbana dell’edificio – diviene determinante e prende sostanza in un disegno vigorosamente unitario, dove la ripetizione insistita del medesimo modulo della loggia è commentata dalla profonda zona di ombra inferiore e dal vario dislocarsi delle rampe esterne.

Ma in tale dialettica figurativa è leggibile un atteggiamento polemico di Tange nei confronti del funzionalismo più o meno ortodosso che in Giappone aveva ormai preso largamente piede. Se da un punto di vista rigorosamente critico possiamo considerare ingenue le affermazioni di Tange che “lo spazio precede la funzione” o che “solo le cose belle sono funzionali”, nella traduzione operativa di quei concetti va invece riconosciuta una maturità eccezionale, che gli fa evitare ogni velleitarismo ed ogni tentazione di evasione. Lo stretto legame fra impostazione figurativa e programma civile è sottolineato d’altronde, dalla stesso Tange, nella critica al modello americano di palazzo comunale, ridotto ormai ad un’anonima struttura burocratica. Egli scrive al proposito : “Ci sembra al contrario che il Municipio debba riprendere il suo ruolo iniziale che è quello di richiamare la popolazione allo sforzo comune. Ora questa tradizione non è mai esistita in Giappone dove edifici simili rappresentavano innanzi tutto il potere. Noi abbiamo voluto, come architetti, aiutare il popolo a questa presa di coscienza facendo veramente di questo insieme del Municipio di Tokyo il centro spirituale della nostra capitale. Così la hall dell’ingresso che non è monumentale qualora se ne considerino le dimensioni, ha lo scopo di accogliere il pubblico, e la galleria al mezzanino riservata ai pedoni, che costituisce un elemento di legame fra la città e l’edificio, risponde a questa medesima esigenza psicologica, di invitare la popolazione a raggrupparsi attorno al simbolo della città stessa”.

Così la forma plastica del volume contenente la sala del Consiglio, posto come elemento mediatore – in realtà come fuoco – fra il blocco degli uffici amministrativi e la torre retrostante non ancora realizzata per gli uffici generici, assume un significato simbolico (non simbolistico) come elemento qualificato dell’intero complesso. Si può quindi indicare come punto fermo del Municipio di Tokyo il problema di un recupero dei valori comunicativi dell’immagine architettonica, nella ricerca di un’espressività direttamente inserita da un lato nell’organismo stesso della città, dall’altro nella flagrante situazione politica e sociale.

Tale riscatto della “semanticità dell’immagine” corrisponde non solo ad un’esigenza che negli ultimi tempi è divenuta essenziale nel dibattito internazionale, ma anche ad una serie di istanze interne alla cultura moderna giapponese, che dopo aver raggiunto un livello autonomo di maturazione sentiva di poter trovare nella propria storia e nella propria tradizione, le metodologie e gli stimoli capaci do offrire alternative o soluzioni ai problemi cui il movimento moderno europeo o americano stentavano a dare risposta.

Si presentava ancora una volta, la necessità di una sintesi da realizzare tramite “l’unità contraddittoria delle culture” : per i giapponesi si trattava di dare un contenuto nuovo, autonomo, progressivo, a quella “affinità elettiva” fra architettura moderna e architettura nipponica tradizionale che abbiamo già avuto modo di riconoscere.