Krishnamurti e... (brani tematici scelti)

 

L'amore.

(…) Cos’è l’amore? La parola è talmente falsata e contaminata che non mi va granché di usarla. Tutti parlano di amore - ogni rivista e ogni giornale, ogni missionario parla incessantemente di amore. Amo il mio paese, il mio re, qualche libro, quella montagna, il piacere, mia moglie, Dio. L’amore è una idea? Se lo è può essere coltivata, nutrita, accarezzata, comandata a bacchetta, alterata come volete. Quando dite di amare Dio cosa significa? Significa che amate una proiezione della vostra immagine, una proiezione di voi stessi sotto certe spoglie di rispettabilità secondo quello che credete sia nobile e santo. (...) L’amore può essere l’ultima soluzione a tutte le difficoltà, i problemi e le pene dell’uomo, dunque come faremo a scoprire cos’è l’amore? Limitandoci a definirlo? La chiesa lo ha definito in un modo, la società in un altro, e c’è una gran quantità di deviazioni e di interpretazioni sbagliate. Adorare qualcuno, dormirci insieme, lo scambio emotivo, l’amicizia - è questo quello che intendiamo per amore? (…) L’amore può essere diviso in sacro e profano, umano e divino, o c’è solamente amore? L’amore appartiene a uno e non a molti? Se dico, "Ti amo", esclude forse ciò l’amore dell’altro? L’amore è personale o impersonale? Morale o immorale? E' qualcosa di intimo o no? Se amate l’umanità potete amare il particolare? L’amore e un sentimento? E’ una emozione? E’ piacere e desiderio? Tutte queste domande indicano - non è vero? - che abbiamo delle idee sull’amore, idee su ciò che dovrebbe e non dovrebbe essere; un modello o un codice maturato nella cultura in cui viviamo. Così per approfondire la questione di cosa sia l’amore dobbiamo come prima cosa liberarci dalle incrostazioni dei secoli, mettere da parte tutti gli ideali e le ideologie su ciò che dovrebbe o non dovrebbe essere. Dividere qualsiasi cosa in quello che dovrebbe essere e in ciò che è, è il modo più ingannevole di vivere. Dunque, come farò a scoprire cos’è questa fiamma che chiamiamo amore - non per esprimerlo a qualcun altro ma per sapere cosa esso sia in se stesso? Come prima cosa devo respingere quello che la chiesa, la società, i miei genitori e amici, quello che ogni persona e ogni libro ha detto su di esso, perché voglio scoprire da solo cosa è. (…) Il governo dice: "Va’ e uccidi per amore del tuo paese". È amore questo? La religione dice: “Dimentica il sesso per amore di Dio”. E' amore questo? L’amore è desiderio? Non dite di no. Per la maggior parte di noi lo è - desiderio e piacere, il piacere che è derivato dai sensi, dalla attrazione sessuale e dalla soddisfazione. Non sono contrario al sesso, ma cercate di vedere cosa in esso sia implicato. Quello che il sesso vi dà momentaneamente è il totale abbandono di voi stessi, poi finite per ritornate alla vostra confusione e così volete ripetere e ripetere quello stato in cui non c’è preoccupazione, problema, io. (…) L’appartenere a un altro, l’essere psicologicamente nutrito da un altro, dipendere da un altro - in tutto ciò deve esserci sempre ansietà, paura, gelosia, colpa, e finché c’è paura non c’è amore; una mente oppressa dal dolore non saprà mai cos’è l’amore; il sentimentalismo e l’emotività non hanno assolutamente niente a che fare con l’amore. E così l’amore non ha niente a che fare con il piacere e il desiderio. L’amore non è un prodotto del pensiero che è il passato. Il pensiero non può assolutamente coltivare l’amore. L’amore non è limitato o intrappolato dalla gelosia poiché la gelosia appartiene al passato. L’amore è sempre attivo presente. Non è "Amerò" oppure "Ho amato". Se conoscete l’amore non seguirete nessuno, l’amore non obbedisce. Quando amate non c’è rispetto né irriverenza. Non sapete cosa realmente vuol dire amare qualcuno – amare senza odio, senza gelosia, senza rabbia, senza volere interferire con quello che l’altro fa o pensa, senza condannare, senza far paragoni - non sapete cosa vuol dire? Dove c’è amore c’è paragone? Quando amate qualcuno con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutto il corpo con tutto il vostro essere c’è paragone? Quando vi abbandonate completamente a quell’amore allora non c’è l’altro. Forse che l’amore ha delle responsabilità e dei doveri e ne fa uso? Quando fate qualcosa al di fuori del dovere, c’è amore? Nel dovere non c’è amore. La struttura del dovere in cui l’essere umano è intrappolato lo va distruggendo. Finché sarete costretti a fare qualcosa perché è vostro dovere non amerete quello che fate. Quando c’è amore non c’è dovere o responsabilità. (…) Se ci fate caso potete vedere che tutto ciò accade dentro di voi, Potete vederlo con pienezza, completamente, in uno sguardo, senza sprecare tempo a farci su delle analisi. Potete vedere in un momento l’intera struttura e natura di questa piccola cosa senza valore chiamata "io", le mie lacrime, la mia famiglia, la mia nazione, la mia fede, la mia religione - tutte queste brutture sono dentro di voi. Quando ve ne renderete conto con il cuore non con la mente, quando ve ne renderete conto dal più profondo del cuore, allora avrete la chiave che potrà mettere fine al dolore. (...) Quando chiedete cos’è l’amore, potreste essere troppo spaventati per vedere la risposta. Essa potrebbe significare un cambiamento radicale; potrebbe frantumare la famiglia; potreste scoprire di non amare vostra moglie o vostro marito o i vostri bambini - no? - potreste dover distruggere la casa che avete costruito, potreste non tornare più al tempio. Ma se volete ancora scoprirlo, vedrete che la paura non è amore, che dipendere non è amore, la gelosia non è amore, la possessività e il desiderio di dominare non sono amore, la responsabilità e il dovere non sono amore, l’autocommiserazione non è amore, l’angoscia di non essere amato non è amore, amore non è l’opposto di odio più di quanto umiltà non sia l’opposto di vanità. (…) E così siamo arrivati al punto: può la mente incontrare l’amore senza bisogno di disciplina, pensiero, sforzo, senza alcun libro o maestro o guida - incontrarlo come si incontra un bel tramonto? (...) Una mente che ricerca non è una mente appassionata e incontrare l’amore senza cercare è l’unico modo per trovarlo – incontrarlo ignari, e non come risultato di uno sforzo o di una esperienza. Questo amore, scoprirete non appartiene al tempo; questo amore è sia personale che impersonale, appartiene sia ad uno che a molti. Come per un fiore profumato che voi potete odorare o trascurare. Quel fiore è lì per chiunque, anche per colui che si prende la pena di odorarlo profondamente e di guardarlo con piacere. Sia egli molto vicino nel giardino o molto lontano, per il fiore è la stessa cosa, essendo ricco di quel profumo lo distribuisce a tutti. L’amore è qualcosa di nuovo, fresco, vivo. Non ha ieri né domani. E’ al di là della confusione del pensiero. Solo la mente innocente sa cosa sia l’amore, e la mente innocente può vivere nel mondo che innocente non è. E’ possibile scoprire questa cosa straordinaria che l’uomo ha cercato eternamente, nel sacrificio, nell’adorazione, nel rapporto, nel sesso, in ogni forma di piacere e di dolore, solamente quando il pensiero arriva a comprendere se stesso e giunge naturalmente a fine. (...) Potete leggere queste parole ipnotizzati e incantati, ma andare al di là del pensiero e del tempo realmente - cioè andare al di là del dolore - vuol dire essere consapevoli che c’è un’altra dimensione chiamata amore. Ma non sapete come raggiungere questa straordinaria sorgente - cosa fate dunque? Se non sapete che fare, non fate niente, non è vero? Assolutamente niente. Allora intimamente voi siete nel più completo silenzio. Capite cosa vuoi dire? Vuol dire che non cercate non volete, non andate a caccia di qualcosa; non c’è assolutamente un centro. Allora c’è amore.

Estratto dal libro:

J. Krishnamurti - Libertà dal conosciuto - Ed. Ubaldini Editore - Roma

© 1969 Krishnamurti Foundation London

© 1973 Casa Editrice Astrolabio - Ubaldini Editore, Roma

 

 


 

 

La conoscenza di sé, la consapevolezza e la comprensione di "ciò che è".

Per conoscere se stessi, per apprendere il funzionamento del proprio pensiero, bisogna essere straordinariamente vigili e iniziare così a sviluppare una sensibilità sempre maggiore al complesso intrico dei propri pensieri, reazioni e sentimenti, una maggiore consapevolezza non solo di se stessi, ma anche degli altri, di coloro con cui si è in rapporto. Conoscere se stessi vuol dire studiare se stessi nell'azione che è rapporto. (...) Quanto più conoscete voi stessi, tanto più c'è chiarezza in voi. La conoscenza di sé non ha mai termine. Man mano che lo studio di sé procede e va sempre più in profondità, si trova la pace. (...) La comprensione di sé è il vedersi attimo per attimo nello specchio dei rapporti. I rapporti con la proprietà, le cose, le persone, le idee (l'idea è il risultato del processo del pensiero, e il processo del pensiero è la risposta della memoria, e la memoria è sempre condizionata).(...) Per comprendere ciò che è bisogna osservare i propri pensieri, i sentimenti e le azioni, attimo per attimo. Questo è il "reale". Qualunque altra azione, ideale, o ideologia non è il "reale", ma semplicemente un desiderio, un'aspirazione illusoria a essere qualcosa di diverso da ciò che è. (...) Comprendere ciò che è richiede uno stato mentale in cui non siano presenti né identificazione, né condanna, il che implica che la mente sia vigilie e tuttavia passiva. (...) Solo quando si riesce ad andare oltre il groviglio delle idee (che costituiscono l'io, la mente), allorché il pensiero è completamente muto, solo allora si saprà cos'è la verità. (...) Dopo tutto è questa la verità: avere la capacità di accostarsi ad ogni cosa come se fosse la prima volta, attimo per attimo, senza i condizionamenti del passato, di modo che non ci sia l'effetto cumulativo che agisce come barriera fra se stessi e ciò che è. (...) Se non c'è più alcuna credenza con cui la mente si identifichi allora la mente, priva di identificazione, è capace di guardare a se stessa così com'è: e a quel punto, sicuramente, si ha un primo barlume di comprensione si sé. (...) Quando accettiamo ciò che è senza evitarlo, senza condannarlo o giustificarlo, ogni contrasto è pienamente acquietato. (...) Ci vuole consapevolezza di sé in azione. Osservatevi mentre agite, non solo esternamente: seguite il movimento dei vostri pensieri e sentimenti. Vi accorgerete che il processo di tale movimento del pensiero, che comprende anche sentimento e azione, si basa su un'idea in divenire. Questa sorge quando c'è un senso di insicurezza, che a sua volta emerge quando si è consapevoli del vuoto interiore. (...) Se siete consapevoli dei processi del pensiero e del sentimento vi accorgerete che c'è una costante battaglia in corso , uno sforzo per cambiare, per alterare, per trasformare ciò che è. E' questo sforzo per diventare qualcosa, per evitare ciò che è che genera sofferenza, dolore, ignoranza. (...) Esiste una consapevolezza che non è del pensiero: è sufficiente essere consapevoli delle attività del sé, senza condannare o giustificare, semplicemente essere consapevoli. (...) Deve esserci una determinazione a scoprire, a esplorare il processo dell'essere, il che significa essere pronti a recepire ogni implicazione ogni cenno, essere consapevoli delle proprie paure e delle proprie speranze, esplorale ed essere liberi, sempre più liberi. (...) Quando riconoscete che ogni movimento della mente non è altro che una forma di rafforzamento del sé, quando lo osservate, lo comprendete, quando siete del tutto consapevoli che il sé è in azione, quando arrivate a quel punto (non ideologicamente o a parole), allora vedrete che la mente essendo ormai completamente immobile, non ha potere di creare. Quando la mente è non-creatrice, allora si ha la creazione.

Estratto da: 

J. Krishnamurti - La ricerca della felicità - Ed. Rizzoli R.C.S. Libri 

© 1992 Krishnamurti Foundation of America

© 1997 R.C.S. Libri S.p.A., Milano

 

 


 

 

Il desiderio.

E’ importante capire la natura del desiderio; capire perché il desiderio abbia assunto un ruolo così straordinario nella nostra vita. Dobbiamo vedere come il desiderio ci tolga chiarezza e come impedisca di fiorire a quella qualità straordinaria che appartiene all’amore. E importante capire che cos’è il desiderio invece di sopprimerlo, di controllarlo, di dargli un orientamento particolare che forse potrebbe concedervi un po’ di pace. (…) Quando osservare il desiderio, lo state osservando come se foste al di fuori di esso? Oppure lo osservate ne1 momento in cui sorge, non come se fosse qualcosa di separato da voi? Voi siete desiderio. Capite la differenza? Posso osservare il desiderio sorgere in me quando guardo in una vetrina qualcosa che mi piace e che desidero comprare. L’oggetto che desidero è diverso da me. L’oggetto è diverso. Ma il desiderio sono io stesso. Così c’è una percezione del desiderio senza che ci sia un osservatore separato dal desiderio. Guardo un albero. “Albero” è la parola mediante in quale riconosco quella cosa laggiù nel campo. E so anche che la parola “albero” non è l’albero. Mia moglie non è una parola. Ma ho fatto diventare la parola mia moglie! Non so se riuscite a cogliere tutte le sottigliezze di questa faccenda. Fin dall’inizio devo capire con estrema chiarezza the la parola non è la cosa. La parola “desiderio” non è la percezione del desiderio, non è quell’energia straordinaria che sta dietro a questa reazione. Così devo stare molto attento a non farmi intrappolare dalle parole. E anche il cervello deve stare molto all’erta per accorgersi che un oggetto può creare il desiderio. Ma il desiderio è separato dall’oggetto. Ci rendiamo conto che la parola non è la cosa? E che il desiderio non è separato dall’osservatore che lo sta guardando? Ci rendiamo conto che l’oggetto può creare il desiderio ma che c’è un desiderio indipendente dall’oggetto? Come fiorisce il desiderio? Perché dietro il desiderio c’è un energia così straordinariamente potente? Se non capiamo a fondo la natura del desiderio, saremo sempre in conflitto tra noi. Io posso desiderare una cosa, mia moglie ne può desiderare un’altra, e i miei figli ne possono desiderare altre ancora completamente diverse. Così stiamo sempre bisticciando. E questo continuo litigio, questa battaglia, li chiamiamo relazione, li chiamiamo amore. Chiediamoci: qual è la sorgente del desiderio? Il desiderio, a meno che non se ne capisca la radice, è straordinariamente sottile e ingannevole; quindi dobbiamo essere molto chiari e onesti nella nostra indagine. Per tutti noi le sensazioni, le risposte dei sensi, sono importanti: il tatto, il gusto, l’olfatto, l’udito, la vista. E per la maggior parte di noi una particolare risposta dei sensi è più importante delle altre. Se abbiamo un temperamento artistico, abbiamo un nostro modo di vedere le cose. Se siamo ingegneri i nostri sensi risponderanno in un modo diverso. Così non osserviamo mai in modo completo, con tutti i nostri sensi. I nostri sensi reagiscono, ma queste reazioni sono in qualche modo diverse tra loro. Ma è possibile rispondere completamente, con tutti i nostri sensi in azione? Capite l’importanza di questo punto? Nel momento in cui rispondiamo completamente con tutti i nostri sensi, scompare l’osservatore separato. Ma quando reagiamo a qualcosa di particolare, separandolo da tutto il resto, allora ha inizio la divisione. Scopritelo. quando uscite da questa tenda, quando guardate il fiume, il rapido scorrere delle sue acque, la luce sull’acqua. Scoprite se potete guardare con la totalità dei vostri sensi. Non chiedetemi come si fa, altrimenti tutto diventerebbe meccanico Ma so dite a voi stessi: “Guardiamo, scopriamo…”, allora educa te voi stessi a capire come reagiscono i vostri sensi. Quando guardate qualcosa, l’atto di vedere produce una reazione. Vedete una camicia verde, o un vestito verde, l’atto di vedere risveglia la reazione. Così ha luogo il contatto; e da quel contatto il pensiero crea l’immagine di voi che state indossando quella camicia o quel vestito. Oppure vedete una macchina per strada; ha una bella linea, è splendente, si vede che ha un motore potente. Allora le girate intorno, la esaminate e a quel punto il pensiero crea l’immagine di voi che salite su quella macchina, accendete il motore schiacciate l’acceleratore e partite. Così comincia il desiderio; il sorgere del desiderio è nel momento in cui il pensiero crea l’immagine. Fino a quel momento non c’è desiderio. C’è la risposta dei sensi, che è del tutto normale: ma quando il pensiero crea l’immagine, da quell’istante comincia il desiderio. Ora, è possibile che il pensiero non crei alcuna immagine? Questo significa imparare come funziona il desiderio, e questo imparate è disciplina in se stesso. Capire come funziona il desiderio è disciplina, e non l’imporsi di controllare il desiderio. Imparare come funziona il desiderio, o imparare a proposito di qualunque altra cosa, è tutto quello che serve. Ma se dite: “Devo controllare il desiderio”, allora entrate in un campo completamente diverso. Quando vedrete tutto questo movimento nel suo insieme, capirete che il pensiero non interverrà con le sue immagini. Allora vedrete, avrete sensazioni e basta. Che c'è che non va in questo? Vedete, noi siamo tutti così presi dal desiderio! Vogliamo realizzarci dando soddisfazione ai nostri desideri. Ma non vediamo quale spaventosa rovina il desiderio ha provocato nel mondo, il desiderio di una sicurezza individuale, il desiderio di un successo, di un potere, di un prestigio individuale. Non ci rendiamo conto che siamo completamente responsabili di qualsiasi cosa facciamo. Dove va a collocarsi il desiderio, quando ne comprendiamo la natura? Ha un posto dove c’è amore? E l’amore è qualcosa di così completamente estraneo all’umana esistenza, da non avere in realtà per noi alcun valore? O è perché non vediamo la bellezza, la profondità, la grandezza, la santità di quello che sta dietro questa parola, che ci manca l’energia, il tempo, la passione per studiare, per educare noi stessi a capire di cosa si tratta? Se ci mancano l’amore, la compassione e la loro intelligenza, allora la meditazione avrà ben poco significato. Senza quel profumo, quello che è eterno non potrà mai essere trovato. Per questo è tanto importante mettere completamente in ordine la nostra casa, non solo la casa in la in cui abitiamo, ma la casa della nostra vita, del nostro essere, delle nostre lotte.

Estratto da:

J. Krishnamurti - La rete del pensiero - Ed. Aequilibrium

© 1982 Krishnamurti Foundation Trust LTD

© 1987 Aequilibrium - Ing. G. Turchi, Milano

 

 


 

 

La morte.

(...) Cos'è la morte? E' esattamente la fine di tutto ciò che abbiamo conosciuto. Ecco la realtà. (...) Non affrontiamo mai il problema della morte in sé e per sé, perché l'idea stessa di arrivare a una fine  è talmente orripilante da risvegliare la paura. Avendo paura, facciamo ricorso a varie forme di credo religioso, che sono semplicemente vie di fuga. Per poter liberare la mente dalla paura dobbiamo assolutamente conoscere cosa voglia dire morire mentre siamo ancora nel pieno delle nostre facoltà fisiche e mentali. Dobbiamo penetrare la natura della morte da vivi. (...) Ora in che modo può la mente sperimentare da vivi quella cessazione che chiamiamo "morte"? La morte è la cessazione. Posso sperimentare questa cessazione mentre sono ancora in vita? (...) La mia mente, che ha edificato un senso di continuità, può cessare ora, invece che all'ultimo respiro? Voglio dire, è davvero impossibile liberare la mente da tutto ciò che la sua memoria ha accumulato? (...) Siete attaccati a ciò che possedete, a vostra moglie, alle vostre opinioni, al vostro modo di pensare. Ora siete capaci di porre fine a tale attaccamento? (...) Perché siete attaccati a qualcosa? Perché avete paura che senza questo attaccamento non sareste nulla; quindi voi siete la vostra casa, siete vostra moglie, siete il vostro conto in banca, siete il vostro lavoro. Siete tutte queste cose. Se riuscirete a mettere fine a tale senso di continuità, generato dall'attaccamento, facendolo cessare completamente saprete cos'è la morte. (...) Possiamo lasciare andare  nello stesso modo l'odio, l'invidia, l'orgoglio del possesso, l'attaccamento al credo alle opinioni, alle idee, a un certo modo di pensare? Possiamo abbandonare tutto ciò all'istante?  (...) Abbandonare credo, opinioni, attaccamenti, avidità o invidia vuol dire morire, morire ogni giorno, in ogni momento. Se giungiamo alla cessazione di ogni ambizione , istante dopo istante, conosceremo quella condizione straordinaria che consiste nel non essere nulla, nel raggiungere , per così dire, l'abisso dell'eterno movimento, e oltrepassare il confine, che è la morte. Voglio sapere tutto della morte, perché la morte potrebbe essere la realtà, potrebbe essere ciò che chiamiamo "dio", quel qualcosa di assolutamente straordinario che vive e si muove, eppure non ha inizio né fine. Ecco perché voglio conoscere la morte completamente. Perciò devo morire a tutto ciò che già conosco. (...) Per me la vita non è separata dalla morte perché nella vita c'è la morte. Non c'è separazione tra la morte e la vita. (...) Mi chiedo se abbiate mai conosciuto veramente l'amore. Penso che in realtà morte e amore vadano di pari passo. Morte, amore e vita sono la stessa identica cosa. (...) L'amore è senza dubbio una sensazione totale che non è sentimentale, nella quale non c'è alcun senso di separazione. E' la completa purezza della sensazione senza le caratteristiche divisorie e frammentanti del dell'intelletto. L'amore non ha un senso di continuità. Laddove c'è un senso di continuità l'amore è già morto, ha il retaggio dello ieri, con i suoi tristi ricordi, le liti e le brutalità. Per amare bisogna morire.(...) La mente è libera solo quando è stata abbandonata l'accumulazione della memoria. La creazione è nella cessazione, non nella continuità. E' l'unica via per giungere a quell'azione totale che è vita, amore e morte. (Madras, 9 dicembre 1959).

Estratto dal libro:

J. Krishnamurti - Sul vivere e sul morire - Ed. Astrolabio

© 1992 Krishnamurti Foundation of America

© 1998 Casa Editrice Astrolabio - Ubaldini Editore, Roma

 

 


 

La paura, il tempo e il pensiero.

Stiamo parlando della paura in se stessa e non delle diverse forme in cui essa si esprime - paura della vecchiaia, paura della morte, paura della solitudine, paura di non arrivare a ottenere quello che vogliamo, paura di non realizzarsi spiritualmente... Che cos’è la paura? Quando c’è paura, la si riconosce come paura proprio in quel momento? Nel momento in cui ha luogo la reazione di patita, posso descriverla? o è solo più tardi che sono in grado di parlarne? "Più tardi" significa tempo. Supponiamo che io abbia paura. Ho paura di qualcosa, ho paura che si scopra qualcosa che ho fatto in passato e che non voglio si venga a sapere. Oppure, tempo fa, è successo un fatto che mi spaventa ancora adesso. Esiste una paura in se stessa senza l’oggetto che la provoca? Nell’istante in cui c'è paura, è in quel momento che la chiamate paura? Oppure potete farlo solo dopo, più tardi? Certamente potete farlo solo dopo il momento in cui la reazione si verifica. E questo che cosa significa? Il cervello ha conservato il ricordo di altri momenti di paura, e nell’istante in cui ha luogo questa reazione, il pensiero la riconosce e dice: "Questa è paura". Mi rendo conto che nell’istante in cui affiora una sensazione di paura, non ho il tempo di riconoscerla e di chiamarla paura. E solo più tardi, dopo che si è manifestata, che le do il nome di paura. Questo significa che l’ho riconosciuta in base ai ricordi di altre situazioni che in me hanno provocato paura. Mi ricordo di quelle sensazioni provate in passato e quando sorgono nuove sensazioni simili immediatamente le identifico con il termine "paura". È abbastanza semplice, no? Così il ricordo del passato esercita una continua interferenza sul presente. Ora ci chiediamo: che cos’è la paura? La paura è tempo? E successo qualcosa la settimana scorsa che ha provocato in me quella sensazione che chiamo paura; e ora temo che potrebbe succedere un’altra volta, oppure spero che non si ripeta. Così mi chiedo: "E il tempo la radice della paura?". Allora, che cos’è il tempo? Il tempo segnato dall’orologio è molto semplice. Il sole sorge ad una certa ora e tramonta ad una cena ora. C’è l’ieri, l’oggi, il domani. C’è una naturale sequenza del tempo. Ma in noi c’è anche un tempo psicologico. L’avvenimento accaduto la settimana scorsa, che mi ha dato piacere o che ha risvegliato in me il senso della paura, me lo ricordo e lo proietto nel futuro. Potrei rimanere senza lavoro, potrei perdere la mia posizione, potrei perdere il mio denaro, potrei perdere mia moglie: questo è tempo. Ma allora, la paura è parte del tempo psicologico? Sembra che sia così. E che cosa significa tempo psicologico? Tempo implica spazio. Non è soltanto il tempo fisico a richiedere spazio, ma anche il tempo psicologico richiede spazio: ieri, la settimana scorsa, oggi, domani. Ci sono spazio e tempo. È semplice. E la paura e un movimento del tempo? Ma il movimento del tempo, psicologicamente, non è il movimento del pensiero? Così pensiero è tempo, e tempo è paura. È ovvio. Sono andato dal dentista, e mi ha fatto male. Me ne ricordo, proietto questo fatto nel futuro e spero di non dover provare ancora quel dolore. Il pensiero è in movimento. Così la paura è un movimento nello spazio e nel tempo psicologico. Per vedere tutto ciò come un fatto, e non per farcene solamente un'idea si deve stare molto attenti a questa sensazione di paura legata a quello che è successo in passato. Si deve dare a questa paura un attenzione completa nel momento in cui sorge; allora essa non si imprimerà nella memoria. Fatelo, e lo scoprirete per conto vostro. Quando qualcuno vi offende, se voi siete completamente attenti, non c’è offesa, non c'è insulto. E quando qualcuno viene a dirvi: "Che persona meravigliosa sei!", se siete completamente attenti questo apprezzamento scivola via come l’acqua sulle penne di un’anatra. Così, per favore, rendetevi conto da soli di questa verità: che spazio, tempo, pensiero significano paura. E un fatto. E se non vi fermate alla descrizione che è stata data da chi vi parla, ma vi mettete ad osservare per conto vostro, non potete evitate di percepire questo fatto, non potete ignorarlo. Un fatto non potete sfuggirlo. E sempre lì. Anche se tentate di evitarlo, di sopprimerlo, di sfuggirlo, il fatto rimane sempre lì. Ma se dedicate un’attenzione completa al fatto che la paura è pensiero In movimento, allora la paura, a livello psicologico, scompare.

Estratto da:

J. Krishnamurti - La rete del pensiero - Ed. Aequilibrium

© 1982 Krishnamurti Foundation Trust LTD

© 1987 Aequilibrium - Ing. G. Turchi, Milano

 

La paura insorge quando desidero essere parte di uno schema. Vivere senza paura significa vivere senza schemi. Quando aspiro ad un particolare stile di vita, questo è già in sé fonte di paura.

Estratto da: 

J. Krishnamurti - La ricerca della felicità - Ed. Rizzoli R.C.S. Libri 

© 1992 Krishnamurti Foundation of America

© 1997 R.C.S. Libri S.p.A., Milano

 

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