MATRiX, PLAT0NE E iL MiT0 DELLA CAVERNA
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"[...] Pensa a uomini, in una caverna sotterranea, dotata di un'apertura
verso la luce che occupi tutta la parete lunga. Essi vi stanno chiusi fin
dall'infanzia, carichi di catene al collo e alle gambe che li constringono
a rimanere li  e a guardare soltanto in avanti poiche' la catena al collo
impedisce loro di volgere in torno il capo. In alto, sopra di loro, brilla
lontana una fiamma; tra questa e i prigionieri corre una strada in salita,
lungo la quale e' stato costruito un muretto, simile ai paraventi divisori
al di sopra dei quali i saltimbanchi mostrano al pubblico i loro prodigi. [...]
(Platone, "La Repubblica", Libro VII).
Cosi' si apre il settimo libro di una delle piu' importanti opere di Platone.
In sintesi il filosofo greco parla di una societa' in cui i cittadini
(definiti "prigionieri") vengono costretti dalla nascita a credere che le ombre
che vedono siano la "realta'", ignorando di fatto l'esistenza della "luce"
(la verita'), visione la quale terrorizzerebbe gli individui non pronti
a tale "rivelazione". Ma il Filosofo, una volta liberatosi dalle catene che
lo imprigionano all'"illusione" (che i buddhisti chiamano "Maya"), agisce
per "risvegliare" gli altri "prigionieri".
Matrix, una volta svestito dagli effetti speciali e dall'ambientazione (o
travestimento ?) fantascientifica e futuribile, ci veicola gli stessi concetti.
Neo, "l'eletto" (l33t!!!), una volta risvegliato (seguendo il "Bianconiglio di Alice"), 
si ritrova nel "paese delle meraviglie", trovandosi di fronte ad una realta' sconvolgente.
"Io ti mostro la via: sta a te varcare la soglia..."
        (Morpheus,"Matrix")

 

tratto da "Guru Meditation" di Tritemius