I
Normanni (1077-1195)
(di Nicola Garofalo)
Il termine "normanno"
deriva da "northman" uomo del nord. Così
erano chiamate le popolazioni scandinave che abitavano le terre settentrionali
dell’Europa. Questo popolo si
stabilì nella terra francese, che da loro ebbe il nome di Normandia.
Erano considerati più o meno dei briganti o predoni e tali si dimostrarono
quando aggredirono l’Inghilterra e l’Europa Orientale.
Di stirpe germanica i Normanni erano
animati da grande coraggio, astuzia ed avidità di possesso.Coraggiosi
guerrieri e marinai ardimentosi, questi uomini biondi, alti, robusti, armati
di spade, di lance e di asce a doppio taglio, portavano il terrore dove
giungevano, razziando e depredando.
Essi non riconoscevano ai vinti nessun
diritto e li consideravano, con tutte le loro cose, preda di guerra.
Dall’Europa orientale, spinti dallo
spirito di conquista, erano venuti creando principati e regni lungo la
loro strada. Delle tribù slave giunsero a cingere d’assedio
Costantinopoli e finalmente il contatto con la civiltà dell’impero
bizantino, addomesticò non poco questo popolo pagano, abituato più
ad assecondare l’istinto che a seguire sentimenti umani e a rispettare
la legalità.
Fin dai tempi di Carlo Magno li troviamo
a saccheggiare Ruen, Nantes, Bordeaux e Parigi: a nulla valsero contro
di loro le fortificazioni fatte costruire da Carlo il Calvo né gli
agguerriti eserciti di Roberto il Forte.
Si spinsero poi a Gibilterra, nella
Spagna, nel Marocco, in Italia e in Inghilterra: qui alcuni Normanni si
fusero con elementi Inglesi e Danesi e una monarchia normanna d’Inghilterra
assoggettò il Galles e la Scozia.
Nell’Italia meridionale furono chiamati
come mercenari, dove intervengono nelle lotte tra duchi longobardi, governo
bizantino e città marinare.
Il primo vistoso successo arride al
capobanda Rainulfo Drengot, che nel 1027 ottiene la contea di Aversa come
compenso per l'aiuto prestato al duca di Napoli contro il principe di Capua.
Negli anni successivi le fortune dei
Normanni si accrescono con l'arrivo del clan degli
Altavilla, composto da ben 11 fratelli che si pongono al servizio
di Guaimario, signore longobardo di Salerno. Combattendo per lui contro
i Bizantini, Guglielmo Braccio di Ferro ottiene nel 1043 l'investitura
feudale della contea di Melfi, a cui presto aggiunge il ducato di Calabria
e Puglia.
Alla sua morte i suoi domini si sfasciano
e il fratello Roberto il Guiscardo (l'Astuto), nel tentativo di costruirsi
un possesso personale, si scontra nel 1053 a Civita con papa Leone IX,
che prende addirittura prigioniero.
Il sopraggiunto scisma d'Oriente consiglia
il papato a cambiare atteggiamento nei confronti degli avventurieri normanni:
con l'accordo di Melfi del 1059 papa Niccolò II riconosce come vassalli
della chiesa Rainulfo Drengot, conte di Aversa, e Roberto di Altavilla,
duca di Puglia e Calabria; invita inoltre quest'ultimo a occupare la Sicilia
musulmana.
Ruggero I, fratello del Guiscardo,
sbarca a Messina nel 1061: Palermo è presa nel 1072 e la conquista
della Sicilia è ultimata nel 1091. Sul continente Roberto
conquista Bari ai Bizantini (1071). Nel 1090 strappano agli Arabi
anche Malta; nel 1098 un Altavilla, Boemondo di Taranto, fonda il principato
normanno di Antiochia, combattendo alla I Crociata.
Morto Roberto il Guiscardo senza discendenti
diretti, Ruggero II (1130-1154), figlio del
conquistatore della Sicilia, si fa riconoscere sovrano dei Normanni, col
titolo di re di Sicilia, Calabria e Puglia.
Nel 1133 stabilisce la capitale a Palermo
e completa l'unità del regno conquistando Amalfi (1135) e Napoli
(1139).
L’antipapa e poi il papa legittimo
Innocenzo II gli riconobbe il diritto sovrano anche su Napoli, ma non sarà
Napoli la capitale del nuovo Stato, poiché Ruggero II preferì
rimanere a Palermo.
Era stato senz’altro un grande successo
scacciare gli Arabi dalla Sicilia, e da musulmana farla diventare cristiana;
per di più l’isola venne collegata politicamente al continente e
l’istituzione monarchica vi prese piede al punto da sopravvivere anche
dopo i fatti dei "Vespri Siciliani" (31/3/1282).
Così i conquistatori assimilando
man mano lo spirito comunitario, la religione e le costumanze del popolo
latino, contribuirono a dar vita a quel Regno delle
Due Sicilie che resisterà, come vedremo, fino ad oltre la
metà del secolo scorso.
A Napoli il Normanno, diede il massimo
incremento alle lettere e alle arti, favorì il commercio ed impose
una moneta d’argento chiamata "ducato" ed una di rame che fu chiamato "Follaro".Assicurò
alla città un’autonomia amministrativa, lasciandovi come suo rappresentante
un conte palatino chiamato "compalazzo" che amministrava il demanio e la
giustizia.
Ruggero II, dopo aver sistemato amministrativamente
le varie provincie se ne tornò in Sicilia, dove morì a cinquantatrè
anni (1154). Gli successe il figlio Guglielmo detto il Malo per
la sua avarizia, che regnò dal 1154 al 1176.
Nonostante il suo soprannome, che non
gli fa giustizia, Guglielmo fu un sovrano democratico e prudente.Anche
durante il suo regno non mancarono sommosse, che egli stroncò con
energia, ne ebbe fine il braccio di ferro con il pontefice Adriano IV,
che per difendersi da lui si alleò con Federico I detto il Barbarossa.
A Guglielmo I successe Guglielmo II
che regnò dal 1176 al 1189 e morì molto giovane, a soli trentasei
anni, senza eredi maschi: salì allora al trono un suo nipote, il
conte
di Lecce Tancredi, che fu incoronato a Palermo nel 1190 con l’approvazione
del pontefice Clemente III e regnò fino al 1194, benvoluto dal popolo,
e cui fece ampie concessioni.
Intanto Costanza, figlia del defunto
Ruggero II, erede legittima della corona di Sicilia sposa a Milano il 27
gennaio 1186 il figlio di Federico I il Barbarossa: Enrico VI, il quale
ben presto, questo tedesco integrale, fa valere la sua sconfinata ambizione.
Quando si spegne Guglielmo II il buono, egli è pronto a rivendicare
i diritti di corona dei re normanni. Infatti appena poté
liberarsi dalle sue faccende imperiali e germaniche va a conquistarsi la
corona di Sicilia, che gli viene posta in capo nel duomo di Palermo a Natale
del 1194, il giorno prima che gli nascesse il figlio Federico. Contemporaneamente
fece decapitare, da morto, il suo predecessore, che considerava usurpatore,
e fece eliminare crudelmente tutti i maggiori esponenti discendenti
dei normanni.
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Tancredi
di Lecce
(di Angelo Gambella)
Tancredi di Lecce
(m. 1194) della casa d'Altavilla, re di Sicilia (1189-1194), figlio naturale
di Ruggero, duca di Puglia, e di Emma dei conti di Lecce.
Alla morte del
padre Ruggero (1149) figlio del re Ruggero II, Tancredi diviene Conte di
Lecce. Nel 1154 morto Ruggero II, il conte di Lecce è contrastrato
dallo zio Guglielmo I, che vedeva in lui un possibile avversario per la
corona di Sicilia. Per tale motivo è costretto a raggiungere via
mare Costantinopoli, dove trova altri esuli normanni. Nonostante i tentativi
bizantini di penetrazione nel Sud, Tancredi deve restare lungo tempo nella
capitale bizantina tanto da ritornare definitivamente in Puglia solo alla
morte dello zio. Immediatamente, siamo
nel 1166, Tancredi riacquista la contea.
Del conte di
Lecce restano 8 documenti pubblici, si tratta di atti emanati fra il 1169
e il 1190. Durante il regno di Guglielmo II, Tancredi acquista simpatie
sempre più crescenti in tutto il regno. La sua personale potenza
è ormai riconosciuta quando re Guglielmo II muore senza eredi diretti,
siamo nel 1189. Tancredi è, fra i baroni normanni, il maggiore pretendente
alla corona. Egli è un uomo ben maturo, normanno discendente per
linea diretta dal fondatore della monarchia. Inoltre ha patito l'esilio
a Bisanzio, ha comandato l'esercito in azioni militari, e pure, se non
proprio facoltoso, dispone di larghe proprietà terriere.
Il principale
avversario di Tancredi è Enrico figlio di Federico Barbarossa, sacro
romano imperatore. Enrico, infatti, ha sposato,
anni prima (1186), Costanza d'Altavilla,
figlia di re Ruggero, nata nel 1154.
Palermo, la Corte,
è divisa. Può appoggiare un barone normanno sperando in un
riconoscimento papale, o dare atto alla manovra concepita
anni prima. E' indubbio, infatti, che il matrimonio di Costanza fu visto
nell'ottica di dare comunque un erede normanno al regno,
se come destino pareva, il re fosse morto senza prole. Attorno a Tancredi
si coalizza una parte consistente della nobilità, l'altoclero siciliano,
di fatto autonomo da Roma, ma anche quelle borghesie mercantili di Palermo
e Messina. Questa coalizione ha un grosso vantaggio
nella lontananza di Enrico, impegnato nella reggenza del regno germanico
essendo il padre impegnato in Terrasanta.
Nel novembre
1189 Tancredi è a Palermo. Il cancelliere Matteo, è fra gli
altri, colui che più si prodiga per sostenere Tancredi a capo delregno.
Quella linea passa e il nostro è incoronato re di Sicilia. Subito
arriva anche il riconoscimento papale. Del resto la politica pontificianon
era mutata da quando (1127) Onorio II aveva contrastato l'unificazione
del Sud. Ora si tratta di tenere ben separati il regno nel Sud,e il regno
germanico; la Chiesa teme fortemente l'accerchiamento di una sola grande
potenza.
Le complicazioni
non mancano. La moglie del re Guglielmo, Giovanna è figlia del re
d'Inghilterra, Riccardo, passato alla storia con l'appellativo
Cuor di Leone. Il re degli Angli transita per il sud nel 1190, diretto
all'isola, per imbarcarsi alla volta della Terrasanta per lacrociata. Il
denaro della ricca cassa siciliana basta per pagare Riccardo, che desiste
dal portare avanti rivendicazioni, di ogni sorta, sull'isola.
Le manovre militari
sono però all'orizzonte. Enrico VI di Svevia, frattanto succeduto
al Barbarossa, con la consorte, e il suo esercito alcompleto, marcia alla
volta di Roma, per ricevere dal papa la corona imperiale. Ed è facile
aspettarsi che non si sarebbe limitato ad una gita
turistica nella città leonina. In mare aperto già si concretizza
un duro scontro, la flotta siciliana è impegnata da quella pisana.
In gioco, oltre immancabili interessi
economici ci sono motivi politici, Pisa infatti è alleata dell'Impero.
Gli scontri si risolvono in favore dei siculo-normanni.
Sul versante di terra, le cose per Enrico non vanno meglio; una grave pestilenza
mette scompiglio nell'armata imperiale.
Tancredi riesce finanche ad intercettare la zia, l'imperatrice Costanza,
e la costringe ad una dura prigionia.
Nel 1192 Tancredi
può stipulare una tregua con l'odiato rivale per il rilascio di
Costanza. Nonostante la guerra e i contrasti interni, di cui il re porta
gravi responsabilità, può dedicarsi alla pubblica amministrazione.
Il diplomatico superstite di re Tancredi è di 35 atti, circa altrettanti
sono deperditi, ma di moltissimi non resta alcuna traccia. L'intestazione
abituale è Tancredus Divina favente
clementia Rex Sicilie ducatus Apulie
principatus Capue. Come si vede il ducato
di Puglia e il principato di Capua pur unificati al regno restano dominiseparati
nel titolo. Certi documenti, fanno pensare che nel nord ci sono signori
che governano per mandato imperiale e comunque nonregio. Col primo documento
rimastoci, del 1190, annette Barletta al demanio regio. L'ultimo è
del luglio 1193, riguarda Benevento ed è pubblicato
in Documenti.
Tancredi ha associato
al trono il figlio Ruggero, un modo non tanto sottile per dire che, dopo
di lui, la successione è assicurata. Ma il figlio muore, e
l'altro, Guglielmo,
è ancora fanciullo,
quando Tancredi
lascia questo mondo nel 1194. La moglie Sibilla, è chiamata alla
reggenza del regno per Guglielmo III.
Ma la nuova offensiva
di Enrico VI non trova praticamente rivali, può finalmente
promuovere l'
unio regni ad
imperium.
Il
Gran Conte Ruggero con il suo esercito
I
Normanni di Sicilia non
si
estinsero con Guglielmo lll
*
Fu per evitare l’ accecamento e la castrazione che Guglielmo III
d’ Altavilla, giovanissimo Re di Sicilia, consentì, senza reagire,
che Enrico VI venisse incoronato Re, al suo posto, sotto i suoi occhi e,
successivamente, regnasse incontrastato. Ciò è
umano. Altri Re, dopo di lui, baratteranno il proprio regno per una donna
o per un cavallo.
La
notte di Natale del 1194 Enrico fu incoronato re di Sicilia.
Erano presenti
anche il giovane Guglielmo d’Altavilla e la madre Sibilla. Enrico
offrì al detronizzato re la contea di Lecce e Taranto,
ma dopo tre giorni, con la scusa di un complotto, lo fece arrestare
insieme alla madre e ad altri nobili. L’atto indegno - vista la giovane
età di Guglielmo ed il fatto che la povera Sibilla non aveva
nemmeno un difensore - in alcuni nobili risvegliò un senso
di ribellione. Era quello che aspettava Enrico per scoprire tutti
coloro che gli erano contro e per metterli in prigione. Vi
rimasero due anni. Poi quando effettivamente, visto l’autoritarismo
del tedesco, nel 1196-97 scoppiò un’insurrezione, Enrico ordinò
delle esecuzioni in massa, sanguinose repressioni, accecò
molti nobili che vi avevano preso parte, e fatti uscire i nobili
che erano in prigione da due anni, fece strappare gli occhi
anche a loro.
I siciliani
che avevano aperto le porte di Palermo ad Enrico, ebbero modo di
rimpiangere quell’entusiasmo, nonostante il suo breve regno.
Del giovane
Guglielmo III, ultimo re Normanno di Sicilia, non si seppe pi nulla;
alcune
fonti lo dicono deportato e morto in Germania, altre affermano che
fu catturato e mutilato da Enrico VI, e altre ancora che fu chiuso
in un convento.
L’ unica
versione che abbia una attendibile verifica storica è
che egli
e gli altri sopravvissuti
del ramo
principale dei
d’ Altavilla, Re di Sicilia, Duchi di Calabria e Puglia, si ritirassero
in volontario esilio presso la Signoria
della Palmara (l’ attuale Gran Camposanto
Monumentale) che possedevano a Messina, da cui trassero successivamente
la nuova denominazione di Signori Della Palma o della Palmara,
successivamente trasformatasi in Palamaro e Palamara.
Qui pure misteriosamente
muore Enrico VI, dopo aver bevuto un bicchiere d’acqua, il 29 settembre
1197, dopo solo tre anni di regno, forse avvelenato per ordine della moglie
Costanza.
Da qui, subito dopo, senza una precedente storia familiare nota, vengono
alla ribalta della vita politica i Signori della Palmara, che
subito assumono alti incarichi sotto Federico II e suoi successori,
da Giustizieri a Vicari del Regno di Sicilia. Ciò si deve
alla Regina Costanza d'Altavilla, che, assumendo la reggenza del Regno
di Sicilia alla morte di Enrico VI, in odio allo stesso, che le
aveva distrutto la famiglia Normanna, come primo atto, richiama dall' esilio
i fuoriusciti, li reintegra nei beni e nei feudi, e rimette in uso
le antiche leggi tolleranti emanate dal padre Ruggero II e dal nipote
Guglielmo II il Buono.
I d' Altavilla
sarebbero stati dunque graziati dai nuovi regnanti, loro
stretti parenti.
Le prime
memorie certe di questa famiglia rimontano agli anni immediatamente
successivi al
1197, in persona di Tancredi e Riccardo. Notiamo Guglielmo, Giustiziere
per Federico II Imperatore (1236); Bertrando, Giustiziere di
Principato (1322); Roberto, Vicario del Regno; e molti altri
che illustrarono questa Famiglia.
Si noti
come la lunga serie delle discendenze: Tancredi -
Guglielmo
d’Altavilla, dopo Guglielmo III riprenda con Tancredi e Guglielmo
Palamara, senza interruzione
*
TANCREDI d' Altavilla,
il capostipite (X, XI secolo)
* GUGLIELMO d' Altavilla, Duca di Puglia
e di Calabria, m. 1127
* GUGLIELMO I d' Altavilla, Re di Sicilia detto
“il Malvagio” m. 1166
* TANCREDI d’ Altavilla,
Principe, m. 1148
* GUGLIELMO II d’ Altavilla, Re di Sicilia detto “il
Buono” - n. 1155 - m.1189
* TANCREDI d’ Altavilla,
Conte di Lecce, Re di Sicilia - m.1194 -
* GUGLIELMO III d’Altavilla , Re di Sicilia (sparisce nel 1198)
* TANCREDI
Palamara (appare dopo il 1198)
* GUGLIELMO Palamara, Giustiziere
per Federico II, nel 1236
………………………………………………………………………………..
* BERTRANDO Palamara, Giustiziere di Principato
nel 1322
* ROBERTO Palamara,
Vicario del Regno di Sicilia
E’ rimarchevole, inoltre, notare che il giovane Guglielmo Palamara (verosimilmente
Guglielmo IV) divenga subito Giustiziere per Federico II Imperatore, suo
stretto parente. E come Roberto divenga Vicario del Regno, quasi
a comprovare la sua discendenza regale.
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