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Scuola Nazionale Kung-Fu WUSHU

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Le origini del KUNG FU

 

L' arte del Kung-Fu ha origini antichissime e avvolte nella leggenda, per cui diventa difficile narrare la sua storia in quanto le notizie pervenuteci sono state tramandate oralmente.

Alcune leggende fanno risalire nascita del Kung-fu ad oltre quattromila anni addietro, per opera di Huang Ti (Imperatore Giallo) che pare abbia creato una forma di combattimento che si chiamava Ch'in Yuhsi, che consisteva in una lotta a colpi di testa. Le prime notizie storiche relative alla nascita del Kung-Fu, risalgono alla dinastia Chou (1100-250 a.C.). Comunque è opinione comune che il creatore delle arti marziali sia stato il monaco indiano Bodhidharma (Da Mo in cinese), figlio di Sughanda, re della provincia di Madras. La culla delle arti marziali viene considerato il Monastero di Shaolin (Monastero della piccola foresta) che si trovava nella regione dello Henan, alle pendici del monte Songshan "il gigante che dorme" fatto costruire dall'Imperatore Xiao Wen nel 495 d.C. per ospitare il monaco indiano Batuo, affinché predicasse il Buddismo.

Nel 527 d.C. arrivò a Shaolin un altro mistico indiano: Bodhidharma, il quale dopo aver servito il patriarca Prajnatara, suo Maestro, salpò, per Canton, dove avrebbe dovuto predicare il Buddismo e la leggenda narra che egli attraversò il Fiume Azzurro su di una canna di bambù; successivamente ritiratosi nel Monastero, trovando i monaci in una profonda prostrazione, cadde in uno stato di grande meditazione che lo portò a restare immobile per nove lunghi anni con lo sguardo rivolto verso una grotta. La meditazione alla quale si sottopose, gli fece acquisire il vero significato della sapienza portandolo all'elaborazione di una dottrina fisica associata ad un pensiero filosofico che, mediante tecniche di combattimento basate sugli atteggiamenti degli animali in situazioni di pericolo, rafforzavano e fortificavano lo spirito. Quindi, tornato al monastero, cominciò ad addestrare i monaci, anche per alleviare loro i problemi fisici derivati dalle lunghe ore di meditazione da seduti, Bodhidharma si basò sugli esercizi di Hua To, un famoso medico taoista che creò appunto degli esercizi di ginnastica basati su gli atteggiamenti di cinque animali: la tigre, la scimmia, l'orso, il cervo e la gru. Elaborando queste forme, egli creò un gruppo di esercizi chiamati "Sho Pa Lo Han", cioè "le diciotto tecniche dei discepoli di Buddha" dalle quali pare che nacque lo Shaolin Quan Shu (Arte del Pugno del Monastero della Piccola Foresta).   a6b.jpg (63555 byte) Bodhidharma fu anche il creatore del Buddismo Ch'an (la parola Ch'an deriva dal sanscrito Dhyana = meditazione  e non era altro che una sintesi tra Buddismo mahayana indiano e taoismo cinese). Bodhidharma trovò un successore in Hui Ke, giovane suo allievo che si tagliò un braccio per dimostrargli di meritare i suoi insegnamenti; Hui Ke diventò il secondo patriarca del Buddismo Ch'an cinese. La fama di Shaolin crebbe enormemente nel '600 quando il Maestro Zhang, il tigrotto, insieme ad altri tredici monaci, salvarono l'Imperatore Tai Zhong da un'agguato che gli aveva teso il suo nemico Wang Shih C'ung che desiderava detronizzarlo. All'inizio del XIV secolo, nel mezzo della dinastia Ming, entrò a Shaolin un giovane di nome Chueh Yuan (o Kwok Yuen) che riformò i 18 movimenti di Da Mo e li portò a 72. Non contento volle perfezionarsi ancora di più ed iniziò a viaggiare fino a quando a Lanchow incontrò un vecchio ambulante che sconfisse un uomo più giovane di lui senza alcuno sforzo eccessivo. Allora Chueh Yuan gli chiese quale fosse il suo segreto e l'ambulante, che si chiamava Li Chien, lo presentò ad un Maestro di nome Pai Yu Feng, che si offrì di codificare i 18 movimenti di Da Mo ed i successivi 72 di cheh Yuan, portandoli a 170 divisi in 5 parti. Ciascun gruppo di tecniche rappresentava le 5 essenze dell'uomo e ciascuna di essa doveva svilupparsi proporzionalmente con le altre, in modo da poter arrivare al perfetto equilibrio del corpo e della mente. Dopo numerose peripezie dovute anche all'invasione dei Manciù ed alla distruzione dei templi buddisti, verso la metà del XIX secolo, un Maestro di nome Hung Hsin Chuan, addestrò i suoi allievi all'uso della lancia e della spada; questo costò al popolo Manciù distruzione e morte. E' chiaro che nel corso degli anni, si andarono formando diversi stili di Kung-fu, a seconda delle zone di origine e dei capi scuola che personalizzavano le tecniche, creando ulteriori scuole, tutte valide sotto il profilo culturale, spirituale e tradizionale.

Sistema Interno e Sistema Esterno

Le arti marziali cinesi si dividono in due gruppi fondamentali:

a) Wai Chia o Sistema Esterno o Scuola Dura, detta così perché privilegia i movimenti forti vigorosi ed incisivi.

b) nei Chia o Sistema Interno o Scuola Morbida, così definita perchè dà   molta importanza ai movimenti fluidi, lenti ed armoniosi.

Comunque c'è da dire immediatamente che la suddivisione del Sistema Interno ed Esterno non è esatta, infatti per poter acquisire una certa validità è necessario combinare durezza e morbidezza, cioè non può esistere l'una senza l'altra.

 

Yang-Yin

      Le due scuole "interne" ed "esterna" riflettono in pieno il concetto dello Yang-Yin, cioè un cerchio metà bianco e metà nero, tao.jpg (2901 byte)i cui due semicerchi si uniscono in modo armonioso. La tradizione vuole che lo Yang-Yin sia la spiegazione dell' origine dell'universo; l' ombra, il buio e lo Yin - il caldo, la lucentezza è lo Yang. 

      Lo Yin è il principio femminile, la morbidezza; lo Yang quello maschile, la durezza. Quindi lo Yang-Yin è il simbolo tipico di tutta la filosofia cinese e non sono indivisibili ed indissolubili, infatti affinché ci sia la luce è necessario il buio, senza la quale la stessa luce non avrebbe valore. E questo è valido per tutti gli opposti della vita: il bene e il male, il grande e il piccolo, il caldo e il freddo, ecc... Con il loro processo di mutamento lo Yang e lo Yin, producono tutte le cose del mondo. Abbiamo visto come Yang e Yin sono inseparabili, infatti, gli stessi puntini nero e bianco che sono rappresentati nello spazio chiaro e scuro, significano che Yang e Yin non sono assoluti, ma che c'è sempre un pò di Yin in Yang e un pò di Yang in Yin. Pertanto la concezione di questa teoria secondo cui tutti i fenomeni dell'universo concorrono a formare un tutto armonico, è l'azione reciproca Yang-Yin. A questo punto, si avverte l'esigenza di effettuare una breve e modesta riflessione.

Il Kung-Fu, come abbiamo visto, ha avuto la sua culla in oriente e si è affermato e divulgato perché ha risposto alle intime esigenze spirituali e psichiche di quelle genti. Oggi è molto diffuso anche in occidente, anzi, tutte le arti marziali si stanno affermando, ma non dobbiamo pensare che l'occidente non avesse una tradizione atletica, un culto per la persona, una sua attività fisica e sportiva. Come alla base del Kung- Fu ci sono state leggende affascinanti e misteriose, anche l'Occidente ha avuto le sue leggende, i suoi semidei, i suoi eroi, i suoi giganti. Ercole, è stato l'ispiratore di tanti atleti che hanno cercato di imitare le sue gesta; il lottatore Milone di Crotone Calabra è stato celebrato e glorificato da artisti, storici e poeti, tanto da diventare quasi un personaggio leggendario. Quindi la lotta era l'attività che veniva praticata maggiormente, tanto che nella Grecia, si «conoscevano due tipi di lotta: quella in piedi, il cui scopo era schienare l'avversario, e quella a terra, che si concludeva quando uno dei contendenti si   dichiarava sconfitto»(Pescante, M. 1987). È evidente quindi che come in oriente il Kung- Fu era un arte, così lo era in occidente la lotta e la ginnastica in genere. Altro elemento comune tra oriente ed occidente è dato dal fatto che come in oriente il Kung-Fu si è man mano differenziato in varie scuole, anche in Occidente si avuta una differenziazione: pugilato, lotta in piedi, lotta a terra, ecc. Questo sta a dimostrare che in qualsiasi punto della terra si verificano certe esigenze, sono tutte valide e tutte destinate a rafforzarsi e ad essere eterne, perché hanno alla base un comune denominatore: «l'uomo», nei suoi istinti, nei suoi affetti, nelle sue gioie, nei suoi dolori, nelle sue angosce, nella sua umanità.

 

Ch'i

La cultura cinese presuppone che ognuno di noi abbia dentro di sé una energia vitale, che può essere esternata con una buona respirazione che nasce praticando gli esercizi fisici con piena coscienza di sé. I movimenti tipici delle arti marziali e del Kung-Fu in particolare, devono comprendere una concentrazione mentale costante, per fare in modo che l'energia interna (Ch'i o Ki) si manifesti attraverso il respiro. Quindi il Ch'i, è l'energia vitale che tutti noi abbiamo, difficile da localizzare, ma che esiste e si può canalizzare in qualsiasi parte del corpo solo riuscendo a svilupparla attraverso tecniche respiratorie corrette ed una profonda meditazione. Nella respirazione ha una notevolissima importanza il «Tantian», un punto che viene localizzato tre dita sotto l'ombelico e rappresenta il centro di stabilità del corpo dal quale si originano tutti i movimenti. La respirazione Tantian nasce, quindi, dai muscoli del basso addome e la sua pratica regolare e costante accrescerà l'energia ed aiuterà l'equilibrio con la conseguenza di sviluppare il Ch'i, (l'energia vitale). Tutta la scienza della respirazione si chiama Ci Kung (Ci, energia vitale e Kung, esercizio; quindi, uso della respirazione allo scopo di sviluppare il Ci). Il Ci Kung ha sempre goduto di grande popolarità, in quanto considerato metodo terapeutico per svariate forme morbose, infatti dei cicli di respirazione lenta, controllata e profonda, secondo i cinesi, erano una panacea sia per alcune malattie, sia per sottoporsi ad attività fisiche o intellettuali abbastanza impegnative. I principi meditativi che fiorirono sotto il Taoismo ebbero grande importanza nello sviluppo delle scuole di Kung- Fu; Chuang-Tzu, IV secolo d.C. sviluppò maggiormente i principi della respirazione contenuti negli esercizi taoisti e successivamente Mencio (allievo di Confucio, le cui teorie filosofico-politiche furono rivolte soprattutto agli aristocratici) sostenne la tesi dell' assoluta necessità di sviluppare la volontà. Da ciò risulta chiara la combinazione dello sviluppo del Ch' i (energia interna) e dell'I (volontà) infatti i cinesi sostengono che durante la respirazione 1' aria cede oltre all' ossigeno, anche il Ch'i, che, come abbiamo visto, percorre dei canali e che può essere attivato dalla mente dell'uomo attraverso la concentrazione. Da ciò l'importanza della correlazione tra Ch'i ed I.

 

Etica delle arti marziali

Il Kung-Fu, a nostro avviso. si può quindi considerare madre di tutte le arti marziali ed in generale lo possiamo trovare in molte attività, sportive e non, considerando il suo significato letterale (abilità, capacità, nel compiere determinate azioni), in senso generico. Il fine ultimo delle arti marziali è l'autorealizzazione e l'equilibrio, e soltanto attraverso questo studio l'uomo riuscirà a difendersi ed a ritrovare se stesso. Lo scopo dell'arte marziale, non è quello di generare aggressività nei confronti degli altri, ma di raggiungere un perfezionamento di se stessi. La motivazione che deve spingere alla pratica delle arti marziali è il miglioramento delle qualità psico-fisiche, qualità che devono farci scoprire il bene più prezioso che è l'equilibrio. Le arti marziali devono essere capite con il corpo, con la mente e con il cuore; ciò vuol dire che l' essere umano possiede delle risorse di carattere fisico, spirituale ed intellettivo che, opportunamente coltivate, possono realizzare la sua compiutezza. L' arte marziale è un modo di migliorarsi costantemente, che  deve rispecchiarsi nella vita di tutti i giorni: lavoro, studio, rapporti umani; soltanto così possiamo migliorare noi stessi ed anche la nostra parte spirituale. Le qualità morali delle arti marziali e del Kung-Fu in particolare sono: la sincerità, il rispetto, la solidarietà, la fraternità, la saggezza, l'umiltà, lo spirito di sacrificio, il coraggio, la pazienza ed altre ancora, tutte doti che nella società moderna sembrano essersi disgregate; in considerazione di ciò l'arte marziale in genere può rappresentare un mezzo utile per riscoprire un mondo pulito.

Riteniamo che praticando le discipline orientali, secondo i canoni tradizionali, si dia vita a nuovi spazi ed autentici momenti di incontro, di dialogo di lavoro comune e di amicizia. In questo modo nasce lo stimolo ad una necessaria e maggiore presa di coscienza individuale dell'essere uomo-cittadino ed alla conseguente partecipazione della coscienza individuale in quella sociale, la sola abilitata a maturare le esigenze ed a sostenere con la forza  le istanze che vanno in direzione  di di una migliore qualità della vita.

Come si vede, l 'arte marziale e nel nostro caso più specifico il kung-fu, va al di là di quelli che sono i comportamenti esclusivamente sportivi. Il Kung-Fu è una regola di vita e non si riduce ad una semplice tecnica o ad una semplicistica difesa. Pertanto, nel terminare queste riflessioni, riteniamo doveroso sottolineare che chi pratica con serietà ed intenti puri l' arte marziale, riesce ad affrontare la vita di tutti i giorni con principi sani che conducono al vero traguardo, che è la formazione del perfetto uomo e del perfetto cittadino.

 

Bibliografia

Barioli C. Il Kung-fu - G. De Vecchi Editore Milano (1976)

Bertuccelli G. La letteratura Cinese - Sansoni Firenze (1968)

Chang D.Y. Kung-Fu Shaolin - Ed. Mediterranee 81986)

Felix D. Simmons P. Kung-fu - A. Mondadori Ed. (1977)

Yogamurti R.R.- Salimeni M.D. Ci Kung - Ed. Mediterranee (1988)

 

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Aggiornato il: 30 luglio 2000

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