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Numero 0 - 13 Maggio 1997 - Arretrati


Il novello Pasquino

      Dovendo espletare un bisogno fisiologico (ossia, dovendo cambiare l’acqua alle olive), tutti i maschietti della biblioteca vanno al bagno, degli uomini naturalmente; lì si possono ammirare tutte le scritte e i graffiti che, come ogni bagno pubblico che si rispetti, sono relative ai vari mestieri esercitati dalle mamme dei rossi o dei neri, o alle evocazioni non proprio amichevoli degli avi altrui, e chi più ne ha più ne metta.
        Ma un giorno, all’improvviso, lessi una frase che descriveva gli scarsi ed inutili attributi di un certo Kanappa. Da quel giorno, con gran dovizia di particolari, cominciarono a proliferare sempre di più e in luoghi sempre più impensabili (pare anche sul fondo della tazza) frasi di ogni genere sul Kanappa: “il Kanappa di qua... il Kanappa di là... il Kanappa fa questo o quello a prezzi modici...”, e via discorrendo (e anche peggio).
        Non poteva essere altrimenti: lo spirito della lavandaia che è in ciascuno di noi prese il sopravvento: chiunque si domandava chi fosse questo Kanappa e chi l’artefice di tante scritte.
        Oggi, dopo quasi un anno dall’apparizione della prima scritta, vediamo quali sono i risvolti della situazione. Il Kanappa, per chi non lo conoscesse, è un ragazzo schivo, guardingo, nevrotico al punto giusto ma simpatico, leggermente egocentrico, che di tanto in tanto viene a controllare che le scritte su di lui siano ben leggibili (e se non lo sono le ripassa col pennarello!). Per quel che riguarda il Pasquino del XX secolo... che dire?! Ha il merito di aver fatto rivivere una antica tradizione romana, anche se, a differenza di Pasquino, anziché una statua è riuscito a far parlare solamente le tazze dei cessi.
Marcello Lungo