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Numero 1 - 1 Febbraio 1999 - Arretrati


Atti vandalici in biblioteca
Una pericolosa inchiesta di un nostro reporter d’assalto svela insospettabili retroscena

      Il mio uomo aveva parlato poco e chiaro: «Alle 9.30 al bar davanti alla bibbloteca...». Ed eccomi lì, in un mattino livido e gelato di un fine gennaio romano; il barista sonnecchiava chino sul bancone, dalla radio, perennemente accesa, voci concitate di un lunedì mattina post-campionato «...la Lazio vince ma, dopotutto, non esprime gioco...». Lui è lì, berretto calato fino quasi agli occhi, gioca a poker schiacciando a caso i bottoni di una macchina succhia soldi. Non si volta sentendomi arrivare e mi parla senza guardarmi.
«Allora, cosa volevi sapere?».
Non gli vedo gli occhi ma li immagino piccoli e rossi, la voce impastata dal sonno.
«Parliamo degli atti vandalici, ...che puoi dirmi?»
«È cominciato tutto con quel vaso rotto, ricordi? Si disse di un incidente, di un colpo di tacco... Poi le scritte sui tavoli e, infine, quelle nel bagno. Brutta storia le scritte nel bagno».
        Parla in fretta, quasi con timore, smadonnando su una scala ad incastro che non vuole proprio incastrarsi. Gli chiedo ancora: «Credi che ci sia dietro un piano, qualcuno che muove i fili?».
Abbassa ancora la voce. «Gli americani...».
«Come gli americani?!» faccio io incredulo.
«Già, sembra impossibile, gli americani, in combutta con i fascisti, saputo quello che bisognava sapere hanno deciso (sentito, come è chiaro che sia, la regina dei Rom) di...»
        Non capisco il seguito, è entrato bestemmiando un tipo grosso, con delle buste al braccio, urla che vuole una sigaretta, urla che è tutta colpa degli americani, che glielo ha detto l'uomo che parla con gli alberi. Si è svegliato anche il barista e gli allunga una canadese e una Diana con il filtro.
        Il mio uomo è andato, scomparso. Mentre faccio lentamente le scale che mi riportano alla biblioteca inciampo nel vaso rotto e mi scopro a pensare: «Americani..., come diavolo avranno fatto a fregare anche la regina dei Rom?...»
Umberto Race