FESTIVAL DI SANREMO 1999

Giù la maschera! Finisca questo Carnevale! Festa e fasto che interessano soltanto i giocatori di borsa.

Una volta questo festival serviva ai poeti, musicisti e ai cantanti.

Cinquant'anni fa, nel clima euforico che sembrava di aver trovato nel nostro paese una speranza di vita dignitosa, il primo Festival portò una ventata di sentimento e di armonia canora nelle case degli italiani. Poi mano a mano il Festival di Sanremo è diventato il palcoscenico più ambito dai politicanti. Il teatro Ariston, già da molto tempo, è allestito con scene, vestiti e luci da mille e una notte. Perché non vengono date agli organizzatori del Festival anche la gestione delle A.S.L. e le strutture sanitarie in generale? Che miracolo di funzionalità! È inverecondo che i partiti si siano appropriati della tv per farne propaganda politica. Che ci fanno sopra quella ribalta i premi Nobel, i passeggiatori della luna, gli ex capi di Stato, i ricchi interpreti della pellicola, gli uomini dello sport e i ballerini di tip tap?

Canteranno: "O sole mio?" Non c'è più niente da stupirsi. C'è scappato perfino un comizio in piena regola fatto da una ben nota personalità politica straniera. Il festival dalla canzone si è trasformato in un certo momento in conferenza stampa di un politico, il quale non so se sia piaciuto a tutti gli utenti che pagano il canone alla tv. In ogni modo è stata questa personalità a vincere questo ultimo Festival della canzone Italiana. Tutto è andato come da copione accuratamente preparato, ma non da maestri di musica, bensì da professori di politica e di economia.

In sostanza, questo Festival del paradosso ha fatto ottimi incassi di audience in un carnevale dei ruoli sbagliati, con personaggi usati e nuovi, pur dimenticando quasi interamente la musica, il canto e la poesia che sono un vanto del nostro paese.

Renato Pace