MIGLIONICO: Storia, Arte Cultura e Tradizioni
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AMATI GIACOMO

                            

LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO 27.02.03 DONATO TITO: VENDE UN RENE PER IL FISCO
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MIGLIONICO. Amara sorpresa per Donato Tito, 61 anni, coniugato, padre di tre figli, ex camionista, da alcuni anni in pensione con 650 euro al mese, alle prese con una precaria condizione di salute, perché affetto da ischemia coronaria: nei giorni scorsi gli è stato notificato l’avviso di pagamento di una cartella esattoriale di oltre 17 mila euro (38 milioni di vecchie lire), a conclusione di un “processo verbale di contestazione”, si legge nella nota, notificatogli, per la prima volta, nell’anno 1993 dalla sezione materana del Ministero delle Finanze. Se non paga la somma dovuta,  entro una decina di giorni, rischia il sequestro dei beni, cioè di quei pochi mobili e oggetti che possiede nella casa ove abita, in via Estramurale Castello.
La sua vicissitudine risale all’anno 1989, quando a Milano decide di acquistare un nuovo camion, Fiat 115 cassanoto con frigorifero, che gli è indispensabile per continuare a svolgere la sua attività lavorativa di autotrasportatore di biscotti e dolciumi per conto delle aziende milanesi, Motta e Alemagna. Purtroppo, per due anni consecutivi, nel 1990 e nel 1991, il suo commercialista, nel compilare la denuncia annuale dell’Iva, erroneamente, indica la somma di 13 milioni e mezzo di lire, quale detrazione che gli spetta per l’acquisto del camion, nel riquadro sbagliato (B), anziché in quello giusto (F) del modello di denuncia dell’Iva. Da questa banale svista si sviluppa una storia lunga dieci anni, fatta di contravvenzioni, ricorsi e contro ricorsi: una vera e propria “odissea”.
Nel frattempo, il signor Tito si ammala: gli viene diagnosticata un’ischemia coronaria che lo costringe ad abbandonare il suo lavoro che, per trent’anni, lo aveva portato in giro per le città italiane. “Nel 1993, racconta con amarezza l’ex camionista, ebbi la prima comunicazione di avviso di pagamento di un importo di 13 milioni e mezzo di vecchie lire. Subito mi recai all’ufficio tributi di Matera e feci notare che quella somma da me non pagata, in realtà, era la stessa e quindi l’equivalente che mi spettava quale detrazione per l’acquisto del nuovo camion. Dopo ulteriori chiarimenti, la questione sembrava risolta: non avrei mai immaginato che sarebbe stata riproposta l’anno successivo”.
Cominciò, allora, una “guerra di posizione”, contraddistinta da altri ricorsi e chiarimenti, andata avanti fino alla decisione finale: oggi all’ex camionista gli è stato riconosciuto il diritto a percepire il rimborso che gli spettava (13 milioni e mezzo di vecchie lire); tuttavia, Tito ha ricevuto anche una specie di ultimatum: quello di versare alle casse dello Stato oltre 14 mila euro, cioè la tassa che avrebbe dovuto pagare inizialmente, ma ben lievitata a causa dei diritti di mora ed altre spese che gli sono state addebitate. “E’ giusto tutto questo?”, si chiede visibilmente contrariato l’ex camionista. Poi, aggiunge: “Perché su quei soldi che dovrò incassare non sono stati previsti gli interessi? In questi giorni vivo, conclude Tito, in una profonda situazione d’angoscia, da vero incubo per la mia famiglia e col batticuore continuo. Non so come e se potrò uscirne. Sono disperato, mi sento solo e con le spalle al muro. Non ho i soldi per pagare l’importo di questa multa. Forse non mi resta da fare che una cosa: vendere un rene”.