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Polittico di Cima da Conegliano

Giacomo Amati

Miglionico, la storia di Nicola Ventura
Vive un dramma continuo in attesa di essere aiutato

La Gazzetta del Mezzogiorno
8 Agosto 2005

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Nicola VenturaNicola VenturaMIGLIONICO - «Il 31 luglio del 2002 sono stato sottoposto a un intervento chirurgico che ha comportato l'amputazione della mia gamba destra e la conseguente grave limitazione nella deambulazione».
Comincia così una lettera che il miglionichese Nicola Ventura, 56 anni, invalido civile, ha scritto al Prefetto di Matera e al sindaco di Miglionico, Vincenzo Borelli, per segnalare il suo grave stato di disagio fisico e psicologico, a cui si aggiunge la miserevole condizione economica in cui vive: il suo unico reddito è costituito dalla pensione sociale, il cui importo è di 240 euro al mese.
«Vivo nella povertà assoluta - dichiara Nicola Ventura -. L'esiguo reddito di cui dispongo non mi consente di soddisfare, nell'arco del mese, neppure i soli bisogni fisiologici, tanto che spesso sono costretto a rinunciare al cibo».
Un altro problema affigge il cittadino miglionichese: la lontananza dell'abitazione in cui risiede (nel rione Michele Bianco, contrada Pila) dal centro storico accentua i suoi disagi psicologici, perchè lo costringe a vivere in una condizione di isolamento. Da qui una duplice richiesta: quella di un contributo economico per alleviargli le sofferenze quotidiane e la disponibilità di un piccolo alloggio nel centro cittadino che gli consentirebbe di avere più frequenti rapporti sciali e di recuperare, almeno un po', il gusto di vivere. «Mi trovo in una condizione di schiavitù - confessa con amarezza il povero Nicola -. Non sono libero di fare niente, neppure una passeggiata. In certi giorni ho la sensazione di trovarmi in un deserto: intorno a me vedo solo pietre e tanta terra bruciata. Ad aiutarmi, qualche volta, ci pensa l'arciprete, don Mario Spinello. Sono tanti, invece, coloro che, di fronte alla mia disperazione, non sanno fare altro che lavarsi le mani. Qualcuno, di tanto in tanto, mi incoraggia con delle buone parole. Ma cosa possono contare le parole? Mi sento un prigioniero della vita. La mia esistenza è un calvario continuo». Povertà e solitudine sono i caratteri distintivi della sua esistenza. «In queste condizioni - conclude - non ce la faccio ad andare avanti. Sento che, di giorno in giorno, mi mancano le forze. Ho la sensazione di lottare contro un muro invalicabile, una specie di barriera invisibile».
Cosa è possibile fare per aiutare Nicola? Potrebbe essere utile predisporre una forma di sostegno in qualche modo simile ad una adozione? Potrebbe servire a portargli un po' di conforto, come quando, dopo un temporalaccio, nel cielo, compare l'arcobaleno per indicare il sereno.

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