Invitato a presentare la mostra di Federico Cardanobile, ho
accettato volentieri tale incarico per dovere di stima,simpatia,amicizia,pur
essendo pienamente consapevole dei miei limiti e della mia inadeguatezza ad
analizzare criticamente un lavoro di pittura.
Dirò brevemente le mie impressioni su quello che ho visto o vedo
insieme a voi in questa bella sala dell’”Arcaccio” che l’avvocato Paolo
Colavecchio con munifica liberalità ha messo a disposizione dell’artista.
A parte le mie impressioni , che valgono quello che valgono, io
desidero dire due parole sui fini di questa mostra.
Anzi aggiungerò che in un certo senso ho accettato di parlare a voi
anche perché mi si offrisse la possibilità di mettere nel debito rilievo la
nobiltà del gesto di Federico Cardanobile , un “gesto” che altamente lo onora
e per la spontaneità dell’offerta e per la purezza delle intezioni e per la
bellezza dell’azione, un’azione che definisce e delinea e vivifica il profilo
di un uomo.
Come modugnese, come uomo di scuola, come appassionato d’arte, non
mi stancherò di additare alla pubblica opinione ed alla pubblica ammirazione
questo gesto che, specie in un’epoca come la nostra caratterizzata da sfrenati
egoismi e da esasperati interessi privati ,merita la più alta considerazione.
Il ricavato della vendita dei quadri – nella misura di un terzo –
per espresso desiderio dell’autore, sarà devoluto a favore della Scuola Media
3° Gruppo di Modugno, ultima nata fra le scuole medie della nostra città e
perciò più delle altre bisognosa di banchi, di sedie, di cattedre, di lavagne,
di attrezzature scientifiche, di sussidi didattici , in una parola di tutto
ciò che oggi serve ad una scuola per essere all’altezza dei tempi ed in
armonia con le più recenti conquiste della scienza pedagogica.
Quale maniera migliore per far capire l’uomo ed i sentimenti che lo
animano, per capire l’artista le cui opere sono davanti ai nostri occhi per la
gioia dei nostri occhi?
Dire che le sue opere continuano l’uomo ,che le sue opere sono la
proiezione esterne dell’uomo è dire, forse, cosa ovvia , ma mai come in questo
caso vera ed assoluta.
Mai come in questo caso v’è più perfetta identità fra l’uomo e la
sua opera e mai come in questa circostanza è facile risalire dall’uomo
all’opera o dall’opera all’uomo.
Buono, modesto, generoso, aperto ai bisogni degli altri forse più
che ai propri, con qualche non rara impennata d’orgoglio, garbato, gentile,
discreto e dotato di non comune senso della misura, ecco le qualità che io ho
trovato in Cardanobile in una lunga consuetudine di lavoro in ambiente
scolastico ed ecco le qualità che io ritrovo nelle sue opere pittoriche. Non
vorrei essere frainteso – Non vorrei si pensasse ad un artista dagli orizzonti
limitati e dalle ambizioni mediocri, ad un artista che trovi appagamento
nella modestia di un’opaca e ripetitiva quotidianità, ad un artista incapace
di slanci creativi e di fresche intuizioni – Ci sono queste (le intuizioni) e
quegli (gli slanci) e se i risultati non sempre sono pari all’impegno profuso
non è colpa dell’artista che ha tentato, ma se mai dell’arte che è difficile e
consente solo conquiste lente, progressioni faticose, arricchimenti graduali.
Ma è tempo di vederla da vicino l’arte di Cardanobile, di quest’artista
cui dovrebbe toccare – bisogna dirlo subito – migliore fortuna e maggiore fama
di quelle di cui attualmente gode.
E’ un impegno di verità l’arte di Cardanobile, un impegno sorretto
da una piena conoscenza del dipingere e da una visione quasi sempre
ottimistica della vita.
Non segue mode pittoriche o, se proprio la si vuol catalogare, la
sua arte è contro le mode che spesso deformano la naturale inclinazione
dell’artista.
E’ per una pittura sana, ariosa, libera da simbolismi (talvolta
inutilmente difficili e spesso fuorvianti), per una pittura autonomamente
leggibile e godibile.Per dirla in breve per una pittura che non ha bisogno di
interpreti.
Ma l’impegno di verità ,cui si accennava prima, non è un puro dato
senza vita riprodotto dall’abile mano del pittore.
Sarebbe solo tecnicismo questa operazione di abilità e nulla di più.
E’ la trasfigurazione del dato che interessa e dà valenza
all’opera dell’artista. Se osservate, il dato per Cardanobile ,è sì,
fondamentale, ma è un momento, il primo momento di quell’atto misterioso,
magico, divino che precede il nome di “creazione”.
Come la cultura non è la nozione, ma passa attraverso la nozione,
così la pittura di Cardanobile non è rappresentata dal dato, ma passa di
necessità attraverso il dato, ne rappresenta la base.
E poiché il dato è un elemento della realtà che ci circonda, ecco
che di conseguenza la pittura di Cardanobile non è altro che la
rappresentazione della realtà trasfigurata dalla mano e dalla fantasia
dell’artista.
E’ la natura la grande privilegiata nelle opere di Cardanobile, una
natura vista con occhio sgombro da ideologismi, una natura che parla
attraverso gli uomini, i bambini, gli animali, gli attrezzi agricoli e che si
presenta ai nostri occhi non alterata, non guasta dalle brutture del mondo.
Tutto è filtrato e reso sulla tela allo stato puro, come se il
tempo, il passato fosse stato dimenticato e gli oggetti rappresentati fossero
i segni di un mondo lontano e ora richiamati in vita come per miracolo in
forza di una memoria storica più che di una memoria visiva..
Un mondo sepolto, allora? No, un mondo vivo che la pennellata, ora
lieve e tremula, ora grossa e turgida riesce a fissare sulla tela con gesto
sciolto, sicuro, inconfondibile, inimitabile. I miti della natura, in tal
modo, ritornano trasfigurati e ogni opera reca il segno rassicurante,
inviolata e capace di resistere agli assalti impietosi della cosiddetta
civiltà dei consumi.
V’è in tutte le tele un senso di ordine ,di pulizia, di
armonia,direi, cui obbedisce la rappresentazione senza mai discostarsene, cui
mira l’artista nel suo sogno di chiarezza,di semplificazione,di illuminazione
diretta. Non che Cardanobile non abbia, come tutti gli uomini, i suoi
problemi,non viva i suoi drammi, ma dai suoi quadri si direbbe che i suoi
drammi li tenga per sé, li macini per conto suo nell’animo suo.
Di questo suo interno travaglio egli fa apparire ben poco o meglio
questo suo interno travaglio (o tormento che dir si voglia), che egli risolve
o cerca di risolvere fra sé e sé, non lo incattivisce, anzi lo purifica delle
sue scorie, lo rende saggio, comprensivo, paziente con sé e con gli altri in
una visione di pensoso ottimismo, dico pensoso, non sciocco, fatuo, un
ottimismo ricavato dalla riflessione sulle cose del mondo.
Di qui nascono i diversi temi delle sue opere, temi ora tenui ora
densi, ora patetici ora esaltanti, ora lieti ora tristi e come velati da dolce
melanconia. Ma non c’è nulla di dolciastro nei suoi lavori : l’ha ben
avvertito l’autore questo pericolo, il pericolo cui va incontro, fatalmente
direi, un tal genere di pittura. E l’ha evitato con maestria e consumato senso
d’arte.
A me questa sera tocca il gradito compito di rivolgere a Federico
Cardanobile il saluto e l’augurio che alla sua mostra arrida il più ampio
successo; assolvo a questo compito con VIVO piacere non solo perché lo merita
pienamente, ma anche perché il suo è un contributo di non scarso rilievo a
quella “rinascenza umanistica nell’arte e nel disegno di oggi” di cui tanto si
parla. (Vedere quanto scrive il critico Franco Simongini sul TEMPO del
15.03.1982).
V’è da qualche anno, nel campo dell’arte, una tendenza verso un
ritorno al passato, non a tutto il passato, si capisce, ma a un passato
filtrato ed epurato dalle scorie che ogni fatto umano, ed in particolare
l’arte, porta con sé, e non meraviglia che nelle cronache artistiche si
trovino sempre più frequenti parole come
RI-LETTURA,RI-SCOPERTA,RI-PROPOSTA,RI-VISITAZIONE,RI-DISEGNO,RI-TORNO,OBBLIGATO
VIAGGIO NEL PASSATO e così via, quasi ad indicare che non si può cancellare il
passato, che il passato è come indispensabile premessa per ogni avventura o
viaggio o impresa nel presente e nel futuro.
Con sempre maggiore insistenza si chiede un’arte chiara, solare, si
chiedono opere non elaborate per una èlite intellettuale ,si chiedono artisti
che usino un linguaggio che sia agevole decifrare e rompano il muro della
incomunicabilità fruitiva che allontana o rende diffidente tanta gente che
all’opera d’arte si accosta nell’intento di capire, di gioire con l’artista o
di soffrire con lui.
Parecchi artisti, per fortuna da tempo in via di diminuzione, si
preoccupano di essere attuali, a la page , come si dice con espressione
francese, e dimenticano la frase lapidaria di un moderno pittore tedesco (DIETER
KOPP, 43 anni):”L’unica maniera di essere attuale è quella di essere eterno”.
Ed ancora :”Certo è sorprendente che…ci sia potuto accadere di ammirare Andy
WARHOL e Piero MANZONI”
Per chi non lo sapesse, Warhol è un esponente della POP-ART e
predilige la riproduzione fotografica per la sua dichiarata oggettività,
Manzoni (non è il grande Alessandro!) è un esponente dell’ARTE POVERA e
CONCETTUALE, famoso più che per le sue pitture, per alcune opere, diciamo
così, extrapittoriche come, ad esempio, i palloncini gonfiati dal fiato
dell’artista o le uova sode (con le impronte digitali dell’artista!) date in
pasto al pubblico.
A questo punto non deve sorprendere se l’ultimo numero
dell’ESPRESSO, a proposito della mostra del pittore ROY LICHTEN STEIN, un
transfuga della pop-art, abbia intitolato un articolo di Mauro Calamandrei con
queste parole: “POP-ART,ADDIO…”.
Meglio di così non si poteva dire e la mostra, che verrà inaugurata
a Firenze il 29 maggio 1982, testimonia in maniera esauriente il mutamento di
rotta cui si è accennato.
Ma torniamo a Cardanobile. La digressione non è stata inutile, mi
pare, in quanto ci consente di capire meglio in quale ottica va vista, in
quale dimensione va collocata, in quale chiave va letta la pittura di
Cardanobile.
Il diluvio astratto-informale-concettuale lo ha lasciato quasi
indenne; tutto teso com’è nella direzione del recupero oggettivo
dell’immagine, s’è impadronito con discrezione solo di quelle novità che
potessero agevolmente inserirsi nel mondo della sua pittura.Esemplificativi a
tale riguardo possono definirsi il vecchio con candela, il clown e i cavalli
dell’Apocalisse in cui sono ben visibili i modelli lessicali e sintattici di
tanta pittura contemporanea.
Ma detto e riconosciuto tutto questo, è bene aggiungere subito che
l’ossatura dei suoi quadri non subisce sostanziali modifiche e che i suoi
sensi continuano a privilegiare la natura nelle sue forme più diverse, nelle
sue CROMIE più intense, nelle sue visioni più suggestive.
Non c’è mai violenza nelle sue tele sia a livello di soggetto che di
colore;la sua pittura non è mai (o raramente) istinto ed emozione del momento,
ma lenta sedimentazione, direi quasi pietrificazione dei sentimenti che
vengono come rivisitati e deliberati(?) un po’ per volta prima di assumere
definitiva sistemazione nelle forme che l’artista giudicherà più convenienti.
E l’invenzione pittorica allora ,e solo allora, si manifesta in
tutta la sua pienezza e crea opere che sono dei piccoli gioielli. E nascono
così nature morte, interni, marine, paesaggi, pescatori, vecchietti, “rottami”
carichi di tempo, tutto il mondo di Cardanobile insomma, avvolto come da una
cortina di silenzio, dove i personaggi ti danno l’impressione di essere in
attesa di qualche presagio, di un incontro arcano, personaggi che sembrano
fermi nel tempo, quasi fissati per sempre in un gesto, in un atteggiamento che
è quello e non può essere altro, specie quando quello di cui stanno godendo è
il momento della quiete, del riposo dopo la fatica.
Gli interni poi sono piccoli mondi chiusi ad ogni rapporto con il di
fuori, quasi a meglio indicare la delicatezza e l’intensità di certi legami
che vanno goduti e assaporati nel segreto della propria intimità.
A conclusione di questa presentazione, non mi pare azzardato
affermare che Federico Cardanobile, così misurato nella pennellata, nei gesti,
nelle parole, nei comportamenti, sia riuscito a darci, attraverso questa serie
di oli, di carboncini, di chine nere e marrone, il suo più vero, genuino,
sincero ritratto di se stesso.
Modugno 29.05.1982
prof. Paolo De Benedictis |