Famiglia Rocca

 

Già nell'800 Loano dedicò a questa antica famiglia la piazza nel cuore del centro storico, a ridosso del vecchio bastione, per lungo tempo sede del Comune; qualche decennio fa, il parco giardino sulla via parallela all'Aurelia, che porta alla chiesa dei Cappuccini, è stato intitolato al suo illustre discendente, Agostino Rocca, la cui vita risulta  ben sintetizzata nella premessa al libro a lui dedicato:  “La Sfida dell'Acciaio” [Luigi Offreddu, Marsilio  Editori].

“Nel cimitero della città argentina di Campana, ottanta chilometri a nord di Buenos Aires, c'è una croce fatta con due tubi di ferro, che sormonta una tomba disadorna. Lì riposa l'uomo di cui parlano queste pagine, Agostino Rocca. Il suo monumento funebre è la stessa città, sono le industrie che sorgono intorno e nel resto del continente. La sua fu una vita piena di luci e ombre, come la vita di tutti gli uomini, ma con qualcosa di più, e di diverso. Si svolse a cavallo di due epoche e due continenti; in fondo, non fu molto dissimile da quelle che dovettero essere le vite dei suoi antenati, mercanti che crearono qualcosa attraverso i secoli e i mari.”

La chiusura della premessa apre la porta alla storia di questa famiglia che meriterebbe molto più di un intero libro; una storia il cui inizio gli appassionati di Loano possono trovare  scritta da oltre un secolo  nell'appendice dell'ormai quasi introvabile volume di Padre Enrico del Santissimo. Sacramento: “Cenni storici e memorie della città di Loano - Genova, Tipografia della Gioventù, 1879” benevolmente riportato alla luce con la ristampa promossa dall'AAST nella primavera del 1976. Questo articolo sulla nostra “Gazzetta” intende solo fornire tracce di interesse a quei lettori non a conoscenza della grande ricchezza, materiale, artistica e culturale, che la nostra città ha ricevuto da questa famiglia, tuttora presente in opere che l'arricchiscono artisticamente.    

Riporto quindi per sommi capi i punti salienti della sua storia [tratti dal volume di padre Enrico e già più compiutamente messi in luce vent'anni fa dal professor Antonio Arecco] per poi tornare all'illustre Agostino Rocca.

Padre Enrico definisce la famiglia Rocca “Una delle più antiche, ed illustri famiglie di Loano, ......,  per il bene morale,  e per i vantaggi  materiali,  procurati alla Patria” e riferisce che generò sindaci e consoli sotto i Fieschi e i Doria, benefattori dei poveri e del Civico Ospedale, sacerdoti, parroci e dottori e uno fu Console Italiano a Sebastopoli. Essa fu sempre benemerita del paese, specie sul finire del '700, e vieppiù durante tutto l'800, quando GioBatta Rocca di Giacomo, assieme ai suoi quattro fratelli diede inizio a grandi operazioni commerciali, poi estese dai suoi cinque figli nei più lontani paesi del mondo. In pochi anni fecero immensi progressi dando grande impulso ai commerci con bastimenti a vela (principalmente import/export di grano e olio) con l'estero, dove aprirono molte case di commercio. Diedero un impulso meraviglioso per la navigazione ad una gran parte della gioventù loanese: a Marsiglia, Genova, Napoli, Nizza, Barletta e Brindisi in Puglia,  Palermo in Sicilia, Tunisi in Africa, Gibilterra, Odessa, Sebastopoli e in tutte le spiagge del Mar Nero spedivano o dirigevano in persona i loro navigli, che si moltiplicavano a pié sospinto. Nel 1840 contavano già trenta bastimenti, quasi tutti di loro esclusiva proprietà e fra questi alcuni superavano per grandezza tutti quelli della Marina Italiana, con capitani ed equipaggi coraggiosi impegnati anche sulle rotte verso le Americhe, nel Pacifico e nell'Oceano Indiano. La loro flotta arrivò a contare fino a cinquanta velieri contemporaneamente e, complessivamente, in poco più di un secolo, arrivarono a possederne oltre trecento.

Coi loro bastimenti davano impiego ai Capitani, ai Piloti, ai Marinai Loanesi mentre ad altri davano sussistenza e lavoro occupandoli nelle loro case di commercio e uffici di corrispondenza, aiutando anche quelle famiglie cadute nell'indigenza. Giuseppe, uno dei 5 figli di GianBattista, comprò tutti i beni della famiglia Doria, incluso il Castello, il Palazzo Doria, oggi sede del Municipio, il Convento e Chiesa di Sant'Agostino, poi donato, con ampia dote di contanti, al Municipio che, in data 14 luglio 1878, “....con atto pubblico e solenne da conservarsi a memoria imperitura negli Archivi comunali........”, definì Giuseppe Rocca “...uomo di splendido ingegno, di gran cuore, illustre per virtù cittadine e vero padre al povero...., come Angelo di Carità.....”. Nè furono da meno, i suoi fratelli, con profusione di beni e aiuti alle Chiese, all'Ospedale e ai poveri.

Il segreto di questa famiglia, come di tanti altri liguri, stava nella fusione creata all'interno del casato fra interessi d'affari,  affetti famigliari e orgoglio di stirpe; gente amante del mare, che non esita di fronte ai viaggi e all'avventura, conosce il rischio calcolato negli affari, osa, crea, investe immensi capitali, ha un fortissimo senso della famiglia ma conosce anche il sentimento antico e “terragnolo” del risparmio, che non è avarizia, e del realismo, che non è piattezza. Così erano i Rocca dell'800 e così fu, come vedremo più avanti, lo stesso Agostino Rocca. 

Con buona ragione nel 1992 il prof. Arecco potè dare a un suo scritto il titolo: “La Compagnia Rocca: trecento velieri di Loano; fondata nel 1785 la Società fratelli Rocca fu Giacomo fu una delle maggiori compagnie armatrici liguri del XIX secolo”, mettendone bene in risalto meriti e benemerenze con  interessanti dettagli.

 

Verso la fine dell'800 però iniziarono a comparire su tutti i mari i primi pennacchi di fumo: la rivoluzione del vapore, con ruote e ciminiere, diede a nuove navi in ferro ben più potente energia di quella del vento e l'epopea dei grandi velieri volse rapidamente al termine. Le fortune della famiglia seguirono una parabola discendente e alla fine dell'800 il nome “Rocca” scompare dal Registro Navale Italiano. Anche Loano, che all'inzio del '900 contava ancora un centinaio di bastimenti posseduti da armatori loanesi, vide la fine di un'epoca con la perdita nel 1914 del suo ultimo veliero, “Nostra Signora del Rosario” [della famiglia Genta, altra generosa stirpe di loanesi] , scomparso con tutto l'equipaggio nel 1914, in viaggio da Cadice a Montevideo..  

Ma veniamo ora all'altrettanto illustre Agostino Rocca, nato a Milano il 25 maggio 1895, figlio del cavalier Giuseppe Rocca, ingegnere avviato a una brillante carriera nelle Ferrovie dello Stato e pertanto costretto a continui spostamenti con la famiglia in tutta Italia fino al 1908, quando venne promosso capo-divisione del dipartimento di Reggio Calabria dove a settembre trasferì la famiglia. Per lui fu un balzo nella carriera, un importante riconoscimento che poteva preludere a nuovi avanzamenti, ma per la giovane moglie la gioia della promozione fu temperata da un indistinto timore, un presagio di sventura. Le prime settimane a Reggio parvero confermare certe perplessità della vigilia: sullo splendido scenario dello stretto, la famiglia vide palazzotti di tutti gli stili e di tutti i colori, progettati uno sull'altro, proprio come avviene oggi: esistevano anche case antisismiche, costruite sotto l'incubo dei recenti terremoti ma la città era sviluppata nel disordine, con molte zone senza fognature e strade che alla prima pioggia divenivano pantani.

Tutta la famiglia trascorse il Natale a Reggio; il 27 dicembre, dopo la breve vacanza che in tutte le scuole d'Italia terminava il giorno 28, Agostino andò a letto molto presto regolando la sveglia alle 5:30 perchè voleva dedicare la mattina seguente allo studio per un indispensabile e veloce  ripasso, ignaro di quanto di tremendo stava per accadere.

Alle 5,20 del 28 dicembre un terremoto d'origine tettonica, d'intensità pari al decimo grado della scala Mercalli, cancellò Messina e Reggio Calabria dalle carte geografiche insieme a buona parte dei paesi dello stretto e dei loro abitanti. La distruzione giunse subito anche dal mare, con tre ondate di maremoto che seguirono alle prime scosse; poi arrivò il fuoco, si spezzarono le condutture del gas appiccando furiosi incendi tra le macerie e nelle strade sventrate; da una parte all'altra dello stretto morirono oltre 75000 persone e venne distrutto il 90 percento degli edifici.

Fu in quella notte d'immensa rovina che Agostino, a soli 13 anni, perse entrambi i genitori e “La sfida dell'acciaio” descrive con parole appassionate e commoventi quei terribili istanti, i soccorsi e tutti i problemi dei giorni seguenti. Quelle pagine andrebbero lette con cura per capire cosa significò quell'evento per Agostino e per l'Italia intera.

Quei momenti segnarono tragicamente la vita del fanciullo che seppe però, fattosi uomo, affrontare la vita con coraggio e determinazione, affermandosi prima in patria e poi all'estero. Laureatosi nel 1921 in ingegneria industriale al Politecnico di Milano, dopo una decina d'anni come fiduciario della Banca Commerciale Italiana, nel 1933 entrò a far parte dell'IRI - l'Istituto per la Ricostruzione Industriale - e in qualità di ispettore IRI assunse il ruolo di segretario del Comitato dedicato alla razionalizzazione delle produzioni di Ansaldo, Cogne e Terni. Dal 1934 fu anche amministratore delegato della nuova Società Italiana Acciaierie Cornigliano Cogne nata dallo scorporo dall'Ansaldo delle acciaierie di Cornigliano. Nel 1935 assunse il ruolo di Amministratore Delegato dell'Ansaldo e dal 1937 fu Direttore Generale della Finsider, la neonata finanziaria di settore dell'Iri e in questa veste fu promotore, insieme ad Oscar Sinigaglia, del Piano per la Siderurgia Italiana. Tra il 1939 e il 1941, in seguito a duri  contrasti interni all'Iri, si dimise dalla direzione generale della Finsider e dai consigli di amministrazione dell'ILVA, della TERNI e della SIAC. Nel 1943 non aderì alla Repubblica di Salò e pertanto nel 1944 venne arrestato, perdendo  ogni carica amministrativa.

Dopo la fine della guerra Agostino Rocca, decide di lasciare l'Italia e attraversa l'Oceano per fermarsi in Argentina; Pochi mesi dopo aver fondato la propria azienda, la Compagnia Tecnica Internazionale (Techint), nel 1947 ottiene il suo primo contratto importante: la realizzazione di un gasdotto da mille chilometri dalla Patagonia a Buenos Aires. Affiancato da altri importanti dirigenti arrivati a loro volta dall'Italia, Agostino Rocca si fa promotore di numerose iniziative. Nel 1954 installa a Campana, a 70 chilometri da Buenos Aires, i primi sei capannoni della Dalmine-Safta Argentina per la fabbricazione di tubi d'acciaio, ancora oggi, con il nome di Siderca, fulcro dell'impero industriale della famiglia Rocca. L'attività produttiva del gruppo si estende ai più svariati campi produttivi: dai laterizi al cemento, dalle strade alle reti elettriche, ampliando attività anche all'estero: Venezuela, Uruguay e poi anche in Italia. Nel 1975 decide di passare il testimone al figlio Roberto e tre anni dopo, a 83 anni, questo grande capitano della siderurgia muore a Buenos Aires. Ai suoi discendenti, che hanno prolungato e accresciuto l'importanza del suo impero industriale, indiscusso leader mondiale presente in quattro continenti, lascia un testamento particolare, in un  suo opuscolo indirizzato ai figli e ai dirigenti del gruppo, dove ribadisce l'assoluta importanza di uno "stile" aziendale fatto di serietà, correttezza, criteri rigorosi di gestione e decentramento operativo unito ad un controllo "centrale".

Antonio Garibbo 

Questa storia è stata  estratta da volumi e copie di documenti conservati  nella “Casetta” dei Lavoratori del Mare di Loano dove sono tante altre copie di testi storici utili per fornire ai lettori della “Gazzatta” ulteriori interessanti  racconti su veri “Loanesi d'altri  tempi”!

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